Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. L Num. 4082 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L   Num. 4082  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 17/02/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 15430/2024 proposto da:
REGIONE PUGLIA, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso la delegazione romana della Regione Puglia;
– ricorrente –
contro
PORZILLI NOME
– intimata –
OGGETTO: PUBBLICO IMPIEGO
avverso la sentenza n. 654/2024 della Corte d’Appello di Bari, pubblicata in data 17/05/2024 R.G.N. 1070/2022; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/01/2025 dal AVV_NOTAIO; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo, con assorbimento degli altri motivi;
RILEVATO CHE
1.il  Tribunale  di  Bari,  in  accoglimento  delle  domande  proposte  da  NOME COGNOME, ha dichiarato la medesima non tenuta a restituire alla Regione Puglia la somma di € 254.031,26;
NOME COGNOME, che in data 1.4.2004 aveva risolto consensualmente il suo rapporto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze della Regione ai sensi dell’art. 28 della legge regionale n. 7/2002 con la qualifica dirigenziale, in data 31.1.2019 aveva ricevuto dalla Regione Puglia la richiesta di restituzione della somma di € 254.031,26, in seguito alla sentenza del Consiglio di Stato n. 4888/2013 (che aveva ripristinato il suo inquadramento giuridico nell’ex VIII qualifica funzionale in luogo della qualifica dirigenziale);
la Corte di Appello di Bari ha rigettato il gravame proposto dalla Regione Puglia avverso tale sentenza, pronunciando nei confronti di NOME COGNOME, costituita nelle more del giudizio quale erede di NOME COGNOME;
la Corte territoriale ha ritenuto decisiva la definizione intervenuta in pari data  in  favore  della  COGNOME,  da  parte  dello  stesso  giudice  di  appello,  della controversia pregiudiziale vertente tra le medesime parti (proc. n. 839/2022), avente ad oggetto l’accertamento del diritto della medesima al riconoscimento della qualifica dirigenziale di I livello a seguito della sottoscrizione di contratti individuali di risoluzione consensuale dei rapporti di lavoro;
 secondo  la  suddetta  pronuncia,  nei  contratti  di  risoluzione,  intervenuti nell’ambito della procedura disciplinata dall’art. 28 della legge regionale Puglia n. 7/2002, la qualifica dirigenziale dei dipendenti deve ritenersi ‘definitivamente
acquisita’ a fronte dell’irrevocabilità dell’accordo risolutivo, donde l’ininfluenza del giudizio amministrativo sull’accordo di risoluzione e dunque sull’attribuzione della qualifica dirigenziale ai dipendenti;
secondo la Corte territoriale era discussione l’interpretazione della volontà delle parti espressa negli accordi di risoluzione, e non l’affidamento dei dipendenti regionali; la riserva di revisione alla luce di eventi futuri era stata inoltre limitata alle modalità di quantificazione dell’indennità supplementare, mentre la volontà negoziale nei contratti di diritto privato sottoscritti dalla PRAGIONE_SOCIALE. d doveva dedursi unicamente dal contenuto dell’atto interpretato secondo i canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 ss. cod. civ., non rilevando a tal fine il comportamento delle parti anche posteriore alla stipula del contratto;
l’azione di recupero non poteva legittimamente fondarsi sull’art. 97 Cost., atteso che gli accordi di risoluzione erano intervenuti quando non era ancora definitivamente conclusa la vicenda giudiziaria relativa alla riapertura dei termini del concorso cui aveva partecipato la COGNOME;
 pur  avendo  dato  atto  della  circostanza  che  nella  determina  n.  452  del 17.5.2002 la Regione Puglia aveva qualificato come provvisorio dell’inquadramento nelle qualifiche dirigenziali dei lavoratori appellati nel giudizio n.  839/2022,  la  Corte  territoriale  ha  ritenuto  la  legge  regionale  n.  7/2002 (intervenuta in data 21.5.2002) ed i successivi accordi di risoluzione consensuale costituivano sopravvenienze giuridiche e fattuali idonee ad impedire l’esecuzione del giudicato;
ha richiamato il principio secondo cui gli effetti retroattivi del giudicato incontrano un limite ineludibile nella sopravvenienza di mutamenti della situazione di fatto o di diritto (anteriori alla notifica della sentenza) idonei ad impedire il ripristino della situazione anteriore; la nuova regolamentazione del rapporto intercorso tra le parti a seguito della norma sopravvenuta e dell’accordo risolutivo sottoscritto dalle medesime non poteva dunque essere rivisitata alla luce della successiva sentenza del Consiglio di Stato;
avverso tale sentenza la Regione Puglia ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi;
NOME COGNOME è rimasta intimata;
 la  Procura  AVV_NOTAIO  ha  concluso  per  l’accoglimento  del  primo  motivo, assorbiti gli altri.
