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Rischio assicurativo: la condotta illecita e il danno

Un professionista, condannato per responsabilità professionale, richiedeva l’indennizzo alla sua compagnia assicurativa. La Corte di Cassazione ha stabilito che il ‘rischio assicurativo’ si identifica con la condotta illecita del professionista e non con il successivo momento in cui il danno diventa giudizialmente certo. Di conseguenza, una polizza stipulata dopo la condotta negligente, ma prima della sentenza definitiva, non può coprire tale evento, poiché manca l’elemento dell’incertezza del rischio. La Corte ha cassato la decisione di merito che aveva erroneamente fatto coincidere il sinistro con la data della sentenza.

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Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rischio Assicurativo: La Cassazione chiarisce quando sorge il sinistro

L’ordinanza in esame affronta un tema cruciale per tutti i professionisti e le compagnie assicurative: la corretta individuazione del rischio assicurativo nelle polizze per la responsabilità civile. La Suprema Corte ha stabilito un principio fondamentale: il sinistro si identifica con la condotta colposa del professionista, non con il momento in cui il danno viene accertato da una sentenza. Questa distinzione ha implicazioni enormi sull’operatività delle garanzie assicurative, specialmente per quelle stipulate in corso di causa.

I Fatti di Causa

Un avvocato veniva condannato a risarcire i suoi ex clienti per un ingente importo a causa di una negligenza professionale che aveva compromesso l’esito di una causa precedente. L’avvocato, a sua volta, chiedeva alla propria compagnia di assicurazioni di essere tenuto indenne (in gergo tecnico, di essere manlevato) da tale esborso, in forza di una polizza per la responsabilità professionale.

La compagnia si opponeva, sostenendo che la polizza non fosse operativa. Il contratto, infatti, era stato stipulato dopo che l’avvocato aveva commesso l’errore professionale, ma prima che la sentenza di condanna nei suoi confronti diventasse definitiva. La questione centrale, quindi, era stabilire quale fosse l’evento che faceva scattare la copertura assicurativa.

La Decisione della Corte d’Appello

In un primo momento, la Corte d’Appello aveva dato ragione all’avvocato. Secondo i giudici di merito, il “fatto” rilevante ai fini della polizza non era la condotta negligente in sé, ma il momento in cui il danno era diventato “percepibile e conoscibile”, ovvero con il passaggio in giudicato della sentenza che accertava la responsabilità dell’avvocato. Poiché la polizza era stata firmata prima di tale sentenza, la copertura doveva essere considerata valida.

L’Interpretazione del Rischio Assicurativo secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha completamente ribaltato questa interpretazione, accogliendo il ricorso della compagnia assicurativa. Gli Ermellini hanno chiarito che la Corte d’Appello ha commesso un errore fondamentale: confondere il concetto civilistico di “danno” con quello assicurativo di “rischio”.

Il rischio assicurativo, elemento essenziale di ogni contratto di assicurazione, deve essere un evento futuro e incerto. Non è possibile assicurare un evento i cui presupposti causali si sono già interamente verificati al momento della stipula. Nel caso di specie, la condotta negligente dell’avvocato (l’omissione di determinate attività processuali) si era già perfezionata anni prima della firma della polizza. Quello era il vero sinistro, l’evento che concretizzava il rischio.

La successiva sentenza di condanna non è un nuovo evento, ma solo la conseguenza, per quanto tardiva e non ancora certa nell’esito, di quel fatto già accaduto. Assicurare un fatto già avvenuto, le cui conseguenze dannose sono solo in attesa di essere quantificate da un giudice, snatura il contratto di assicurazione, privandolo della sua fondamentale caratteristica di aleatorietà.

Rischio Assicurativo e Obblighi di Dichiarazione

La Cassazione ha inoltre valorizzato un altro aspetto: l’obbligo di corretta rappresentazione del rischio da parte dell’assicurato al momento della stipula, secondo l’articolo 1892 del Codice Civile. L’avvocato, firmando la polizza, era già a conoscenza della pendenza di un giudizio che lo vedeva potenzialmente responsabile e, poco prima, era stata emessa una sentenza d’appello che confermava la sua condotta inadempiente. Queste circostanze, anche se non definitive, erano chiaramente rilevanti per la valutazione del rischio assicurativo da parte della compagnia e avrebbero dovuto essere dichiarate.

L’errore della Corte d’Appello è stato quello di ritenere che, siccome il “fatto dannoso” (la sentenza definitiva) non si era ancora verificato, non vi fosse alcun obbligo di dichiarare le circostanze pregresse. La Cassazione, al contrario, ha specificato che l’obbligo di disclosure riguarda tutte quelle circostanze idonee a incidere sulla rappresentazione del rischio, a prescindere dall’accertamento giudiziale del danno.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda sulla netta distinzione tra il concetto di “rischio” e quello di “danno”. Il rischio è la causa (la condotta negligente), mentre il danno è la conseguenza (il pregiudizio patrimoniale). Il contratto di assicurazione copre l’avverarsi futuro e incerto della causa, non la successiva e inevitabile emersione delle sue conseguenze. Interpretare diversamente significherebbe ammettere la copertura di sinistri già avvenuti, violando i principi fondamentali del contratto assicurativo. La Corte ha sottolineato che l’espressione contrattuale “fatti posti in essere dall’assicurato” deve essere intesa come la condotta negligente e non come il danno percepibile dal danneggiato.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza d’appello e ha rinviato la causa a un’altra sezione della stessa Corte per una nuova decisione, che dovrà attenersi ai principi enunciati. Questa ordinanza rappresenta un importante monito per i professionisti: la stipula di una polizza di responsabilità civile richiede la massima trasparenza riguardo a tutte le circostanze, anche solo potenzialmente idonee a generare future richieste di risarcimento. Inoltre, consolida un principio chiave per il settore assicurativo: non si può assicurare il passato. Il rischio assicurativo deve rimanere un evento proiettato nel futuro, caratterizzato da un’incertezza che ne costituisce l’essenza stessa.

In una polizza di responsabilità professionale, il ‘fatto’ che attiva la garanzia è la condotta illecita o il momento in cui il danno diventa giudizialmente certo?
Secondo la Corte di Cassazione, il ‘fatto’ rilevante è la condotta illecita del professionista. Questo momento costituisce l’avveramento del rischio assicurativo, mentre la successiva sentenza che accerta il danno ne è solo una conseguenza.

È valido un contratto di assicurazione che copre un rischio i cui presupposti causali si sono già verificati al momento della stipula?
No. La Corte ha ribadito che, affinché il contratto di assicurazione sia valido, il rischio deve essere futuro ed incerto. Non è consentita l’assicurazione di un rischio i cui presupposti causali si sono già verificati, anche se il danno patrimoniale concreto si manifesta solo in seguito, poiché ciò rappresenterebbe una conseguenza inevitabile di fatti già avvenuti, privando il contratto della sua natura aleatoria.

Cosa deve dichiarare un professionista all’assicuratore al momento della stipula di una polizza riguardo a potenziali futuri sinistri?
Il professionista ha l’obbligo di dichiarare non solo i sinistri già conclamati, ma tutte le circostanze di fatto a sua conoscenza che siano oggettivamente idonee a incidere sulla corretta rappresentazione del rischio. Questo include la pendenza di giudizi o la conoscenza di propri errori che potrebbero dare luogo a future richieste di risarcimento, anche se non ancora formalizzate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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