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Rischio perimento opera: chi paga per la frana?

La Corte di Cassazione ha stabilito che in un contratto di appalto, il rischio perimento opera a causa di un evento imprevedibile, come una frana, passa dall’appaltatore al committente se quest’ultimo ritarda ingiustificatamente il collaudo dei lavori. In questo caso, un Comune ha perso la causa contro un’impresa costruttrice perché non aveva effettuato la verifica delle opere nel termine di sei mesi dalla loro ultimazione, assumendosi così la responsabilità per i danni successivi.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rischio perimento opera: la responsabilità è del committente se ritarda il collaudo

In un contratto di appalto, specialmente per opere pubbliche, la fase del collaudo è cruciale. Ma cosa succede se un’opera, ultimata ma non ancora collaudata, viene danneggiata da un evento naturale come una frana? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: il rischio perimento opera passa dall’appaltatore al committente quando quest’ultimo è in mora, ovvero ritarda ingiustificatamente la verifica dei lavori. Analizziamo insieme questo caso emblematico.

I fatti del caso: un’opera pubblica tra ritardi e una frana

Un Comune aveva appaltato a un’associazione temporanea di imprese (ATI) la realizzazione di un’area sportiva e la ristrutturazione di un antico monastero. I lavori, pur conclusi con ritardo rispetto alla scadenza contrattuale, erano stati ultimati nel luglio del 1998.

Tuttavia, il Comune non procedette al collaudo finale entro il termine di sei mesi previsto dalla legge. Durante l’inverno 1999/2000, una vasta frana interessò l’area, danneggiando gravemente parte delle opere realizzate (campo da hockey, pista di pattinaggio e impianti connessi).

Il Comune citò quindi in giudizio l’impresa, chiedendo il completamento delle opere e il risarcimento dei danni, sostenendo che l’impresa fosse inadempiente per il ritardo iniziale e che, al momento della frana, l’opera non fosse stata ancora formalmente consegnata e accettata.

La decisione dei giudici sul rischio perimento opera

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto le richieste del Comune. La Corte di Cassazione, pur correggendo parzialmente la motivazione dei giudici di merito, ha confermato la decisione, respingendo definitivamente il ricorso del Comune.

Il punto centrale della decisione non è il ritardo nella consegna dei lavori da parte dell’impresa, ma il ritardo del Comune nell’effettuare il collaudo. I lavori erano stati completati nel luglio 1998; il Comune avrebbe dovuto eseguire il collaudo entro i sei mesi successivi, quindi entro gennaio 1999. La frana si è verificata nell’inverno 1999/2000, quando il Comune era già inadempiente rispetto al suo dovere di verifica.

Le motivazioni

La Cassazione fonda la sua decisione sull’applicazione dell’articolo 1673 del Codice Civile, che disciplina il rischio perimento opera. Questa norma stabilisce che il rischio che l’opera si deteriori o perisca per cause non imputabili a nessuno, prima dell’accettazione da parte del committente, è a carico dell’appaltatore.

Tuttavia, la stessa norma precisa che questo rischio si trasferisce al committente quando quest’ultimo è in mora nel verificarla. L’inerzia del committente nel procedere al collaudo nei tempi previsti dalla legge configura un caso di mora accipiendi (mora del creditore).

Di conseguenza, dal momento in cui è scaduto il termine per il collaudo (gennaio 1999), il rischio per qualsiasi evento fortuito, come la frana, non gravava più sull’impresa costruttrice, ma si era trasferito sul Comune. Pertanto, l’ente pubblico non poteva chiedere all’impresa di riparare i danni o di risarcirla, poiché il danno si è verificato quando la responsabilità per eventi non prevedibili era già passata in capo al committente stesso.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione per tutti i committenti, sia pubblici che privati. Il collaudo non è una mera formalità, ma un atto giuridico fondamentale che segna il trasferimento della responsabilità sull’opera. Ritardare ingiustificatamente la verifica e l’accettazione dei lavori non è una strategia prudente, ma un comportamento che può esporre il committente a gravi rischi economici. L’appaltatore ha il diritto di veder verificata e accettata la propria opera in tempi certi, e l’inerzia del committente fa scattare un meccanismo di tutela che trasferisce su quest’ultimo il rischio perimento opera.

Chi sopporta il rischio se un’opera edile viene danneggiata da un evento imprevedibile prima del collaudo finale?
In base all’art. 1673 c.c., il rischio è a carico dell’appaltatore fino a quando l’opera non viene accettata dal committente. Tuttavia, se il committente è in ritardo (in mora) nell’effettuare la verifica e l’accettazione, il rischio passa a suo carico.

Cosa succede se un ente pubblico non effettua il collaudo di un’opera nei tempi previsti?
L’ente pubblico viene considerato inadempiente (in mora accipiendi). La principale conseguenza è che il rischio di perimento o deterioramento dell’opera per cause non imputabili a nessuno (es. disastri naturali) si trasferisce dall’impresa all’ente stesso. L’ente non potrà più chiedere all’impresa di riparare i danni o di essere risarcito.

Il ritardo dell’appaltatore nella consegna dei lavori influisce sulla responsabilità per un evento dannoso successivo?
Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto irrilevante il ritardo iniziale dell’appaltatore, poiché il momento determinante per il trasferimento del rischio è stato il ritardo del committente nel collaudo. Una volta scaduto il termine per la verifica, la responsabilità per la frana è ricaduta sul Comune, indipendentemente dal precedente ritardo dell’impresa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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