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Risoluzione contratto appalto per grave inadempimento

Un’azienda committente ha ottenuto la risoluzione del contratto di appalto di servizi di vigilanza a causa del grave inadempimento della società fornitrice. Quest’ultima aveva prima ridotto drasticamente il personale e poi interrotto completamente il servizio. Il Tribunale ha accolto la domanda del cliente, dichiarando il contratto risolto, rigettando la richiesta di pagamento delle fatture da parte del fornitore per il periodo non lavorato e condannandolo al pagamento delle spese legali.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Commerciale, Giurisprudenza Civile

Risoluzione Contratto Appalto: Quando l’Inadempimento del Fornitore Libera il Cliente

La stipula di un contratto di appalto di servizi impegna entrambe le parti a rispettare obblighi precisi. Ma cosa succede quando il fornitore non adempie ai suoi doveri? Una recente sentenza del Tribunale di Milano offre un chiaro esempio di risoluzione contratto appalto per grave inadempimento, stabilendo principi importanti per la tutela del committente. Questo caso dimostra come la cessazione del servizio non solo giustifichi la fine del rapporto, ma annulli anche l’obbligo di pagamento per le prestazioni mai ricevute.

I Fatti del Caso: Un Servizio di Vigilanza Interrotto

Una società committente aveva stipulato un contratto annuale con un’azienda specializzata per un servizio di vigilanza presso le sue sedi. Dopo pochi mesi, sono emerse le prime criticità: il fornitore ha iniziato a lamentare difficoltà nel garantire la copertura del servizio e a ridurre il personale impiegato. La situazione è degenerata quando l’azienda di vigilanza ha inviato un solo dipendente a coprire un turno giornaliero, a fronte dei tre turni pattuiti contrattualmente. Infine, a partire dal 20 agosto, il servizio è stato completamente e definitivamente interrotto.

Di fronte a questa palese violazione degli accordi, la società committente ha comunicato formalmente la “disdetta” del contratto per grave inadempimento e ha respinto le fatture emesse dal fornitore per i mesi successivi all’interruzione. Si è quindi rivolta al Tribunale per ottenere l’accertamento della risoluzione del contratto e la dichiarazione di non dover nulla per le fatture contestate.

Le Posizioni delle Parti in Giudizio

In tribunale, le posizioni erano diametralmente opposte:
* La società committente (attrice) ha sostenuto che il comportamento del fornitore costituiva un inadempimento grave e tale da giustificare la risoluzione del contratto. Ha fornito prove documentali, come email e comunicazioni, che attestavano la progressiva riduzione e la successiva interruzione del servizio.
* La società di vigilanza (convenuta) ha negato ogni addebito, sostenendo di aver sempre adempiuto correttamente al contratto. Ha inoltre presentato una domanda riconvenzionale, chiedendo il pagamento delle fatture per i mesi da settembre a dicembre, sostenendo che il contratto fosse ancora in vigore e che fosse stata la committente a ostacolare il servizio con continue richieste di sostituzione del personale.

La Decisione del Tribunale e l’Analisi della Risoluzione Contratto Appalto

Il Tribunale di Milano ha accolto integralmente la domanda della società committente, rigettando quella del fornitore. La decisione si fonda su un’analisi chiara e precisa dei fatti e del diritto.

Le Motivazioni

Il giudice ha ritenuto provato il grave inadempimento della società di vigilanza. Le prove documentali prodotte dalla committente erano inequivocabili. Inoltre, la stessa società convenuta aveva implicitamente ammesso l’interruzione del servizio, avendo provveduto allo storno parziale di una fattura per il mese di agosto, proprio a causa della cessazione dell’attività lavorativa di un suo dipendente.

Un punto cruciale della sentenza riguarda la qualificazione giuridica dell’azione. Sebbene la committente avesse parlato di “disdetta”, il Tribunale ha correttamente interpretato la sua volontà come una richiesta di risoluzione del contratto per inadempimento ai sensi dell’art. 1453 c.c. Il giudice, infatti, ha il potere-dovere di guardare al contenuto sostanziale della pretesa, che in questo caso era chiaramente fondata sulla grave violazione degli obblighi contrattuali da parte del fornitore, e non sulla semplice volontà di non rinnovare il contratto alla scadenza.

L’inadempimento è stato considerato grave perché ha inciso sull’essenza stessa del contratto, privando la committente della prestazione fondamentale per cui aveva stipulato l’accordo: la sicurezza delle sue sedi. La convenuta, d’altro canto, non è riuscita a fornire alcuna prova a sostegno della sua tesi, né a dimostrare di aver adempiuto ai suoi obblighi dopo la data del 20 agosto.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce con forza un principio fondamentale: a seguito della risoluzione del contratto per grave inadempimento di una parte, l’altra parte è liberata dai propri obblighi. Nello specifico, la cessazione del servizio di vigilanza a partire dal 20 agosto ha determinato la risoluzione del contratto da quella data. Di conseguenza, nessuna prestazione era più dovuta dalla società fornitrice e, specularmente, nessun corrispettivo era dovuto dalla committente per il periodo successivo (settembre-dicembre).

Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche per le aziende. Sottolinea l’importanza di documentare attentamente ogni inadempimento del fornitore e di agire tempestivamente. Dimostra inoltre che il sistema giudiziario tutela la parte adempiente, consentendole di liberarsi da un vincolo contrattuale non rispettato e di non dover pagare per servizi mai ricevuti. La risoluzione contratto appalto si conferma così uno strumento essenziale per la tutela dei diritti del committente di fronte a gravi mancanze della controparte.

È possibile chiedere la risoluzione di un contratto di appalto se il fornitore riduce il personale pattuito e poi cessa del tutto il servizio?
Sì, la sentenza conferma che la riduzione del personale e la successiva totale interruzione del servizio costituiscono un inadempimento contrattuale grave, tale da giustificare la risoluzione giudiziale del contratto ai sensi dell’art. 1453 c.c.

Se un contratto viene risolto per colpa del fornitore, il cliente deve pagare le fatture per il periodo successivo all’inadempimento?
No. La sentenza ha stabilito che, per effetto della risoluzione del contratto a far data dall’inadempimento, il committente non è tenuto a corrispondere alcun importo per il periodo successivo in cui il servizio non è stato erogato. Di conseguenza, la domanda di pagamento del fornitore (domanda riconvenzionale) è stata rigettata.

Cosa succede se in una comunicazione si usa il termine “disdetta” invece di “risoluzione per inadempimento”?
Il giudice ha il potere di interpretare la domanda della parte basandosi sul suo contenuto sostanziale e sui fatti esposti, piuttosto che sul tenore meramente letterale degli atti. Nel caso di specie, pur avendo l’attrice usato il termine “disdetta”, il Tribunale ha correttamente qualificato l’azione come una richiesta di risoluzione giudiziale, poiché era chiaramente fondata sulla denuncia di un grave inadempimento contrattuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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