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Rischio di confusione: la tutela del marchio debole

Una società ha richiesto la registrazione di un marchio per servizi assicurativi. Un’altra società, titolare di un marchio precedente con un elemento verbale simile, si è opposta con successo. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, ribadendo che esiste un rischio di confusione anche per i marchi deboli quando i servizi sono identici e le variazioni apportate al segno non sono sufficienti a differenziarlo. La valutazione globale degli elementi visivi, fonetici e concettuali è stata decisiva per determinare il rischio di confusione per il consumatore.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Commerciale, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rischio di Confusione: la Cassazione Conferma la Tutela per il Marchio Debole

Un marchio composto da parole comuni, considerato “debole”, può essere difeso efficacemente contro la registrazione di un marchio simile? A questa domanda ha risposto la Corte di Cassazione con una recente ordinanza, chiarendo i criteri per valutare il rischio di confusione tra segni distintivi nel settore dei servizi. La pronuncia sottolinea come, anche in presenza di un marchio con basso carattere distintivo, la tutela legale sia piena, specialmente quando lievi modifiche non bastano a eliminare l’ambiguità per il consumatore.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine dalla richiesta di una società (la “Ricorrente”) di registrare un marchio figurativo per servizi assicurativi. Un’altra azienda dello stesso settore (l'”Opponente”), già titolare di diversi marchi contenenti lo stesso elemento verbale chiave, ha presentato opposizione, sostenendo che il nuovo marchio fosse confondibile con i propri.

L’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM) ha accolto l’opposizione. La Ricorrente ha impugnato la decisione davanti alla Commissione dei Ricorsi, la quale ha però confermato il provvedimento, respingendo l’appello. La Commissione, pur riconoscendo una somiglianza fonetica e concettuale medio-bassa tra i segni, ha concluso che la valutazione globale di tutti i fattori – inclusa l’identità dei servizi offerti – portava a ritenere sussistente un concreto rischio di confusione e associazione tra i marchi. La questione è così giunta all’esame della Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte sul Rischio di Confusione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione della Commissione dei Ricorsi. L’analisi dei giudici si è concentrata sui diversi motivi di doglianza presentati dalla Ricorrente, smontandoli uno per uno.

L’Irrilevanza della Distinzione tra Servizi

La Ricorrente sosteneva che i propri servizi fossero una sottocategoria specifica del mercato assicurativo e che l’Opponente non avesse provato l’uso del proprio marchio in quel preciso ambito. La Corte ha ritenuto tale distinzione irrilevante, confermando che i servizi appartenevano alla medesima, ampia categoria merceologica. La discussione su attività “riservate” o meno non era pertinente per valutare l’affinità dei servizi agli occhi del consumatore.

Il Valore di Precedenti Decisioni

Un altro motivo di ricorso si basava su una precedente decisione della stessa Commissione che, in un altro caso, aveva giudicato l’elemento verbale comune come debole e privo di forte carattere distintivo. La Cassazione ha dichiarato il motivo inammissibile, specificando che una precedente pronuncia tra parti diverse e su marchi diversi non costituisce un “fatto decisivo” né un giudicato vincolante per il caso in esame.

La Valutazione Globale del Rischio di Confusione

Il punto cruciale della decisione riguarda il quarto motivo, con cui si contestava la violazione delle norme sul rischio di confusione. La Ricorrente lamentava che, trattandosi di un marchio debole, anche lievi modifiche avrebbero dovuto essere sufficienti a escludere la confondibilità. La Corte ha respinto questa tesi, affermando che il giudizio della Commissione era basato su una corretta “valutazione globale e sintetica di tutti i fattori pertinenti”. L’affermazione secondo cui il marchio dell’Opponente, pur essendo debole, poteva essere confuso con il segno della Ricorrente è stata giudicata pienamente coerente con il principio per cui anche un marchio debole riceve tutela contro l’adozione di mere varianti formali, inidonee a escludere la confondibilità dei segni.

Le Motivazioni

La Corte ha ribadito che l’apprezzamento sulla confondibilità dei marchi è un giudizio di fatto, incensurabile in sede di legittimità se, come in questo caso, è sorretto da una motivazione logica e giuridicamente corretta. La Commissione dei Ricorsi aveva correttamente considerato tutti gli elementi: la somiglianza visiva, fonetica e concettuale, l’identità dei servizi e il carattere distintivo del marchio anteriore. La conclusione che il rischio di confusione fosse concreto è scaturita da una valutazione complessiva, non dalla scomposizione dei singoli elementi. Pur essendo l’elemento verbale comune di per sé debole, il suo utilizzo in un marchio destinato a servizi identici, con l’aggiunta di elementi non sufficientemente caratterizzanti, giustificava il rigetto della domanda di registrazione.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica per le imprese: la debolezza di un marchio non equivale ad assenza di tutela. Un segno può essere considerato debole perché composto da termini di uso comune, ma se ha acquisito una certa notorietà nel suo settore, i concorrenti non possono appropriarsene aggiungendo semplici modifiche. La decisione conferma che il criterio guida è sempre la percezione del consumatore medio. Se c’è la possibilità che quest’ultimo possa essere tratto in inganno sull’origine imprenditoriale dei servizi, il rischio di confusione sussiste e la registrazione del secondo marchio deve essere negata. Pertanto, è fondamentale condurre analisi di anteriorità approfondite prima di investire in un nuovo brand, anche quando si utilizzano termini apparentemente generici.

Un marchio ‘debole’ può essere protetto contro l’uso di marchi simili?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che anche un marchio debole gode di tutela giuridica. La protezione è efficace contro l’adozione di varianti e modifiche non sufficienti a escludere la confondibilità, specialmente se i prodotti o servizi designati sono identici.

Come viene valutato il rischio di confusione tra due marchi?
Il rischio di confusione viene valutato attraverso un giudizio globale e sintetico che tiene conto di tutti i fattori pertinenti. Questi includono la somiglianza visiva, fonetica e concettuale dei segni, l’identità o l’affinità dei servizi o prodotti, e il carattere distintivo del marchio anteriore.

Una precedente decisione che qualifica un elemento del marchio come ‘debole’ è vincolante per un caso successivo?
No. Secondo la Corte, una precedente decisione, specialmente se intercorsa tra parti diverse e relativa a marchi non identici, non costituisce un ‘fatto decisivo’ né un giudicato con effetto vincolante per un nuovo e distinto procedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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