Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 26681 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 26681 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5722/2022 R.G. proposto da : COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
NOME, domiciliata ex lege all’indirizzo Pec in atti.
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME AVV_NOTAIO, domiciliata elettivamente in INDIRIZZO, domiciliata ex lege all’indirizzo Pec in atti.
-controricorrente-
nonchè contro
NOME.
-intimato-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 8306/2021 depositata il 15/12/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/06/2025
dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Roma NOME, proprietario del motoveicolo targato TARGA_VEICOLO, assicurato per la r.c. auto da RAGIONE_SOCIALE chiedendo di ‘statuire e dichiarare, l’obbligo, ai sensi del combinato disposto degli artt. 122, 141, 145 e 148 D.Lgs. n.209/2005, della RAGIONE_SOCIALE, che garantisce la vettura sulla quale viaggiava come trasportata l’esponente, per i rischi civili, di risarcire le lesioni patite dall’esponente, odierna attrice, a seguito del sinistro per cui è causa, come indicati in premessa e precisati in prima udienza di comparizione. Il tutto nella somma di € 26.000,00′.
Si costituiva, resistendo, la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, mentre restava intimato COGNOME NOME.
Con sentenza n. 10411 del 15 giugno 2021 il Tribunale di Roma dichiarava inammissibile la domanda risarcitoria, precisando che l’attrice, pur avendo convenuto in giudizio anche il responsabile civile, aveva formulato domanda di condanna della sola RAGIONE_SOCIALE, espressamente invocando il disposto dell’art. 141 cod. ass., per le lesioni subite nella prospettata qualità di terza trasportata a bordo del motoveicolo, e precisando che di tale azione esperita nel caso di specie non ricorrevano affatto i presupposti, dato che il sinistro si sarebbe verificato per l’urto del motoveicolo contro un cervo che attraversava la sede stradale, mentre l’azione esercitata pur sempre presuppone e richiede (non, necessariamente, la collisione bensì) il coinvolgimento di almeno due veicoli.
Avverso tale sentenza COGNOME NOME proponeva appello; si
costituiva, resistendo al gravame RAGIONE_SOCIALE, mentre restava intimato COGNOME NOME, proprietario del motoveicolo.
Con sentenza n. 8306 del 15 dicembre 2021 la Corte d’Appello di Roma rigettava il gravame, integralmente confermando la sentenza impugnata.
NOME NOME propone ora ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
Resta intimato NOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
La RAGIONE_SOCIALE controricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia ‘Nullità della sentenza per violazione dell’art. 141 e 148 CdA in relazione all’art. 360, I comma, n. 3 c.p.c.’.
Lamenta che, erroneamente ed in violazione di legge, la corte romana ha confermato la sentenza di prime cure là dove ha rigettato la domanda risarcitoria attorea, proposta ai sensi degli artt. 141, 145 e 148 cod. ass., sul rilievo del mancato coinvolgimento di almeno due veicoli nel sinistro oggetto di causa.
Lamenta altresì che, così pronunciando, la corte di merito avrebbe trascurato il principio -efficacemente sintetizzato dal brocardo vulneratus ante omnia reficiendus -posto dalla giurisprudenza unionale, ed in particolare dalle sentenze della Corte di Giustizia Ue 30 maggio 2005, in causa C-537/03, COGNOME , 1° dicembre 2011, in causa C- 442/10, RAGIONE_SOCIALE , 17 marzo 2011, in causa C.484/09, COGNOME Sent. del 28 marzo 1996, in causa C-
129/94, COGNOME – secondo le quali è in contrasto con il diritto dell’Unione una normativa nazionale che neghi al trasportato il diritto al risarcimento da parte dell’assicurazione obbligatoria per gli autoveicoli, ovvero limiti tale diritto in misura sproporzionata, esclusivamente sulla base della corresponsabilità del passeggero stesso nella realizzazione del danno, essendo, tra l’altro, irrilevante il fatto che il passeggero interessato sia il proprietario del veicolo, il conducente del quale abbia causato il sinistr o.
1.1. Il motivo è infondato, nei termini e per le ragioni che seguono.
1.2. In primo luogo, vale ricordare, al riguardo, che questa Suprema Corte, in tema di tutela del trasportato, ha già avuto modo di affermare che:
l’azione diretta prevista dall’art. 141 cod. ass. in favore del terzo trasportato è aggiuntiva rispetto alle altre azioni previste dall’ordinamento e mira ad assicurare al danneggiato una tutela rafforzata, consentendogli di agire nei confronti dell’assicuratore del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro e di ottenere il risarcimento del danno a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti, fatta salva la sola ipotesi di sinistro causato da caso fortuito; la tutela rafforzata così riconosciuta, peraltro, presuppone che nel sinistro siano rimasti coinvolti almeno due veicoli, pur non essendo necessario che si sia verificato uno scontro materiale fra gli stessi, e si realizza mediante l’anticipazione del risarcimento da parte dell’assicuratore del vettore e la possibilità di successiva rivalsa di quest’ultimo nei confronti dell’impresa assicuratrice del responsabile civile, con la conseguenza che, nel caso in cui nel sinistro sia stato coinvolto un unico veicolo, l’azione diretta che compete al trasportato danneggiato è esclusivamente quella prevista dall’art. 144 cod.
ass., da esercitarsi nei confronti dell’impresa di assicurazione del responsabile civile (v. Cass., Sez. Un., 35318/2022; già in precedenza, cfr. Cass., 23/06/2021, n. 17963: ‘In tema di risarcimento danni da circolazione di veicoli, l’art.141 del d.lgs. n. 209 del 2005, che consente al terzo trasportato di agire nei confronti dell’assicuratore del proprio vettore sulla base della mera allegazione e prova del danno e del nesso causale, “a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro”, introduce una tutela rafforzata del danneggiato trasportato al quale può essere opposto il solo “caso fortuito”, da identificarsi, non già con la condotta colposa del conducente dell’altro veicolo coinvolto, ma con l’incidenza di fattori naturali e umani estranei alla sua circolazione; ne consegue che tale norma non trova applicazione nel diverso caso in cui nel sinistro risulti coinvolto il solo veicolo del vettore del trasportato, essendo in tale ipotesi applicabile l’art. 144 c. ass. che consente al trasportato danneggiato di agire con azione diretta contro l’assicuratore del proprio veicolo, chiamando in causa anche il responsabile civile e, secondo quanto stabilito dall’art. 2054, comma 1, c.c., con onere probatorio a proprio carico equivalente a quello previsto dal citato art.141, spettando al vettore la prova liberatoria “di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno”, che è previsione sostanzialmente corrispondente all’esimente del caso fortuito’ );
b) data la natura ‘aggiuntiva’ dell’azione ex art. 141 cod. ass., ‘Qualora sia stata rigettata, in primo grado, la domanda di risarcimento del danno alla persona proposta dall’assicurato proprietario del veicolo, vittima di un incidente stradale in quanto terzo trasportato, per mancanza dei presupposti di cui all’art. 141 cod. ass., il giudice d’appello, investito di specifica impugnazione del danneggiato, ha il potere di qualificare la domanda ai sensi dell’art. 144 cod. ass. in base ai fatti costitutivi dedotti oppure
deve spiegare le ragioni per cui detta qualificazione non è legittima’ (v. Cass., n. 3078/2025).
1.3. Tanto premesso, dalla lettura dell’impugnata sentenza risulta che la corte territoriale ha confermato la sentenza del tribunale – che ha attribuito preponderante valore probatorio a quanto dichiarato dal conducente del motoveicolo nella denuncia del sinistro alla propria RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, e cioè di essere stato ‘ investito da un cervo che improvvisamente attraversava la sede stradale ‘ ed ha per l’effetto escluso l’applicazione al caso di specie dell’art. 141 cod. ass. sul rilievo del coinvolgimento nel sinistro di un solo veicolo, e non di almeno due veicoli – ed ha così motivato in maniera congrua, scevra da vizi logico-giuridici ed in scrupolosa applicazione dei sopra indicati principi di diritto.
1.4. Va inoltre rilevato che, nell’affermare espressamente ‘esclusa l’operatività dell’art. 141 d.lgs. n. 209/2005, restano assorbite le ulteriori censure’, la corte territoriale , per effetto dell’accoglimento del primo motivo di gravame, ha appunto ritenuto assorbito l’esame dei motivi di impugnazione delle ulteriori rationes decidendi con cui il tribunale in prime cure ha rilevato l’assenza di prova, da parte dell’allora attrice, del nesso causale tra il danno patito ed il sinistro e, soprattutto, della sua effettiva qualità di ‘trasportata’ sul motoveicolo.
Orbene, la statuizione di assorbimento resa dalla corte romana non risulta essere stata impugnata dalla odierna ricorrente e pertanto, rispetto alle rationes decidendi sopra indicate, la motivazione dell’impugnata sentenza si viene definitivamente a consolidare.
Come questa Suprema Corte ha già avuto modo di affermare, quando la sentenza di merito impugnata si fonda, come nel caso in esame, su più rationes decidendi autonome, nel senso che ognuna di esse è sufficiente, da sola, a sorreggerla, perché possa giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile che il
soccombente le censuri tutte, dato che l’omessa impugnazione di una di essere rende definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, e le restanti censure non potrebbero produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (Cass., Sez. Un., 29/03/2013, n. 7931; Cass., 28/06/2023, n. 18403; Cass., 27/07/2017, n. 18641).
1.5. Priva di pregio, infine, è l’evocazione, da parte della ricorrente, delle sentenze della Corte Ue in tema di tutela RAGIONE_SOCIALE del terzo trasportato.
La corte territoriale ha infatti confermato l’impugnata sentenza, anche là dove ha -correttamente – rilevato che la domanda risarcitoria non avrebbe potuto essere accolta neanche ai sensi dell’art. 2054 cod. civ., dato che la parte attrice non aveva formulato alcuna domanda di accertamento di responsabilità e/o di condanna nei confronti del vettore COGNOME NOME, con la conseguenza per cui alcun potere-dovere di diversa qualificazione giuridica , nell’ottica della tutela del trasportato, poteva essere esercitato dal giudice.
Inoltre, le evocate sentenze sono state rese dalla Corte Ue in relazione alla specifica questione della imprescindibile tutela RAGIONE_SOCIALE del terzo trasportato pur in ipotesi di suo concorso o cd. cooperazione colposa nella causazione del sinistro, ipotesi che invece risulta estranea alla controversia in esame.
Con il secondo motivo la ricorrente denunzia ‘Nullità della sentenza per violazione degli artt. 281-sexies, 352 e 190 c.p.c. in relazione all’art. 360, I comma, n. 4 c.p.c.’.
Lamenta -dopo aver premesso che la causa era stata decisa dalla corte d’appello nelle forme di cui all’art. 281 -sexies cod. proc. civ. -che la qui impugnata sentenza, articolata in ben diciassette pagine, era stata emessa in un arco temporale davvero minimo, e praticamente subito dopo la discussione orale della causa, oltretutto senza concedere alle parti la facoltà di
depositare comparse conclusionali e memorie di replica.
Invoca, pertanto, la nullità dell’impugnata sentenza per error in procedendo , in quanto resa in violazione del diritto al contraddittorio ed alla difesa.
2.1. Il motivo è inammissibile ed in parte comunque infondato.
2.2. Occorre premettere che il testo vigente ratione temporis dell’art. 352 cod. proc. civ., norma finalizzata a disciplinare la fase decisoria per le controversie in grado di appello, così disponeva: ‘Esaurita l’attività prevista negli articoli 350 e 351, il giudice, ove non provveda a norma dell’articolo 356, invita le parti a precisare le conclusioni e dispone lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica a norma dell’articolo 190; la sentenza è depositata in cancelleria entro sessanta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica.
Se l’appello è proposto alla corte di appello, ciascuna delle parti, nel precisare le conclusioni, può chiedere che la causa sia discussa oralmente dinanzi al collegio. In tal caso, fermo restando il rispetto dei termini indicati nell’articolo 190 per il deposito delle difese scritte, la richiesta deve essere riproposta al presidente della corte alla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica.
Il presidente provvede sulla richiesta fissando con decreto la data dell’udienza di discussione da tenersi entro sessanta giorni; con lo stesso decreto designa il relatore.
La discussione è preceduta dalla relazione della causa; la sentenza è depositata in cancelleria entro i sessanta giorni successivi ‘ .
Se l’appello è proposto al tribunale, il giudice, quando una delle parti lo richiede, dispone lo scambio delle sole comparse conclusionali a norma dell’articolo 190 e fissa l’udienza di
discussione non oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle comparse medesime; la sentenza è depositata in cancelleria entro i sessanta giorni successivi.
Quando non provvede ai sensi dei commi che precedono, il giudice può decidere la causa ai sensi dell’articolo 281-sexies ‘ .
Questa Suprema Corte ha già avuto modo di precisare che ‘L’applicazione al giudizio di appello della disciplina di cui all’art. 281sexies c.p.c. è stata prevista dall’art. 352, comma 6, c.p.c., come novellato dall’art. 27 della legge 12 novembre 2011 n. 183, con decorrenza 1° febbraio 2012, sicché, in difetto di ulteriori specificazioni da parte della norma novellatrice, la disposizione de qua trova applicazione a tutti i giudizi di appello pendenti alla suddetta data’ (v. Cass., 07/10/2015, n. 20124).
