Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 607 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 607 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 18794-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in qualità di titolare della ditta individuale RAGIONE_SOCIALE domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
R.G.N. 18794/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 17/10/2024
CC
avverso la sentenza n. 470/2020 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 24/12/2020 R.G.N. 969/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/10/2024 dal Consigliere Dott. COGNOME
CONSIDERATO CHE
La Corte d’appello di Venezia ha respinto il gravame proposto da COGNOME NOME avverso la sentenza del Tribunale di Rovigo reiettiva dell’opposizione al decreto ingiuntivo conseguito da INPS per il pagamento di Euro 20.472,32 a titolo di contributi omessi ed accessori, come accertati in un verbale ispettivo del 2010. In particolare, considerato che il contribuente non aveva contestato le risultanze del verbale ispettivo e non aveva provato l’eccepito avvenuto pagamento a sostegno della insussistenza del credito azionato, stante anche la mancata indicazione specifica dei dati riportati in estratto di ruolo da cui ricavare la prova dell’avvenuto pagamento con riferimento alle contribuzioni del periodo marzo-ottobre 2010, la Corte territoriale ha osservato che, in ordine alla eccepita inammissibilità del ricorso per decreto ingiuntivo a cura dell’istituto previdenziale in luogo della riscossione coattiva mediante ruolo, tale ultimo mezzo ordinario e più veloce introdotto con la riforma del 1999 si poneva in rapporto di alternatività rispetto agli strumenti giudiziari, potendo l’ente procedere ad azione ordinaria di accertamento e condanna anche in ipotesi di decadenza dall’iscrizione a ruolo, nonché al procedimento monitorio.
Il ricorrente impugna la sentenza affidandosi ad unico motivo, a cui l’INPS interpone rituale controricorso.
La Corte, discussa la causa nell’adunanza camerale del 17 ottobre 2024, si è riservata di decidere nel termine di legge.
RILEVATO CHE
Con l’unico motivo di gravame il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 17 co.1 d.lgs.46/1999 per essere stato ritenuto alternativo l’accesso alla procedura monitoria processualcivilistica rispetto alla riscossione mediante ruoli ex d.lgs. 46/99 e DPR 602/73, con conseguente decadenza dell’azione della parte pubblica per violazione dei tempi previsti dall’art. 25 cit. DPR per l’iscrizione a ruolo, mai avvenuta. In particolare, premessa la carente giurisdizione per i ruoli in riscossione con modalità ex DPR 602/73, il ricorrente lamenta che la disamina degli estratti di ruolo non consentiva di rinvenire a suo carico alcuna pretesa inerente al periodo contributivo tra marzo ed ottobre 2010, cui si riferisce la pretesa monitoria, sicché mancava la prova che per quelle pretese fosse stata emessa l’iscrizione a ruolo. In tal modo era ‘ rimasto infranto il comma 1 dell’art. 17 del D.lgs. 46/99 sulla riserva della modalità di iscrizione a ruolo per le entrate dello Stato e quelle degli enti pubblici anche previdenziali ‘ , ed era stato anche falsamente interpretato avendo la corte territoriale ritenuto che la riscossione per ruoli fosse alternativa o complementare all’azione monitoria senza alcuna limitazione, mentre il legislatore aveva inteso riservare esclusivamente alle entrate dello Stato e degli altri enti l’unica forma di riscossione mediante ruoli, laddove per le pretese di carattere diverso dalle entrate è stato ammesso l’accesso a lla forma alternativa monitoria (all’uopo richiama SU 5680/11). In sostanza la riscossione mediante ruolo riguarda le pretese qualificabili come entrate dell’istituto previdenziale, mentre l’alternatività è prevista per
una pretesa di natura diversa, inerente a somme indebitamente erogate dall’INPS, cioè al recupero di un’ uscita indebita. Invoca, infine, la decadenza dalla pretesa INPS mai iscritta a ruolo, decorso il termine biennale dell’art. 25 DPR 602/73.
Nel controricorso, l’Istituto previdenziale eccepisce l’inammissibilità del ricorso per carenza di specificità e per carenza di procura speciale rilasciata successivamente al deposito della sentenza della corte d’appello, facendosi riferimento ad una procura speciale redatta in calce alla copia dell’atto di precetto per intimazione di pagamento delle spese di lite e dei crediti liquidati in sentenza, senza specificare di quale sentenza si tratti; inoltre, contesta la questione sollevata dal ricorrente, sul rilievo già esaminato in giurisprudenza di legittimità che l’iscrizione a ruolo è solo uno dei meccanismi che la legge accorda all’INPS per il recupero dei propri crediti, ferma restando la possibilità che l’ente agisca con le forme ordinarie, e sull’ulteriore rilievo che la decadenza prevista dall’art. 25 d.lgs. 46/99 è di tipo processuale e non sostanziale.
