Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 33222 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 33222 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5988/2021 R.G., proposto da
COMUNE DI VERBICARO , in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO, per procura su foglio separato allegato al ricorso e per procura su foglio separato allegato alla memoria di costituzione del 15.7.2024, pec EMAIL
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME , quali eredi di COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliati in Roma alla INDIRIZZO per procura su foglio separato allegato al controricorso pec EMAIL
-controricorrenti –
per la cassazione della sentenza n. 134/2020 della CORTE d’APPELLO di Catanzaro pubblicata il 3.2.2020;
Impugnazioni civili -Appello -Riserva di appello -Perdita di efficacia a seguito di impugnazione immediata
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 10.10.2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
COGNOME NOME convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Paola -sez. dist. di Scalea il Comune di Verbicaro con atto di citazione notificato il 25.9.1999.
Premesso che era proprietario di un appezzamento di terreno sito alla INDIRIZZO Verbicaro, distinto nel catasto terreni di tale Comune al foglio n. 11 particelle 99 e 412, l’attore espose che:
-con provvedimento del 5 novembre 1974 l’amministrazione comunale aveva rigettato la richiesta di licenza edilizia per la costruzione su tale suolo di un fabbricato per civile abitazione;
-il diniego della licenza era stato dichiarato illegittimo su suo ricorso dal giudice amministrativo e con sentenza definitiva dello stesso giudice amministrativo, successivamente adito, era stato annullato anche il provvedimento di diniego della licenza adottato il 16 settembre 1982 dal commissario ad acta nominato in sede di ottemperanza per dare esecuzione al precedente giudicato amministrativo;
-medio tempore , in data 30 novembre 1985, il Comune di Verbicaro aveva emesso decreto di occupazione d’urgenza della particella n. 412 per realizzarvi un ambulatorio medico, procedendo altresì alla materiale occupazione del fondo; anche tale provvedimento era stato dichiarato illegittimo e annullato dal giudice amministrativo con sentenza definitiva;
-l’amministrazione comunale non solo aveva occupato illegittimamente la particella 412, ma aveva altresì occupato sine titulo la particella 99 realizzandovi tra il 1991 e il 1994 un ambulatorio medico;
-nell’eseguire l’opera l’ente locale si era appropriato di notevoli quantitativi di ferro di sua proprietà ivi insistenti del valore di almeno 15.000.000 di lire e aveva altresì distrutto le opere che esso attore aveva iniziato a realizzare sul fondo in data 30 maggio 1994 confidando nel maturato silenzio assenso di cui alla legge 94/82;
-vane erano state le richieste stragiudiziali di risarcimento dei danni da occupazione illegittima e da diniego illegittimo della licenza edilizia inviate al Comune;
-nell’insieme delle condotte illegittime sistematicamente poste in essere in suo danno erano ravvisabili a carico dei Sindaci succedutisi nella carica gli estremi del delitto di abuso d’ufficio.
Tanto premesso, l’attore domandava la condanna del convenuto al risarcimento: a) del danno patrimoniale conseguente all’illegittimo diniego della licenza edilizia e quindi della mancata utilizzazione edificatoria del suolo; b) del danno patrimoniale da illegittima occupazione delle particelle 99 e 412; c) del danno patrimoniale conseguente alla rimozione delle opere da lui già eseguite sul fondo e all’indebita appropriazione delle barre di ferro ivi esistenti; d) del danno non patrimoniale conseguente agli illeciti penali perpetrati in suo danno dagli amministratori pubblici.
1.1. Si costituiva il Comune di Verbicaro, il quale, eccepito il difetto di giurisdizione del G.O., deduceva altresì: a) il difetto di legittimazione attiva del Rosignuolo atteso che lo stesso non era, e non aveva comunque mai dimostrato di essere, il legittimo proprietario dei fondi oggetto di causa, i quali anzi, a seguito di complicate vicende giudiziarie, risultavano di proprietà di terzi; b) il difetto di legittimazione passiva in relazione a tutti gli atti amministrativi (asseritamente illegittimi) posti in essere dal commissario ad acta nominato in sede di ottemperanza dal giudice amministrativo; c) la prescrizione del diritto al risarcimento del danno conseguente alla occupazione del suolo ai fini della realizzazione dell’opera pubblica.
