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Rischio di confusione: valutazione astratta del marchio

Una nota azienda di abbigliamento, titolare di un marchio con un’aquila, ha agito contro un imprenditore che aveva registrato un logo simile per servizi di investigazione. La Corte di Appello aveva escluso la nullità del secondo marchio per assenza di affinità tra i settori. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che la valutazione del rischio di confusione deve essere condotta in astratto, confrontando i prodotti e servizi come indicati nelle registrazioni, e non in base al loro uso effettivo sul mercato.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Commerciale, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rischio di Confusione tra Marchi: La Cassazione Sottolinea la Valutazione Astratta

L’analisi del rischio di confusione è un pilastro del diritto dei marchi, essenziale per proteggere sia i titolari dei segni distintivi sia i consumatori. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento cruciale, distinguendo nettamente i criteri di valutazione da applicare nei giudizi di nullità rispetto a quelli di contraffazione. La Corte ha stabilito che, per determinare la nullità di un marchio posteriore, il confronto va effettuato in astratto, basandosi esclusivamente sui prodotti e servizi rivendicati in sede di registrazione.

I Fatti di Causa: Marchi Simili per Prodotti e Servizi Diversi

Il caso vedeva contrapposta una celebre azienda statunitense di abbigliamento, titolare di un marchio raffigurante un’aquila, a un imprenditore italiano che aveva registrato un marchio simile per servizi di investigazione e recupero crediti (classe 35). L’azienda di moda aveva agito in giudizio chiedendo la dichiarazione di nullità del marchio italiano per il rischio di confusione generato dalla somiglianza dei segni, oltre al risarcimento dei danni per concorrenza sleale e contraffazione.

Il Giudizio di Merito e il Principio della “Affinità Funzionale”

Inizialmente, il Tribunale aveva accolto parzialmente la domanda, dichiarando la nullità del marchio dell’imprenditore limitatamente alla classe 35. Tuttavia, la Corte di Appello, riformando la decisione, aveva respinto integralmente le richieste dell’azienda di abbigliamento. I giudici d’appello avevano motivato la loro decisione sostenendo l’assenza di “affinità funzionale” tra i capi di abbigliamento casual commercializzati dall’attrice e i servizi di investigazione offerti dal convenuto. La valutazione era stata quindi condotta “in concreto”, analizzando l’uso effettivo che le parti facevano dei rispettivi marchi.

La Decisione della Cassazione sul Rischio di Confusione

La Corte di Cassazione ha accolto il motivo di ricorso principale dell’azienda americana, cassando con rinvio la sentenza d’appello. Gli Ermellini hanno affermato un principio di diritto fondamentale: nel giudizio di nullità di un marchio per preesistenza di un segno simile, la valutazione del rischio di confusione deve essere condotta “in astratto”.

Questo significa che il confronto non deve basarsi sull’uso effettivo e sulle modalità di commercializzazione dei prodotti o servizi, ma unicamente sui segni e sulle classi merceologiche così come indicati nelle rispettive domande di registrazione. Il titolare di un marchio, infatti, ha il diritto di utilizzarlo per tutti i prodotti o servizi per i quali lo ha registrato, e il suo uso può variare nel tempo.

Gli Altri Motivi di Ricorso: Inammissibilità e Limiti Processuali

La Cassazione ha invece dichiarato inammissibili gli altri motivi di ricorso. In particolare, ha respinto la doglianza relativa al mancato riconoscimento della notorietà del marchio, poiché basata su un’ammissione che la controparte avrebbe fatto solo nelle comparse conclusionali, un atto processuale non idoneo a definire il thema decidendum. Allo stesso modo, è stato ritenuto inammissibile il motivo relativo alla violazione del diritto d’autore, poiché la Corte d’Appello aveva correttamente valutato la carenza dei requisiti di creatività del segno come elemento necessario per escludere la causa di nullità invocata.

Le Motivazioni

La ratio decidendi della Suprema Corte risiede nella necessità di distinguere il giudizio di novità (o nullità) da quello di contraffazione. Il giudizio di novità è un giudizio “in astratto” che prescinde dall’uso concreto del marchio e dalla sua notorietà. Lo scopo è verificare se, in una qualsiasi delle circostanze in cui il marchio richiesto potrebbe essere usato per i servizi e prodotti registrati, possa sorgere un rischio di confusione con il marchio anteriore. Questa impostazione, derivante anche dalla normativa europea, garantisce una tutela ampia e certa al titolare del marchio anteriore, coprendo l’intero ambito di protezione conferito dalla registrazione.

Al contrario, nel giudizio di contraffazione, l’analisi è “in concreto”: le modalità con cui il marchio anteriore è effettivamente utilizzato e percepito dal pubblico diventano elementi rilevanti per accertare se l’uso del segno posteriore leda i diritti del primo.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza un principio fondamentale per la tutela dei marchi. Le aziende che intendono agire per la nullità di un marchio posteriore devono concentrare la loro strategia legale su un confronto astratto tra le registrazioni, dimostrando la somiglianza dei segni e l’affinità dei prodotti o servizi rivendicati. La decisione chiarisce che l’uso effettivo del marchio, pur essendo cruciale in un’azione di contraffazione, non è il parametro corretto per valutare un impedimento assoluto alla registrazione. Questo orientamento offre maggiore certezza giuridica ai titolari di marchi, proteggendo il valore del loro investimento sull’intero perimetro concesso dalla registrazione.

Come si valuta il rischio di confusione per chiedere la nullità di un marchio successivo?
La valutazione deve essere condotta “in astratto”, ovvero confrontando i segni e i prodotti o servizi così come sono descritti nei rispettivi documenti di registrazione, a prescindere da come i marchi siano poi effettivamente utilizzati sul mercato.

Un’ammissione fatta da una parte nelle memorie conclusive finali è sufficiente a provare un fatto?
No, la Corte ha specificato che le allegazioni contenute nelle comparse conclusionali non possono definire l’oggetto del processo (thema decidendum), poiché tali atti hanno solo la funzione di illustrare domande ed eccezioni già formulate in precedenza.

Qual è la differenza principale tra la valutazione del rischio di confusione in un’azione di nullità e in una di contraffazione?
Nell’azione di nullità, la valutazione è astratta e si basa sulle registrazioni. Nell’azione di contraffazione, la valutazione è concreta e tiene conto delle modalità specifiche con cui il marchio anteriore è utilizzato e percepito dal pubblico di riferimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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