Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14522 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14522 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22548/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE E IN CONCORDATO PREVENTIVO, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO, presso
-controricorrenti- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 972/2020 depositata il 10/02/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte di Appello di Roma, con sentenza n. 972/2020, ha rigettato l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Roma del 13.10.2016 che aveva respinto le domande proposte dall’impresa, in proprio e quale capogruppo mandataria dell’ATI costituita con la RAGIONE_SOCIALE, nei confronti del RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE e dell’RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE Aranci e RAGIONE_SOCIALE Torres (ora RAGIONE_SOCIALE), fondate sul contratto di appalto del 28.07.2006 per i lavori di realizzazione degli attracchi 1 e 2 all’Isola Bianca –RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, aventi ad oggetto il pagamento RAGIONE_SOCIALE somme iscritte in cinque riserve formulate nel corso dell’appalto e della fattura n. 12 del 24/01/2013.
La Corte di Appello, per quanto ancora rileva, ha affermato che:
-la riserva n. 1, formulata per € 1.523.556,43 a titolo di maggiori oneri sostenuti per l’aumento dei volumi del materiale di risulta (poi da smaltire) frutto della demolizione dei fondali mediante esplosivo, iscritta in occasione del SAL n. 11 di chiusura della contabilità d’appalto, doveva ritenersi intempestiva, in quanto il Tribunale aveva affermato che, trattandosi di fatti di natura
continuativa, sulla scorta del consolidato orientamento di legittimità l’RAGIONE_SOCIALE aveva l’onere di iscrivere la riserva sin dal verbale di consegna dei lavori, individuato dal primo giudice come momento in cui l’ATI poteva avvedersi del fatto pregiudizievole idoneo a generare la riserva, salvo a specificarne la portata quantitativa in successi atti dell’appalto, mentre l’impresa aveva, invece, per la prima volta iscritto la riserva nel registro di contabilità, non avendo, peraltro, l’appellante sollevato specifiche censure avverso l’accertamento compiuto dal Tribunale circa il momento in cui avrebbe avuto oggettiva contezza del fatto pregiudizievole.
-la riserva n. 2, formulata per € 2.722.500,00 a titolo di maggiori oneri sostenuti per l’accelerazione RAGIONE_SOCIALE attività di scavo, in ragione dei maggiori volumi di risulta che avevano richiesto un maggior impegno di risorse affinché fosse rispettato il termine di ultimazione dei lavori, e la riserva n. 3, formulata per € 83.795,60 a titolo di maggiori oneri sopportati per la sicurezza, attesi i maggiori oneri derivanti dall’attività di scavo, entrambe iscritti in occasione dell’emissione del SAL n. 11, dovevano ritenersi intempestive, in quanto correttamente il Tribunale le aveva ritenute strettamente dipendenti e consequenziali rispetto alla riserva n.1, e, dunque, soggette RAGIONE_SOCIALE medesime censure.
-le doglianze relative alla riserva n. 4, formulata per € 316.325,68 a titolo di richiesta di compensazione del maggior costo dei materiali da costruzione per l’anno 2009, iscritta in occasione del SAL n. 11, erano infondate, in quanto il Tribunale aveva correttamente ritenuto che l’RAGIONE_SOCIALE non aveva fornito prova dell’eventuale effettiva maggiore onerosità del prezzo elementare pagato per i materiali di costruzione rispetto a quello documentato dalla stessa con riferimento al momento dell’offerta, e neppure della quantità dei materiali utilizzati oggetto della richiesta di revisione dei prezzi, giacché la sola documentazione depositata era costituita dall’istanza di compensazione con RAGIONE_SOCIALEgato un prospetto
di c.d. compensazione prezzi da materiali di costruzione del decreto 30 aprile 2009.
-le statuizioni del Tribunale, in ordine alla necessaria produzione in giudizio di documentazione attestante i maggiori oneri sostenuti ai fini dell’accoglimento della riserva n. 4, dovevano ritenersi fondate per un verso sull’art. 171, co. 6, del regolamento 207/2010, di attuazione ed esecuzione del d.lgs. 163/2006 che, seppur entrato in vigore in data successiva alla stipula del contratto di appalto, aveva una portata non innovativa ma meramente esplicativa rispetto RAGIONE_SOCIALE previsioni di legge; per altro verso sulla circolare del RAGIONE_SOCIALE del 4 agosto 2005 che, pur emanata in relazione alla previgente disciplina contenuta nell’art. 26 della L. 109/94, forniva spunti interpretativi utilizzabili dal giudice.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e in concordato preventivo, affidandolo a tre motivi.
Il RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE hanno resistito in giudizio con controricorso.
La ricorrente ha depositato la memoria ex art. 380 bis.1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 31 DM 145/2000.
La ricorrente si duole che la Corte d’Appello abbia condiviso l’impostazione del giudice di primo grado nel ritenere non tempestiva l’iscrizione della riserva n. 1, ritenendo che l’ATI avrebbe dovuto iscrivere la riserva in oggetto sul verbale di
consegna dei lavori e non già, come avvenuto, in occasione dell’emissione del SAL n. 11 di chiusura della contabilità.
Evidenzia la ricorrente che l’art. 31 comma 2° DM 145/2000 pone un’alternativa tra l’iscrizione al momento dell’insorgenza del fatto pregiudizievole e l’iscrizione al momento della cessazione, ipotesi quest’ultima dettata in caso di pregiudizi a carattere continuativo , per i quali l’esecutore dei lavori ha piena contezza RAGIONE_SOCIALE dimensioni del danno patito quando si è conclusa la concatenazione dei fatti produttivi RAGIONE_SOCIALE maggiori onerosità.
Ad avviso della ricorrente, individuare il termine di tempestività per l’iscrizione della riserva al momento dell’insorgenza del pregiudizio , vuol dire fornire una indebita interpretatio abrogans della richiamata previsione legislativa.
Pertanto, rileva solo al momento della chiusura della contabilità, allorchè erano stati riconosciuti i maggiori volumi di scalo, poteva ritenersi cessato l’evento pregiudizievole foriero di maggiori oneri.
Infine, la ricorrente rileva che non era affatto proprio onere proporre specifiche contestazioni alla valutazione con cui il Tribunale ha ritenuto che, già alla data di consegna dei lavori, l’ATI avrebbe avuto contezza, in base ad una valutazione ipotetica media, dei maggiori volumi di materiale da rimuovere a causa della necessità di utilizzare l’esplosivo. Afferma che ‘ alla data di consegna dei lavori, non essendosi ancora perfezionato (cessato) il pregiudizio (anzi non essendo neppure venuto in essere) e non avendo -di conseguenza -l’ATI la possibilità di quantificare l’ammontare da richiedere, non era ancora sorto l’onere di iscrizione della riserva’ . Ne consegue che le censure in tema di mancata specificità RAGIONE_SOCIALE contestazioni deve ritenersi irrilevanti in quanto assorbite dalla preminente contestazione proposta dall’appellante in ordine alla errata applicazione dell’art. 31 DM 145/2000.
Con il secondo motivo è stata censurata la violazione dell’art. 31 DM 145/2000.
La ricorrente, condividendo l’opinione della Corte d’Appello secondo cui le riserve nn. 2 e 3, a loro volta dichiarate intempestive, devono considerarsi strettamente dipendenti e consequenziali rispetto alla riserva n. 1, deduce che l’accoglimento del primo motivo dovrà necessariamente determinare l’accoglimento di questo secondo motivo.
I primi due motivi, da esaminare unitariamente, vista la stretta dipendenza e consequenzialità RAGIONE_SOCIALE prime tre riserve iscritte, sono inammissibili.
Va preliminarmente osservato che il ricorso per cassazione deve contenere, invero, a pena di inammissibilità, l’esposizione dei motivi per i quali si richiede la cassazione della sentenza impugnata, aventi i requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (Cass., 25/02/2004, n. 3741; Cass., 23/03/2005, n. 6219; Cass., 17/07/2007, n. 15952; Cass., 19/08/2009, n. 18421; Cass. 24/02/2020, n. 4905). In particolare è necessario che venga contestata specificamente la «ratio decidendi» posta a fondamento della pronuncia oggetto di impugnazione (Cass., 10/08/2017, n. 19989).
Con riferimento alla presente causa, la Corte d’Appello, nel decidere sul primo motivo di appello, che ha ad oggetto la riserva n. 1, ha confermato il giudizio del Tribunale sulla tardività dell’iscrizione di tale riserva, avente ad oggetto i maggiori costi per l’aumento della volumetria di scavo e la raccolta del materiale di risulta, in conseguenza dell’avvenuta demolizione di materiale roccioso con l’uso di esplosivo. In particolare, dalla sentenza (p. 2) si evince che il Tribunale aveva rilevato che, nel verbale di consegna del 3 novembre 2009, l’impresa aveva «iscritto una riserva meramente generica», in quanto in essa non veniva
effettuato riferimento alcuno al fenomeno del «bulking factor», ossia all’aumento del materiale di risulta da smaltire quando si procede a demolizioni. La riserva, avente ad oggetto il «bulking factor» era stata, per contro, iscritta nel registro di contabilità solo il 22 novembre 2010, ossia più di un anno dopo.
La Corte d’appello (pp. 2, 3, e 5) ha osservato che il Tribunale, per afferRAGIONE_SOCIALE la tardività dell’iscrizione della riserva aveva fatto riferimento a due argomenti. Il primo faceva riferimento alla «diligenza e cognizione media di un operatore di movimento terra». Ed, a questo riguardo, la Corte ha aggiunto che, «in base a semplici ed intuitive considerazioni», è del tutto evidente che il materiale da escavare, prima della sua frantumazione mediante esplosivo, presentava una maggiore compattezza, mentre l’escavazione e la frantumazione davano luogo alla formazione di spazi vuoti tra le singole parti frantumate e non pienamente aderenti tra loro», per il che certamente il volume del materiale veniva ad essere superiore a quello originario (p. 6). Il secondo argomento faceva riferimento al fatto che, nella successiva completa – iscrizione della riserva nel 2010, l’impresa aveva calcolato i maggiori volumi di smaltimento, «semplicemente applicando una determinata percentuale sui volumi di escavo previsti in contratto» (p. 2 e 5). Il che evidenziava che l’impresa poteva conoscere e calcolare i maggiori oneri fin dall’inizio, ossia dalla consegna RAGIONE_SOCIALE opere da eseguire dopo la demolizione (2009).
Tale statuizione del Tribunale è conforme, peraltro, al principio più volte affermato da questa Corte, secondo cui , nei pubblici appalti, è obbligo dell’impresa inserire una riserva nella contabilità contestualmente all’insorgenza e percezione del fatto dannoso; in particolare, in relazione ai fatti produttivi di danno continuativo, la riserva va iscritta contestualmente o immediatamente dopo l’insorgenza del fatto lesivo, percepibile con la normale diligenza, mentre il “quantum” può essere successivamente indicato. Ne
consegue che, ove l’appaltatore non abbia la necessità di attendere la concreta esecuzione dei lavori per avere consapevolezza del preteso maggior onere che tale fatto dannoso comporta, è tardiva la riserva formulata solo nel s.a.l. successivo (Cass. 28801/2018; Cass. 10949/2014). E ciò anche nella vigenza del d.m. 145/2000, applicabile ratione temporis, spettando all’impresa appaltatrice l’onere di dimostrare la tempestività RAGIONE_SOCIALE riserve, perché formulate nel rispetto di quanto previsto dal citato decreto (Cass. 27451/2022).
