Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 22445 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 22445 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/08/2025
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 548/22 proposto da:
-) COGNOME NOMECOGNOME domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
ricorrente –
nonché da
-) COGNOME NOME COGNOME domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
ricorrente –
nonché da
-) COGNOME Paolo, COGNOME NOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOMECOGNOME NOME, NOMECOGNOME NOMECOGNOME Giura NOMECOGNOME NOME, NOMECOGNOME NOME, Grande NOME, Grandi NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME La Rosa NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOME, NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, domiciliati ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrenti –
Oggetto:
danno
da
tardiva
attuazione
direttive comunitarie in
tema
specializzazione
medicina
contro
-) Presidenza del Consiglio dei Ministri; Ministero dell’Università e della Ricerca; Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero della Salute, in persona rispettivamente del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri pro tempore , domiciliati ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difes i dall’Avvocatura Generale dello Stato;
– controricorrenti – avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma 25 giugno 2021 n. 4689; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 luglio 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nel 2011 tutti gli odierni ricorrenti (unitamente ad altri soggetti, nel numero complessivo di quattrocentoottantaquattro) convennero dinanzi al Tribunale di Roma la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell’Università e della ricerca scientifica , il Ministero della Salute ed il Ministero dell’economia, esponendo che:
-) dopo avere conseguito la laurea in medicina, si erano iscritti ad una scuola di specializzazione, immatricolandosi in anni compresi tra il 1983 ed il 1991;
-) durante il periodo di specializzazione non avevano percepito alcuna remunerazione o compenso da parte della scuola stessa;
-) le direttive comunitarie n. 75/362/CEE e 75/363/CEE, così come modificate dalla Direttiva 82/76/CEE, avevano imposto agli Stati membri di prevedere che ai frequentanti le scuole di specializzazione fosse corrisposta una adeguata retribuzione;
-) l’Italia aveva dato tardiva e parziale attuazione a tali direttive solo con la legge 8.8.1991 n. 257.
Conclusero pertanto chiedendo la condanna delle amministrazioni convenute al risarcimento del danno sofferto in conseguenza della tardiva attuazione delle suddette direttive.
Con sentenza 19.10.2015 n. 20877 il Tribunale di Roma (per quanto ancora rileva in questa sede):
dichiarò inammissibili le domande proposte da NOME COGNOME e NOME COGNOME;
accolse le domande proposte da NOME COGNOME e NOME COGNOME;
rigettò tutte le altre domande per intervenuta prescrizione del credito. La sentenza fu appellata dai soccombenti.
Con sentenza 25.6.2021 n. 4689 la Corte d’appello di Roma accolse il solo gravame proposto da NOME COGNOME rigettò tutti gli altri appelli e condannò i soccombenti alla rifusione delle spese.
La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione con tre distinti ricorsi, in ordine cronologico:
da NOME COGNOME con ricorso fondato su un motivo (ricorso notificato il 18.12.2021);
da NOME COGNOME con ricorso unitario fondato su un motivo (ricorso notificato il 24.1.2022 alle ore 12:19);
da un gruppo di 33 ricorrenti (d’ora innanzi, ‘il gruppo Gargano’), con ricorso fondato su due motivi (ricorso notificato il 24.1.2022 alle ore 12:41).
La Presidenza del Consiglio ed i tre ministeri sopra indicati hanno resistito con due distinti controricors i all’impugnazione proposta dal ‘gruppo Gargano’ ed a quella proposta da NOME COGNOME.
NOME COGNOME ed il ‘gruppo Gargano’ hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Questioni preliminari.
Il ricorso va dichiarato estinto con riferimento all’impugnazione di NOME COGNOME il cui difensore, legittimatovi da idonea procura, con atto depositato il 9.7.2025 ha rinunciato al ricorso.
1. Il ricorso di NOME COGNOME.
Con l’unico motivo di ricorso è denunciata , ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c., la violazione di sette diverse norme di legge (artt. 5 e 189 TUE; art. 10 Cost.; artt. 2934, 2935 e 2938 c.c.; art. 6 d. lgs. 257/91 e art. 11 l. 370/99).
