Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 28786 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 28786 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9719/2024 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE CON RIFERIMENTO AL RISCHIO DEL NUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO, in persona del procuratore speciale per l’Italia pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato AVV_NOTAIO;
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
–
contro
ricorrenti –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE-NV RAGIONE_SOCIALE;
-intimati-
nonché sul ricorso incidentale proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall ‘ avvocato NOME COGNOME;
-ricorrente incidentale-
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall ‘ avvocato COGNOME;
-controricorrente al ricorso incidentale-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE-NV RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE PER L ‘ RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE CON RIFERIMENTO AL RISCHIO DEL NUMERO_DOCUMENTO;
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO di RAGIONE_SOCIALE n. 442/2024, depositata il 14/02/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 01/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
– NOME COGNOME convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE, per sentirli condannare, ai sensi degli artt. 2043 e 2051 c.c., al risarcimento dei danni subiti a seguito di un furto verificatosi nella sua abitazione, sita in RAGIONE_SOCIALE, al primo piano del Condominio di INDIRIZZO, nella notte tra il 31 dicembre 2018 e il 1° gennaio 2019.
L ‘ attore dedusse che i ladri si fossero introdotti nell ‘ appartamento entrando dalla porta finestra sul balcone per il tramite di un ponteggio allestito dalla RAGIONE_SOCIALE, ditta appaltatrice dei lavori, commissionati dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per il
rifacimento della facciata del plesso scolastico sito in INDIRIZZO, confinante con il condominio. I malfattori trafugarono dalla cassaforte diversi preziosi ivi custoditi.
1.1.- Per il rigetto della domanda attorea si costituirono in giudizio la RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE ; quest’ultimo chiese, ed ottenne, di chiamare in causa le proprie compagnie assicuratrici, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, per essere da esse manlevato nell ‘ ipotesi di condanna al risarcimento dei danni in favore dell ‘ attore.
La RAGIONE_SOCIALE eccepì, in via preliminare, il difetto di legittimazione attiva in capo al COGNOME, deducendo che egli non fosse il proprietario dell ‘ immobile in cui si era verificato il furto, con la conseguenza che non potesse operare alcuna presunzione di appartenenza dei beni presenti nell ‘ appartamento al momento del fatto, che erano stati trafugati dai malfattori. La convenuta dedusse, inoltre, che la circostanza che i preziosi fossero in prevalenza di foggia femminile rilevava al fine di affermare la loro appartenenza alla sig.ra NOME COGNOME, defunta moglie dell ‘ attore.
1.2.- Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza del maggio 2023, dopo aver respinto l ‘ eccezione con cui veniva sollevato il difetto di legittimazione attiva dell ‘ attore, negando rilevanza alla circostanza che l ‘ immobile non fosse di proprietà di sua proprietà e valorizzando la detenzione esclusiva da parte dello stesso dell ‘ appartamento, accolse la domanda attorea e condannò i convenuti, in solido, al risarcimento dei danni cagionati al COGNOME. La liquidazione del valore dei preziosi, individuati attraverso un ‘ apposita catalogazione, ammontò alla complessiva somma di euro 192.000,00 .
In particolare, il Tribunale considerò il valore dei seguenti beni: orologio n. 69 (valore euro 18.000,00); collier n. 29 (valore
euro 40.000,00), collana di perle n. 3 (valore euro 30.000,00); anello n. 10 (valore euro 4.000,00), orologio n. 30 (valore euro 20.000,00); anello n. 27 (valore euro 3.500,00); spilla n. 6 (valore euro 20.000,00); bracciale n. 15 (valore euro 15.000,00); Orecchini Tiffany n. 16 (valore euro 3.000,00); anello n. 4 (valore euro 13.000,00).
Infine, venne accolta la domanda di manleva spiegata dal RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE.
– Avverso tale sentenza interponeva gravame la RAGIONE_SOCIALE, dolendosi in particolare della violazione delle norme che disciplinano l ‘ onere probatorio in capo all ‘ attore là dove era stato riconosciuto che i gioielli corrispondenti al n. 4 (anello), al n. 6 (spilla), al n. 15 (bracciale) e al n. 16 (orecchini Tiffany) fossero di proprietà dell ‘ attore.
Per il rigetto dell ‘ appello si costituiva NOME COGNOME; si costituivano anche le altre parti, tra cui i RAGIONE_SOCIALE, che spiegavano appello incidentale.
2.1.- La Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza resa pubblica il 14 febbraio 2024, in parziale riforma dell ‘ impugnata sentenza, riduceva l ‘ importo del risarcimento del danno patrimoniale, scomputando dal valore complessivo dei beni sottratti, liquidato dal giudice di primo grado in euro 166.500,00, quello dei preziosi catalogati ai nn. 4, 6, 15 e 16. Sicché, veniva liquidata la somma di euro 134.211,00 (pari al valore complessivo dei beni sottratti, riconosciuti di proprietà dell ‘ appellato, di euro 115.000,00 rivalutato dalla data della perizia a quella della sentenza).
Per l ‘ effetto, la Corte territoriale condannava, in solido, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE con riferimento al rischio del NUMERO_DOCUMENTO e il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, al pagamento, in favore dell ‘ attore delle seguenti somme: il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE fino alla concorrenza di euro 25.000,00; la Compagnia
RAGIONE_SOCIALE, con riferimento al rischio del NUMERO_DOCUMENTO, fino alla concorrenza dell ‘ importo di euro 109.211,00; la RAGIONE_SOCIALE fino a concorrenza di euro 134.211,00; il tutto oltre interessi compensativi dalla data del sinistro sino a quella della liquidazione, nonché interessi legali dal giorno della liquidazione fino al soddisfo.
Il giudice di secondo grado, infine, condannava la RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, in solido fra loro, alla refusione delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio in favore del COGNOME, liquidandole in euro 14.103,00, per il giudizio di primo grado, e in euro 9.991,00, il secondo grado, oltre al rimborso del contributo unificato, 15% rimborso spese forfettarie e accessori di legge.
3.- Per la cassazione di tale sentenza ricorre NOME COGNOME, affidando le sorti dell ‘ impugnazione a quattro motivi.
Resistono con controricorso RAGIONE_SOCIALE con riferimento al rischio del NUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO e RAGIONE_SOCIALE, la quale ha anche proposto ricorso incidentale sulla base di quattro motivi, al quale resiste con controricorso NOME COGNOME.
3.1. -La RAGIONE_SOCIALE ha anche depositato memoria ai sensi dell ‘ art. 380bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Ricorso principale di NOME COGNOME
1.- Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115, 116 c.p.c., 2697, 2727, 2729 c.c., per aver la Corte territoriale escluso l ‘ appartenenza ad esso COGNOME dei preziosi catalogati al n. 4 (anello), al n. 6 (spilla), al n. 15 (bracciale), al n. 16 (orecchini Tiffany), e quindi il diritto al risarcimento del danno derivante dalla loro sottrazione. Il ricorrente eccepisce l ‘ irrilevanza della foggia femminile dei gioielli ai fini dell ‘ accertamento della loro
appartenenza, affermando, altresì, di non averne mai riconosciuto la titolarità in capo alla defunta moglie.
– Con il secondo motivo è dedotta, ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 115, 116 c.p.c., 2697, 485 c.c., per aver la Corte distrettuale detratto il valore dei beni, che ha ritenuto essere appartenuti in vita alla sig.ra NOME COGNOME, dall ‘ importo del risarcimento riconosciuto in favore di esso odierno ricorrente per non aver egli provato la qualità di erede della defunta moglie, deceduta il 30 novembre 2016. Il giudice di merito avrebbe omesso di considerare che esso COGNOME fosse nel possesso dei beni ereditari e che, dunque, avrebbe dovuto essere considerato erede puro e semplice, posto che, in quanto coniuge, era per legge chiamato all ‘ eredità.
Inoltre, il ricorrente, richiamando alcune sentenze di questa Corte (segnatamente: Cass. n. 11018/2008 e Cass. n. 4456/2019), sostiene che il possesso dei beni ereditari non debba manifestarsi in un ‘ attività corrispondente all ‘ esercizio del diritto di proprietà, ma possa esaurirsi in una mera relazione materiale tra i beni e il chiamato, quindi in una relazione di fatto, che consenta l ‘ esercizio di concreti poteri sui beni. Ed ancora, si evidenzia (evocando Cass. n. 15530/2017) che il possesso possa essere conseguito anche dopo l ‘ apertura della successione e che, in ogni caso, risultasse provata la circostanza che egli avesse posseduto l ‘ appartamento, in cui i preziosi erano custoditi, da almeno vent ‘ anni e certamente da almeno due anni dalla notte in cui si consumò l ‘ illecito.
– Con il terzo mezzo è dedotta, ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 2697, 476 c.c., per aver la Corte territoriale escluso dall ‘ importo del risarcimento quello dei beni che si è ritenuto fossero appartenuti in vita alla sig.ra COGNOME, per difetto di prova, da parte dell ‘ odierno ricorrente, della qualità di erede della defunta moglie, nonostante l ‘ azione in giudizio per la perdita di quei
preziosi potesse essere ritenuta un atto di accettazione tacita della eredità. Infatti, l ‘ accettazione potrebbe derivare dall ‘ esplicazione di un ‘ attività personale del chiamato incompatibile con la volontà di rinunciare all ‘ eredità (a tal fine è richiamata Cass. n. 145/2020).
4. – Con il quarto mezzo è denunciata, sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 75, 81, 100 c.p.c., 24 Cost., per aver la Corte territoriale escluso dall ‘ importo risarcitorio quello dei beni che si è ritenuto fossero appartenuti in vita alla sig.ra COGNOME, per non aver agito l ‘ odierno ricorrente anche nella qualità di erede della defunta moglie, allegando e provando la propria legittimazione attiva per essere subentrato nella medesima posizione dell ‘ originario titolare del diritto. Il ricorrente censura l ‘ erroneità di tale statuizione, osservando di non aver fatto valere, iure hereditatis , un diritto di credito già insorto nella sfera giuridica della moglie defunta, bensì un diritto proprio, sorto dopo l ‘ apertura della successione.
Ricorso incidentale di RAGIONE_SOCIALE
5. Con il primo mezzo, rubricato ‘illogica applicazione delle norme inerenti all ‘ onere probatorio in capo all ‘ attore, con particolare riferimento all ‘ art. 2697 c.c., riguardo la proprietà dei beni sottratti’, la RAGIONE_SOCIALE si duole del fatto che il corretto ragionamento, in base al quale la Corte avesse escluso dal risarcimento il valore dei beni catalogati ai nn. 4, 6, 15 e 16, non sia stato applicato anche con riferimento agli altri preziosi sottratti, tutti di foggia femminile e di appartenenza della sig.ra COGNOME, giacché nulla sarebbe stato provato in ordine al passaggio di proprietà per via ereditaria di tali beni.
Si deduce, inoltre, che non siano state argomentate in contraddittorio le incongruenze della relazione di stima, nonché il fatto che solo alcuni pezzi fossero stati riconosciuti dai testi escussi,
senza peraltro indicazioni certe in ordine alla loro presenza nella cassaforte.
Con il secondo mezzo, rubricato ‘Erronea ricostruzione dei fatti, contro le circostanze probatorie e violazione della disciplina di cui all ‘ art. 2043 c.c.: condanna in assenza di colpa per il nudus minister che noleggia una struttura di protezione alla stazione appaltante nell ‘ambito di un appalto pubblico’, la ricorrente incidentale si duole del fatto di essere stata considerata appaltatrice, nonostante i lavori commissionati dal RAGIONE_SOCIALE si fossero già conclusi da diverso tempo, ancorché la struttura fosse stata mantenuta. Sicché, il mantenimento del ponteggio si traduceva solo nel noleggio da parte del committente di una struttura di proprietà dell ‘ RAGIONE_SOCIALE, sulla quale non avrebbero mai dovuto operare maestranze, esaurendosi quindi la prestazione fornita dell ‘ impresa in una mera fornitura di attrezzature.
Si deduce, infine, che il RAGIONE_SOCIALE non avesse mai emesso un ordine di servizio o di lavoro per la posa ed il noleggio del ponteggio di protezione, per cui l ‘ assenza di cautele, atte ad impedire l ‘ uso anomalo del ponteggio, non sarebbe stata imputabile all ‘ impresa, non esistendo alcuna normativa che ne imponesse l ‘ adozione.
Con il terzo motivo, rubricato ‘ errata interpretazione della domanda di manleva svolta dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, accolta ma qualificata come azione di regresso, anche in termini di spese’, la ricorrente incidentale si duole del fatto che il Tribunale, a fronte di una condanna dei convenuti, per responsabilità solidale nei confronti dell ‘ attore, ai sensi dell ‘ art. 2055 c.c., abbia ritenuto di accogliere la manleva con erronea sovrapposizione all ‘ azione di regresso prevista per legge ai sensi della disciplina di cui agli artt. 2055 e 1299 c.c. Si censura, quindi, l ‘ abnormità del provvedimento che ha accolto una domanda che avrebbe dovuto spostare le percentuali di responsabilità indicate
senza riconoscere che tale effetto avesse conseguenze, anche in termini di spese, liquidate senza tener conto dell ‘ accoglimento della domanda di manleva ‘nei limiti eccedenti il 50 per cento, stante l ‘ accertamento di paritaria responsabilità solidale in capo ad entrambi i convenuti’, ovvero senza alcuna condanna del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell ‘ COGNOME.
Con il quarto mezzo, rubricato ‘La carenza di causalità giuridica, l ‘ evitabilità delle conseguenze risarcibili, in forza dell ‘ art. 1223 c.c. ed il concorso di colpa ai sensi dell ‘art. 1227 c.c.’, la RAGIONE_SOCIALE si duole del fatto che la Corte non abbia ritenuto provato il concorso del danneggiato nella causazione del danno. Il giudice di merito avrebbe omesso di valorizzare le rilevanti evidenze, emergenti dai documenti acquisiti nel corso del giudizio, che dimostravano la violazione di comuni regole di diligenza e prudenza da parte del danneggiato. Invero, quest ‘ ultimo – in disparte il fatto che non fosse assicurato – custodiva oggetti preziosi, il cui valore complessivo ammontava asseritamente a euro 1.500.000,00, in una privata abitazione (alla quale avevano accesso terzi non appartenenti al nucleo familiare), posta al primo piano sulla pubblica via, lasciata vuota in un periodo di festività come il capodanno, senza idonei strumenti di protezione e controllo (cassaforte vetusta, non incassata a muro e inserita in un armadio ben visibile; non funzionamento del sistema di allarme; assenza sistema di videosorveglianza dell ‘ appartamento).
La decisione sui ricorsi
– I quattro motivi del ricorso principale vanno esaminati congiuntamente.
Le censure si riferiscono, in effetti, alla medesima questione di diritto, in quanto contestano, sotto differenti profili, la sentenza impugnata nella parte relativa alla determinazione del quantum debeatur , con particolare riferimento all ‘ esclusione risarcimento del
danno patrimoniale in relazione ad alcuni dei beni mobili trafugati, per non esserne stata provata l ‘ appartenenza all ‘ odierno ricorrente.
9.1. – I motivi sono fondati.
9.2. -Anzitutto, giova rammentare il principio, consolidato, secondo cui, nel giudizio volto al risarcimento del danno -che si configura come azione personale, finalizzata alla tutela di un diritto di credito -, non è necessaria la prova rigorosa della titolarità del diritto di proprietà sui beni in relazione ai quali si assume essere stato subito il pregiudizio. Onerare il danneggiato dell ‘ obbligo di fornire una puntuale dimostrazione del diritto di proprietà rispetto a tali beni, si tradurrebbe inevitabilmente in una probatio diabolica . La rigidità dell ‘ onere probatorio sarebbe eccentrica, o comunque ultronea, rispetto allo scopo di tutela cui tende il giudizio risarcitorio, finalizzato all ‘ accertamento di un illecito, al quale sia conseguito un danno ingiusto.
Infatti, diversamente dall ‘ azione reale, in cui è centrale l ‘ accertamento del diritto di proprietà o di altro diritto reale, nell ‘ ambito dell ‘ azione promossa per far valere il diritto al risarcimento del danno in conseguenza di un illecito, tale accertamento è solo strumentale ad individuare nel titolare del bene l ‘ avente diritto al risarcimento (Cass. n. 14650/2011).
Ne consegue che, ai fini di tale accertamento, il giudice può fondare il proprio convincimento anche su elementi di carattere documentale o presuntivo, dai quali emerga, secondo un criterio di ragionevole probabilità, la riconducibilità del danno lamentato al soggetto che assume di averlo patito (cfr. Cass. n. 15233/2007; Cass. n. 14458/2011; Cass. n. 18841/2016; Cass. n. 2203/2024).
Tale impostazione risponde anche all ‘ esigenza di evitare un formalismo eccessivo nell ‘ accertamento della legittimazione attiva nell ‘ ambito del giudizio risarcitorio, in cui il regime probatorio già si connota per un ‘ intrinseca complessità, determinata dall ‘ onere di dimostrare gli elementi costitutivi dell ‘ illecito, segnatamente il
danno-evento, il danno-conseguenza, la loro correlazione causale nonché l ‘ elemento soggettivo in capo al danneggiante.
Sicché, qualora si elidesse il carattere solo strumentale dell ‘ accertamento in ordine alla titolarità del bene in relazione al quale venga lamentato un danno patrimoniale subito in conseguenza di un fatto illecito, sfumerebbero le differenze che connotano la disciplina del riparto dell ‘ onere della prova tra azione di accertamento del diritto di proprietà e azione risarcitoria.