Nel caso di specie, come risulta dall’esame diretto dell’impugnata sentenza resa a verbale dell’udienza di discussione (consentito da Cass., Sez. Un., 22/05/2012, n. 8077 e successive conformi: ‘Quando col ricorso per cassazione venga denunciato un vizio che comporti la nullità del procedimento o della sentenza impugnata, sostanziandosi nel compimento di un’attività deviante rispetto ad un modello legale rigorosamente prescritto dal legislatore, ed in particolare un vizio afferente alla nullità dell’atto introduttivo del giudizio per indeterminatezza dell’oggetto della domanda o delle ragioni poste a suo fondamento, il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, purché la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito (ed oggi quindi, in particolare, in conformità alle prescrizioni dettate dagli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ.)’), all’esito
della discussione orale delle parti la corte territoriale ha immediatamente trattenuto la causa in decisione e l’ha decisa con sentenza depositata lo stesso giorno.
In tal modo la corte di merito si è pronunciata in puntuale applicazione della normativa sopra citata e conformemente agli insegnamenti di questa Suprema Corte, che ha già avuto modo di precisare che ‘Non incorre in alcuna nullità il giudice di appello che, all’udienza fissata per la trattazione, esaurita quest’ultima e non dovendo provvedere ai sensi dell’art. 356 c.p.c., decida a norma dell’art. 281sexies , c.p.c., invitando l’unica parte presente, nell’assenza ingiustificata dell’altra, a precisare immediatamente le conclusioni e ordinando, in mancanza di specifica istanza di parte, la discussione orale della causa nella medesima udienza’ (v. Cass., 10/11/2015, n. 22871), e che ‘Nel giudizio di gravame dinanzi alla corte d’appello non è applicabile l’art. 281sexies cod. proc. civ., che disciplina la decisione a seguito di trattazione orale nel procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, dovendosi invece fare riferimento esclusivo a quanto dettato dal secondo comma dell’art. 352 cod. proc. civ.. Tuttavia, qualora la corte d’appello abbia applicato l’art. 281sexies citato, seguendo la relativa disciplina, la nullità del procedimento è sanata, ai sensi dell’art. 157, secondo comma, cod. proc. civ., ove, a fronte dell’invito rivolto alle parti di discutere oralmente la causa nella stessa udienza, quest’ultime non si oppongano, né richiedano il termine per il deposito della comparsa conclusionale e della memoria di replica, in tal modo omettendo di tenere il comportamento processuale necessario per indurre il Collegio a procedere nelle forme ordinarie, restando altresì esclusa la violazione dei principi regolatori del giusto processo, ex art. 360bis , primo comma, n. 2, cod. proc. civ., là dove le stesse parti abbiano avuto la possibilità di svolgere appieno le proprie difese’
(v. Cass., 13/10/2011, n. 21216; Cass., n. 22120/2016).
Si è inoltre precisato che è viziata da nullità la sentenza di merito che sia pronunciata ai sensi dell’art. 281 -sexies cod. proc. civ. senza previo invito delle parti a discutere oralmente la causa, dal momento che la discussione, sostituendo il deposito dei detti atti scritti defensionali, è essenziale per un’adeguata tutela del diritto di difesa (Cass., 22/11/2024, n. 30180, richiamata da Cass., 06/05/2025, n. 11891).
2.3. Tanto premesso, il motivo dedotto è, come detto, in primo luogo inammissibile.
La ricorrente, infatti, solo genericamente ed assertivamente assume come viziata da nullità la decisione – resa dal giudice di appello a seguito di discussione orale della causa senza previa concessione dei termini per il deposito della comparsa conclusionale e della memoria di replica – poichè trascura di precisare: a) in che modo le parti abbiano reagito dopo la pronuncia dell’ordine di discussione orale; a’) se alcuna delle parti abbia richiesto la concessione dei termini per le comparse conclusionali e le memorie di replica; a”) se sia stato chiesto dalle parti il rinvio della discussione ad un’udienza successiva, in modo da potersi preparare adeguatamente a trattare oralmente la controversia.
