Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2581 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 2581 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/01/2024
Oggetto: marchio
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10155/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, con domicilio eletto presso il loro studio, sito in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv. AVV_NOTAIO COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo , sito in Roma, INDIRIZZO
– controricorrente –
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore , rappresento e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE n. 21/2022, depositata il 15 febbraio 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’11 gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE:
la RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell’RAGIONE_SOCIALE, depositata il 1 5 febbraio 2022, che, in accoglimento del ricorso della RAGIONE_SOCIALE, ha annullato la decisione dell’RAGIONE_SOCIALE di accoglimento del l’opposizione alla domanda , da quest’ultima presentata, di registrazione di un marchio figurativo (n. NUMERO_DOCUMENTO);
-dall’esame della sentenza impugnata si evince che l’opposizione era stata promossa in ragione della anteriorità dei marchi comunitari, registrati (anche) per la medesima classe merceologica (n. 41 dell’Accordo Internazionale di Nizza del 15 giugno 1957, comprendente «corsi di fitness, servizi di personal trainer, insegnamento della ginnastica, servizi di benessere »), di titolarità dell’odierna ricorrente; – la Commissione ha escluso la sussistenza del rischio di confusione, evidenziando il tra i segni in comparazione sia sotto il profilo grafico, sia sotto quello
posto dall’RAGIONE_SOCIALE a fondamento della sua decisione, carattere debole dei marchi anteriori e l’esistenza di differenze fonetico, sia, infine, sotto quello concettuale;
il ricorso è affidato a due motivi;
resistono, con distinti controricorsi, la RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE;
la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE depositano memoria ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.;
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 12, primo comma, lett. d), cod. prop. ind., per non aver la Commissione effettuato la valutazione in ordine alla somiglianza dei segni in contestazione sulla base di un esame globale e sintetico degli stessi, incentrato sui rispettivi elementi salienti;
evidenzia, in proposito, che la Commissione: si era soffermata su caratteristiche del tutto marginali (posizionamento dei singoli elementi, dimensione dei caratteri tipografici, presenza di elementi grafici), non valorizzando, invece, la componente verbale; aveva attribuito rilevanza, a livello fonetico, alla presenza di una congiunzione («and») e alla inversione degli elementi verbali, a scapito di una valutazione globale e sintetica; aveva enfatizzato la differenza dei significati RAGIONE_SOCIALE componenti verbali racchiuse nei segni, espresse in lingua inglese, omettendo di considerare che il consumatore italiano non effettuava una analisi così approfondita di tali elementi;
aggiunge che la decisione impugnata non aveva svolto alcuna considerazione in ordine all’identità merceologica dei servizi interessati dai segni in conflitto, né sui prezzi relativamente bassi praticati nel settore di riferimento, tali da escludere una elevata attenzione ai segni da parte dei consumatori;
il motivo è inammissibile;
la Commissione, dopo aver dato atto della identità dei servizi contraddistinti dai segni in conflitto e del carattere debole del segno registrato dalla odierna ricorrente, ha ritenuto che le differenze esistenti nel segno della società richiedente erano tali da escludere un rischio di confusione tra i due segni;
a tal fine, ha rilevato che, a livello visivo, diversi erano gli elementi che caratterizzavano tali segni (per l’esattezza, il termine «GO» nel segno della ricorrente e quello «FIT» nel segno della richiedente) e, a livello grafico, mentre l’uno era descrittivo, l’altro era complesso, in quanto la componente verbale era inserita in un cerchio ed erano
presenti due lampi stilizzati;
ha, inoltre, riscontrato differenze tra i segni a livello fonetico, avuto riguardo alla diversa collocazione dei termini verbali e alla percezione del segno della ricorrente quale espressivo di un’unica frase ( «FIT AND GO»), a differenza di quello della richiedente nel quale i due termini erano percepiti, anche in ragione del diverso carattere tipografico, in modo distinto);
infine, ha notato aspetti di diversità anche sotto il profilo concettuale;
ciò posto, si rammenta che il rischio di confusione tra marchi deve essere oggetto di valutazione globale, in considerazione di tutti i fattori pertinenti del caso di specie e, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (cfr. Corte Giut. CE 12 giugno 2007, causa C-334/05, P – UAMI/Shaker; Corte Giust. CE 6 ottobre 2005, causa C-120/04, RAGIONE_SOCIALE, Corte Giust. CE 22 giugno 1999, causa C-342/97, RAGIONE_SOCIALE; Corte Giust. CE 11 novembre 1997, causa C-251/95, RAGIONE_SOCIALE);
orbene, la Commissione ha proceduto all ‘esame della confondibilità dei segni in coerenza con tali principi, avendo effettuato, con riferimento sia all’aspetto visivo, sia a quello fonetico, sia a quello concettuale, una valutazione globale dei segni, valorizzando i pertinenti elementi distintivi, in quanto dotati di una capacità di destare l’attenzione del consumatore e, conseguentemente, di imprimersi nella sua memoria;
la contestata valutazione di singoli elementi dei segni in conflitto, dunque, lungi dall’essere sintomatica di una valutazione analitica degli stessi costituisce espressione della valutazione globale degli stessi che, per essere accurata, non può trascurare i relativi elementi distintivi e dominanti;
da ciò consegue che le contestazioni mosse dalla ricorrente avverso
le valutazioni operate dalla Commissione in ordine agli elementi dei segni valorizzati, in quanto ritenuti distintivi, si risolvono in critica all’ apprezzamento sulla confondibilità dei segni che non è censurabile in questa sede per violazione di legge, costituendo un giudizio di fatto (cfr. Cass. 13 dicembre 2021, n. 39764; Cass. 13 marzo 2017, n. 6382);
-con il secondo motivo la ricorrente deduce l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso del giudizio, nella parte in cui la sentenza impugnata non ha preso in considerazione la sovrapposizione merceologica dei servizi interessati dai segni e il parametro del consumatore di riferimento;
il motivo è inammissibile, poiché investe l’omesso esame non già di fatti storici, principali o secondari, bensì di argomentazioni difensive, in quanto tali esulanti dal parametro normativo invocato;
pertanto, per le suesposte considerazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile;
le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna parte ricorrente alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di giudizio di legittimità, che si liquidano, in favore di ciascuna parte controricorrente, in complessivi euro 5.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale dell’11 gennaio 2024.