RITENUTO CHE
1.con il primo motivo, il ricorso denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 35, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 165/2001;
richiama il principio secondo cui l’annullamento della procedura di reclutamento per violazione di norme imperative costituisce causa di nullità dei contratti di lavoro sottoscritti all’esito della medesima, indipendentemente dalla circostanza  che  i  lavoratori  abbiano  dato  causa  al  vizio  o  ne  abbiano  avuto consapevolezza ovvero siano in totale buona fede;
deduce che l’annullamento in autotutela del concorso interno sulla base del quale  era  stato  stipulato  il  contratto  di  lavoro  aveva  consentito  alla  RAGIONE_SOCIALE  di considerare caducato il rapporto di lavoro e di non darvi ulteriore esecuzione, mentre nel caso di vizio ab origine della procedura concorsuale, la nullità può essere fatta valere da chiunque e anche dal giudice d’ufficio;
evidenzia  che  la  nullità  del  contratto  individuale  per  contrarietà  a  norme imperative, non soggetta a convalida, travolge ogni successivo aspetto giuridico e contrattuale verificatosi in costanza di un rapporto inesistente, con il solo limite di cui all’art. 2126 cod. civ.;
sostiene che all’esito della sentenza n. 4888/2013 del Consiglio di Stato, il rapporto di lavoro tra le parti deve essere considerato nullo e che difettano nel caso di specie i presupposti per il legittimo affidamento;
aggiunge  che  ai  sensi  dell’art.  28  della  legge  regionale  n.  7/2002,  l’esodo incentivato è applicabile anche al personale con qualifica non dirigenziale;
con  il secondo  motivo,  il ricorso denuncia  errata valutazione ed interpretazione dei contratti di risoluzione consensuale;
addebita alla Corte territoriale di non avere valutato la dirimente circostanza che dalla legittimità dell’annullamento della riapertura dei termini del bando di concorso  di  cui  all’art.  95  della  legge  regionale  n.  18/1974  da  parte  della Commissione Governativa di controllo, ritenuto dalla sentenza n. 4888/2013 del Consiglio di Stato, era conseguita la nullità dei contratti di lavoro stipulati in forza
dell’atto annullato, e l’Amministrazione era dunque  tenuta ad intentare l’azione di ripristino del pregresso inquadramento e quella di ripetizione dell’indebito;
critica la sentenza impugnata per avere erroneamente desunto dall’atto di risoluzione  la  volontà  della  Regione  di  attribuire  definitivamente  la  qualifica dirigenziale  alla  COGNOME  e  la  convinzione  della  medesima  di  avere  raggiunto definitivamente il titolo e l’utilità, solo sulla base della mancata apposizione della clausola di riserva nel contratto di risoluzione consensuale;
deduce che la COGNOME, costituita in appello dinanzi al Consiglio di Stato per la riforma della sentenza del TAR di Bari, non ha mai vantato l’intervenuto difetto di  interesse  a  proseguire  l’azione  per  avere  sottoscritto  un  contratto  di risoluzione  consensuale che cristallizzava il suo inquadramento nella qualifica dirigenziale, ma ha resistito in giudizio ed ha altresì agito per la revocazione della sentenza  n.  4888/2013  del  Consiglio  di  Stato,  definito  con  sentenza  n. 6439/2021;
evidenzia  che  l’assunzione  era  avvenuta  a  seguito  di  un  provvedimento cautelare  del  giudice  ed  era  pertanto  instabile,  essendo  destinata  ad  essere superata  e  se  del  caso  travolta  dalla  successiva  pronuncia  di  merito  e  che l’irrevocabilità dell’accordo risolutivo non  poteva  estendersi alla qualifica dirigenziale del personale;