Nell ‘ illustrazione del motivo si sostiene che erroneamente la C orte d’appello ha individuato l’ exordium praescriptionis nella data del 27 ottobre 1999, e cioè nella data di entrata in vigore della legge 370/99.
Il ricorrente deduce che la prescrizione del diritto al risarcimento del danno non può correre quando il diritto non può essere fatto valere; che fino a quando le direttive comunitarie sopra indicate non furono correttamente trasposte nel diritto nazionale, egli non poteva avere ‘ ragionevole certezza ‘ dei propri diritti; che con la legge 370/99 lo Stato italiano non diede affatto attuazione piena e completa alle direttive comunitarie in materia di scuole di specializzazione.
1.1. Il motivo è inammissibile ex art. 360bis n. 1 c.p.c., alla luce del consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui ‘ il diritto al risarcimento del danno da tardiva od incompleta trasposizione nell’ordinamento interno – realizzata solo con il d.lgs. 8 agosto 1991, n. 257 – delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, relative al compenso in favore dei medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari, si prescrive (…) nel termine decennale decorrente dalla data di entrata in vigore (27 ottobre 1999) della legge 19 ottobre 1999, n. 370, il cui art. 11 ha riconosciuto il diritto ad una borsa di studio soltanto in favore di quanti, tra costoro, risultavano beneficiari delle sentenze irrevocabili emesse dal giudice amministrativo ‘ (così Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 6606 del 20/03/2014, Rv. 630184 -01; nello stesso senso, ex multis , Sez. 3, Ordinanza n. 2958 del 31/01/2024; Sez. L, Ordinanza n. 18961 del 11/09/2020; Sez. 6 – L, Ordinanza n. 14112 del 07/07/2020; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 13281 del 1°/07/2020; Sez. 3 – , Ordinanza n. 13758 del 31/05/2018, Rv. 649044 – 01; Sez. 3 – , Sentenza n. 23199 del 15/11/2016, Rv. 642976 -01; Sez. 3, Sentenza n. 16104 del 26/06/2013, Rv. 626903 -01; Sez. 3, Sentenza n. 17868 del 31/08/2011, Rv. 619357 – 01); princìpi, com’è noto, risalenti alle
sentenze gemelle nn. 101813, 10814, 10815 e 10816 del 2011, confermati ancora di recente dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, Sentenza n. 17619 del 31/05/2022).
1.2. Il principio appena ricordato non solo non collide, ma anzi è puntualmente conforme all’orientamento espresso dalla Corte di Giustizia nella sentenza COGNOME (CGUE, sentenza 19.5.2011, in causa C-452/09), invocata dal ricorrente. In tale sentenza infatti si è affermato che:
(a) lo Stato inadempiente nell’attuazione di una direttiva comunitaria, se convenuto in giudizio da chi domandi il risarcimento del danno causato dalla tardiva attuazione di quella direttiva, ben può opporre all’attore l’eccezione di prescrizione, se non fu lo Stato con il suo comportamento a causare la tardività del ricorso:
(b) l’accertamento da parte della Corte di giustizia della violazione del diritto dell’Unione europea è ininfluente sul dies a quo del termine di prescrizione, allorché detta violazione è fuori di dubbio (come già ritenuto da questa Corte con le sentenze nn. 10813, 10814, 10815 e 10816 del 2011, cui adde Sez. 3, Sentenza n. 17868 del 31/08/2011).
E nella vicenda oggi in esame l’inadempimento dello Stato italiano all’obbligo di remunerare la frequentazione delle scuole di specializzazione non era né dubitabile, né incerto .
Come noto la (allora) Comunità Europea nel 1975 volle dettare norme uniformi per ‘ agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di medico ‘, e lo fece con due direttive coeve: la direttiva 75/362/CEE e la direttiva 75/363/CEE, ambedue del 16.6.1975.
La prima sancì l’obbligo per gli Stati membri di riconoscere l’efficacia giuridica dei diplomi rilasciati dagli altri Stati membri per l’esercizio della professione di medico; la seconda dettò i requisiti minimi necessari affinché il suddetto riconoscimento potesse avvenire, tra i quali la durata minima del corso di laurea e la frequentazione a tempo pieno di una ‘formazione specializzata’. L’una e l’altra di tali direttive vennero modificate qualche anno dopo dalla
Direttiva 82/76/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1982.
L’art. 13 di tale ultima direttiva aggiunse alla Direttiva 75/363/CEE un ‘Allegato’, contenente le ‘ caratteristiche della formazione a tempo pieno (…) dei medici specialisti ‘.
L’art. 1, comma terzo, ultimo periodo, di tale allegato sancì il principio per cui la formazione professionale ‘ forma oggetto di una adeguata remunerazione ‘. La direttiva 82/76/CEE venne approvata dal Consiglio il 26.1.1982; venne notificata agli Stati membri (e quindi entrò in vigore) il 29.1.1982, e venne pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee n. L43 del 15.2.1982; l’art. 16 della medesima direttiva imponeva agli Stati membri di conformarvisi ‘ entro e non oltre il 31 dicembre 1982 ‘.
Pertanto:
(a) l’ordinamento comunitario attribuì ai medici specializzandi il diritto alla retribuzione in modo chiaro ed inequivoco a far data dal 29.1.1982;
(b) altrettanto chiara ed inequivoca era la previsione secondo cui gli Stati membri avevano tempo sino al 31.12.1982 dello stesso anno per dare attuazione al precetto comunitario;
(c) che lo Stato italiano non avesse rispettato tale obbligo era questione non dubitabile, non discutibile, non opinabile, e risultante per di più ictu oculi . E’ dunque insostenibile la tesi invocata dalla ricorrente, secondo cui in subiecta materia essa non avrebbero potuto sapere né di avere un diritto scaturente dall’ordinamento comunitario, né che quel diritto venne violato dallo Stato italiano.
2.Il ricorso di NOME COGNOME.
L’unico motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME o propone una censura analoga quella appena esaminata, ed è infondata per le medesime regioni.
2.1. Manifestamente irrilevanti sono le deduzioni svolte dalla difesa di NOME COGNOME nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Secondo l’ardita tesi del ricorrente, la sentenza impugnata dovrebbe ritenersi erronea, né potrebbe darsi seguito al consolidato orientamento di questa Corte cui quella sentenza si è uniformata, per effetto dell’introduzione dell’art. 3 della l. 13.6.2025 n. 91.
Tale norma recita:
‘ 1. È istituito presso il Ministero della salute un tavolo tecnico a fini ricognitivi avente ad oggetto la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 3 marzo 2022, nella causa C-590/20, composto da un rappresentante del Ministero della salute, un rappresentante del Ministero dell’economia e delle finanze e un rappresentante del Ministero dell’università e della ricerca. Le attività di supporto al tavolo sono svolte da personale in servizio del Ministero della salute individuato dal medesimo Ministero.
Il documento conclusivo dei lavori del tavolo tecnico di cui al comma 1 è inviato alle Camere, per la successiva assegnazione alle competenti Commissioni parlamentari, entro il termine di trenta giorni dalla conclusione dei lavori.
Dalle disposizioni di cui al comma 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Agli adempimenti previsti dal presente articolo le amministrazioni interessate provvedono con le risorse umane e strumentali esistenti a legislazione vigente. Ai componenti del tavolo tecnico non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati ‘ .
2.2. E’ arduo comprendere in che modo ed a qual fine una norma di tal fatta incida sulle regole civilistiche in materia di prescrizione.
In primo luogo essa non è retroattiva.
In secondo luogo non si occupa di prescrizione.
In terzo luogo non detta norme sostanziali, ma demanda ad una apposita commissione una mera attività ‘ricognitiva’.
In quarto luogo la legge prevede che dai lavori della commissione non debbano derivare ‘nuovi oneri per la finanza pubblica’. E va da sé che una (del tutto fantasiosa, beninteso) futura modifica, per di più retroattiva, delle
regole in materia di prescrizione non sarebbe certamente irrilevante per la finanza pubblica.
3. Il primo motivo di ricorso del ‘gruppo Gargano’.
Il primo motivo del ricorso proposto dal ‘ RAGIONE_SOCIALE Gargano’ censura la sentenza d’appello nella parte in cui ha individuato l’ exordium praescriptionis nella data del 27.10.1999.
