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Risarcimento Specializzandi Medici: la Cassazione nega

Un gruppo di medici specializzatisi dopo il 1991 ha citato in giudizio lo Stato, sostenendo che la borsa di studio ricevuta non costituisse l'”adeguata remunerazione” prevista dalle direttive comunitarie. La richiesta di risarcimento danni è stata respinta sia in primo grado che in appello. La Corte di Cassazione, con la presente ordinanza, ha confermato le decisioni precedenti, dichiarando i ricorsi inammissibili. La Corte ha ribadito il suo orientamento consolidato secondo cui le direttive UE non imponevano un importo minimo specifico per la borsa di studio, e che la disciplina applicabile restava quella nazionale, respingendo così le pretese al risarcimento specializzandi medici.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Risarcimento Specializzandi Medici: La Cassazione Conferma il “No”

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha messo un punto fermo su una questione che da anni vede contrapposti i medici specializzandi e lo Stato italiano: il diritto a un’adeguata remunerazione. La Corte ha respinto le richieste di un folto gruppo di professionisti, confermando che non spetta alcun risarcimento agli specializzandi medici per la presunta inadeguatezza della borsa di studio percepita in base alle direttive europee. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Una Lunga Battaglia Legale

La vicenda trae origine da una causa intentata nel 2014 da numerosi medici che si erano iscritti alle scuole di specializzazione in anni successivi al 1991. Durante il loro percorso formativo, avevano percepito una borsa di studio di circa 11.603 euro annui, come previsto dalla legislazione nazionale dell’epoca (d.lgs. 257/1991).

Secondo i medici, tale importo non rappresentava quella “adeguata remunerazione” che gli Stati membri dell’Unione Europea avrebbero dovuto garantire in base alla Direttiva 93/16/CEE. Di conseguenza, avevano chiesto la condanna dello Stato al risarcimento del danno, quantificato in 20.000 euro per ogni anno di specializzazione.

La loro domanda, tuttavia, è stata costantemente respinta: prima dal Tribunale e poi dalla Corte d’Appello. Entrambi i giudici di merito hanno ritenuto che la normativa comunitaria non imponesse agli Stati membri alcun vincolo specifico sulla misura della remunerazione, lasciando di fatto la determinazione alla legislazione nazionale. Di fronte a queste sconfitte, i medici hanno deciso di portare il caso dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte e il Risarcimento Specializzandi Medici

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, ponendo fine, almeno per questi professionisti, alla speranza di ottenere un risarcimento. La decisione si fonda su un principio procedurale specifico e su un orientamento di merito ormai consolidato.

Dal punto di vista procedurale, la Corte ha applicato l’art. 360-bis, n. 1, del codice di procedura civile. Questa norma consente di respingere rapidamente un ricorso quando la sentenza impugnata è conforme alla giurisprudenza costante della stessa Cassazione e non vengono presentati argomenti nuovi per modificarla. In pratica, la Corte ha ritenuto che i medici stessero riproponendo questioni già ampiamente decise in passato in senso a loro sfavorevole.

Le Motivazioni della Corte

Nel merito, la Corte ha ribadito con forza il suo orientamento. Il punto centrale della motivazione è che la Direttiva 93/16/CEE, invocata dai ricorrenti, non ha introdotto alcun nuovo o ulteriore obbligo per lo Stato italiano riguardo alla misura della borsa di studio rispetto a quanto già previsto dal d.lgs. 257/1991. In altre parole, la normativa europea non ha fissato un importo minimo né ha imposto criteri specifici per definire una remunerazione come “adeguata”, lasciando tale valutazione alla discrezionalità del legislatore nazionale.

La Corte ha inoltre respinto altre argomentazioni dei ricorrenti:

* Natura del rapporto: È stato negato che l’attività dello specializzando potesse essere assimilata a un lavoro subordinato, escludendo quindi l’applicazione dell’art. 36 della Costituzione sul diritto a una retribuzione proporzionata.
* Adeguamento della borsa: La Corte ha confermato la legittimità delle norme che, a partire dal 1992, avevano “congelato” l’adeguamento annuale e triennale della borsa di studio.
* Rinvio pregiudiziale: È stata rigettata la richiesta di sottoporre la questione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ritenendo la materia già chiarita dalla giurisprudenza.

Infine, la Corte ha condannato i ricorrenti non solo al pagamento delle spese legali, ma anche al versamento di una somma ulteriore per lite temeraria (art. 96 c.p.c.), sanzionando il fatto di aver intentato una causa basata su una tesi giuridica in contrasto con un orientamento consolidato da oltre un decennio.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida in modo definitivo la posizione della giurisprudenza italiana sul tema del risarcimento agli specializzandi medici per il periodo in esame. La decisione chiarisce che, in assenza di un obbligo specifico e quantificato imposto dal diritto europeo, la determinazione dell’importo della borsa di studio rientra nella sfera di competenza del legislatore nazionale. Le implicazioni pratiche sono evidenti: le porte per azioni legali simili, basate sulla stessa argomentazione, sono di fatto chiuse. La sentenza funge anche da monito, attraverso la condanna per lite temeraria, a non intraprendere azioni giudiziarie in palese contrasto con orientamenti giurisprudenziali stabili e consolidati nel tempo.

I medici specializzandi iscritti dopo il 1991 hanno diritto a un risarcimento per una borsa di studio non “adeguata” secondo le direttive UE?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la Direttiva 93/16/CEE non ha introdotto nuovi obblighi per lo Stato italiano riguardo alla misura della borsa di studio, che resta disciplinata dalla legge nazionale (d.lgs. 257/1991). Pertanto, la domanda di risarcimento è infondata.

L’attività dello specializzando può essere considerata lavoro subordinato con diritto a una retribuzione proporzionata ai sensi dell’art. 36 della Costituzione?
No. La Corte, richiamando un orientamento consolidato, ha affermato che l’attività svolta dai medici iscritti alle scuole di specializzazione non è inquadrabile come rapporto di lavoro subordinato né parasubordinato. Di conseguenza, non è applicabile l’art. 36 della Costituzione sul diritto a una retribuzione adeguata e proporzionata.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili?
I ricorsi sono stati dichiarati inammissibili ai sensi dell’art. 360-bis, n. 1, c.p.c., perché la decisione della Corte d’Appello era pienamente conforme a un orientamento giurisprudenziale consolidato e pluriennale della stessa Corte di Cassazione. Proporre un ricorso contrario a tale orientamento, senza addurre argomenti nuovi e significativi per rimetterlo in discussione, ne determina l’inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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