Nel merito, il Comune di Verbicaro contestava la dedotta responsabilità in ordine al mancato rilascio dei titoli a costruire, posto che i relativi provvedimenti erano stati annullati per vizi formali e l’attore non aveva dimostrato il diritto al rilascio della licenza-concessione; tenuto conto della complessità della vicenda e delle annose controversie anche giudiziarie relative alla proprietà dei fondi, nel contegno tenuto dalla P.A. non era ravvisabile alcun dolo, colpa o violazione dei principi di correttezza, imparzialità e buona fede, con conseguente inconfigurabilità dell’illecito civile di cui all’art. 2043 cod. civ. Il Comune
contestava la sussistenza di illeciti penali posti in essere dai suoi amministratori, e quindi la possibilità di configurare in capo all’istante un danno morale soggettivo risarcibile; contestava, infine, la presunta indebita appropriazione dei materiali esistenti sul suolo occupato.
1.2. Dichiarata con ordinanza n. 1375/2006 pubblicata il 25.1.2006 la giurisdizione del G.O., una volta riassunto il giudizio, il Tribunale di Paola -sez. dist. di Scalea con sentenza non definitiva n. 13/2008 pubblicata il 10.1.2008 rigettava le domande svolte dall’attore ‘di risarcimento del danno per l’illegittimo diniego della licenza edilizia e della concessione edilizia e quindi per la mancata utilizzazione edilizia del suolo edificatorio’; quella di risarcimento del danno ‘per l’illecita appropriazione del ferro di proprietà del Rosignuolo’; e quella di risarcimento del danno morale conseguente agli illeciti penali asseritamente perpetrati dal convenuto in danno dell’attore. Il tribunale, inoltre, dichiarava inammissibili le domande di risarcimento del danno biologico ed esistenziale avanzate dall’attore nonché quella di risarcimento del danno per l’illegittima appropriazione del legname di sua proprietà dallo stesso formulata.
In particolare, per quel che rileva in questa sede, il giudice del primo grado dichiarava che COGNOME NOME, nella sua veste di avente causa di NOME, era divenuto proprietario in virtù degli atti di acquisto prodotti, della particella n. 412, mentre, per converso, egli non era mai divenuto proprietario della particella n. 99, essendovi in atti prova documentale che la dante causa dell’attore era in realtà proprietari a della sola particella n. 412 del foglio n. 11 del Comune di Verbicaro e non anche della particella n. 99.
1.3. Con sentenza definitiva n. 173/2010 pubblicata l’11.5.2010 il Tribunale di Paola -sez. dist. di Scalea accoglieva la domanda di risarcimento del danno per illegittima occupazione del fondo di proprietà dell’attore COGNOME Vincenzo e, per l’effet to, condannava il Comune di Verbicaro al pagamento in suo favore della somma di euro 410.861,56 oltre interessi legali dalla data della sentenza al saldo; rigettava la domanda di risarcimento del danno per la distruzione e/o l’appropriazione indebita delle opere ivi esistenti da parte del convenuto; compensava in ragione della metà le spese di lite; poneva definitivamente a carico di parte convenuta le spese di c.t.u..
1.4. Frattanto, avverso la sentenza non definitiva n. 13/2008, non notificata, COGNOME Vincenzo aveva interposto appello con atto di citazione notificato il 4.7.2008, con il quale proponeva querela di falso a norma degli artt. 221 e ss. c.p.c. contro il verbale dello stato di consistenza e di immissione in possesso del 3 settembre 1986 del suolo sito in Verbicaro, località Vignicella, in catasto particella 412 del foglio 11, redatto, per il Comune di Verbicaro, dall’ing. NOME COGNOME alla presenz a di due testi, prodotto in causa dall’attore. Il giudizio veniva iscritto al n. 850/2008 R.G.A.G.
Intervenuta la costituzione del Comune di Verbicaro, all’udienza del 9.12.2008 l’ente dichiarava che intendeva avvalersi del documento impugnato e, per l’effetto, ritenuto il documento rilevante ai fini della decisione, la Corte d’appello con ordinanza del 23.12.2008 sospendeva il giudizio concedendo alle parti termine fino al 30.4.2009 per la riassunzione della causa di falso davanti al Tribunale competente.
Con atto notificato il 5.3.2011, il Comune di Verbicaro proponeva invece appello avverso la sentenza non definitiva n. 13/2008 ed avverso la sentenza definitiva n. 173/2010. Il giudizio veniva iscritto al n. 349/2011 R.G.A.G. Nel giudizio interveniva volontariamente COGNOME Guido.
La Corte d’Appello di Catanzaro, intervenuta la riassunzione del procedimento di falso ad opera di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, quali eredi di COGNOME NOME, con sentenza pubblicata il 3.2.2020, dichiarata l’inammissibilità dell’intervento di COGNOME NOME e dell’appello incidentale ( recte , principale) proposto dal Comune di Verbicaro avverso la sentenza non definitiva n. 13/2008, decidendo sui giudizi riuniti, rigettava l’appello proposto da COGNOME NOME avver so la sentenza non definitiva n. 13/2008 e gli appelli proposti dal Comune di Verbicaro e da COGNOME Vincenzo avverso la sentenza definitiva n. 173/2010, compensando per intero le spese del grado.
La Corte d’appello, per quanto ancora rileva in questa sede, ha osservato che, avendo il Rosignuolo fatto appello con atto di citazione notificato il 4.7.2008 avverso la sentenza non definitiva n. 13/2008, la riserva di appello svolta a suo tempo dal Comune di Verbicaro all’udienza del 3.4.2004 era divenuta, ai sensi
dell’art. 340, ultimo comma, cod. proc. civ., inefficace, sì che si sarebbe imposta, a pena di decadenza, la proposizione dell’appello incidentale nell’ambito del proc. 850/2008 R.G.A.G. Non essendosi avvalso il Comune di Verbicaro della facoltà di proporre appello incidentale, la sentenza non definitiva era passata in giudicato rendendo così inammissibile l’appello proposto con atto di citazione notificato il 5.3.2011. La statuizione relativa alla titolarità in capo al Rosignuolo del diritto di proprietà avente ad oggetto la particella 412 del foglio 11 del catasto del Comune di Verbicaro era, ormai, coperta dal giudicato.
2.1. In relazione all’appello proposto dal Comune di Verbicaro avverso la sentenza definitiva n. 173/2010 notò la Corte d’appello che:
-la raccomandata inviata il 5.5.1997 dal Rosignuolo costituiva un valido atto interruttivo della prescrizione, poiché con essa si portava a conoscenza l’ente locale dell’esistenza di un danno patrimoniale conseguente ad un fatto illecito, ascrivibile ad una condotta dolosa dello stesso, per il quale si chiedeva in modo non equivocabile il risarcimento;
-era inammissibile, perché in contrasto con l’art. 345 cod. proc. civ., il motivo con il quale il Comune di Verbicaro aveva dedotto l’inesistenza del diritto al risarcimento del danno da occupazione illegittima del fondo, perché il suolo costituito dalle particelle 99 e 412 era inedificabile per aver in precedenza rilasciato ad un terzo due licenze edilizie, che avevano esaurito la capacità edificatoria delle particelle 99, 100 e 412 del foglio 11; il divieto dei nova in appello riguardava non solo le domande e le eccezioni in senso stretto, ma anche le contestazioni nuove in quanto non esplicate in primo grado;
-quanto alla liquidazione del danno da occupazione illegittima, le contestazioni svolte alla relazione del C.T.U. erano tardive, perché non formulate nel corso del giudizio di primo grado neppure in sede comparsa conclusionale;
-quanto al computo degli interessi legali, correttamente il giudice del primo grado aveva riconosciuto gli interessi legali maturati sulla somma via via rivalutata, previa progressiva devalutazione della somma dall’epoca del fatto e quelli ulteriori fino al soddisfo.
Per la cassazione della sentenza della Corte ricorre il Comune di Verbicaro, sulla base di quattro motivi. Rispondono con controricorso COGNOME
NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME, quali eredi di COGNOME NOME
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art.380bis .1. cod. proc. civ..
Il Pubblico Ministero presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare, deve essere dichiarata l’improcedibilità del ricorso , oggetto di verifica d’ufficio da parte della Corte in ordine alla tempestività dell’impug nazione (v. Cass., sez. 6-I, 7 giugno 2021, n. 15832), in assenza della produzione di copia autentica della sentenza impugnata e della relata di notificazione della medesima (adempimento prescritto dall’art. 369, comma secondo, n. 2, cod. proc. civ.).
Infatti, nel ricorso si asserisce che la sentenza impugnata sarebbe stata notificata a mezzo P.E.C. il 21.12.2020, ma dall’esame degli atti risulta depositata soltanto copia autentica della sentenza senza la relata dell’indicata notificazione. La prova di resistenza (v. Cass., sez. 6-III, 10 luglio 2013, n. 17066) con riferimento alla data di pubblicazione della sentenza, avvenuta il 3.2.2020, non consente di considerare tempestivo il ricorso calcolando il decorso del temine breve da essa, atteso che il ricorso è stato notificato in data 18 febbraio 2021, mentre il termine scadeva il 4 aprile 2020.
Sussiste, pertanto, l’improcedibilità del ricorso ai sensi dell’art. 369, secondo comma, n. 2, cod. proc. civ. (v. Cass., Sez. Un., 6 luglio 2022, n. 21349).
In ogni caso, quand’anche così non fosse , il ricorso sarebbe inammissibile per le ragioni di seguito illustrate.
C on il primo motivo è denunciata ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 100, 112, 345 e 324 c.p.c. in relazione all’art. 2697 c.c. (art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c.’
Erroneamente la Corte d’appello, nel dichiarare l’inammissibilità dell’appello proposto avverso la sentenza non definitiva n. 13/2008, avrebbe dichiarato coperta dal giudicato la statuizione contenuta nella sentenza di primo
grado relativa alla titolarità in capo al Rosignuolo del diritto di proprietà della particella 412 del foglio 11 del Comune di Verbicaro. Infatti, l’amministrazione comunale non si era limitata a proporre appello avverso entrambe le sentenze rese in primo grado, ma si era costituita nel proc. 850/2008 sull’appello proposto dal Rosignuolo contro la sentenza non definitiva n. 13/2008. Nell’ambito di entrambi i procedimenti, poi riuniti, il Comune aveva sempre contestato la titolarità della particella 412 del foglio 11, fermo restando che quella svolta non era una eccezione in senso stretto, ma una mera difesa deducibile in ogni fase del giudizio e rilevabile d’ufficio.
Con il secondo motivo viene denunciata, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 832, 948 e 2697 cod. civ. in relazione all’art. 2043 cod. civ.
Il Comune di Verbicaro, richiamato il precedente contenzioso instaurato dalla COGNOME (dante causa del Rosignuolo), lamenta che non essendo mai stata giudizialmente accertata la proprietà della particella 412 del foglio 11 Comune in Verbicaro, posto che n el giudizio definito dalla Corte d’Appello di Messina con sentenza dell’8.7.1991 in sede di rinvio a seguito della cassazione della sentenza resa dalla Corte d’Appello di Catanzaro del 19.11.1982, in riforma della pronuncia n. 89/1978 del Tribunale di NOME aveva dichiarata abbandonata la domanda di rivendica della particella 412 (pur dando atto che la proprietà della stessa non era mai stata contestata), erroneamente la Corte d’appello di Catanzaro avrebbe ritenuta coperta dal giudicato la statuizione contenuta nella sentenza non definitiva n. 13/2008 relativa alla titolarità in capo al Rosignuolo del diritto di proprietà della particella 412 del foglio 11. Proprietà, quest’ultima, che non era stata accertata, ma solamente desunta dal Tribunale in primo. In questo contesto, risultava non provato il presupposto costitutivo della domanda di risarcimento del danno da occupazione illegittima.
Con il terzo motivo viene denunciata, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., degli artt. 832, 948 e 2697 cod. civ. in relazione all’art. 2909 cod. civ.
Il Comune di Verbicaro, sempre con riferimento all’asserito passaggio in giudicato della statuizione contenuta nella sentenza non definitiva n. 13/2008
relativa alla titolarità in capo al Rosignuolo del diritto di proprietà della particella 412 del foglio 11, lamenta la violazione dell’art. 2909 cod. civ., perché estraneo ai giudizi civili definiti con la sentenza 89/1978 del Tribunale di Paola e con la s entenza resa dalla Corte d’appello di Messina l’8.7.1991, sì che non avrebbe potuto subire gli effetti del giudicato reso inter alios neppure in via riflessa essendo titolare di un rapporto autonomo rispetto a quello rispetto al quale è intervenuto il giudicato.
Il primo motivo è inammissibile.
6.1. Il ricorrente nella sua doglianza, rispetto all’affermazione dell’intervenuto giudicato interno sulla statuizione contenuta nella sentenza di primo grado relativa alla titolarità in capo al Rosignuolo del diritto di proprietà della particella 412 del foglio 11 del Comune di Verbicaro, non investe la specifica ratio decidendi espressa dalla Corte d’appello.
Infatti, nella sentenza impugnata è stata dichiarata l’inammissibilità dell’appello proposto con l’atto di citazione notificato il 5.3.2011, posto che la riserva d’appello formulata in data 3.4.2008 rispetto alla sentenza non definitiva n. 13/2008 era divenuta priva di effetto a seguito dell’appello principale proposto dal Rosignuolo avverso tale decisione con atto notificato il 4.7.2008.
6.2. L’art. 340, comma terzo, cod. proc. civ., al fine di preservare l’unitarietà dell’appello, dispone che la riserva facoltativa di appello ‘ non può più farsi, e se già fatta rimane priva di effetto, quando contro la stessa sentenza da alcuna delle parti sia proposto immediatamente appello’. Correttamente la Corte d’appello ha statuito che data l’impugnazione immediata proposta dal Rosignuolo la riserva, in precedenza svolta dal Comune di Verbicaro, era divenuta inefficace, dovendosi proporre, a pena di decadenza, impugnazione incidentale, con la conseguente inammissibilità dell’appello svolto con atto di citazione notificato il 5.3.2011.
Al riguardo, è stato statuito da questa Corte che ‘La parte che abbia fatto riserva di appello differito contro una sentenza non definitiva è obbligata a proporre l’appello in dipendenza dell’appello di altro soccombente, senza alcuna possibilità di potersi giovare della riserva di gravame in precedenza formulata, atteso il chiaro disposto dell’art. 340 cod. proc. civ., che conserva efficacia a tale
riserva a condizione che nessuna delle altre parti si avvalga della facoltà di impugnazione immediata. Pertanto, (in caso di appello di altro soccombente) la mancata impugnazione di chi abbia formulato la riserva – da effettuarsi anche nelle forme dell’impugnazione incidentale tardiva – determina il passaggio in giudicato della sentenza non definitiva nella parte non impugnata (v. Cass. 22 dicembre 1990, n. 12160).
È stato, altresì, affermato che ‘Per il principio di concentrazione delle impugnazioni, applicabile anche con riguardo alle impugnazioni contro la sentenza non definitiva, la parte soccombente nella sentenza non definitiva ed in quella definitiva, ove quest’ultima venga impugnata per prima dalla controparte risultata parzialmente soccombente, è tenuta, nei limiti temporali indicati dall’art. 343 cod. proc. civ., a proporre impugnazione incidentale contro la sentenza non definitiva nello stesso procedimento introdotto con la impugnazione principale avverso la sentenza definitiva’ (v. Cass. 14 novembre 2002, n. 16022). Appello incidentale, di carattere obbligatorio (v. Cass. 9 agosto 1983, n. 5313), proponibile da parte di chi ha fatto la riserva anche in via tardiva ai sensi dell’art. 334 cod. proc. civ., ‘ anche per quell’interesse autonomo che l’aveva legittimata alla riserva di impugnazione, senza incorrere in decadenza diversa da quella risultante dalla mancata osservanza delle modalità e dei termini previsti dall’art. 343 cod. proc. civ., per l’appello incidentale, rimanendo, in particolare, irrilevante, in ragione del carattere incidentale della impugnazione e della pregressa formulazione della riserva, la decorrenza dei termini previsti dagli artt. 325 e 327 cod. proc. civ. per le impugnazioni principali (v. Cass. 12 novembre 1986, n. 6628).
Il ricorrente, tuttavia, non si è confrontato con la ratio decidendi enunciata dalla Corte d’appello, di qui l’inammissibilità del motivo svolto, giusta il principio di diritto consolidato affermato da Cass. n. 359 del 2005 (Il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, in quanto per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una
decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 n. 4 cod. proc. civ.), ribadito, ex multis , da Cass., Sez. Un., n. 7074 del 2017; da ultimo da Cass. n. 1341 del 2024.
6.3. L’inammissibilità del primo motivo di impugnazione determina l’assorbimento del secondo e del terzo motivo di impugnazione, posto che il passaggio in giudicato della statuizione contenuta nella sentenza di primo grado relativa alla titolarità in capo al Rosignuolo del diritto di proprietà della particella 412 del foglio 11 del Comune di Verbicaro impedisce l’esame delle doglianze ivi svolte.
Con il quarto motivo viene denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 2947 e 2943 cod. civ. ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ.
Il ricorrente lamenta il mancato accertamento della prescrizione del diritto al risarcimento del danno da occupazione sine titulo sul presupposto erroneo dell’efficacia interruttiva della raccomandata trasmessa il 5.5.1997 dal Rosignuolo.
Il Comune di Verbicaro ha richiamato il principio diritto (enunciato da Cass., sez. un., 19 gennaio 2015, n. 735) secondo cui, in caso di illecito spossessamento del privato da parte della PA e di trasformazione irreversibile del terreno, non si determina l’acquisto dell’area in favore di quest’ultima, sì che il privato ha diritto di chiedere la restituzione, a meno che non abdichi al suo diritto e chieda il risarcimento del danno, ivi compreso quello relativo alla perdita di utilità da occupazione illegittima. In tale fattispecie, la prescrizione quinquennale al risarcimento del danno decorre dalle singole annualità, quanto
al danno per la perdita del godimento, e dalla data della domanda, quanto alla reintegrazione. Ciò premesso, considerato che il C.T.U. aveva collocato la trasformazione irreversibile tra il 1992 ed il 1993, mentre l’occupazione era iniziata tra giugno e settembre 1986, il diritto al risarcimento del danno da occupazione illegittima era prescritto in relazione alle annualità precedenti al 5.5.1992, considerato che la prescrizione era stata interrotta solo con la raccomandata del 5.5.1997.
7.1. Il motivo è inammissibile vertendo su una questione non menzionata nella sentenza impugnata.
7.2. Secondo un indirizzo costante di questa Corte (v., indicativamente, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. 1° luglio 2024, n. 18018; Sez. Un., 29 gennaio 2024, n. 2607; 17 febbraio 2023, n. 5131; 23 settembre 2021, n. 25909; 24 gennaio 2019, n. 2038; 13 giugno 2018, n. 15430; 28 luglio 2008, n. 20518), qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto in virtù del principio di autosufficienza del ricorso. I motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio (v. Cass. 13 dicembre 2019, n. 32804; 24 gennaio 2019, n. 2038; 9 agosto 2018, n. 20694; 18 ottobre 2013, n. 23675). In quest’ottica, la parte ricorrente ha l’onere -nella specie rimasto assolutamente inadempiuto -di riportare, a pena d’inammissibilità, dettagliatamente in ricorso gli esatti termini della questione posta in primo e secondo grado (cfr. Cass. 10 maggio 2005, n. 9765; 12 settembre 2000, n. 12025). Nel giudizio di cassazione, infatti, è preclusa alle parti la prospettazione di nuovi questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito (v. Cass. 13 settembre 2007, n. 19164; 9 luglio 2013, n. 17041; 25 ottobre 2017, n. 25319; 20 maggio 2018, n. 20712; 6 giugno 2018, n. 14477).
Nella specie, essendo la prospettazione del decorso del termine di prescrizione basata su circostanze fattuali, è palese che si doveva indicare se, dove e come il giudice di appello ne fosse stato investito. Tanto è dirimente, senza che nemmeno occorra dar e rilievo all’inosservanza dell’onere di localizzazione ex art. 366, comma primo, n. 6 cod. proc. civ. della sentenza di primo grado, che nell’illustrazione viene evocata.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato improcedibile.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso improcedibile e condanna il ricorrente alla rifusione, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 200 per esborsi ed euro 10.000 per competenze professionali, oltre rimborso forfetario del 15%, Iva e cpa se dovuti per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza sezione civile della