Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6126 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6126 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10515/2018 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE SAN RAGIONE_SOCIALE
-intimato- sul controricorso incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente incidentale- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 4105/2017 depositata il .
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE (in prosieguo l’impresa) risultava aggiudicataria dell’appalto dei lavori di risanamento delle facciate e copertura della scuola ‘Calamandrei’, bandito dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE (in prosieguo RAGIONE_SOCIALE), in base al contratto di appalto del 10/02/2010. Il corrispettivo dei lavori appaltati ammontava ad € 557.319,66, oltre IVA. Con successive determine dirigenziali fondate su perizie di varianti suppletive, veniva rideterminato l’importo contrattuale per un ammontare pari ad € 666.137,81, oltre IVA, ed il termine di ultimazione dei lavori veniva differito al 12/12/2010.
Con successiva variante in diminuzione, si evidenziavano le lavorazioni non portate a termine dall’appaltatore e l’importo veniva rideterminato in € 642.593,06.
In data 16/06/2011 veniva redatto in contradditorio il certificato di ultimazione dei lavori ove veniva riconosciuto che i lavori non erano stati completati nei termini contrattuali.
A fronte del complessivo importo di € 642.593,06, oltre IVA, la stazione appaltante corrispondeva all’impresa esecutrice il minore importo di € 508.795,59, oltre IVA. Il RAGIONE_SOCIALE non corrispondeva quindi il residuo importo di € 133.797,47. L’impresa sottoscriveva comunque la contabilità redatta dal RAGIONE_SOCIALE nella quale veniva computata una penale di € 90.594,74, dietro autorizzazione del RAGIONE_SOCIALE all’emissione di una fattura per l’importo complessivo di € 43.988,74, IVA compresa.
Successivamente una delle imprese subappaltatrici lamentando il mancato pagamento dell’importo di € 55.500,00 chiedeva ed otteneva un sequestro preventivo del credito vantato dall’impresa nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, il quale affermava però di nulla dovere all’impresa per i lavori eseguiti, viste le determine di spesa resesi necessarie per porre rimedio ai difetti riscontrati nella realizzazione delle opere.
I suddetti danni lamentati dal RAGIONE_SOCIALE venivano quantificati in € 47.256,57 per danni di natura edile ed in € 6.910,58, per lavori
affidata ad altra ditta per danni di natura elettrica. A questo punto, il RAGIONE_SOCIALE si dichiarava debitrice dell’impresa di soli € 12.500,62.
L’impresa conveniva il RAGIONE_SOCIALE dinanzi al Tribunale di Monza per ottenere la somma di € 133.797,47, attesa anche la nullità della penale applicata dal RAGIONE_SOCIALE ed il mancato pagamento del saldo ancora dovuto.
Il Tribunale accoglieva parzialmente il ricorso dell’impresa, rideterminando la penale nei limiti legali dell’importo di € 64.259,00, cioè una somma pari al 10% dei lavori eseguiti così come risultanti dalla perizia in diminuzione del 16/06/2011, e condannava il RAGIONE_SOCIALE al pagamento di € 74.766,58 in favore dell’impresa.
Avverso tale sentenza, il RAGIONE_SOCIALE proponeva appello alla Corte di Appello di Milano, la quale riformava la sentenza di primo grado, riconoscendo l’opponibilità all’impresa delle lavorazioni eseguite successivamente alla perizia in diminuzione, in quanto non era stata apposta alcuna riserva dall’impresa sul conto finale, e rideterminava l’importo dovuto dal RAGIONE_SOCIALE nella somma di € 3.606,99.
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano, l’impresa propone ricorso con due motivi; resiste il RAGIONE_SOCIALE con controricorso e ricorso incidentale e memoria .
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta: Violazione e falsa applicazione del disposto normativo di cui agli artt. 165 e 174 del DPR 554/1999. Per il ricorrente, la sentenza è illegittima nella parte in cui la Corte ha omesso di considerare il valore giuridico del certificato di ultimazione dei lavori redatto in contraddittorio tra le parti in data 16/06/2011, nonché la natura giuridica delle richieste giudiziarie azionate, e ha di conseguenza ritenuto erroneamente applicabile alla fattispecie de quo il disposto normativo di cui agli artt. 165 e 174 del DPR 554/1999.
Avrebbe errato il giudice del ritenere applicabile la disciplina delle ‘riserve’, e quindi dichiarare l’intervenuta preclusione dell’impresa di effettuare le contestazioni al conto finale.
Per il ricorrente, la disciplina delle riserve non troverebbe applicazione in caso di ‘fatti estranei all’oggetto dell’appalto o alla finalità di documentazione dell’iter esecutivo dell’opera’ e in caso di ‘comportamenti dolosi o gravemente colposi del committente non incidenti direttamente sull’esecuzione dell’opera’.