con il terzo motivo, il ricorso denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2126 cod. civ.;
deduce che la Giunta Regionale non aveva affidato alcun incarico dirigenziale alla COGNOME e lamenta l’erroneità del riferimento alla data del 17.5.2002 (data di adozione della determina n. 452  del 17.5.2002), alla quale era stato convenzionalmente  riferito  l’inizio  del  periodo  in  cui  i  dipendenti  avrebbero disimpegnato mansioni dirigenziali di fatto;
evidenzia che tale determina si era limitata a dare esecuzione alle sentenze del TAR Puglia nn. 7396/2001 e 7399/2001 con l’adozione dei conseguenti atti di  inquadramento  nella  I  qualifica  dirigenziale,  con  decorrenza  giuridica  dal 1.1.1983  ed  economica  distinta  a  seconda  della  data  di  approvazione  delle risultanze finali dei lavori della Commissione esaminatrice; aggiunge che tale determina aveva fatto salva ogni decisione nel caso di eventuale impugnativa
innanzi al Consiglio di Stato, nonché la ripetizione delle somme erogate a titolo di retribuzione;
precisa che per il personale non incaricato la retribuzione spettante per la qualifica funzionale era stata riconosciuta per il solo fatto dell’inquadramento giuridico nella I qualifica dirigenziale (in esecuzione di quanto stabilito dalle sentenze del TAR Puglia nn. 7396/2001 e 7399/2001 di annullamento del provvedimento di esclusione dalle procedure selettive di cui al concorso interno ex art. 95 legge regionale n. 18/1974, al quale i dirigenti in questione erano stati ammessi a partecipare con riserva, e del quale poi erano risultati vincitori); il trattamento economico era stato liquidato per effetto del successivo ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, in deroga al principio di corrispettività tra le prestazioni svolte con l’attribuzione del corrispondente trattamento economico, con decorrenza economica dalla data di conclusione delle operazioni concorsuali (1.1.1992), in parallelo con la nomina degli altri vincitori, indipendentemente dall’assunzione del servizio effettivo;
considerato che il ricorso per cassazione non è stato notificato ad NOME COGNOME (quale erede di NOME COGNOME), il Collegio rileva la necessità di rinnovare la notifica nei confronti della medesima entro il termine di 60 giorni;
deve in proposito rammentarsi che in caso di morte di una delle parti nel corso  del  giudizio  gli  eredi,  indipendentemente  dalla  natura  del  rapporto sostanziale controverso, vengono a trovarsi per tutta la durata del processo in una  situazione  di  litisconsorzio  necessario  per  ragioni  processuali,  da  cui  la necessaria integrazione del contraddittorio ex art. 331 cod. proc. civ. (v. Cass. n. 6296/2014 e la giurisprudenza ivi richiamata);
va pertanto disposto il rinvio della causa a nuovo ruolo per la rinnovazione della notifica del ricorso ad NOME COGNOME, quale erede di NOME COGNOME, a cura della Regione Puglia;
PQM
La  Corte  rinvia  la  causa  a  nuovo  ruolo  disponendo  la  rinnovazione  della notifica  del  ricorso  per  cassazione  ad  NOME  COGNOME  a  cura  della  Regione
ricorrente,  entro  il  termine  di  60  giorni  dalla  comunicazione  della  presente ordinanza.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della