Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23970 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23970 Anno 2024
AVV_NOTAIO: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/09/2024
sul ricorso 11294/2018 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in Roma, presso la cancelleria della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliate in Roma , presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME che le rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO NOME COGNOME
– controricorrenti e ricorrenti incidentali – nonchè
sul ricorso 11294/2018 proposto da
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliate in Roma, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME che le rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO NOME COGNOME
– ricorrenti incidentali –
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in Roma, presso la cancelleria della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO
– controricorrente e ricorrente incidentale –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
– intimate – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 3960/2017 depositata il 03/10/2017;
udita la relazione della causa svolta all’adunanza non partecipata del 13/06/2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
Con contrapposti ricorsi a questa Corte, il RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione hanno impugnato l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Napoli -adita in via principale dal RAGIONE_SOCIALE ed in via incidentale dalla RAGIONE_SOCIALE per la riforma della decisione di primo grado che, in relazione all’appalto conferito dalla prima alla seconda per la realizzazione del tratto autostradale Messina-Palermo
compreso tra le vallate dei torrenti Lauro e Periano aveva accolto la domanda dell’appaltatrice e pronunciato la risoluzione del detto contratto per l’inadempimento della stazione appaltante -ha rigettato l’appello principale del RAGIONE_SOCIALE, confermando, come già divisato dal primo giudice, che l’anomalo andamento dei lavori era ascrivibile alle gravi carenze progettuali connesse ai fenomeni franosi in atto nell’area teatro dei lavori imputabili segnatamente alla committenza, ed ha accolto solo parzialmente l’appello incidentale dell’impresa -che aveva chiesto oltre alla conferma del deliberato di prima istanza, la condanna del RAGIONE_SOCIALE al ristoro dei danni patiti in conseguenza della protratta durata dei lavori -limitatamente alla rivalutazione monetaria del mancato utile e al pagamento di taluni SAL rimasti inadempiuti, rigettando, per converso, ogni altra istanza risarcitoria dispiegata dall’appellante incidentale in relazione ai maggiori oneri sostenuti, all’irregolare andamento dei lavori e alla loro protrazione oltre i tempi convenuti.
Per la cassazione di detta sentenza si ergono ora, tenendo conto della data di notifica, con ricorso principale e successivo incidentale, il RAGIONE_SOCIALE sulla base di cinque mezzi, illustrati pure con memoria, e con ricorso incidentale, seguito da memoria, sulla base di tre mezzi la RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va previamente dato atto che RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva non essendosi ia medesima costituita con controricorso ex art. 370 cod. proc. civ., ma solo a mezzo di “atto di costituzione” ai fini della partecipazione all’udienza pubblica, inidoneo peraltro allo scopo.
Il primo motivo del ricorso principale ed il primo motivo del ricorso incidentale del RAGIONE_SOCIALE -con cui si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo con riferimento alla mancata valutazione del
contenuto del contratto di appalto, al capitolato speciale di appalto, al bando di gara e alla perizia di parte, nonché la violazione dell’art. 29 l. reg. Sicilia 10 agosto 1978, n. 35 applicato impropriamente nella specie in quanto la fattispecie era disciplinata dalla legge statale -; il secondo motivo dei medesimi atti -con cui si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo con riferimento alle doglianze formulate con il secondo motivo di appello relativo alla condotta serbata dall’appaltatrice prima della sottoscrizione dall’atto di sottomissione e, segnatamente, perché non si era tenuto alcun conto delle affermazioni del CTU, delle osservazioni del CTP, delle contestazioni della D.L. e delle risultanze della commissione di collaudo -; il terzo motivo dei medesimi atti -con cui si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo con riferimento alle doglianze esternate in merito alla fase successiva alla sottoscrizione dell’atto di sottomissione e, segnatamente, perché la sentenza impugnata avrebbe fondato il proprio convincimento su documenti di cui si era eccepita l’inammissibilità, perché non avrebbe tenuto conto delle risultanze peritali e perché avrebbe passivamente recepito le difese della parte -; il quarto motivo dei medesimi atti -con cui si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo con riferimento al diritto dell’appaltatrice, discendente dalla risoluzione del contratto, alla reintegrazione per equivalente sulla base dei conteggi declinati dalla controparte e, segnatamente, perché la sentenza impugnata, nel riconoscere che la risoluzione fa sorgere il diritto dell’appaltatrice alla reintegrazione per equivalente e nell’accogliere il gravame incidentale in punto di ribasso d’asta e di mancato utile, avrebbe aderito alle ragioni del primo giudice senza tenere conto delle osservazioni del RAGIONE_SOCIALE -; ed il quinto motivo dei medesimi atti -con cui si lamenta la violazione dell’art. 1458 cod. civ. con riferimento alla richiesta di risarcimento dei danni per l’omesso pagamento del SAL 1 e del SAL 11/G e al riconoscimento
dell’importo a titolo risarcitorio portato dal SAL 11 e allo svincolo della ritenuta di garanzia, in quanto presupporrebbero un contratto valido -esaminabili congiuntamente in quanto tutti affetti dal medesimo vulnus , si prestano ad un preliminare ed assorbente rilievo di inammissibilità rappresentabile sotto il duplice profilo del difetto di specificità e della surrettizia sollecitazione, non mitigata dall’apparente riconduzione di talune delle doglianze nell’alveo di una pretesa violazione di legge, a rinnovare il sindacato decisorio esperito sfavorevolmente dal giudice di merito.
E’, infatti, appena il caso di ricordare che la confusa esposizione di fatti e circostanze in cui si compendia l’illustrazione di ciascuna doglianza viene meno alla necessaria osservanza dei precetti di chiarezza e sinteticità espositiva che devono connotare il ricorso per cassazione e che impongono la selezione dei profili di fatto e di diritto della vicenda sub iudice posti a fondamento delle doglianze proposte, in modo da offrire al giudice di legittimità una concisa rappresentazione dell’intera vicenda giudiziaria e delle questioni giuridiche prospettate e non risolte o risolte in maniera non condivisa, per poi esporre le ragioni delle critiche nell’ambito della tipologia dei vizi elencata dall’art. 360 cod. proc. civ. In particolare il principio di specificità di cui all’art. 366, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. richiede per ogni motivo l’indicazione della rubrica, la puntuale esposizione delle ragioni per cui è proposto nonché l’illustrazione degli argomenti posti a sostegno della sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo, come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della pronunzia Cass. S.U. 37552/2021; (Cass., Sez. IV, 18/08/2020, n. 2020; Cass., Sez. VI-II, 14/05/2018 n. 11603; Cass., Sez. III, 19/08/2009, n. 18421).
Va da sé, poi, che i motivi in disamina tendono ad una inammissibile rivalutazione del merito chiamando la Corte di Cassazione ad esercitare un ufficio estraneo ai suoi compiti istituzionali, giacché il giudizio di cassazione non costituisce notoriamente un terzo grado di giudizio in cui si possa mettere riparo alla pretesa ingiustizia della sentenza impugnata mediante un rinnovato apprezzamento delle risultanze di fatto (Cass., Sez. U, 29/03/2013, n. 7931; Cass. S.U. 27/12/2019, n. 34476).
Siffatto profilo di inammissibilità è, dipoi, vieppiù, evidente con riferimenti alle censure che involgono una implicita richiesta di rivalutazione del giudizio sull’imputabilità della risoluzione contrattuale, operato dalla Corte d’appello, e che pertiene a valutazioni esclusive del giudice di merito, fondate sulla valutazione dei fatti e delle prove, come tali incensurabili in cassazione laddove -come nella specie -ampiamente e congruamente motivate (Cass. 13627/2017; Cass. 10477/2004).
4.1. Venendo al ricorso di COGNOME e al ricorso incidentale della stessa, con il primo motivo di entrambi gli atti si censura l’impugnata decisione per violazione e falsa applicazione degli artt. 1418, 1453 e 1458 cod. civ. e dell’art. 112 cod. proc. civ., nonché per l’omesso esame di un fatto decisivo in quanto il decidente, benché fosse stato investito al riguardo da una domanda di risarcimento del danno, aveva disatteso la pretesa riferita alla prima riserva in considerazione del fatto che detta riserva era stata rinunciata, sostituendo alla richiesta disamina l’esame delle singole riserve, e ciò malgrado la stessa Corte avesse riconosciuto che l’intervenuta risoluzione del contratto avrebbe dovuto escludere che la voce corrispondente potesse essere trattata come una riserva, in luogo di una posta risarcitoria.
4.2. Il motivo è fondato e va pertanto accolto, con conseguente assorbimento, seguendone infatti la cassazione della sentenza impugnata sul punto, degli altri motivi di ricorso svolti in via subordinata.
Per vero, il giudice di appello, dopo aver pronunciato la risoluzione del contratto per grave inadempimento della stazione appaltante ed avere affermato che non era più questione di riserve, perché essendo risolto il contratto – non poteva più discutersi di compensi fondati sul contratto, ha, poi, ritenuto infondate, per tale ragione, tutte le riserve, senza – tuttavia – procedere all’intero risarcimento del danno ex art. 1453 cod. civ., sulla base dei dati fattuali desumibili dalle riserve medesime . La Corte d’appello si è, invero, limitata a liquidare i danni per il mancato utile dell’impresa . Orbene, in tema di appalto di opere pubbliche, la riserva, attenendo ad una pretesa economica di matrice contrattuale, presuppone l’esistenza di un contratto valido di cui si chiede l’esecuzione, mentre, ogni qualvolta si faccia questione di invalidità del contratto e dei modi della sua estinzione, come nel caso della risoluzione per inadempimento, le pretese derivanti dall’inadempimento della stazione appaltante non vanno valutate in relazione all’istituto delle riserve, ma seguono i principi di cui agli artt. 1453 e 1458 cod. civ. (Cass., Sez. I, 3/11/2016, n. 22275).
Ne segue perciò la doverosa cassazione della sentenza impugnata in parte qua, non essendosi essa attenuta al principio di diritto sopra enunciato.
Sono dunque inammissibili il ricorso del RAGIONE_SOCIALE ed il ricorso incidentale dello stesso; va accolto il primo motivo del ricorso di RAGIONE_SOCIALE e di COGNOME ed il primo motivo del ricorso incidentale delle stesse, contenenti una identica censura, e vanno dichiarati assorbiti gli ulteriori motivi dei medesimi atti.
Cassata, perciò, nei limiti del motivo accolto, la sentenza impugnata, la causa va rinviata al giudice a quo per la rinnovazione del giudizio.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del RAGIONE_SOCIALE ed il ricorso incidentale del medesimo RAGIONE_SOCIALE; accoglie il primo motivo del ricorso di RAGIONE_SOCIALE liquidazione e di RAGIONE_SOCIALE ed il primo motivo del ricorso incidentale delle stesse e dichiara assorbiti gli ulteriori motivi dei medesimi atti; cassa l’impugnata sentenza nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Napoli che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 13.06.2024.
Il AVV_NOTAIO COGNOME