Le contestazioni mosse dal ricorrente non rientrerebbero, quindi, nel regime delle riserve, essendo le stesse volte ad affermare l’illegittimo addebitamento dei costi per il completamento dell’appalto già scomputati con la perizia in diminuzione (che non poteva essere oggetto di riserva in quanto tali costi erano successivi all’esecuzione delle opere) e il carattere ‘ultra legem’ della penale (che non poteva essere ugualmente oggetto di riserva rientrando nel novero dei comportamenti illeciti della PA).
Il ricorrente avrebbe richiesto esclusivamente il pagamento delle somme contabilizzate nel certificato di ultimazione dei lavori, espressamente accettato e sottoscritto in contradditorio tra le parti. Successivamente alla data del certificato, la ricorrente non sarebbe più l’esecutrice delle opere oggetto dell’appalto e di conseguenza alcun onere di riserva poteva essere ad essa addebitato per la successiva contabilizzazione delle opere eseguite da terzi.
Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta: Violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. La Corte non avrebbe potuto prendere in considerazione l’eccezione di decadenza dalla possibilità di formulare contestazioni al conto finale da parte dell’impresa in quanto, rientrando tra le eccezioni in senso stretto, non è stata formulata nel giudizio di primo grado.
Tale eccezione, su cui peraltro la Corte ha fondato il giudizio, è inammissibile in quanto tardivamente proposta ex art 345 c.p.c. Con ricorso incidentale il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE lamenta omesso esame di un punto decisivo e v iolazione e falsa applicazione dell’art. 145 comma 3 DPR 207 del 2010 in relazione all’art. 360 comma 1 nr.5 c.p.c. La Corte avrebbe ridotto la penale applicata dall’Ente da 66.613,78 a 64.259,00 argomentando che l’ammontare dei lavori eseguiti era pari a 642.593,06.
I due motivi di ricorso principale sono infondati.
Il certificato di regolare esecuzione dell’appalto risponde alla finalità tipica della liquidazione del corrispettivo spettante all’appaltatore e non presuppone l’approvazione della stazione appaltante, funzionale soltanto a rendere vincolante il collaudo per quest’ultima. Ne consegue che le risultanze del certificato impegnano l’appaltatore già per effetto della sua sottoscrizione senza riserve, assurgendo ad idonea prova documentale dell’effettiva erogazione delle somme già pagate in acconto (Cass. 16669/2018). In materia di appalti pubblici, ai sensi degli artt. 164 e ss. del d.P.R. n. 554 del 1999 l’appaltatore, il quale pretenda un maggior compenso o rimborso rispetto al prezzo contrattualmente pattuito, a causa di pregiudizi o maggiori esborsi sopportati per l’esecuzione dei lavori, ha l’onere d’iscrivere apposite riserve nella contabilità entro il momento della prima annotazione successiva all’insorgenza della situazione integrante la fonte delle vantate ragioni , nonché di esplicarle nel termine di quindici giorni e poi di confermarle nel conto finale, dovendosi altrimenti intendere definitivamente accertate le risultanze della contabilità; ciò per ragioni di tutela della P.A. committente, che, nell’esercizio dei suoi poteri discrezionali, deve essere messa in grado di provvedere immediatamente ad ogni necessaria verifica, al fine di poter valutare, in ogni momento, l’opportunità del mantenimento in vita o del recesso dal rapporto di appalto in relazione al perseguimento dei propri fini d’interesse pubblico (Cass. 11188/2018). Nella specie, la Corte d’appello ha accertato che l’impresa appaltatrice non aveva formulato nel certificato di regolare esecuzione dei lavori, contenente il conto finale, riserve o domande, né aveva confermato le riserve
precedenti, per cui non aveva diritto a sollevare contestazioni in relazione al conto finale. Il giudice di appello non ha preso in esame – come dedotto nel secondo motivo di ricorso – un’eccezione di decadenza dell’appaltatrice, ma ha accertato l’insussi stenza del diritto azionato, con riferimento alle norme ed al contratto, segnatamente il capitolato speciale di appalto.
Per quanto sopra il ricorso principale deve pertanto essere respinto. Il ricorso incidentale del RAGIONE_SOCIALE è inammissibile, rientrando nella valutazione esclusiva del giudice di merito l”esame circa il corretto esercizio del potere di riduzione della penale (Cass. 23750/2018). La censura, peraltro, difetta anche di specificità, poiché generica, e non riproduce la previsione dell’art. 17 del Capitolato speciale, secondo cui la penale andrebbe computata in relazione alle opere, e non ai lavori eseguiti.
Le spese del giudizio, attesa la soccombenza reciproca delle parti, vanno compensate.
Ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui all’art. 13 comma 1 quater DPR 115/2002 , a carico del ricorrente principale e del ricorrente incidentale.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Compensa fra le parti le spese del presente giudizio. Ricorrono i presupposti per l’applicazione , a carico del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, del doppio contributo di cui all’art. 13 comma 1 quater DPR 115/2002 ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione