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Riserva appalti pubblici: quando va iscritta?

Una società di costruzioni ha perso la causa per il risarcimento dei danni dovuti alla sospensione di un appalto. La Corte di Cassazione ha confermato che la riserva appalti pubblici deve essere formulata immediatamente, nel momento in cui si verifica l’evento dannoso e la sua portata pregiudizievole è chiara per l’impresa. In questo caso, la sospensione per mancanza di fondi era un evento immediatamente percepibile come dannoso, e la tardiva iscrizione della riserva ha reso la richiesta inammissibile.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Riserva Appalti Pubblici: Tempismo Cruciale per il Diritto al Risarcimento

L’iscrizione tempestiva della riserva negli appalti pubblici è un onere fondamentale per l’impresa che intende richiedere un risarcimento per danni subiti a causa di comportamenti della stazione appaltante, come la sospensione illegittima dei lavori. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio cardine: la riserva va iscritta nel momento stesso in cui il fatto dannoso si manifesta ed è percepibile nella sua valenza pregiudizievole. Attendere significa perdere il diritto a qualsiasi indennizzo. Analizziamo questo caso emblematico.

I Fatti del Caso: Sospensioni Ripetute e la Richiesta di Danni

Una società di costruzioni si era aggiudicata un importante appalto per lavori di urbanizzazione. L’esecuzione del contratto, tuttavia, si rivelò travagliata sin dall’inizio. A causa di problematiche geologiche non previste nel progetto originario, si rese necessaria una perizia di variante, con un conseguente aumento dei costi.

Nelle more del finanziamento di tali opere aggiuntive, la stazione appaltante dispose una prima sospensione dei lavori. Successivamente, dopo una breve ripresa, i lavori vennero nuovamente sospesi in data 7 luglio 1993, a causa della “indisponibilità delle risorse finanziarie”. L’appalto proseguì tra ulteriori interruzioni e riprese, fino all’ultimazione delle opere nel 1995.

A causa dell’andamento anomalo del cantiere, l’impresa iscrisse nello stato finale dei lavori una riserva per ottenere il risarcimento di tutti i danni patiti, quantificati in oltre 1,2 milioni di euro. La stazione appaltante, un consorzio pubblico, si oppose, eccependo la tardività dell’iscrizione della riserva.

La Decisione dei Giudici: la Riserva Appalti Pubblici Deve Essere Immediata

Il Tribunale di primo grado diede parzialmente ragione all’impresa, riconoscendo l’illegittimità della sospensione del 1993 e liquidando un cospicuo risarcimento. La Corte d’Appello, tuttavia, ribaltò completamente la decisione, respingendo la domanda dell’impresa.

Secondo i giudici d’appello, l’impresa avrebbe dovuto iscrivere la riserva appalti pubblici immediatamente, già nel verbale di sospensione dei lavori del 7 luglio 1993. La causa della sospensione – la mancanza di fondi – rendeva immediatamente palese e percepibile il pregiudizio economico per l’appaltatore. Non avendolo fatto, l’impresa era decaduta dal diritto di avanzare pretese.

La Corte di Cassazione, adita dall’impresa, ha confermato in toto la sentenza d’appello, rigettando il ricorso e consolidando un orientamento giurisprudenziale rigoroso in materia.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha chiarito che, nel sistema degli appalti pubblici, l’appaltatore ha l’onere di iscrivere la relativa riserva nel momento in cui emerge la concreta idoneità del fatto (in questo caso, la sospensione) a produrre pregiudizi. Non è necessario quantificare immediatamente il danno, ma è indispensabile manifestare subito la propria pretesa.

I giudici hanno specificato che, quando una sospensione è chiaramente illegittima o produttiva di danno sin dall’inizio – come nel caso di una sospensione dovuta a mancanza di finanziamenti, un evento imputabile alla stazione appaltante – la riserva deve essere inserita nello stesso verbale di sospensione. L’impresa, invece, aveva atteso lo stato finale dei lavori, un comportamento ritenuto gravemente tardivo.

La Corte ha inoltre precisato che le argomentazioni della ricorrente, volte a dimostrare di aver iscritto la riserva in altri documenti o in momenti successivi, non erano sufficientemente provate nel ricorso. Infine, ha etichettato come irrilevante la discussione su un presunto atto di rinuncia contenuto in un successivo “atto di sottomissione”, poiché la Corte d’Appello aveva usato quell’argomento solo ad abundantiam, ovvero come un rafforzativo non essenziale per la decisione, la cui ratio decidendi risiedeva unicamente nella tardività della riserva.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Imprese

Questa ordinanza offre una lezione cruciale per tutte le imprese che operano nel settore degli appalti pubblici. La gestione delle riserve non ammette superficialità o ritardi. Di fronte a un atto della stazione appaltante potenzialmente dannoso, come una sospensione dei lavori per motivi economici, è imperativo agire con la massima tempestività. L’iscrizione immediata della riserva nel primo documento utile (il verbale di sospensione) è l’unica via per salvaguardare il proprio diritto a un futuro risarcimento. Attendere o formulare la pretesa in un secondo momento può comportare la perdita definitiva di qualsiasi possibilità di ristoro economico, anche a fronte di un palese inadempimento della committenza.

Quando deve essere iscritta la riserva per i danni da sospensione dei lavori in un appalto pubblico?
La riserva deve essere iscritta nel momento in cui emerge la concreta idoneità del fatto a produrre un pregiudizio. Se la sospensione appare illegittima o dannosa fin dall’inizio, come nel caso di mancanza di fondi, la riserva deve essere inserita nello stesso verbale di sospensione.

La mancanza di fondi da parte della stazione appaltante è una causa di sospensione che richiede l’immediata iscrizione della riserva?
Sì. Secondo la Corte, la sospensione dei lavori disposta per assenza di finanziamenti è una causa che rende immediatamente percepibile la sua valenza pregiudizievole per l’impresa, la quale deve quindi iscrivere la riserva senza indugio nel verbale di sospensione.

È possibile contestare in Cassazione un’argomentazione della sentenza d’appello definita “ad abundantiam”?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un motivo di ricorso che censura un’argomentazione svolta dalla sentenza impugnata “ad abundantiam” (cioè in via aggiuntiva e non essenziale) è inammissibile, poiché tale argomentazione non costituisce la “ratio decidendi”, ovvero la ragione fondante della decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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