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Riservato dominio: riduzione della penale eccessiva

In una causa per inadempimento di un contratto preliminare di vendita di un chiosco con patto di riservato dominio, il Tribunale ha confermato la risoluzione del contratto a causa del mancato pagamento delle rate da parte dell’acquirente. Tuttavia, ha ridotto l’indennità che il venditore poteva trattenere dalle rate già pagate, ritenendo la clausola penale manifestamente eccessiva ai sensi dell’art. 1526 c.c. e bilanciando l’equità tra le parti. L’acquirente è stato condannato a restituire il bene e a pagare gli oneri tributari arretrati.

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Pubblicato il 21 febbraio 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Vendita con Riservato Dominio: Cosa Succede se la Penale è Eccessiva?

La vendita con patto di riservato dominio è uno strumento contrattuale molto diffuso che permette all’acquirente di godere di un bene pagandolo a rate, mentre il venditore ne mantiene la proprietà fino al saldo completo. Ma cosa accade se l’acquirente smette di pagare? Una recente sentenza del Tribunale di Torino offre importanti chiarimenti sul potere del giudice di intervenire sulle clausole penali, specialmente quando risultano sproporzionate.

Il Caso: La Vendita del Chiosco e l’Inadempimento

Una venditrice stipulava un contratto preliminare per la vendita di un chiosco commerciale per un prezzo totale di 100.000 euro. L’accordo prevedeva il versamento di una caparra e 39 rate mensili. L’acquirente, dopo aver pagato rate per un totale di 45.000 euro, interrompeva i pagamenti, rendendosi inadempiente per un importo superiore all’ottava parte del prezzo totale, soglia prevista per la risoluzione del contratto.

Il contratto conteneva due clausole cruciali:
1. Una clausola risolutiva espressa, che permetteva alla venditrice di risolvere il contratto in caso di mancato pagamento.
2. Una clausola che le consentiva di trattenere tutte le rate già pagate a titolo di indennità.

La venditrice, avvalendosi della prima clausola, ha dichiarato la risoluzione del contratto e ha citato in giudizio l’acquirente per ottenere la restituzione del chiosco, il diritto a trattenere le somme incassate e il risarcimento di ulteriori danni e oneri tributari non pagati.

La Gestione del Contratto con Riservato Dominio

Il Tribunale ha prima di tutto accertato l’avvenuta risoluzione di diritto del contratto. La venditrice aveva correttamente comunicato all’acquirente la sua volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa. Tale dichiarazione, una volta giunta a conoscenza del destinatario, produce l’effetto risolutivo automatico, senza necessità di una pronuncia del giudice, che in questo caso si limita ad accertare un effetto già verificatosi. Di conseguenza, il giudice ha ordinato all’acquirente la restituzione immediata del chiosco.

Le Motivazioni del Tribunale: La Riduzione della Penale

Il punto centrale della sentenza riguarda la clausola che permetteva alla venditrice di trattenere i 45.000 euro già incassati. Sebbene pattuita tra le parti, il Tribunale ha ritenuto tale penale manifestamente eccessiva.

In base all’articolo 1526 del Codice Civile, in caso di risoluzione di una vendita con riservato dominio per inadempimento del compratore, il giudice ha il potere di ridurre l’indennità convenuta. Questo potere, esercitabile anche d’ufficio, mira a ristabilire un equilibrio equo tra gli interessi delle parti e a evitare un arricchimento ingiustificato del venditore.

Per valutare l’eccessività, il giudice ha confrontato diversi elementi:
– Il vantaggio economico per la venditrice (trattenere 45.000 euro e riavere il bene).
– Il prezzo a cui la stessa venditrice aveva acquistato il chiosco anni prima (€ 40.000).
– Il margine di profitto che intendeva realizzare con la vendita (€ 60.000).

Considerando che l’acquirente aveva utilizzato il chiosco per un periodo limitato e che la venditrice, pur riottenendo la piena proprietà, aveva già incassato una somma superiore al suo investimento iniziale, il Tribunale ha ritenuto congrua un’indennità di 38.000 euro, riducendo la penale originaria.

Oneri Tributari e Danni Ulteriori

Il giudice ha invece accolto la domanda relativa al rimborso degli oneri tributari (canone di occupazione di suolo pubblico). Il contratto prevedeva espressamente che tutte le tasse e imposte fossero a carico dell’acquirente dal momento della presa in possesso del bene. Poiché la venditrice ha provato di aver ricevuto richieste di pagamento per tali oneri, l’acquirente è stato condannato al rimborso.

È stata invece respinta la richiesta di risarcimento per il mancato utilizzo del bene. Il Tribunale ha ribadito un principio consolidato: il danno da mancata disponibilità di un bene non è automatico (in re ipsa), ma deve essere provato. La venditrice avrebbe dovuto dimostrare di aver subito una perdita economica concreta, come la perdita di occasioni di vendita o di locazione, cosa che non è avvenuta.

Le Conclusioni: Equità e Protezione Contrattuale

La sentenza dimostra come l’autonomia contrattuale trovi un limite nell’equità e nei principi generali dell’ordinamento. Anche in presenza di clausole chiare e sottoscritte, il giudice può intervenire per correggere squilibri evidenti, come nel caso di una penale sproporzionata in una vendita con riservato dominio. Questa decisione protegge l’acquirente inadempiente da conseguenze eccessivamente punitive e riafferma il ruolo del giudice come garante di un giusto contemperamento degli interessi in gioco. La pronuncia sottolinea anche l’importanza dell’onere della prova: chi chiede un risarcimento deve sempre fornire elementi concreti a sostegno della propria pretesa.

Cosa succede se l’acquirente smette di pagare le rate in una vendita con riservato dominio?
Se il contratto contiene una clausola risolutiva espressa, il venditore può dichiarare la risoluzione del contratto inviando una comunicazione all’acquirente. La risoluzione opera automaticamente dal momento in cui l’acquirente riceve tale comunicazione, e quest’ultimo è tenuto a restituire il bene.

Il venditore può trattenere tutte le rate pagate se il contratto si risolve per colpa dell’acquirente?
Non sempre. Anche se il contratto lo prevede, l’art. 1526 c.c. consente al giudice di ridurre l’indennità (cioè le rate trattenute) se la ritiene manifestamente eccessiva. Il giudice valuta le circostanze del caso per garantire un giusto equilibrio tra le parti ed evitare un arricchimento ingiustificato del venditore.

Il danno da mancata disponibilità del bene viene risarcito automaticamente?
No. Secondo la sentenza, il danno derivante dalla mancata disponibilità di un bene a seguito di un inadempimento non è presunto. La parte che chiede il risarcimento deve provare di aver subito un’effettiva lesione al proprio patrimonio, ad esempio dimostrando di aver perso concrete occasioni di vendita o locazione del bene.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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