Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9613 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 9613 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso 20157-2018 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO COGNOME, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco pro tempore , domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonchè contro
ASSESSORATO REGIONALE DEL LAVORO, DIPARTIMENTO LAVORO, SERVIZIO RAGIONE_SOCIALE UFFICIO PROVINCIALE DEL LAVORO DI RAGUSA;
– intimato –
avverso la sentenza n. 52/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 02/02/2018 R.G.N. 994/2014;
R.G.N. 20157/2018
COGNOME.
Rep.
Ud. 08/02/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/02/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO
-che, con sentenza del 2 febbraio 2018, la Corte d’Appello di Catania, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Catania, accoglieva, limitatamente al periodo 1° marzo-21 aprile 2009, la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti del Comune RAGIONE_SOCIALE e dell’RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto la condanna in solido delle amministrazioni resistenti al risarcimento del danno patrimoniale da mancato guadagno rappresentato dalle retribuzioni che avrebbe percepito in relazione al periodo compreso tra il 25.2 ed il 16.11.2009, data in cui, a seguito di ordinanza cautelare, l’istante veniva assunto quale ‘operatore specializzato addetto alla manutenzione’ in luogo di NOME COGNOME, a sua volta assunto con tale qualifica dallo stesso Comune il 25.2.2009 , in violazione del diritto dell’istante ;
-che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver e questa ritenuto l’imputabilità al solo RAGIONE_SOCIALE di un errore non scusabile, dato da un esame superficiale ed approssimativo della documentazione prodotta dall’istante all’atto della sua iscrizione nelle liste per l’avvio al lavoro de i disabili e, perciò, fonte di danno risarcibile per il periodo compreso tra il 1.3.2009, data in cui lo Sfarzetto era stato assunto dal Comune, ed il 21.4.2009, operando, ex art. 1227 c.c., il limite del concorso di colpa, essendosi l’istante volontariamente dimesso solo dopo una settimana dalla data del 21.4.2009, in cui era stato assunto da una ditta privata;
-che per la cassazione di tale decisione ricorre il COGNOME, affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, il Comune di RAGIONE_SOCIALE;
-che entrambe le parti hanno poi depositato memoria.
CONSIDERATO
-che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione della l. n. 68/1999, della l. R. n. 24/2000 e del Decreto Assessoriale n. 10349/2001, lamenta la non conformità a diritto della pronunzia della Corte territoriale in ordine alla ritenuta legittimazione passiva del Comune di RAGIONE_SOCIALE o, comunque, alla non riferibilità all’Ente medesimo della responsabilità del ritardo nell’assunzione;
-che, con il secondo motivo, denunciando il vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione e di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, il ricorrente imputa alla Corte territoriale il travisamento dei fatti, avendo disconosciuto il rilievo centrale che nella vicenda assume il ‘vuoto lavorativo’ di nove mesi per dare rilievo ad un presunto concorso di colpa conseguente alle rassegnate dimissioni dalla ditta privata che lo aveva assunto, dimissioni cui afferma essere stato costretto per la gravosità dell’impegno;
-che il primo motivo si rivela inammissibile perché le considerazioni esposte in merito all’asserita prevalenza della normativa statale rispetto a quella regionale non sono idonee a scalfire il decisum della sentenza impugnata secondo cui «l’individuazione del soggetto da avviare al lavoro compete in via esclusiva all’RAGIONE_SOCIALE» ;
-il ricorrente, nell’invocare il principio di cedevolezza della legislazione regionale difforme da quella statale, si limita a richiamare l’art. 9 della legge n. 68 del 1999, concernente l’obbligo posto a carico del datore di lavoro di presentare
all’ufficio competente la richiesta di assunzione, obbligo che non interferisce affatto con la disciplina regionale richiamata dalla Corte territoriale a fondamento della decisione, secondo cui «l’attuazione delle procedure per il collocamento e l’inserime nto lavorativo dei disabili è demandata agli uffici del lavoro…», disciplina che risulta emanata nel rispetto dell’art. 6 della citata legge n. 68 del 1999, al quale il ricorso non fa cenno, che demanda agli « organismi individuati dalle regioni ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, di seguito denominati “uffici competenti”» di provvedere «in raccordo con i servizi sociali, sanitari, educativi e formativi del territorio, secondo le specifiche competenze loro attribuite, alla programmazione, all’attuazione, alla verifica degli interventi volti a favorire l’inserimento dei soggetti di cui alla presente legge nonché all’avviamento lavorativo, alla tenuta delle liste, al rilascio delle autorizzazioni, degli esoneri e delle compensazioni territoriali, alla stipula delle convenzioni e all’attuazione del collocamento mirato»;
-che parimenti inammissibile risulta il secondo motivo, atteso che il ricorrente, da un lato, nel richiamare la giurisprudenza di questa Corte sulle conseguenze del mancato avviamento al lavoro, non si confronta con la ratio decidendi della pronuncia gravata che quei principi non ha disatteso, bensì applicato, sia pure riducendo l’ammontare del risarcimento del danno ex art. 1227 cod. civ., in ragione del concorso di colpa del danneggiato; dall’altro, nel sostenere che le dimissioni non sarebbero dipese da una libera scelta, bensì dalla gravosità del lavoro al quale era stato assegnato, sollecita un giudizio di fatto, non consentito in sede di legittimità, ed inoltre inammissibilmente denuncia l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oltre i limi ti
fissati da Cass. S.U. n. 8053/2014 e non assolvendo agli oneri formali indicati dalla richiamata pronuncia;
-che il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile, potendosi così questo Collegio esimere dal disporre la rinnovazione della notifica, irritualmente effettuata all’Avvocatura Distrettuale e non, come dovuto, all’Avvocatura Generale dello Stato
-che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore del Comune di RAGIONE_SOCIALE che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 3.500,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’8.2.2024.