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Risarcimento per denuncia: la prova del dolo è decisiva

Un professionista ha citato in giudizio un ingegnere per ottenere un risarcimento danni a seguito di una denuncia penale, poi archiviata, presentata nei suoi confronti. La richiesta di risarcimento per denuncia è stata respinta in tutti i gradi di giudizio. La Corte di Cassazione ha confermato che, per configurare una denuncia calunniosa e ottenere il risarcimento, non è sufficiente la sua archiviazione, ma è indispensabile dimostrare il dolo del denunciante, ovvero la sua piena e consapevole certezza dell’innocenza della persona accusata. La mancanza di questa prova rende la domanda risarcitoria infondata.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Risarcimento per denuncia: non basta l’archiviazione, serve la prova del dolo

L’archiviazione di una denuncia penale non apre automaticamente le porte a una richiesta di risarcimento per denuncia. Chi si sente ingiustamente accusato e vuole ottenere un indennizzo deve affrontare un percorso probatorio complesso. Con la recente Ordinanza n. 162/2024, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: per configurare una responsabilità da denuncia calunniosa, è necessario dimostrare in modo inequivocabile il dolo del denunciante, ossia la sua piena consapevolezza dell’innocenza dell’accusato. Approfondiamo questa importante decisione.

I Fatti: Dalla Segnalazione alla Causa Civile

La vicenda ha origine quando un consulente esterno di un Comune, nell’esaminare pratiche edilizie post-sisma, rileva presunte irregolarità in un fabbricato. Nella sua relazione al Sindaco, individua un ingegnere come direttore dei lavori, basandosi sulla documentazione presente agli atti.

L’ingegnere, sostenendo di non aver mai ricoperto l’incarico per i lavori strutturali, presenta una denuncia penale contro il consulente per falso, abuso d’ufficio e diffamazione. Il procedimento penale si conclude, però, con un’archiviazione per mancanza di elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio.

A questo punto, il consulente avvia una causa civile, chiedendo all’ingegnere un cospicuo risarcimento per denuncia, ritenuta calunniosa e dannosa.

La Decisione dei Giudici di Merito: Nessun Risarcimento Senza Prova del Dolo

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello respingono la domanda del consulente. I giudici sottolineano un aspetto cruciale del reato di calunnia: la necessità dell’elemento psicologico del dolo. Non è sufficiente che l’accusa si riveli infondata; per ottenere un risarcimento, l’attore deve provare che il denunciante ha agito con la piena consapevolezza che la persona accusata fosse innocente.

Secondo le corti, un’azione dettata da leggerezza, errore o avventatezza (colpa) non è sufficiente a integrare la calunnia. Nel caso di specie, non è stata fornita la prova che l’ingegnere, nel presentare la sua denuncia, fosse assolutamente certo dell’innocenza del consulente.

Il Ricorso in Cassazione e la centralità del dolo nel risarcimento per denuncia

Il consulente non si arrende e ricorre in Cassazione, lamentando una cattiva valutazione delle prove documentali e testimoniali da parte dei giudici di merito. A suo dire, i documenti dimostravano chiaramente il ruolo dell’ingegnere come direttore dei lavori, rendendo la sua denuncia palesemente strumentale e calunniosa.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, confermando le decisioni precedenti. Gli Ermellini chiariscono diversi punti fondamentali:

1. La Prova del Dolo è la Chiave: Il cuore della questione (ratio decidendi) non è stabilire se l’ingegnere fosse o meno il direttore dei lavori, ma se, nel momento in cui ha sporto denuncia, avesse la piena consapevolezza di accusare un innocente. La Corte d’Appello ha correttamente rigettato la domanda risarcitoria per la mancata dimostrazione di questo specifico stato psicologico. Anche se si fosse provato il ruolo di direttore lavori, ciò non avrebbe automaticamente dimostrato il dolo di calunnia.
2. I Limiti del Giudizio di Cassazione: Il ricorso si traduceva in un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, un’attività preclusa alla Corte di Cassazione, che è giudice di legittimità e non di merito.
3. L’Irrilevanza della Semplice Archiviazione: L’archiviazione penale, basata sulla mancanza di prove sufficienti per sostenere l’accusa, non equivale a una dichiarazione di calunniosità della denuncia originaria. Le due valutazioni operano su piani diversi.

Le Conclusioni

Questa ordinanza è un monito importante per chiunque intenda intraprendere un’azione di risarcimento per denuncia archiviata. La strada per ottenere giustizia non è automatica. La giurisprudenza consolidata, qui ribadita, richiede una prova rigorosa e specifica: quella del dolo qualificato. Bisogna dimostrare che il denunciante non ha semplicemente commesso un errore di valutazione, ma ha agito con la precisa e cosciente volontà di accusare una persona che sapeva essere innocente. Senza questa prova, la richiesta di risarcimento è destinata a fallire.

La semplice archiviazione di una denuncia penale dà automaticamente diritto a un risarcimento del danno?
No. Secondo la Corte, l’archiviazione della denuncia non è sufficiente per ottenere un risarcimento. È necessario dimostrare che la denuncia era calunniosa, provando l’elemento psicologico del dolo in capo al denunciante.

Cosa bisogna dimostrare per ottenere un risarcimento per una denuncia ritenuta calunniosa?
È indispensabile dimostrare il dolo del denunciante, inteso come la sua piena e assoluta consapevolezza dell’innocenza della persona accusata. Non è sufficiente provare che abbia agito con colpa, cioè per leggerezza, errore o mancanza di riflessione.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove (documenti e testimoni) fatta dai giudici di merito?
No, di norma non è possibile. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Non può effettuare una nuova valutazione delle prove, ma solo verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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