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Risarcimento sanzione disciplinare: no se ridotta

Un professionista, sospeso dal suo Ordine, ha chiesto il risarcimento per sanzione disciplinare dopo che questa è stata ridotta in appello a una semplice censura. La Cassazione ha negato il diritto al risarcimento, affermando che l’esecuzione immediata della sanzione originaria era legittima e non abnorme, e la successiva riforma non genera un danno ingiusto automatico.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Sanzione disciplinare ridotta in appello: quando è possibile chiedere il risarcimento?

Un professionista che subisce una sanzione disciplinare, come la sospensione dall’attività, può chiedere un risarcimento per sanzione disciplinare se questa viene poi drasticamente ridotta in appello? A questa complessa domanda ha risposto la Corte di Cassazione con una recente ordinanza, delineando i confini della responsabilità degli Ordini professionali e chiarendo quando l’esecuzione di una sanzione può essere considerata fonte di un danno ingiusto.

I Fatti del Caso

Un dottore commercialista si era rivolto al Tribunale per chiedere il risarcimento dei danni economici, di immagine e personali subiti a seguito dell’immediata esecuzione di una sanzione disciplinare inflittagli dal proprio Ordine territoriale. Inizialmente, a seguito di tre procedimenti disciplinari, il professionista era stato condannato a una sospensione complessiva di quattro mesi dall’esercizio della professione. L’Ordine aveva messo in esecuzione le decisioni senza attendere l’esito del giudizio di appello.

Successivamente, il Consiglio di disciplina nazionale aveva riformato le decisioni, riducendo sensibilmente le sanzioni e limitandole alla sola censura. Il professionista, ritenendo di aver subito un danno ingiusto a causa della sospensione poi rivelatasi sproporzionata, aveva avviato una causa civile contro l’Ordine, chiedendo il risarcimento.

Il Percorso Giudiziario e il Principio di Diritto

Tanto il Tribunale quanto la Corte d’Appello avevano rigettato la domanda del professionista. I giudici di merito avevano stabilito che le decisioni disciplinari sono, per legge, dotate di efficacia esecutiva. La normativa di riferimento (art. 55 del D.Lgs. n. 139/2005) prevede che il Consiglio nazionale può sospendere l’efficacia dei provvedimenti, configurando tale sospensione come una facoltà e non come un obbligo. Nel caso di specie, la sospensione non era stata disposta.

La Corte territoriale aveva sottolineato che la scelta dell’Ordine di eseguire immediatamente la sanzione non poteva essere considerata di per sé illegittima o ‘abnorme’. Un danno risarcibile avrebbe potuto derivare solo da provvedimenti adottati al di fuori dei poteri riconosciuti all’organo di disciplina, ipotesi che non era stata adeguatamente formulata nell’atto di appello.

Le Motivazioni della Cassazione sul risarcimento per sanzione disciplinare

La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni dei gradi precedenti, rigettando il ricorso del professionista. I giudici supremi hanno chiarito diversi punti fondamentali:

1. Nessun Automatismo nel Risarcimento: La tesi del ricorrente, secondo cui la drastica riduzione della sanzione in appello determinerebbe una responsabilità ipso iure (automatica) dell’Ordine, è stata definita ‘palesemente infondata’. Accogliere questa visione significherebbe introdurre una forma di danno in re ipsa, ovvero un danno presunto per il solo fatto della riforma della decisione, un concetto estraneo al nostro sistema di responsabilità civile che richiede la prova di un danno ingiusto.

2. Esecutività come Regola: La Corte ha ribadito che la regola generale, desumibile dal sistema normativo, è l’immediata esecutività della decisione disciplinare di primo grado. La possibilità per l’organo di appello di sospendere tale esecutività è una facoltà discrezionale, non un obbligo.

3. Irrilevanza della Normativa Sopravvenuta: Il ricorrente aveva invocato un Regolamento del 2015 che imporrebbe di attendere l’esito dell’impugnazione prima di eseguire la sanzione. La Corte ha ritenuto tale argomento inammissibile, poiché il Regolamento è successivo ai fatti di causa e quindi non applicabile.

In sostanza, l’Ordine professionale ha agito nell’ambito dei poteri conferitigli dalla legge. La successiva riforma della sanzione non è sufficiente a trasformare un’azione legittima in un illecito civile fonte di risarcimento.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza fornisce un’importante bussola per professionisti e Ordini. La decisione di un Ordine di eseguire immediatamente una sanzione disciplinare è legittima, anche se questa viene poi ridotta in appello. Per ottenere un risarcimento per sanzione disciplinare, il professionista deve dimostrare qualcosa di più della semplice riforma della decisione: deve provare che l’Ordine ha agito in modo ‘abnorme’, ovvero al di fuori del perimetro dei suoi poteri, con dolo o colpa grave. La semplice differenza di valutazione tra il primo e il secondo grado di giudizio disciplinare non è, di per sé, sufficiente a fondare una pretesa risarcitoria.

L’esecuzione immediata di una sanzione disciplinare, poi ridotta in appello, dà automaticamente diritto a un risarcimento del danno?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la semplice riforma della sanzione in appello non genera un diritto automatico (ipso iure) al risarcimento. Sarebbe necessario dimostrare che l’organo disciplinare ha agito in modo abnorme o al di fuori dei suoi poteri.

Un Ordine professionale è obbligato a sospendere l’esecuzione di una sanzione disciplinare in attesa dell’esito dell’appello?
No. La legge (art. 55 del d.lgs. n. 139/2005) stabilisce che l’organo di secondo grado ‘può’ sospendere l’efficacia del provvedimento. Si tratta di una facoltà discrezionale, non di un obbligo. La regola generale è l’immediata esecutività della decisione.

Cosa si intende per provvedimento ‘abnorme’ che potrebbe giustificare un risarcimento per sanzione disciplinare?
La sentenza non fornisce una definizione esaustiva, ma chiarisce che si tratta di ‘provvedimenti abnormi adottati fuori del perimetro dei poteri riconosciuti all’organo di disciplina’. Un provvedimento non è abnorme per il solo fatto di essere stato riformato in appello, ma deve presentare vizi che lo rendano radicalmente illegittimo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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