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Rischio di confusione tra marchi: valutazione globale

Una società operante nel settore fitness ha impugnato in Cassazione la decisione che permetteva a un concorrente la registrazione di un marchio ritenuto simile. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che la valutazione del rischio di confusione tra marchi è un giudizio di fatto, non sindacabile in sede di legittimità se condotto correttamente. La decisione impugnata aveva escluso la confondibilità basandosi su una valutazione globale degli aspetti visivi, fonetici e concettuali, ritenendo le differenze sufficienti a distinguere i due segni, pur operando nello stesso settore.

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Rischio di Confusione tra Marchi: L’Importanza della Valutazione Globale

La tutela del marchio è un pilastro del diritto commerciale, ma fino a che punto si estende? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti del sindacato di legittimità sulla valutazione del rischio di confusione tra marchi simili. La vicenda, che vede contrapposte due società del settore fitness, sottolinea come la valutazione sulla confondibilità dei segni sia un giudizio di fatto, di competenza dei giudici di merito, e non possa essere riesaminata in Cassazione se non per vizi di legittimità.

I Fatti del Caso: La Contesa tra Due Marchi nel Settore Fitness

Una società, titolare di alcuni marchi comunitari nel settore dei servizi per il fitness (tra cui corsi, personal training e ginnastica), aveva presentato opposizione alla registrazione di un marchio figurativo da parte di un’altra azienda dello stesso settore. L’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi aveva inizialmente accolto l’opposizione. Tuttavia, la società richiedente aveva impugnato tale decisione davanti alla Commissione dei ricorsi, che aveva ribaltato il verdetto, annullando la decisione dell’Ufficio e permettendo la registrazione del nuovo marchio. La Commissione aveva motivato la sua scelta escludendo la sussistenza di un rischio di confusione, evidenziando il carattere debole dei marchi anteriori e le differenze grafiche, fonetiche e concettuali tra i segni a confronto. Contro questa sentenza, la società titolare dei marchi anteriori ha proposto ricorso per cassazione.

I Motivi del Ricorso e il Rischio di Confusione

La società ricorrente ha lamentato principalmente due violazioni. Con il primo motivo, ha sostenuto che la Commissione non avesse effettuato una valutazione corretta del rischio di confusione secondo i criteri di un esame globale e sintetico. A suo dire, la Commissione si era soffermata su elementi marginali (come il posizionamento degli elementi grafici o la dimensione dei caratteri), senza dare il giusto peso alla componente verbale, che era dominante. Inoltre, avrebbe erroneamente valorizzato la presenza di una congiunzione (“and”) e l’inversione delle parole, sottovalutando che il consumatore medio italiano non compie un’analisi così approfondita di termini in lingua inglese.

Con il secondo motivo, la ricorrente ha denunciato l’omesso esame di un fatto decisivo, ovvero la totale sovrapposizione merceologica dei servizi offerti e il livello di attenzione del consumatore di riferimento, che, trattandosi di servizi a basso costo, sarebbe stato meno elevato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i motivi di ricorso inammissibili. Per quanto riguarda la presunta violazione di legge nella valutazione del rischio di confusione, i giudici hanno chiarito un principio fondamentale: l’apprezzamento sulla confondibilità dei segni è un giudizio di fatto, che non può essere censurato in sede di legittimità. La Corte ha verificato che la Commissione aveva correttamente applicato i principi giuridici, procedendo a un esame della confondibilità in coerenza con la giurisprudenza comunitaria.

La Commissione aveva infatti effettuato una valutazione globale dei segni, analizzandoli sotto il profilo:
* Visivo: evidenziando la diversità degli elementi caratterizzanti (il termine “GO” in un marchio e “FIT” nell’altro) e la complessità grafica di uno rispetto all’altro.
* Fonetico: riscontrando differenze nella collocazione dei termini verbali e nella percezione complessiva dei segni.
* Concettuale: notando aspetti di diversità anche nel significato.

La Cassazione ha ribadito che la valutazione degli elementi distintivi e dominanti di un marchio, su cui si fonda il giudizio di confondibilità, rientra nell’apprezzamento di merito e non può essere trasformato in una questione di diritto da discutere in ultima istanza. Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile, poiché non denunciava l’omissione di un fatto storico, ma piuttosto di argomentazioni difensive (come l’identità dei servizi), che la Commissione aveva comunque preso in considerazione.

Le Conclusioni: Quando la Valutazione sul Merito è Insindacabile

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica per le imprese. La decisione sul rischio di confusione tra marchi è affidata all’analisi dettagliata e globale dei giudici di merito. Una volta che tale analisi è stata condotta nel rispetto dei principi giuridici (esaminando gli aspetti visivi, fonetici e concettuali), il suo risultato è difficilmente contestabile in Cassazione. La Suprema Corte non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un organo che vigila sulla corretta applicazione della legge. Pertanto, le critiche all’apprezzamento della somiglianza, anche se ben argomentate, si scontrano con il limite invalicabile del giudizio di fatto, che, se logicamente motivato, diventa definitivo. Le aziende devono quindi concentrare le proprie difese sulla dimostrazione puntuale delle somiglianze e del conseguente rischio per il consumatore fin dalle prime fasi del contenzioso.

Come valuta un giudice il rischio di confusione tra due marchi?
Il giudice deve effettuare una valutazione globale e sintetica, basata sull’impressione complessiva che i marchi producono sul consumatore. Questa analisi considera le somiglianze visive, fonetiche e concettuali, valorizzando gli elementi più distintivi e dominanti di ciascun segno.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione sulla somiglianza dei marchi fatta da un giudice di merito?
No, di norma non è possibile. La valutazione sulla confondibilità dei segni è un giudizio di fatto. Non può essere contestata in Cassazione per violazione di legge, a meno che non si dimostri un errore nel principio di diritto applicato, ma non nel risultato dell’apprezzamento stesso.

Cosa succede se i servizi offerti con i due marchi sono identici e i marchi deboli?
Anche se i servizi sono identici e i marchi di origine sono deboli, non si presume automaticamente il rischio di confusione. In questo caso, la Commissione dei ricorsi ha ritenuto che le differenze visive, fonetiche e concettuali tra i segni fossero sufficienti a escludere tale rischio per il consumatore, decisione che la Cassazione ha ritenuto insindacabile nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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