Orbene, la Corte d’appello – una volta enunciate le due rationes decidendi , poste a base della sentenza di prime cure – ha richiamato il principio di «specificità dei motivi di appello previsto dall’art. 342 c.p.c.». (p. 5), pervenendo alla conclusione che il motivo di appello – con cui si esponeva che trattandosi di fatti continuativi « non immediatamente e concretamente valutabili nella loro portata, come nel caso esaminato » « gli eventuali pregiudizi da essi derivanti risultano denunciabili solo alla loro cessazione » – non attingeva né la ratio della percepibilità del carattere oneroso dello scavo con l’uso della ordinaria diligenza, né, tanto meno, quella del calcolo del maggior costo dell’escavo conseguente alla demolizione con una mera operazione numerica effettuata, non attraverso un computo RAGIONE_SOCIALE lavorazioni eseguite successivamente alla demolizione ed all’aumento dei volumi, tenendo conto della loro natura ed entità, ma semplicemente applicando una percentuale in aumento «direttamente sui volumi previsti in contratto» (p. 6); cosa che, pertanto, l’impresa ben avrebbe potuto fare fin dalla consegna dell’opera. Non era necessario, dunque, attendere la cessazione del fatto (escavo) produttivo del maggiore onere economico.
Proprio alla luce di tali precise argomentazioni, la Corte d’Appello ha ritenuto la non specificità del primo motivo di appello, come anche del secondo, concernente la riserva n. 2, collegata alla
prima. Orbene, con tale ratio decidendi i motivi di ricorso non si sono confrontati minimamente, non essendo stata, peraltro, neppure – in alcun modo – dedotta la violazione dell’art. 342 c.p.c., norma posta a fondamento della decisione.
Le censure della ricorrente continuano, infatti, ad insistere sul fatto che, trattandosi di fatto continuativo, occorreva fare riferimento alla cessazione del fatto lesivo, cosa esclusa dalla Corte, con motivazione con la quale la ricorrente non si confronta. Senza dire, infine, che sul punto la Corte ha effettuato accertamenti in fatto, non rivedibili in questa sede, non essendo stato, peraltro, dedotto neppure il vizio di motivazione.
Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 133 d.lgs 163/2006 e dell’art. 171 DPR 207/2010.
Espone la ricorrente che, ai fini della compensazione dei prezzi, l’art. 133 comma 6 bis dlgs n. 163/2006 prevede, che qualora i prezzi dei materiali subiscano variazioni superiori al 10% rispetto al prezzo rilevato annualmente dal MIT, l’appaltatore ha il solo onere di formulare specifica istanza di revisione alla Direzione Lavori (la quale è tenuta a procedere ai relativi conteggi) e non è, invece, onerato di dimostrare i maggiori costi subiti.
La Corte d’Appello ha erroneamente ritenuto la necessità che l’appaltatore fornisca la specifica prova dell’aumento dei costi sostenuti in relazione a quanto previsto dall’art. 171 comma 6° DPR 207/2010, nonostante lo stesso giudice abbia dato atto che tale normativa era entrata in vigore in data successiva alla stipula del contratto d’appalto.
5. Il motivo è infondato.
Dall’esame della sentenza impugnata (vedi ultime due righe pag. 7 e pag. 8, prima riga e seguenti) emerge che il Tribunale di Roma aveva rigettato la domanda relativa alla riserva n. 4 sul rilievo che
l’appaltatore non avesse documentato i maggiori costi sostenuti in relazione ai materiali utilizzati, statuizione appellata dall’odierna ricorrente con la deduzione che l’art. 133 comma 6 bis del codice degli appalti ponesse a carico dell’appaltatore il solo onere di formulare istanza di compensazione (censura reiterata dall’appaltatore anche in questa sede).
La Corte d’Appello, oltre ad aver evidenziato che la ricorrente non aveva contestato le lacune probatorie indicate dal Tribunale, ha osservato che, se è pur vero che la regola affermata dal Tribunale è stata specificamente prevista dall’art. 171 comma 6° del regolamento 207/2010 -normativa successiva alla stipula dell’appalto di cui è causa trattasi, tuttavia, di regola priva di portata innovativa rispetto RAGIONE_SOCIALE previsioni della legge, dovendo essere riconosciuto alla fonte regolamentare una portata meramente esplicativa di un precetto -la necessità che l’appaltatore documenti gli effettivi maggiori costi in relazione ai materiali utilizzati -che è ricavabile in via interpretativa dallo stesso art. 133, la cui ratio è quella di ristorare l’appaltatore dei maggiori oneri effettivamente sostenuti (manifestatisi nel corso dell’appalto in relazione all’aumento del prezzo dei materiali da costruzione, verificatosi per circostanze eccezionali), e non certo di procurare all’appaltatore una ingiusta locupletatio , come accadrebbe ove si riconoscesse all’appaltatore un aumento dei prezzi pur in difetto di maggiori oneri dallo stesso sostenuti.