Peraltro, dal verbale dell’udienza di discussione e decisione della causa, che questa Corte può direttamente esaminare in quanto giudice del ‘fatto processuale’ (v. Cass., Sez. Un., n. 8077/2012 cit.) e le cui evidenze fanno fede fino a querela di falso, risulta che la corte territoriale ha definito il gravame nella modalità decisoria prevista dall’ultimo comma del citato art. 352 cod. proc. civ., nel richiamo alla disciplina dell’art. 281 -sexies cod. proc. civ. vigente ratione temporis , dunque invitando le parti a precisare le conclusioni ed a discutere oralmente la causa, e che le parti abbiano proceduto de plano alla discussione, senza
formulare obiezione, istanza o eccezione alcuna.
2.4. L’ulteriore doglianza che compone il motivo, ed attiene alla presunta predisposizione della sentenza prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni e di discussione orale, è inammissibile là dove presume un fatto senza darne riscontro, risolvendosi dunque in una mera illazione (viene infatti così dedotta a p. 10 del ricorso: ‘risulta legittimo il dubbio su come il Relatore ed il Collegio abbiano potuto redigere la sentenza in così poco tempo’), ed è ulteriormente inammissibile là dove non svolge alcun raffronto tra il contenuto della decisione resa dalla corte territoriale ed il contenuto della discussione orale svolta dai difensori, al fine di individuare quali argomenti, pur oggetto di discussione tra la parti, siano stati pretermessi o trascurati nella motivazione della qui impugnata sentenza.
2.5. La doglianza è anche infondata, dato che questa Suprema Corte ha già avuto modo di affermare il principio, cui si intende qui dare continuità, secondo cui ‘La predisposizione ad opera del giudice, prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni e della discussione orale, di una bozza di decisione da rendere ai sensi dell’art. 281sexies c.p.c., non è nulla, né lesiva del diritto di difesa delle parti, in quanto attività prodromica alla decisione, destinata ad integrare una ipotesi di soluzione, suscettibile di conferma o di modifica all’esito della discussione delle parti’ (v. Cass., 10/05/2018, n. 11297; Cass., 21/05/2014, n. 11259).
L’enunciato principio trova il suo fondamento nell’orientamento di legittimità in tema di lettura in udienza del dispositivo della decisione, secondo la quale “non sussiste alcuna norma processualcivilistica che impedisca al relatore di un collegio giudicante (o allo stesso giudice monocratico), cui spetti di dover dare lettura in udienza del dispositivo della decisione, di predisporre il dispositivo stesso prima che si addivenga alla
deliberazione’ (v. Cass., 3 gennaio 2014, n. 39), dato che ‘si tratta, infatti, di una attività, eventuale, meramente prodromica alla decisione, che, ove posta in essere, è da apprezzarsi in un’ottica deontica, quale espressione tangibile della professionalità richiesta del giudice relatore, al quale è assegnato lo studio del fascicolo di causa e che, dunque, è tenuto, prima di ogni altro componente del collegio, a formarsi un serio ed attrezzato convincimento sulla controversia oggetto di cognizione’, sicchè ‘la predisposizione del dispositivo si atteggia, alfine, come una mera, ma meditata, ipotesi di decisione (o per il giudice monocratico come bozza di essa), da proporre e sottoporre alla discussione collegiale (o per il giudice monocratico da confermare), cosi da saggiarne la idoneità a fungere da soluzione definitiva, dopo che – secondo la dinamica propria del processo il contraddittorio tra le parti si sia pienamente spiegato e, dunque, esaurito con la discussione in udienza e si giunga, cosi, alla deliberazione nella camera di consiglio (art. 276 cod. proc. civ.), ben potendo in questa sede, sino alla sottoscrizione del dispositivo di sentenza, pervenirsi a qualsivoglia soluzione della controversia” (Cass., n. 11259/2014, cit.).
Siffatti argomenti ben possono essere riferiti anche al caso della sentenza emessa a seguito di trattazione orale della causa.
Una volta assunta la causa in decisione ai sensi dell’art. 352 cod. proc. civ., nel richiamo all’art. 281 -sexies cod. proc. civ., la sentenza deve essere depositata lo stesso giorno, a pena di nullità, ed a tale scopo, dunque, il giudice di appello ben può -dopo aver preliminarmente e doverosamente studiato la causa svolgere una ulteriore attività di preparazione preliminare concretantesi nella predisposizione di una bozza di soluzione, suscettibile di conferma o modifica o anche di totale abbandono in favore di diversa soluzione o di un impianto argomentativo
totalmente differente, all’esito della discussione delle parti nonché de ll’esame finale degli atti depositati e del provvedimento impugnato e della discussione in camera di consiglio, se l’organo giudicante è a composizione collegiale.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della società controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi, liquidati in euro 200,00, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione il 4 giugno 2025.
Il Presidente NOME COGNOME