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Risoluzione concordato: sì anche con rottamazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società in concordato preventivo contro la richiesta di risoluzione avanzata dall’Agenzia delle Entrate. La richiesta era stata presentata nonostante l’adesione della società alla ‘rottamazione quater’. La decisione si fonda su un vizio procedurale: la società non ha contestato una delle autonome ‘ratio decidendi’ della corte d’appello, ovvero la mancata prova che i debiti ‘rottamati’ fossero gli stessi del piano di concordato. Questo caso evidenzia l’importanza di impugnare tutte le motivazioni di una sentenza per la riuscita del ricorso.

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Pubblicato il 5 settembre 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Risoluzione Concordato Preventivo: Legittima anche con Rottamazione Quater

L’adesione a una definizione agevolata dei debiti fiscali, come la “rottamazione quater”, non esclude automaticamente la possibilità per l’Agenzia delle Entrate di chiedere la risoluzione del concordato preventivo per inadempimento. Un’ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce l’importanza di una corretta strategia processuale nell’impugnazione, sottolineando come l’omessa contestazione di una delle motivazioni autonome della sentenza di secondo grado renda il ricorso inammissibile. Analizziamo questo caso emblematico.

I Fatti di Causa

Una società in liquidazione, ammessa alla procedura di concordato preventivo, si vedeva notificare una richiesta di risoluzione del concordato da parte dell’Amministrazione Finanziaria per presunto inadempimento delle obbligazioni assunte nel piano. La società si opponeva, sostenendo che l’Agenzia non avesse più legittimazione ad agire, in quanto la stessa società era stata ammessa al pagamento rateale del debito fiscale tramite la cosiddetta “rottamazione quater” (definizione agevolata prevista dalla L. 197/2022).

Il Tribunale di primo grado respingeva la richiesta dell’Agenzia, ma la Corte d’Appello, in sede di reclamo, ribaltava la decisione. Accoglieva l’istanza dell’Agenzia, dichiarava risolto il concordato per inadempimento e disponeva la trasmissione degli atti al Tribunale per le valutazioni successive (potenzialmente, la dichiarazione di fallimento).

La Corte d’Appello, tra le varie argomentazioni, ne formulava una di carattere assorbente: non vi era prova in atti che gli importi dei carichi fiscali oggetto della rottamazione fossero gli stessi previsti nel piano e nella proposta concordataria. Questa incertezza, secondo i giudici di merito, costituiva una ragione autonoma e sufficiente per accogliere il reclamo dell’Agenzia.

Contro questa decisione, la società proponeva ricorso per Cassazione.

La Questione sulla Risoluzione del Concordato Preventivo

Il cuore del dibattito giuridico verteva sulla legittimazione dell’Agenzia delle Entrate a chiedere la risoluzione del concordato. La società ricorrente sosteneva che l’ammissione alla rottamazione rendesse il credito fiscale temporaneamente inesigibile, precludendo così qualsiasi azione volta a sanzionare un presunto inadempimento. In sostanza, se non si può pretendere il pagamento, non si può neppure lamentare un inadempimento grave.

La Corte di Cassazione, tuttavia, non è entrata nel merito di questa complessa questione. Ha invece fermato la sua analisi su un gradino precedente, di natura squisitamente processuale.

L’Inammissibilità del Ricorso per Omessa Impugnazione

La Suprema Corte ha rilevato che il ricorso della società, pur articolato in diversi motivi, non aveva mosso alcuna specifica critica contro quella che i giudici hanno definito una “autonoma ratio decidendi”.

La Corte d’Appello aveva infatti basato la sua decisione anche sulla constatazione che non era stato possibile accertare la coincidenza tra i debiti fiscali “rottamati” e quelli inclusi nel piano di concordato. Questa motivazione, da sola, era sufficiente a sorreggere la decisione di accogliere il reclamo dell’Agenzia delle Entrate.

Secondo un principio consolidato, qualora una sentenza si fondi su una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, ciascuna delle quali sufficiente a giustificare la decisione, il ricorso in Cassazione è inammissibile se non contesta validamente tutte le suddette ragioni. L’omessa impugnazione anche di una sola di esse rende inutile l’esame delle altre, poiché la sentenza rimarrebbe comunque valida sulla base della motivazione non contestata.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La motivazione centrale non riguarda il rapporto tra rottamazione e risoluzione concordato preventivo, ma l’applicazione di un principio cardine del processo civile. I giudici hanno ribadito che i motivi di ricorso per cassazione devono essere specifici, completi e riferibili alla decisione impugnata.

Nel caso di specie, la società ricorrente ha concentrato le sue difese sulla presunta perdita di legittimazione dell’Agenzia a seguito dell’adesione alla rottamazione, trascurando completamente di contestare l’argomentazione della Corte d’Appello relativa all’incertezza sulla corrispondenza dei debiti. Tale argomentazione è stata qualificata dalla Cassazione come una “assorbente argomentazione” e una “autonoma ratio decidendi”. Non essendo stata oggetto di specifica doglianza, essa è passata in giudicato, rendendo inammissibile l’intero ricorso, poiché la decisione impugnata poteva reggersi unicamente su di essa.

Le Conclusioni

L’ordinanza offre due importanti lezioni. La prima, di natura sostanziale, è un monito per le imprese in concordato: l’adesione a meccanismi di definizione agevolata dei debiti fiscali non rappresenta uno scudo invalicabile contro l’azione dei creditori, inclusa la richiesta di risoluzione del concordato. La seconda, di natura processuale, è fondamentale per gli operatori del diritto: un ricorso in Cassazione deve essere costruito con la massima attenzione, attaccando specificamente ogni singola ragione giuridica che, autonomamente, sorregge la decisione impugnata. Ometterne anche solo una può portare a una declaratoria di inammissibilità, precludendo l’esame del merito della controversia.

L’adesione alla ‘rottamazione quater’ impedisce all’Agenzia delle Entrate di chiedere la risoluzione del concordato preventivo?
La sentenza non risponde direttamente nel merito a questa domanda, ma dichiara inammissibile il ricorso della società. Implicitamente, lascia intatta la decisione della Corte d’Appello che aveva ritenuto legittima la richiesta di risoluzione dell’Agenzia, suggerendo quindi che l’adesione alla rottamazione non sia un impedimento automatico.

Perché il ricorso della società è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la società non ha impugnato una delle ragioni autonome e sufficienti (‘ratio decidendi’) su cui si fondava la decisione della Corte d’Appello. Nello specifico, non ha contestato l’affermazione secondo cui non vi era certezza che i debiti oggetto di rottamazione fossero gli stessi previsti nel piano di concordato.

Cosa insegna questa decisione sull’impugnazione in Cassazione?
Insegna che, quando una decisione è basata su più motivazioni indipendenti e autosufficienti, è indispensabile contestarle tutte nel ricorso. Se anche una sola di queste ‘rationes decidendi’ non viene specificamente criticata, il ricorso è inammissibile perché la sentenza impugnata rimarrebbe comunque valida sulla base della motivazione non contestata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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