Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 17633 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 17633 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 30/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 3910 – 2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in concordato preventivo -c.f. 00816030720 -in persona del liquidatore, legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Bari, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato professor NOME COGNOME che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale allegata al ricorso.
RICORRENTE
contro
RAGIONE_SOCIALE -c.f. NUMERO_DOCUMENTO – in persona del direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici, in Roma, alla INDIRIZZO domicilia per legge.
CONTRORICORRENTE
avverso il decreto del 19.12.2023 della Corte d’Appello di Bari,
udita la relazione nella camera di consiglio del 13 giugno 2025 del consigliere dottor NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale dottor NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso con enunciazione del principio di diritto di cui alla narrativa delle proprie conclusioni scritte,
RILEVATO CHE
L ‘ ‘Agenzia delle Entrate Direzione Regionale delle Puglie’ chiedeva farsi luogo alla risoluzione per inadempimento del concordato preventivo della ‘NOME COGNOMERAGIONE_SOCIALE in liquidazione (cfr. ricorso, pag. 2) .
Con decreto in data 11.7.2022 il Tribunale di Bari rigettava il ricorso.
L’ ‘Agenzia delle Entrate’ proponeva reclamo.
Resisteva la ‘NOME COGNOMERAGIONE_SOCIALE in liquidazione .
Con decreto in data 19.12.2023 l a Corte d’Appello di B ari accoglieva il reclamo e, per l’effetto, dichiarava risolto il concordato preventivo della ‘NOME COGNOMERAGIONE_SOCIALE in liquidazione per inadempimento alle obbligazioni assunte, disponeva la trasmissione degli atti al Tribunale di Bari per quanto di sua competenza e regolava le spese di lite e di c.t.u.
Evidenziava, peraltro, la Corte di Bari che non era da condividere il rilievo del consulente tecnico di parte reclamata, secondo cui ostava alla risoluzione del concordato l’adesione della ‘NOME COGNOME‘ ‘sia alla definizione delle controversie tributarie pendenti, ex art. 1, co. 186 -202, della L. 197/2002, che alla definizione agevolata dei carichi affidati all’A gente della Riscossione, ex art. 1, commi 231 -252, della L. 197/2002 (c.d. rottamazione quater)’ (così decreto impugnato, pag. 16) .
Evidenziava segnatamente che , ‘pur volendo ipotizzare la natura liquidatoria del concordato, sussisterebbe comunque un grave inadempimento, stante l’impossibilità – con la definizione delle liti pendenti e la rottamazione quater -del soddisfacimento integrale dei crediti concorsuali privilegiati e, in misura sia pure irrisoria, dei crediti chirografari’ (così decreto impugnato, pag. 19) .
Evidenziava, in pari tempo, la Corte di Bari che, contrariamente all’assunto della reclamata, nessun difetto di legittimazione dell’Agenzia delle Entrate a domandare la risoluzione del concordato derivava da ll’ammissione della ‘NOME COGNOME al pagamento della prima rata della definizione agevolata (cfr. decreto impugnato, pag. 20) .
Evidenziava invero che la legittimazione ai fini della proposizione della domanda ex art. 186 l.fall. si estende a tutti coloro che vantano un credito nei confronti del debitore, ancorché né liquido né esigibile (cfr. decreto impugnato, pagg. 20 -21) .
Evidenziava altresì che le disposizioni dei commi 231 -252 della legge n. 197/2022 e la prefigurata temporanea inesigibilità del credito erariale -similmente a quanto l’elaborazione giurisprudenziale di legittimità aveva con la pronuncia n. 17884/2023 ritenuto in relazione alla legittimazione ad instare per la dichiarazione di fallimento – per nulla erano atte a comportare il difetto della legittimazione dell’Agenzia delle Entrate a richiedere la risoluzione del concordato a seguito della proposizione e dell’ammissione della domanda di definizione agevolata (cfr. decreto impugnato, pag. 21) .