Si aggiungerebbe, peraltro, al regime dell ‘ onere della prova un ulteriore elemento di complessità, non necessario allo scopo e potenzialmente persino controproducente. Tale modifica, infatti, potrebbe determinare conseguenze pregiudizievoli per i soggetti che si dichiarino danneggiati, sui quali graverebbe un onere probatorio eccessivamente gravoso, con il rischio di compromettere, in ultima analisi, la garanzia di una tutela piena ed effettiva nei confronti del danneggiato vittima di un illecito.
9.3. – Nel caso di specie, la Corte territoriale ha disatteso tali principi escludendo il diritto al risarcimento del danno in capo all ‘ odierno ricorrente in relazione alla sottrazione di alcuni beni.
Tale decisione si è basata sulla mancata dimostrazione, da parte del ricorrente, della titolarità sui beni in questione, assumendo che, essendo appartenuti alla defunta moglie -deceduta due anni prima dell ‘ illecito -fosse a lui necessario provare l ‘ acquisto per via ereditaria e, in ogni caso, agire in giudizio nella qualità di erede.
In disparte l ‘ erroneità di tale ultima affermazione -atteso che la legittimazione processuale iure hereditatis può essere esercitata solo in relazione a diritti già sorti in capo al de cuius quando era ancora in vita, circostanza evidentemente estranea al caso di specie -, assume rilievo assorbente la considerazione per cui il mancato assolvimento dell ‘ onere probatorio relativo all ‘ acquisto iure hereditatis della titolarità dei beni preziosi non
costituisce una circostanza dirimente, tale da giustificare il diniego del diritto al risarcimento del danno, subito dall ‘ odierno ricorrente a causa della sottrazione dei medesimi beni.
La carenza di decisività della mancata prova dell ‘ acquisto per successione ereditaria, così come della foggia femminile dei preziosi, di cui si discute, è rivelata ancor più da altri elementi certamente significativi, come la detenzione e la custodia dei preziosi presso l ‘ abitazione del COGNOME, nonché la circostanza che quest ‘ ultimo rivestisse per legge la qualifica di chiamato all ‘ eredità della defunta moglie, alla quale i suddetti beni erano appartenuti in vita.
La sentenza è dunque, in parte qua , viziata e va cassata.
-Le argomentazioni che sono a sostegno dell ‘ accoglimento del ricorso principale consentono di ritenere infondato il primo motivo del ricorso incidentale di RAGIONE_SOCIALE, che contesta la proprietà dei beni oggetti del furto in danno dell ‘ attore.
10.1. -Il secondo motivo del ricorso incidentale è inammissibile, prima ancora che infondato.
Infatti, il motivo mira ad aggredire la ricostruzione della vicenda materiale effettuata dal giudice di merito, come si apprende già dalla sua rubrica, al fine di ottenere una rivalutazione dei fatti, non consentita in questa sede.
In ogni caso, la doglianza è manifestamente infondata, posto che, secondo un consolidato orientamento di questa Corte, l ‘ omessa adozione da parte del proprietario di un ‘ impalcatura di adeguate misure di sicurezza e protezione, funzionali a prevenire il rischio di un uso improprio della stessa da parte di soggetti estranei, ne determina la responsabilità ai sensi dell ‘ art. 2043 c.c. per i danni subiti da terzi, ove il rischio che la cautele omesse miravano a prevenire si attualizzi ( tra le molte Cass. n. 539/1979; Cass. n. 5840/1991; Cass. n. 15492/2008; Cass. n. 19399/2016; Cass. n. 15176/2017).
In questa prospettiva si è affermato, già in epoca risalente (Cass. n. 539/1979), che in tema di responsabilità civile per i danni subiti dall ‘ abitante un appartamento a causa di un furto consumato da persona introdottesi nell ‘ appartamento stesso attraverso una contigua impalcatura edile, dev ‘ essere affermata la responsabilità, ex art. 2043 c.c., del proprietario dell ‘ impalcatura che, trascurando le più elementari norme di diligenza e di perizia e violando, quindi, il principio del neminem laedere , abbia colposamente creato un agevole accesso ai ladri, determinando così, con nesso causale diretto, il compimento dell ‘ attività delittuosa e ponendo in essere le condizioni del verificarsi del danno.