3.1. Il motivo è infondato per le ragioni già esposte al § 1.1.
4. Il secondo motivo di ricorso del ‘gruppo Gargano’.
Il secondo motivo di ricorso del ‘gruppo Gargano’ concerne la posizione dei soli NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Il motivo è illustrato nel modo che segue:
dapprima è trascritta la motivazione della sentenza di primo grado, il motivo d’appello e la motivazione della sentenza di secondo rado;
quindi iniziano una serie di elucubrazioni sull’effettività della tutela giurisdizionale; sul fatto che spetta al ministero della salute aggiornare periodicamente l’elenco delle specializzazioni rientranti nella disciplina comunitaria; sulla circostanza che tali decreti includono la genetica medica, la scienza dell’alimentazione e la medicina dello sport.
4.1. Il motivo è temerario .
Il giudice di primo grado ha rigettato la domanda con una motivazione chiarissima: poiché gli odierni ricorrenti avevano iniziato la scuola di specializzazione nel 1991 e nel 1993, a quell’epoca lo Stato non era più inadempiente. Se essi non furono remunerati durante la frequenza della scuola, ciò costituì un inadempimento dell’Università da essi frequentata, non dello Stato.
La sentenza fu impugnata per ‘mancanza di motivazione’ e la Corte d’appello, come è naturale, ritenne che la motivazione non era affatto mancante (e, qui si aggiunge, anche giuridicamente corretta).
Rispetto a questa evoluzione della vicenda processuale l’illustrazione del motivo è totalmente eterogenea ed incomprensibile, e quindi inammissibile ai sensi dell’art. 366, n. 4, c.p.c..
In sostanza il giudice d’appello ha stabilito che gli attori rivolsero la propria domanda contro un soggetto che non era loro debitore: ma il difensore dei ricorrenti, incurante di tale statuizione, di tutto discorre tranne che delle ragioni per le quali sarebbe erronea la suddetta ratio decidendi .
5. Sulle spese.
Le spese del presente giudizio di legittimità sono regolate come segue.
5.1 Rispetto a NOME COGNOME non è luogo a provvedere, in quanto rispetto alla sua impugnazione l’Avvocatura Generale non ha svolto difese.
5 .2. Tutti i componenti del ‘Gruppo Gargano ‘ vanno condannati in solido alla rifusione delle spese a favore dell’Avvocatura Generale.
A tal fine il valore della causa va determinato in base al petitum (art. 4 d.m. 55/14), e dunque in base alla domanda di importo più elevato Cass. Sez. 3, 17/04/2024, n. 10367).
5.3. In primo grado i ricorrenti del ‘gruppo Gargano’ domandarono la condanna dello Stato italiano al pagamento di euro 11.103,80 per ciascun anno di specializzazione ‘ oltre interessi e rivalutazione monetaria ‘ .
D iversi attori avevano conseguito una specializzazione all’esito d’un corso di durata quinquennale (ad es., NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME): la domanda più elevata fu dunque pari ad euro 55.519.
5.4. Tuttavia il valore della domanda si determina aggiungendo al capitale gli interessi scaduti prima dell’introduzione del giudizio (art. 10, secondo comma, c.p.c.): e poiché gli attori in primo grado domandarono la condanna dello Stato al pagamento degli ‘ interessi e della rivalutazione monetaria ‘, e la specializzazione conseguita da NOME COGNOME si concluse nel 1987, al
valore della domanda (come s’è detto, euro 55.519) si devono sommare trentotto anni di interessi e rivalutazione, e dunque:
euro 94.826,45 a titolo di rivalutazione (coefficiente FOI-ISTAT del 1987 pari a 2,708);
euro 128.386,04 a titolo di interessi (calcolati al saggio legale vigente de die in diem dal 1987 alla data della presente decisione).
Il valore della domanda più elevata era dunque pari ad euro 55.519 di capitale, più euro 94.826,45 di rivalutazione, più euro 128.386,04 di interessi, ovvero euro 278.731,49.