Questo Collegio condivide pienamente l’interpretazione che dell’art. 133 legge cit. ha dato la Corte d’Appello , imponendosi, effettivamente, tale interpretazione alla luce della ratio della norma indicata, che ha la chiara finalità di ristorare l’appaltatore dei maggiori costi sostenuti per effetto dell’aumento superiore al 10% del prezzo dei materiali da costruzione, e non certo di riconoscere allo stesso una ingiusta locupletatio.
Va, peraltro, osservato che tale interpretazione trova conforto anche nella recente sentenza del Consiglio di Stato n. 978/2023, che ha affermato che la compensazione ex art. 133 d.lgs. 163/2006 deve calcolarsi non in base ad una astratta comparazione dei prezzi, bensì sulla scorta di effettivi maggiori costi sopportati dall’appaltatore. In particolare, il predetto massimo organo di giurisdizione amministrativa, che nel suo percorso argomentativo non ha fatto alcun riferimento all’art. 171 comma 6° del regolamento 207/2010 (essendo stata esaminata una fattispecie antecedente alla sua entrata in vigore), ha affermato che « La norma, come risulta a semplice lettura, è intesa non a riconoscere una sorta di finanziamento a fondo perduto, come sarebbe se la compensazione venisse riconosciuta a prescindere da un pregiudizio concreto subito dall’appaltatore, ma a ristorare quest’ultimo da perdite effettivamente subite. Lo si desume anzitutto dal riferimento nel testo dell’art. 133 a ‘lavorazioni contabilizzate’ in un anno solare ben determinato e a ‘quantità accertate’ relative RAGIONE_SOCIALE lavorazioni stesse, il che rimanda ad una valutazione concreta, e non a criteri astratti. A conferma di questa tesi, la circolare applicativa della norma (circolare del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE infrastrutture 4 agosto 2005 n.871), richiede all’art. 2, comma 2, che il direttore dei lavori provveda ad accertare ‘le quantità del singolo materiale da costruzione cui applicare la variazione di prezzo unitario’ sulla base della contabilità di cantiere, e quindi con un apprezzamento relativo alla situazione di fatto così come essa si presenta».
Va, infine, ulteriormente osservato che, atteso che, in tema di appalti pubblici, la riserva svolge, da un lato, la funzione di consentire all’Amministrazione committente la verifica dei fatti suscettibili di produrre un incremento RAGIONE_SOCIALE spese previste con una immediatezza che ne rende più sicuro e meno dispendioso l’accertamento, e, dall’altro, di assicurare la continua evidenza RAGIONE_SOCIALE
spese dell’opera, in relazione alla corretta utilizzazione ed eventuale integrazione dei mezzi finanziari all’uopo predisposti, nonché di mettere l’Amministrazione in grado di adottare tempestivamente altre possibili determinazioni, in armonia con il bilancio pubblico, fino ad esercitare la potestà di risoluzione unilaterale del contratto, ne consegue che, per l’appaltatore, l’iscrizione della riserva costituisce un onere da assolvere al fine di non incorrere nella decadenza per la proposizione RAGIONE_SOCIALE proprie domande; e, tuttavia, l’assolvimento di tale onere non esclude il necessario rispetto della regola posta dall’art. 2697 c.c., per la quale chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento (Cass. 19802/2016). Non coglie nel segno, pertanto, l’assunto della ricorrente, secondo la quale sarebbe stata sufficiente la mera presentazione dell’istanza di compensazione dei maggiori costi per i materiali, oggetto della riserva n. 4, essendo invece necessaria – come correttamente ritenuto dal giudice di appello – la prova concreta di tali costi.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali che liquida in € 20.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 26.3.2024