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Risarcimento mancata assunzione: limiti e colpa

Un lavoratore ha agito in giudizio per ottenere il risarcimento del danno da mancata assunzione da parte di un ente pubblico. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9613/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso del lavoratore, confermando la decisione di merito che aveva ridotto l’ammontare del risarcimento per il suo concorso di colpa, derivante dalle dimissioni volontarie da un altro impiego. La Corte ha ribadito che la valutazione del concorso di colpa è un giudizio di fatto non sindacabile in sede di legittimità e ha confermato la competenza esclusiva dell’Ufficio del Lavoro nell’individuazione dei soggetti da avviare all’impiego.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Risarcimento Mancata Assunzione: il Concorso di Colpa del Lavoratore

Il tema del risarcimento mancata assunzione è cruciale nel diritto del lavoro, specialmente quando un lavoratore perde un’opportunità a causa di errori della pubblica amministrazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 9613/2024) offre spunti fondamentali sui limiti di tale risarcimento, in particolare quando il comportamento dello stesso lavoratore incide sull’entità del danno subito. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Un lavoratore, iscritto nelle liste per l’avvio al lavoro dei disabili, citava in giudizio un Comune e l’Assessorato Regionale del Lavoro per ottenere il risarcimento del danno patrimoniale. Il danno consisteva nella perdita delle retribuzioni che avrebbe percepito se fosse stato assunto correttamente, invece di un’altra persona chiamata in violazione del suo diritto.

La Corte d’Appello, in parziale riforma della decisione di primo grado, riconosceva il diritto del lavoratore al risarcimento, ma limitava il periodo indennizzabile. La ragione di tale limitazione risiedeva nel cosiddetto “concorso di colpa” del lavoratore stesso. Questi, infatti, dopo essere stato assunto da un’azienda privata, si era dimesso volontariamente dopo solo una settimana. Secondo i giudici di merito, tale condotta aveva contribuito a determinare il danno da mancato guadagno, giustificando una riduzione del risarcimento ai sensi dell’art. 1227 del codice civile.

La Decisione della Corte di Cassazione

Il lavoratore proponeva ricorso in Cassazione, contestando due aspetti principali della sentenza d’appello:
1. La mancata attribuzione di responsabilità anche al Comune, oltre che all’Ufficio Provinciale del Lavoro.
2. L’errata valutazione delle sue dimissioni come concorso di colpa, sostenendo di essere stato costretto a lasciare il lavoro privato a causa della sua gravosità.

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte, confermando di fatto la decisione della Corte d’Appello e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Le Motivazioni della Sentenza sul risarcimento mancata assunzione

L’ordinanza della Suprema Corte si fonda su argomentazioni precise e rigorose, che chiariscono i limiti del sindacato di legittimità.

Il primo motivo di ricorso, relativo alla responsabilità del Comune, è stato ritenuto inammissibile perché le argomentazioni del lavoratore non scalfivano il nucleo centrale della decisione impugnata (la ratio decidendi). La Corte d’Appello aveva correttamente stabilito che, in base alla normativa regionale e nazionale (Legge 68/1999), l’individuazione del soggetto da avviare al lavoro compete in via esclusiva all’Ufficio Provinciale del Lavoro. Il ricorso non ha saputo contrapporre a questo principio argomenti giuridici idonei a metterlo in discussione.

Anche il secondo motivo, cuore della controversia, è stato dichiarato inammissibile. La Cassazione ha ricordato che la valutazione circa l’esistenza di un concorso di colpa del danneggiato è un giudizio di fatto, riservato esclusivamente al giudice di merito. Sostenere che le dimissioni non fossero una libera scelta ma una necessità dovuta alla pesantezza del lavoro equivale a chiedere alla Suprema Corte una nuova valutazione delle prove, attività che esula dalle sue competenze. Inoltre, il ricorso non rispettava i rigidi oneri formali richiesti dalla giurisprudenza (in particolare dalla sentenza a Sezioni Unite n. 8053/2014) per denunciare l’omesso esame di un fatto decisivo.

Le Conclusioni

La pronuncia in esame offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, ribadisce che la responsabilità per la mancata o errata assunzione tramite le liste di collocamento obbligatorio ricade primariamente sugli uffici competenti all’avviamento, e non necessariamente sul datore di lavoro pubblico che si attiene alle loro indicazioni. In secondo luogo, e con maggiore impatto, chiarisce che il comportamento del lavoratore successivo alla mancata assunzione può avere conseguenze dirette sull’entità del risarcimento mancata assunzione. La decisione di dimettersi da un altro impiego, se non adeguatamente giustificata in sede di merito come una scelta necessitata e non volontaria, può essere legittimamente interpretata come un concorso di colpa che riduce l’importo del danno risarcibile.

Chi è responsabile se un lavoratore iscritto alle liste protette non viene assunto correttamente da un ente pubblico?
Secondo la decisione, la responsabilità per l’individuazione del soggetto da avviare al lavoro compete in via esclusiva all’Ufficio Provinciale del Lavoro, come stabilito dalla normativa di settore. Pertanto, l’errore nell’avviamento è imputabile a tale ufficio.

Le dimissioni volontarie da un altro lavoro possono ridurre il risarcimento per mancata assunzione?
Sì. La Corte ha confermato che le dimissioni volontarie da un altro impiego possono essere considerate un concorso di colpa del lavoratore ai sensi dell’art. 1227 c.c., portando a una riduzione dell’importo del risarcimento del danno per il mancato guadagno.

Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso del lavoratore?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi presentati non erano idonei a criticare la base giuridica della decisione precedente e, in particolare, perché la valutazione del concorso di colpa è un giudizio sui fatti, che non può essere riesaminato in sede di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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