Preliminarmente, va respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso poiché fra gli atti ad esso allegati è presente la procura speciale conferita specificamente per impugnare in cassazione la sentenza n.470/2020 della Corte d’appello di Venezia, munita di sottoscrizione autenticata dal difensore.
Il motivo, in tutte le sue articolazioni, è infondato.
Premesso che il profilo di doglianza attinente alla giurisdizione è solo genericamente enunciato, in difetto dei parametri di specificità di cui all’articolo 366 c.p.c., va rilevato che questa Corte (ex multis Cass. n.26044 del 2018) ha affermato, con orientamento consolidato, che l’iscrizione a ruolo è solo uno dei
meccanismi che la legge accorda all’istituto previdenziale per il recupero dei crediti contributivi, ferma restando la possibilità che esso agisca nelle forme ordinarie e che, coerentemente, un eventuale vizio formale della cartella o il mancato rispetto del termine di decadenza previsto ai fini dell’iscrizione a ruolo comporta soltanto l’impossibilità, per l’istituto, di avvalersi del titolo esecutivo ma non lo fa decadere dal diritto di chiedere l’accertamento in sede giudiziaria dell’esistenza ed ammonta re del proprio credito. L’art. 25 d.lgs. n 46 del 1999 prevede in sostanza una decadenza processuale e non sostanziale, come è dimostrato dal tenore testuale della norma, che fa riferimento alla decadenza dall’iscrizione a ruolo del credito e non alla decadenza dal diritto di credito o dalla possibilità di azionarlo nelle forme ordinarie. La ratio dell’introduzione dello strumento della riscossione coattiva dei crediti previdenziali mediante iscrizione a ruolo è, infatti, quella di fornire all’ente un più a gile strumento di realizzazione dei crediti e non già di rendere più difficoltosa l’esazione imponendo brevi termini di decadenza.
5. L’orientamento, a cui si intende dare continuità, consente, da un lato, di escludere la decadenza dalla pretesa dell’ente previdenziale di esigere i propri crediti ancorché non iscritti a ruolo nei termini dell’art. 25 d.lgs. 46/99, dall’altro di non ri tenere violata la disposizione dell’art. 17 cit. d.lgs. se l’iscrizione non v’è stata, non essendo impedita all’ente creditore la possibilità di agire in giudizio nelle forme ordinarie a tutela del proprio credito; e non risultano preclusioni al raggiungimento di tale obiettivo mediante decreto ingiuntivo e susseguente opposizione, tenuto conto che per i crediti derivanti da omesso versamento dei contributi previdenziali costituiscono prove idonee ai fini della emissione del decreto ingiuntivo ai sensi dell ‘art. 635 II co. c.p.c. sia l’attestazione del direttore
della sede provinciale dell’ente creditore sia i verbali di accertamento redatti dall’Ispettorato del lavoro o dagli ispettori dello stesso ente creditore che possono fornire utili elementi di valutazione anche nell’eventuale giudizio di opposizione (cfr. sent. n.15208/2014).
Numerose pronunce affrontano in modo analogo le tematiche sulla natura e funzione della decadenza prevista dall’art. 25 d.lgs. n.46/99, all’interno del complessivo sistema di riscossione dei crediti contributivi previdenziali, e sui meccanismi del loro recupero -ferma restando la possibilità di agire in via alternativa nelle forme ordinarie-, nonché le questioni sulla impossibilità di avvalersi del titolo esecutivo senza decadere dal diritto di chiedere in sede giudiziaria l’accertamento dell’esistenza e dell’ammontare del proprio credito, e sulla circostanza che la riscossione coattiva mediante iscrizione a ruolo consente di fornire all’ente un più agile strumento di realizzazione del credito (si vedano le sentenze n.11346/2021, n.5963/2018, n.19708/2017, n.16307/2019).
Si aggiunga infine l’infondatezza della generica eccezione di decadenza ex art. 25 DPR 602/73 in sede di riscossione, assorbita nella soluzione dianzi resa, non potendosi discorrere di alcuna tardiva notifica di cartella di pagamento, in mancanza di isc rizione a ruolo all’epoca del decreto ingiuntivo, condizione che non ostacola l ‘accertamento del credito vantato dall’ente previdenziale, allo stesso modo in cui si procederebbe in un’opposizione a decreto ingiuntivo (cfr. ord. 24134/2021).
In definitiva, tutti i rilievi sollevati sono infondati, ed il ricorso va respinto. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del DPR n.115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13 comma 1 -bis del citato D.P.R., se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento di Euro 3.000,00 per compensi professionali oltre spese generali ed accessori in misura di legge, ed euro 200,00 per esborsi.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2024.