A base di calcolo deve quindi assumersi lo scaglione di valore compreso tra 260.000 e 520.000 euro
5.5. Per una causa di tale valore le spese vanno determinate come segue:
-) applicando la tabella vigente ratione temporis rispetto all’ultimo atto compiuto dall’Avvocatura Generale (e cioè prima delle modifiche di cui al d.m. 147/22, entrato in vigore il 28.8.2022; il controricorso dell’Avvocatura è datato 1.3.2022);
-) individuando quale parametro il valore – prossimo al minimo – di euro 4.000 , in considerazione della natura ormai ‘ settled’ delle questioni poste dai ricorrenti;
-) aumentando il suddetto valore ex art. 44, comma 2, d.m. 55/14 del 30% per ciascuno dei soccombenti successivo al primo fino al nono (e quindi del 270%), e quindi di un ulteriore 10% per ciascuno dei ricorrenti dall’11° al 30°, e così complessivamente del 470%.
Il totale ascende dunque ad euro (4.000 x 470%) più 4.000, ovvero euro 22.800.
5.7. Le spese a carico di NOME COGNOME vanno liquidate nella misura di euro 3.500 oltre accessori come indicati nel dispositivo.
5.8. La circostanza che tutti i ricorrenti (principale e successivi, ad eccezione del rinunciante NOME COGNOME) abbiano prospettato questioni di diritto da
tempo risolte da questa Corte; che tali questioni abbiano dato vita a centinaia di decisioni puntualmente conformi; che ambo i ricorsi siano stati proposti a fronte di un orientamento di questa Corte più che consolidato; la circostanza che il difensore dei ricorrenti del ‘gruppo COGNOME ‘ abbia insistito nella propria impugnazione, nonostante nelle more del presente giudizio decine di ricorsi identici su identica fattispecie, da lui stesso proposti, fossero già stati rigettati; la circostanza che dopo la proposizione del ricorso oggi in esame il difensore degli odierni ricorrenti si sia visto rigettare identici ricorsi basati su identici motivi e scaturenti da identiche fattispecie (Sez. 3, Ordinanza n. 24144 del 2024; Sez. 3, Ordinanza n. 15207 del 2024; Sez. 3, Ordinanza n. 8690 del 2024 ), senza trarne le debite valutazioni circa l’insostenibilità della propria pretesa, costituiscono ex se altrettanti indici di abuso dello strumento processuale, per i fini di cui all’art. 96 c.p.c..
Tutti i ricorrenti (ad eccezione del rinunciante NOME COGNOME) vanno dunque condannati, ai sensi della norma appena indicata, al pagamento in favore della Presidenza del Consiglio delle ulteriori somme indicate nel dispositivo.
5.9. Infine, quanto al ricorrente NOME COGNOME la circostanza che la rinuncia sia avvenuta il 9 luglio 2025, e dunque quando la controparte aveva già predisposto il controricorso, non esonera il rinunciante dalla condanna alle spese; queste tuttavia andranno liquidate a parte rispetto al ‘gruppo Gargano’, e possono essere compensate per due terzi.
P.q.m.
(-) dichiara estinto per rinuncia il giudizio di cassazione rispetto all’impugnazione proposta da NOME COGNOME;
(-) dichiara inammissibili tutti i ricorsi;
(-) condanna NOME COGNOME alla rifusione in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 3.500, oltre eventuali spese prenotate a debito;
(-) condanna NOME COGNOME al pagamento in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri della somma di euro 2.000 ex art. 96, comma terzo, c.p.c.;
(-) condanna NOME COGNOME alla rifusione in favore di Presidenza del Consiglio dei Ministri del 33% delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma (già ridotta come sopra) di euro 980, oltre eventuali spese prenotate a debito;
(-) condanna COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOME, NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME Giura NOMECOGNOME NOME, NOMECOGNOME NOME, Grande NOMECOGNOME Grandi NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOME, NOME COGNOME NOME NOME COGNOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, in solido, alla rifusione in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 22.800, oltre eventuali spese prenotate a debito;
(-) condanna COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOME, NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME Giura NOMECOGNOME NOME, NOMECOGNOME NOME, Grande NOMECOGNOME Grandi NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOME, NOME COGNOME NOME NOME COGNOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, in solido, al pagamento in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri della somma di euro 17.000 ex art. 96, comma terzo, c.p.c.;
(-) ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti tutti ad eccezione di NOME COGNOME di un ulteriore importo a
titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della