Evidenziava invero che la domanda di definizione agevolata incideva unicamente sulle attività di esecuzione e di recupero coattivo del credito, attività da cui esulava la domanda ex art. 186 l.fall. (cfr. decreto impugnato, pag. 21) .
Evidenziava poi, quanto all’assunto della reclamata secondo cui la domanda di risoluzione non è esperibile dal creditore che non sia destinato – siccome nella specie l’Agenzia delle Entrate – a risentire gli effetti negativi del l’ass erito inadempimento, che l’addotto rilievo, involgente il profilo dell’interesse, era senz’altro destituito di fondamento (cfr. decreto impugnato, pagg. 21 -22) .
Avverso tale decreto ha proposto ricorso la ‘Salvatore RAGIONE_SOCIALE in liquidazione; ne ha chiesto sulla scorta di cinque motivi la cassazione.
L ‘ ‘ Agenzia delle Entrate ‘ ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso con vittoria di spese.
Il P.M. ha formulato per iscritto le sue istanze ovvero ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso con enunciazione del principio di diritto di cui alla narrativa delle proprie conclusioni.
La ricorrente ha depositato duplice memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1 86 l.fall. anche in relazione all’art. 1, commi 231 -252, l. 197/2022.
Deduce che ha errato la Corte di Bari, allorché ha reputato l’Agenzia delle Entrate legittimata a domandare la risoluzione del concordato, benché abbia dato atto che il credito nei confronti dell’Agenzia fosse divenuto temporaneamente inesigibile in dipendenza dell’ammissione alla definizione agevolata (cfr. ricorso, pag. 22) .
Deduce segnatamente che ha errato la corte d’appello , allorché ha equiparato la posizione del creditore che richiede la risoluzione per inadempimento del concordato alla posizione del creditore che propone ricorso di fallimento, così da estendere al primo l’elaborazione in tema di legittimazione ad agire del secondo,
nell’evenienza in cui il creditore che insta per il fallimento sia titolare di un credito non certo, non liquido e non esigibile (cfr. ricorso, pag. 22) .
Deduce invero che vi è profonda divergenza tra le due ipotesi, sia strutturale, prefigurando l’art. 6 l.fall. pur la legittimazione del P.M. (cfr. ricorso, pag. 22) , sia funzionale, postulando la prima legittimazione l’inadempimento, la seconda legittimazione l’insolvenza , insolvenza che prescinde dalle vicende dei singoli rapporti obbligatori (cfr. ricorso, pag. 22) .
Deduce dunque che non è concepibile l’inadempimento di un’obbligazione non ancora esigibile, ossia che è preclusa la domanda di risoluzione per inadempimento se all’atto della relativa proposizione non si può pretendere l’adempimento (cfr. ricorso, pag. 23) .
C on il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 186 l.fall. in relazione all’art. 1, commi 231 -252, l. 197/2022.
Deduce che , contrariamente all’assunto del la Corte di Bari , l’art. 1, commi 231-252, della legge n. 197/2022 prevede la perdita della legittimazione dell’Agenzi a delle Entrate a richiedere la risoluzione del concordato a seguito della proposizione e dell’ammissione della domanda di definizione agevolata del debito fiscale (cfr. ricorso, pag. 23) .
Deduce che la transazione fiscale costituisce il ‘titolo’ in forza del quale l’Agenzia delle Entrate ha domandato la risoluzione per inadempimento del concordato e nondimeno la definizione agevolata sopravanza la transazione fiscale (cfr. ricorso, pag. 23) .
Deduce dunque che allo stato deve reputarsi cessata la materia del contendere, salva la possibilità che l’Agenzia agisca ex novo , qualora essa
ricorrente-debitrice dovesse rendersi inadempiente alle nuove obbligazioni (cfr. ricorso, pag. 24) .
Deduce in particolare che contrariamente all’assunto della corte d’appello la preclusione ex art. 1, comma 240, cit. all’avvio di nuove procedure esecutive ovvero alla prosecuzione delle procedure esecutive in precedenza avviate si estende anche all’azione di risoluzione per inadempimento del concordato (cfr. ricorso, pag. 25) .
