Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25388 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25388 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9530/2024 R.G. proposto da : COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE domiciliato digitalmente per legge – ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, domiciliati digitalmente per legge
– controricorrente –
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA n. 203/2024 depositata il 10/02/2024.
Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 5/05/2025, dal Consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, a seguito dell’instaurazione di un procedimento penale nei suoi confronti per il reato previsto e punito dagli artt. 110 c.p. e 55 comma 1 d.lgs. n. 231 del 2007, con l’imputazione di avere trasferito denaro contante di importo pari a 3.000,00, in concorso con Quajouat Malika, quale titolare di un punto Money transfer utilizzando un documento di identità non appartenente alla RAGIONE_SOCIALE Malika e della conseguente assoluzione dopo il dibattimento, convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Teramo, NOME COGNOME, al fine di ottenerne il risarcimento dei danni per il delitto di calunnia, in quanto il detto procedimento penale era instaurato nei suoi confronti dalla Procura della Repubblica di Teramo sulla base delle dichiarazioni rese dalla COGNOME.
La domanda risarcitoria, nel contraddittorio con la COGNOME, venne rigettata dal Tribunale di Teramo.
COGNOME propose appello e la Corte territoriale di l’Aquila, nel ricostituito contraddittorio con la COGNOME, che aveva chiesto la condanna del COGNOME ai sensi dell’art. 96 c.p.c., ha rigettato l’impugnazione, con sentenza n. 203 del 10/02/2024 .
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi NOME COGNOME
NOME COGNOME ha risposto con controricorso.
Il ricorso è stato fatto oggetto di proposta di definizione anticipata di manifesta inammissibilità.
NOME COGNOME ha chiesto la trattazione in forma ordinaria che è stata disposta nelle forme dell’adunanza camerale .
Il Procuratore generale non ha presentato conclusioni.
Il ricorrente e la controricorrente hanno depositato memoria per l’adunanza camerale del 5/05/2025 , alla quale il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso:
I. Il primo motivo contesta la violazione e (o) falsa applicazione degli artt. 112, 115, 132 e ss. c.p.c., 118 disp. att. cpc in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 nullità della sentenza per motivazione meramente apparente, per intima contraddizione nei suoi passaggi e segnatamente di quanto risultante alle pagg. 7 e 8 e ivi al punto 19.
II. Il secondo motivo, premesse le ragioni per escludere nel caso in esame una ipotesi di doppia conforme, lamenta la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 5 di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ovvero l’avere, la denunciante NOME COGNOME riferito alla polizia tributaria, contrariamente a quanto verrà in seguito accertato all’esito del procedimento penale celebratosi nei confronti d i NOME COGNOME di non avere avuto alcun rapp orto con quest’ultimo, di non essere mai entrata nel suo ufficio, di non avere mai ordinato un trasferimento di fondi all’estero e di non avere consegnato allo stesso il suo documento di riconoscimento, con ciò determinando il suo rinvio a giudizio.
La proposta di definizione accelerata è del seguente testuale tenore:
«Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo è inammissibile, avendo il ricorrente argomentato la violazione della norma di cui all’art. 132 n. 4 c.p.c. attraverso il confronto della congruità della motivazione censurata con elementi tratti aliunde rispetto al solo testo elaborato dalla corte territoriale, in tal modo ponendosi in contrasto con i criteri sul punto indicati dalla giurisprudenza di legittimità in ordine ai limiti di rilevabilità del carattere illogico o apparente della motivazione (cfr. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 -01; Sez. U, Sentenza n. 8054 del 07/04/2014, Rv. 629833 – 01).
Il secondo motivo è inammissibile, atteso che -ferma l’assorbente ragione consistente nella violazione dell’art. 348-ter c.p.c., non essendo consentita, in sede di legittimità, la denuncia del vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. a fronte di una c.d. doppia decisione conforme di merito (come quelle emesse nel corso del presente giudizio, in contrasto con quanto diversamente argomentato dal ricorrente) lo stesso risulta diretto a censurare, non già l’omissione rilevante ai fini dell’art. 360 n. 5 c.p.c., bensì la congruità del complessivo risultato della valutazione operata nella sentenza impugnata con riguardo all’intero materiale probatorio, che, viceversa, il giudice a quo risulta aver elaborato in modo completo ed esauriente, sulla scorta di un discorso giustificativo dotato di adeguata coerenza logica e linearità argomentativa, senza incorrere in alcuno dei gravi vizi d’indole logico -giuridica unicamente rilevanti in questa sede.».
Entrambi i motivi, come già ritenuto in sede di proposta di definizione accelerata, sono inammissibili, in quanto non rispondono ai criteri per ritenere la motivazione inesistente, escluso che possa ancora predicarsi la contraddittorietà della motivazione secondo la superata tipologia di vizi di cui all’art. 360, comma primo, n. 5 codice di rito previgente alla riforma di cui all’art. 54, comma 1, lett. b) del d.l. n. 83 del 22/06/2012, convertito con modificazioni nella legge n. 134 del 7/08/2012 e dovendo nel sistema vigente la motivazione essere rispondente al c.d. minimo costituzionale, come enucleato dalla giurisprudenza nomofilattica di questa Corte (a partire da Sez. u n. 8053 del 7/04/2014 Rv. 629830-01 e più di recente Cass. n. 7090 del 3/03/2022 Rv. 664120-01)
Entrambi i motivi, in ogni caso, non si rapportano adeguatamente al vizio di cui al n. 5 dell’art. 360, primo comma, c.p.c. nella formulazione attuale perché non deducono l’omesso esame di un singolo fatto, da intendere in senso naturalistico, ma prospettano censure complessive in fatto all’ intero impianto
motivazionale, specie laddove i giudici di merito hanno escluso che in capo alla COGNOME fosse riscontrabile il dolo di calunnia.
In breve risulta indimostrato, in sede civile, che la COGNOME abbia agito con l’intento di accusare ingiustamente il Di COGNOME, risultando, peraltro, accertato che il procedimento di accertamento delle infrazioni valutarie prese le mosse d’ufficio cosicché alla COGNOME non risulta adeguatamente ascrivibile un intento calunniatorio poiché l’attività del pubblico ministero titolare dell’azione penale si sovrappone all’iniziativa della stessa, interrompendo ogni nesso causale tra denuncia calunniosa e danno eventualmente subito dal denunciato COGNOME (Cass. n. 13093 del 13/05/2024 Rv. 670920 -01; Cass. n. 1542 del 26/01/2010 Rv. 611173 – 01).
Il ricorso è, pertanto, inammissibile.
Le spese di lite seguono la soccombenza del Di COGNOME nei confronti della COGNOME e, inoltre, venendo in oggetto una pronuncia assolutamente conforme all’originaria proposta di definizione accelerata, ai sensi dell’art. 380 bis , comma 3, cod. proc. civ., lo stesso ricorrente deve essere ritenuto responsabile ai sensi dell’art. 96, commi terzo e quarto, codice di rito, con liquidazione delle spese di lite e delle ulteriori somme per i detti titoli come in dispositivo (sull’applicabilità dell’art. 96, commi terzo e quarto c.p.c. si veda Sez. U n. 10955 del 23/04/2024 Rv. 670894 – 01).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge; nonché al pagamento della somma di euro 700,00 per art. 96, terzo comma, c.p.c. e di euro 500,00 in favore della Cassa delle ammende ai sensi dell’art. 96, quarto comma, c.p.c .
A i sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, sezione III civile, in data 5/05/2025.
Il Presidente NOME COGNOME