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Rischio di confusione marchi: coesistenza e notorietà

Una grande catena della distribuzione, titolare di un noto marchio di tre lettere, si opponeva alla registrazione di un marchio simile, sempre di tre lettere, da parte di un’altra società. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della commissione di ricorso, escludendo il rischio di confusione marchi. La sentenza si fonda sulla pacifica coesistenza dei due segni nel tempo e su differenze grafiche e concettuali, nonostante la notorietà del marchio anteriore.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Commerciale, Giurisprudenza Civile

Rischio di Confusione tra Marchi: Quando la Coesistenza Pacifica Esclude la Violazione

La tutela dei marchi è un pilastro del diritto commerciale, ma fino a che punto si estende? La recente ordinanza della Corte di Cassazione, n. 14680/2024, offre chiarimenti cruciali sul concetto di rischio di confusione marchi, specialmente quando due segni simili coesistono da tempo sul mercato. La Corte ha stabilito che la notorietà di un marchio non è sufficiente a impedire la registrazione di un segno simile se altri elementi, come la loro pacifica convivenza, depongono per l’assenza di confondibilità per il consumatore.

I Fatti del Caso: Due Marchi Simili in Conflitto

La vicenda ha origine dall’opposizione presentata da una nota società della grande distribuzione, titolare di un marchio di tre lettere ampiamente conosciuto (“Marchio A”), contro la domanda di registrazione di un marchio simile, anch’esso di tre lettere (“Marchio B”), da parte di un’altra impresa commerciale. L’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM) aveva inizialmente accolto l’opposizione, negando la registrazione del Marchio B per il rischio di confusione con il Marchio A, già registrato per classi di servizi affini.

Tuttavia, la Commissione dei ricorsi ribaltava la decisione, accogliendo il ricorso della seconda impresa e disponendo la prosecuzione dell’iter di registrazione. La Commissione basava la sua decisione su una valutazione complessiva che teneva conto non solo delle lievi differenze tra i segni, ma soprattutto della loro pacifica e prolungata coesistenza sul territorio nazionale, senza che si fossero mai verificati episodi di confusione o sviamento di clientela.

La Decisione della Cassazione sul Rischio di Confusione Marchi

La società titolare del Marchio A ha impugnato la decisione della Commissione davanti alla Corte di Cassazione, lamentando, tra le altre cose, una motivazione apparente e la violazione delle norme sulla valutazione del rischio di confusione. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando in toto la sentenza impugnata.

La Valutazione Globale e Sintetica

La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la valutazione del rischio di confusione marchi non deve essere analitica, ma globale e sintetica. Il giudice non deve sezionare i singoli elementi dei marchi, ma considerare l’impressione d’insieme che essi suscitano nel consumatore medio. Questo approccio si basa sulla constatazione che il consumatore percepisce un marchio come un tutt’uno e raramente ha la possibilità di confrontare direttamente due segni, affidandosi piuttosto al ricordo mnemonico che ha di essi.

Il Rilievo della Coesistenza e dell’Assenza di Sviamento

Un punto centrale della decisione è il valore attribuito alla coesistenza pacifica dei due marchi. La Corte ha sottolineato come una convivenza prolungata nel tempo, unita a elementi di differenziazione, possa radicare nel pubblico la consapevolezza della diversa provenienza dei prodotti. Se per anni i consumatori non hanno confuso i due marchi, è un forte indizio che il rischio di confusione è, in pratica, inesistente. Questo elemento di fatto, accertato dal giudice di merito, diventa un pilastro per escludere la confondibilità.

Le motivazioni della Corte

La Corte ha smontato i quattro motivi di ricorso presentati dalla società ricorrente. In primo luogo, ha escluso che la motivazione della Commissione fosse apparente, ritenendola invece chiara e comprensibile nel suo percorso logico-giuridico.

Successivamente, ha confermato la correttezza della valutazione globale operata dalla Commissione, la quale aveva considerato tutti i fattori rilevanti, inclusi gli elementi grafici e cromatici del Marchio B che lo rendevano facilmente distinguibile.

Anche la censura relativa alla mancata considerazione del carattere distintivo accresciuto del Marchio A è stata respinta. La Corte ha osservato che la Commissione aveva esplicitamente riconosciuto la notorietà del marchio anteriore, ma l’aveva correttamente bilanciata con gli altri elementi che deponevano in senso contrario alla confondibilità. Infine, la Cassazione ha chiarito che l’assenza di episodi di confusione nel passato è un elemento fattuale di grande rilevanza per desumere la non confondibilità dei segni.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre spunti di riflessione importanti per i titolari di marchi.

1. La Notorietà non è un’Arma Assoluta: Essere titolari di un marchio forte e noto non garantisce automaticamente la vittoria in ogni opposizione. La valutazione del giudice è complessa e tiene conto di molteplici fattori.
2. La Prova della Coesistenza Pacifica: Dimostrare che due marchi hanno convissuto a lungo sul mercato senza creare confusione è una strategia difensiva molto efficace per chi richiede la registrazione di un nuovo marchio.
3. L’Importanza della Valutazione Globale: L’esito di una controversia sui marchi dipende dall’impressione d’insieme che i segni generano nel consumatore. Elementi grafici, cromatici e concettuali possono essere decisivi per differenziare due marchi anche se foneticamente simili.

In conclusione, il giudizio sul rischio di confusione marchi è un’analisi pragmatica che va oltre la mera somiglianza astratta, valorizzando l’esperienza concreta del mercato e la percezione del pubblico.

La notorietà di un marchio anteriore è sufficiente per bloccare la registrazione di un marchio simile?
No. Secondo la Corte, la notorietà e il carattere distintivo accresciuto del marchio anteriore sono elementi importanti ma non decisivi. Devono essere bilanciati con altri fattori, come le differenze visive, fonetiche e concettuali, e la pacifica coesistenza dei segni sul mercato.

Come viene valutato il rischio di confusione tra marchi molto brevi (ad es. acronimi)?
La Corte evidenzia che quando i marchi sono molto corti, il pubblico è maggiormente in grado di percepirne i singoli elementi. Tuttavia, la valutazione rimane globale e sintetica, basata sull’impressione d’insieme e non su un’analisi frammentata delle singole lettere. Elementi grafici e cromatici assumono un’importanza significativa.

Che valore ha la lunga coesistenza di due marchi sul mercato senza che vi siano stati episodi di confusione?
Ha un valore probatorio molto elevato. La Corte afferma che una pacifica convivenza poliennale tra segni è idonea a radicare nel pubblico la consapevolezza della differente provenienza dei prodotti, escludendo di fatto il rischio di confusione e il pregiudizio alla funzione distintiva del marchio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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