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 186 l.fall. anche in relazione all’art. 1, commi 231 -252, l. 197/2022.
Deduce che in dipendenza della proposizione e dell’accoglimento della domanda di definizione agevolata e di ‘rottamazione quater ‘ del credito erariale l’Agenzia delle Entrate non ha motivo per lamentare nei suoi confronti un inadempimento ‘grave’ (cfr. ricorso, pag. 26) .
Deduce propriamente che ‘la pacifica inesigibilità del credito di cui è titolare l’Agenzia delle Entrate (…) di per sé esclude l’attualità dell’inadempimento e in ogni caso la sua gravità’ (così ricorso, pag. 28) .
Il primo motivo, il secondo motivo ed il terzo motivo sono all’evidenza connessi; il che ne giustifica la disamina contestuale; in ogni caso, i medesimi mezzi di impugnazione sono inammissibili.
La Corte di Bari, allorché ha dato conto delle ragioni alla stregua delle quali non si prefiguravano preclusioni in ordine alla legittimazione dell’Agenzia delle Entrate a domandare la risoluzione del concordato nonostante la proposizione e l’ammissione della ‘NOME COGNOMERAGIONE_SOCIALE al pagamento
della prima rata della definizione agevolata, ha ulteriormente puntualizzato quanto segue.
Ovvero che, così come evidenziato dai consulenti tecnici, non era dato comprendere ‘a quale debito si riferisca l’importo della definizione agevolata individuato dall’Agenzia delle Entrate nei suoi conteggi per l’accesso alla rottamazione quater’ (così decreto impugnato, pag. 22) ; che, in definitiva, ‘non risulta dalla documentazione in atti che gli importi dei carichi affidati all’Agente della riscossione come quantificati ai fini della rottamazione quater stati previsti nel piano e nella proposta concordataria, con la conseguenza che non v’ certezza sulla coincidenza dei debiti fiscali della rottamazione quater con quelli della transazione fiscale ex art. 182 ter l.fall.’ (così decreto impugnato, pag. 22) .
Ebbene, siffatti rilievi -si badi, univoci nell’escludere la riconducibilità al piano e alla proposta dei carichi quantificati ai fini della ‘ rottamazione quater ‘ -non sono stati per nulla attinti dai mezzi di impugnazione in disamina.
E, ben vero, si tratta di rilievi che -così come condivisibilmente ha posto in risalto il P.M. (cfr. conclusioni P.M., pag. 2) e così come è reso patente dalla circostanza per cui la stessa corte d ‘appello vi ha attribuito valenza di ‘assorbente argomentazione’ (cfr. decreto impugnato, pag. 22) -integrano senz’altro un’autonoma ‘ ratio decidendi ‘ .
Si tratta, ossia, di rilievi in grado senza dubbio di sorreggere ex se , in parte qua , il dictum della corte distrettuale, ancorché formulati con riferimento alla prospettazione della reclamata (qui ricorrente) , secondo cui la domanda di risoluzione non poteva essere formulata dall’Agenzia delle Entrate, siccome creditore destinato a non risentire gli effetti negativi del dedotto inadempimento e quindi privo al riguardo di ‘interesse’.
In pari tempo, per nulla possono esser recepite le prospettazioni di parte ricorrente, di cui alla prima memoria (datata 16.1.2025) , volte espressamente a disconoscere ai rilievi anzidetti la valenza di autonoma ‘ ratio ‘.
In particolare, non vale a smentire la conclusione cui si è inteso addivenire, la circostanza -riferita in memoria dalla ricorrente (cfr. pag. 3) -per cui ‘trattasi di definizione agevolata (rottamazione) compiuta direttamente dagli organi della procedura concordataria su autorizzazione del Tribunale’.
Negli esposti termini, dunque, s ovviene l’elaborazione di questa Corte .