L ‘ installazione e/o il mantenimento di un ‘ impalcatura fonda, quindi, uno specifico obbligo di prevenzione dei rischi in capo al soggetto che la gestisce, soprattutto quando essa sia collocata in prossimità di proprietà altrui. Comuni regole di esperienza, infatti, evidenziano come tale struttura possa agevolare l ‘ introduzione illecita all ‘ interno di abitazioni adiacenti o sovrastanti. L ‘ inosservanza di tale obbligo determina la responsabilità per i danni derivanti da fatti di terzi che, pur non essendo direttamente riconducibili al proprietario della struttura, sono comunque resi possibili dalla sua condotta omissiva.
10.2. – Il terzo motivo del ricorso incidentale è infondato.
Anzitutto, l ‘ applicazione del principio iura novit curia , previsto dall ‘ art. 113, comma primo, c.p.c., consente al giudice di attribuire una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in giudizio, nonché all ‘ azione esercitata, individuando d ‘ ufficio le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame. Il giudice può pertanto fondare la propria decisione su principi di diritto diversi da quelli, eventualmente errati, richiamati dalle parti.
Tale potere interpretativo incontra tuttavia un limite nel principio del divieto di ultra o extra petita , previsto dall ‘ art. 112
c.p.c., in forza del quale è precluso al giudice pronunciarsi oltre i limiti della domanda o delle eccezioni sollevate dalle parti, modificando i fatti costitutivi o estintivi della pretesa, decidendo su questioni estranee al thema decidendum e non rilevabili d ‘ ufficio, ovvero attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello domandato (Cass. n. 4977/2023).
Nel caso di specie, non è dato ravvisare alcuna violazione del suddetto principio.
Infatti, la Corte territoriale, nel ritenere sussistente, in applicazione dell ‘ art. 2055 c.c., il vincolo di responsabilità solidale tra il RAGIONE_SOCIALE e la ditta appaltatrice dei lavori, confermava sul punto la decisione di primo grado, in cui, a seguito della richiesta avanzata dal RAGIONE_SOCIALE e dalle sue compagnie assicuratrici (cfr. pag. 8 della motivazione della sentenza di primo grado), era stata ravvisata la corresponsabilità del RAGIONE_SOCIALE e dell ‘ odierna ricorrente incidentale, le cui condotte avevano concorso ‘in misura paritaria’ alla produzione del danno.
Dall ‘affermazione di tali responsabilità ‘in misura paritaria’, traspare che il Tribunale, prima, e la Corte d’a ppello, poi, abbiano correttamente ritenuto che l ‘ accoglimento della domanda di manleva non potesse che intendersi limitato alla quota di responsabilità della RAGIONE_SOCIALE, corrispondente alla metà dell ‘ ammontare del risarcimento riconosciuto in favore del danneggiato.
10.3. -Il quarto motivo del ricorso incidentale è inammissibile.
Il giudice di appello non è incorso in alcun travisamento dell ‘ art. 1227 c.c., norma della quale è stata esclusa l ‘ applicabilità sulla base di una motivazione ampia, coerente e logicamente strutturata (cfr. p. 17 della sentenza impugnata).
La decisione risulta fondata su un apprezzamento giustificato, da un lato, dal mancato assolvimento, da parte dei convenuti,
dell ‘ onere probatorio in ordine alla sussistenza di un concorso colposo del danneggiato nella produzione del danno e, dall ‘ altro, dalla rilevata osservanza, da parte di quest ‘ ultimo, delle cautele esigibili, avendo egli provveduto a custodire i beni all ‘ interno di un ‘ idonea cassaforte.
Per contro, la ricorrente incidentale intende sollecitare una rivisitazione dei fatti accertati e valutati dalla Corte territoriale, censurando la valutazione di merito -come tale insindacabile in questa sede – da essa svolta nel ritenere irrilevanti gli elementi evidenziati dall ‘ appellante ai fini dell ‘ applicazione della disciplina sul concorso del danneggiato nella causazione del danno.
Conclusioni
11. – Il ricorso principale di NOME COGNOME va accolto, mentre va rigettato il ricorso incidentale della RAGIONE_SOCIALE
La sentenza impugnata deve, dunque, essere cassata in relazione al ricorso accolto e la causa rinviata alla Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione, la quale deciderà il merito dell’appello attenendosi , nella sua delibazione, ai principi sopra enunciati e provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso principale di NOME COGNOME e rigetta il ricorso incidentale della RAGIONE_SOCIALE;
cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 , comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 , della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale , dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 1° ottobre 2025. Il Presidente
NOME COGNOME