Più esattamente, l’insegnamento secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, è necessario che venga contestata specificamente la ‘ ratio decidendi ‘ posta a fondamento della pronuncia impugnata (cfr. Cass. (ord.) 10.8.2017, n. 19989; Cass. (ord.) 24.2.2020, n. 4905; Cass. 17.7.2007, n. 15952, secondo cui i motivi di ricorso per cassazione devono connotarsi, a pena di inammissibilità, in conformità ai requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata) .
Più esattamente, l’insegnamento secondo cui, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali ‘ rationes decidendi ‘, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione (cfr. Cass. sez. lav. 4.3.2016, n. 4293; Cass. (ord.) 18.6.2019, n. 16314) .
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 161, 186 e 186 bis l.fall.
Deduce che ha errato la Corte di Bari a qualificare il concordato de quo agitur in guisa di concordato con continuità seppure ‘indiretta’ e conseguentemente, sulla scorta dell’ operata erronea qualificazione, ad opinare per la sussistenza del grave inadempimento (cfr. ricorso, pag. 29) .
Deduce segnatamente che il concordato de quo agitur si articola nella ‘ combinazione e convivenza della funzione liquidatoria e di quella della continuità aziendale indiretta (ad esaurirsi a seguito della cessione della partecipata RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE) ‘ (così ricorso, pag. 32) .
Deduce segnatamente che ‘con la cessione della RAGIONE_SOCIALE il concordato preventivo della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione perso ogni legame con la funzione della continuità, divenendo un concordato preventivo totalmente liquidatorio ‘ (così ricorso, pag. 33) .
Deduce dunque che la corte d’appello ha fatto luogo all’esegesi sulla scorta ‘di un modello interpretativo del tutto formalistico’ (così ricorso, pag. 32) .
Il quarto motivo del pari è inammissibile.
16. La Corte di Bari ha invero chiarito che, pur ad opinare nel senso che nella specie, con la cessione della partecipazione, si sia al cospetto di un concordato liquidatorio, ‘sussiste egualmente (…) il grave inadempimento della società debitrice’ (così decreto impugnato, pag. 15) .
In particolare, ha precisato che in un’ottimistica previsione ‘la liquidazione dell’ulteriore attivo e dell’attivo esistente consentirebbe, tutt’al più, una soddisfazione solo parziale dei creditori privilegiati (in una misura dell’84% circa), con nessuna soddisfazione per i creditori chirografari (v. Consulenza, pagg. 44 e ss.)’ (così decreto impugnato, pag. 16) .
E ha debitamente soggiunto che ‘la fase esecutiva del concordato liquidatorio deve, quanto meno, garantire una sia pur minima soddisfazione dei creditori chirografari e una soddisfazione integrale dei creditori privilegiati’ (così decreto impugnato, pag. 16) .
17. Su tale scorta e nel quadro degli insegnamenti di questa Corte dapprima citati (il riferimento è, peraltro, a Cass. n. 15952/2007 (i motivi di ricorso per cassazione devono connotarsi, a pena di inammissibilità, in conformità ai requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata) e a Cass. (ord.) n. 16314/2019) invano la ricorrente adduce che la corte distrettuale, in virtù dell’erronea qualificazione del concordato, ha erroneamente opinato per l’inadempimento da parte di essa ricorrente alle obbligazioni assunte, inadempimento che, viceversa, nella proiezione del concordato liquidatorio ‘non sarebbe risultato e non risulta -sussistente, quantomeno sotto il profilo della gr avità’ (così ricorso, pag. 34) .
Trattasi viepiù di vana deduzione, giacché è rimesso al prudente apprezzamento del giudice del merito -apprezzamento nella specie congruo in fatto ed ineccepibile in diritto – il riscontro, ai fini della risoluzione ex art. 186 l.fall., del venir meno del concordato preventivo alla sua funzione, qualora le somme ricavabili dalla liquidazione dei beni ceduti si rivelino insufficienti, in base ad una ragionevole previsione, a soddisfare, anche in minima parte, i creditori chirografari e, integralmente, i creditori privilegiati (cfr. Cass. 20.6.2011, n. 13446; nella fattispecie delibata da questa Corte con la testé citata pronuncia trattavasi di concordato con cessione dei beni) .
18. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. pr oc. civ. la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 186 l.fall. e degli artt. 191 e ss. cod. proc. civ.; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ.
la violazione degli artt. 161 e 186 l.fall.; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. pr oc. civ. la violazione dell’art. 101 cod. proc. civ. e degli artt. 24 e 111 Cost.
Premette che ha provveduto a formulare e a depositare in ordine alle conclusioni dei c.t.u. significative contestazioni sulla scorta della documentazione predisposta dai commissari liquidatori e dai commissari giudiziali, documentazione da cui emergevano divergenze circa le effettive poste passive e circa gli ulteriori incassi; e che ha provveduto altresì a richiedere la convocazione a chiarimenti dei consulenti d’ufficio (cfr. ricorso, pag. 36) .
Indi deduce che la Corte di Bari del tutto immotivatamente ha reputato ‘non utilizzabile l’elenco prodotto dalla Procedura , dando così per buoni i dati (parziali e del tutto incompleti) offerti dai Consulenti tecnici’ (così ricorso, pag. 37) .
Deduce inoltre che la corte d ‘appello ha errato a non dar corso alla richiesta di convocazione a chiarimenti dei c.t.u. ovvero di integrazione della c.t.u. (cfr. ricorso, pag. 37) .
Deduce segnatamente che la mancata convocazione a chiarimenti dei c.t.u. rileva in ordine all’avvenuta stipula da parte della procedura con la ‘RAGIONE_SOCIALE di scrittura privata autenticata il 23.10.2023 con riferimento al pagamento del saldo della cessione dell’ ex partecipata RAGIONE_SOCIALE (cfr. ricorso, pag. 38) .
Deduce invero che l’impugnato decreto ha reputato erroneamente come ancora ‘sussistente l’originario credito di Euro 6.673.790,00, peraltro ritenuto in chiave prospettica non recuperabile’ (così ricorso, pag. 38) .
Il quinto motivo parimenti è inammissibile.
Soccorre in termini concludenti l’elaborazione di questa Corte.
Innanzitutto, l’insegnamento di questa Corte alla cui stregua l’omesso esame di elementi istruttori -pur documentali – non integra, di per sé, il vizio di omesso
esame di un fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato -è il caso di specie – comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass. (ord.) 29.10.2018, n 27415) .
Altresì, e più in generale, l’insegnamento di questa Corte alla cui stregua con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito, poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (cfr. Cass. (ord.) 7.12.2017, n. 29404) .
Inoltre, l’insegnamento di questa Corte alla cui stregua , in tema di consulenza tecnica d’ufficio, rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito la valutazione dell ‘ opportunità di disporre indagini tecniche suppletive o integrative, di sentire a chiarimenti il consulente sulla relazione già depositata ovvero di rinnovare, in parte o in toto , le indagini, sostituendo l ‘ ausiliare del giudice; ed alla cui stregua l ‘ esercizio di tale potere non è sindacabile in sede di legittimità, ove ne sia data adeguata motivazione, immune da vizi logici e giuridici (cfr. Cass. sez. lav. (ord.) 24.1.2019, n. 2103; Cass. 3.4.2007, n. 8355) .
Ovviamente i congrui, articolati ed esaustivi rilievi cui è ancorata la motivazione del l’impugnato dictum , valgono di per sé a dar conto delle ragioni dell ‘omessa convocazione a chiarimenti dei consulenti d’ufficio.
21. In dipendenza della declaratoria di inammissibilità del ricorso la ricorrente va condannata a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.
22. Ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente, ‘RAGIONE_SOCIALE in liquidazione , a rimborsare alla controricorrente, ‘ Agenzia delle Entrate ‘ a resp. lim. , le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in euro 7.500,00, oltre spese prenotate a debito;
ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002 si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte