Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4894 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 4894 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/02/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 9924/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE per procura a margine del ricorso,
-ricorrente-
contro
COGNOME e COGNOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, che li rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente agli avvocati
NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) ed NOME COGNOME (CODICE_FISCALE per procura in calce al controricorso, -controricorrenti- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di GENOVA n.1404/2018 depositata il 19.9.2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16.1.2025 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del 1996 COGNOME NOME, proprietario del fabbricato con annesso terreno sito in Zoagli (GE), INDIRIZZO, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Chiavari Gneis NOME e COGNOME NOME, proprietari del fondo confinante, lamentando che i predetti avevano demolito la copertura in tegole e la parte superiore della baracca esistente sul loro fondo, realizzando un manufatto di maggiori dimensioni, e chiedeva di accertare la violazione delle norme urbanistiche e sulle distanze legali dal confine prescritte dal PRG del Comune di Zoagli e di condannarli al ripristino dello stato dei luoghi mediante demolizione delle opere illegittimamente eseguite, nonché al risarcimento dei danni correlati.
Si costituivano COGNOME NOME e COGNOME NOME, che chiedevano il rigetto delle domande del COGNOME, ed in via riconvenzionale l’accertamento delle violazioni delle distanze legali dal medesimo compiute.
Nel corso del giudizio COGNOME NOME e COGNOME NOME procedevano altresì all’apertura su una parete realizzata in ampliamento sul lato ovest del fabbricato, prospiciente la proprietà Passalacqua, di una finestra, che distava m 2,13 dal giardino del Passalacqua ad
un’altezza di m 1,20, ed il 27.3.1998 vendevano il loro immobile a COGNOME NOME e COGNOME NOME
Respinta la richiesta del COGNOME di autorizzazione alla chiamata in causa degli acquirenti del fondo confinante, ed espletata CTU dal geom. NOME COGNOME il Tribunale di Chiavari con la sentenza n. 584/2003, accertava che nel fabbricato di COGNOME NOME e COGNOME NOME erano stati realizzati degli ampliamenti planovolumetrici sul lato nord (della larghezza di ml 1,05) e sul lato sud (della larghezza di ml 0,23) ed una sopraelevazione di circa ml 0,63, che l’ampliamento sul lato nord distava dal confine m 2,13 e l’ampliamento sul lato sud distava m 1,15 dal confine, mentre la sopraelevazione aveva una distanza dal confine variabile tra m 2,13 e m 2,15, a fronte di una distanza dal confine prevista dal PRG del Comune di Zoagli di sei metri, e sulla base della transazione intervenuta tra le parti il 30.9.2002, dichiarava cessata la materia del contendere relativamente alle altre domande avanzate dalle parti.
Passata in giudicato la sentenza del Tribunale di Chiavari n.584/2003, COGNOME NOME conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Chiavari COGNOME NOME e COGNOME NOME, quali aventi causa di COGNOME NOME e COGNOME NOME, chiedendo la condanna degli stessi alla demolizione delle opere eseguite in violazione delle distanze legali, come accertato dalla suddetta sentenza, nonché al risarcimento dei danni determinati dal minor godimento del fondo, del danno morale e di ogni altro danno subito in conseguenza della realizzazione delle opere in violazione delle distanze legali, ed in subordine, nel denegato caso in cui fosse ritenuto applicabile l’art. 2058 cod. civ., la condanna dei convenuti alla reintegrazione in forma specifica in relazione a quelle opere per le quali non fosse risultata eccessivamente onerosa.
Si costituivano COGNOME NOME e COGNOME NOME, che chiedevano di dichiarare inammissibili le domande del COGNOME per
l’intervenuto giudicato sulla cessazione della materia del contendere, fondata sull’accordo transattivo del 30.9.2002, raggiunto dal COGNOME coi loro danti causa.
Espletata CTU per quantificare il danno da deprezzamento di valore della proprietà del RAGIONE_SOCIALE a causa degli ampliamenti illegittimi della controparte (esclusa la finestra e la porzione dell’ex baracca destinata a bagno), il Tribunale di Chiavari, con la sentenza n. 230/2005, condannava COGNOME NOME e COGNOME NOME al pagamento in favore del RAGIONE_SOCIALE di €576,66 oltre accessori di legge a titolo di risarcimento dei danni relativi alla violazione delle distanze legali, rigettava la domanda di riduzione in pristino, ritenendola eccessivamente onerosa ai sensi dell’art. 2058 comma 2° cod. civ., dichiarava compensate per 1/3 le spese processuali e di CTU e condannava i convenuti al pagamento dei residui 2/3.
Contro tale sentenza proponeva appello principale il COGNOME, sostenendo che, in ragione del passaggio in giudicato della sentenza n.584/2003 del Tribunale di Chiavari, valevole anche per gli aventi causa degli originari convenuti, COGNOME NOME e COGNOME NOME dovevano essere condannati al ripristino dello stato dei luoghi mediante demolizione delle opere realizzate in violazione delle distanze legali accertate, nonché al risarcimento di tutti i danni richiesti in primo grado, oltre che al rimborso in suo favore della somma di € 1.021,60 corrisposta al CTU geometra NOME COGNOME
Contro la stessa sentenza proponevano appello incidentale COGNOME NOME e COGNOME NOME, che chiedevano l’accoglimento dell’eccezione di giudicato sollevata in primo grado, ritenendo precluse le domande di riduzione in pristino e di risarcimento danni del RAGIONE_SOCIALE.
La Corte d’Appello di Genova, con la sentenza n. 836/2010 del 5.7.2010, rigettava l’appello principale del RAGIONE_SOCIALE, ed in accoglimento dell’appello incidentale, rigettava le domande del
COGNOME, ritenendo che chiedendo di dichiarare la cessata materia del contendere sulla base della transazione raggiunta con gli originari convenuti il 30.9.2002, che aveva definito tra le parti il diritto sostanziale fatto valere, fosse venuto meno in capo al COGNOME un interesse meritevole di tutela anche nei confronti degli aventi causa degli originari convenuti, subentrati nel diritto controverso ex art. 111 c.p.c..
Contro tale sentenza proponeva ricorso alla Suprema Corte il COGNOME, e la Corte di Cassazione, nella resistenza di COGNOME NOME e COGNOME NOME, con la sentenza n. 4150/2012 del 21.2/15.3.2012, accoglieva il quarto motivo di ricorso, prospettato ai sensi dell’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c. per omessa ed insufficiente motivazione su un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti (rappresentato dall’avvenuto accertamento della violazione delle distanze legali nella sentenza del Tribunale di Chiavari n.584/2003 accanto alla dichiarata cessazione della materia del contendere) e per violazione degli articoli 2909 cod. civ. e 324 c.p.c..
La sentenza di questa Corte riconosceva l’omessa considerazione da parte della Corte d’Appello dell’intervenuta pronuncia di accertamento della violazione della distanza legale di sei metri dal confine prescritta dal PRG del Comune di Zoagli, in riferimento agli ampliamenti relativi al lato nord ed al lato sud ed alla sopraelevazione, e rilevava che dalla dichiarata cessazione della materia del contendere, non assimilabile ad una rinuncia alla domanda, o ad una rinuncia agli atti del giudizio, l’unico giudicato derivato era quello sul venir meno dell’interesse delle parti originarie del primo giudizio alla prosecuzione dello stesso, ma non quello sul diritto sostanziale fatto valere nel precedente giudizio, per cui cassava l’impugnata sentenza con rinvio alla Corte d’Appello di Genova in diversa composizione.
Il giudizio veniva quindi riassunto in sede di rinvio dal COGNOME, che chiedeva che previo accertamento dell’efficacia di giudicato della sentenza del Tribunale di Chiavari n. 584/2003 anche per COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME gli stessi fossero condannati al ripristino dello stato dei luoghi, al risarcimento dei danni subiti ed al rimborso del compenso corrisposto al CTU geom. NOME COGNOME mentre COGNOME NOME e COGNOME NOME chiedevano il rigetto dei motivi di appello e la conferma della sentenza di primo grado.
La Corte d’Appello di Genova, con ordinanza del 16.6.2016, incaricava nuovamente il CTU geometra NOME COGNOME di redigere uno schizzo planimetrico che rappresentasse chiaramente le parti della costruzione COGNOME-Contenti non rispettose delle distanze legali dalla proprietà RAGIONE_SOCIALE, quali desumibili dalla precedente relazione tecnica espletata dallo stesso ausiliario nel giudizio definito dalla sentenza n. 584/2003 del Tribunale di Chiavari, di quantificare la diminuzione di valore subita dalla proprietà RAGIONE_SOCIALE a seguito degli ampliamenti effettuati in violazione delle distanze legali, distinguendo tra il valore commerciale di vendita ed il valore d’uso, e di precisare se, una volta eseguita la demolizione degli ampliamenti eccedenti le distanze legali, potesse sussistere diminuzione di valore della proprietà RAGIONE_SOCIALE.
Disattesa la richiesta di chiarimenti formulata dal COGNOME sulla base della CTP del geom. NOME COGNOME la Corte d’Appello di Genova, con la sentenza n. 1404/2018 del 24.7.2018, ritenuta l’ipotesi dell’art. 2058 comma 2° cod. civ., condannava COGNOME NOME e COGNOME NOME al pagamento in favore di COGNOME NOME della somma di € 576,66 a titolo di risarcimento danni per le accertate violazioni delle distanze legali, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla domanda giudiziale al saldo, compensava per 1/2 le spese processuali e della CTU di primo grado e di appello, e poneva a carico di COGNOME NOME e COGNOME NOME la residua metà delle stesse per il primo grado di
giudizio, per il giudizio di appello, per il primo giudizio di legittimità e per il giudizio di rinvio.
In particolare la Corte d’Appello di Genova, quale giudice di rinvio, riteneva che correttamente in primo grado il Tribunale di Chiavari avesse espletato la CTU per valutare esattamente il tipo e la consistenza delle violazioni delle distanze legali e per accertare, – in relazione all’originaria formulazione delle domande del COGNOME, che aveva chiesto il ripristino dello stato dei luoghi, ed in subordine qualora fosse ritenuto applicabile l’art. 2058 comma 2° cod. civ., la reintegrazione in forma specifica in relazione alle opere per le quali la stessa non risultasse eccessivamente onerosa -, se le opere di ampliamento e di elevazione lesive delle distanze legali potessero essere rimosse, o se invece la riduzione in pristino risultasse eccessivamente onerosa.
Il giudice di rinvio riteneva poi, che l’integrazione della CTU in sede di rinvio si fosse resa necessaria in relazione al fatto che, nell’accordo transattivo raggiunto dal Passalacqua il 30.9.2002 coi danti causa dei COGNOME–COGNOME, il primo aveva accettato la realizzazione dell’ampliamento dei confinanti per esigenze igienico sanitarie anche se in violazione delle distanze legali dal confine col Passalacqua, per cui l’ausiliario doveva stabilire se le opere accertate come lesive delle distanze legali dal confine col Passalacqua rientrassero tra quelle da quest’ultimo assentite a favore dei danti causa dei COGNOME e quindi anche di questi ultimi nell’accordo transattivo del 30.9.2002.
Sulla base degli accertamenti peritali compiuti, il giudice di rinvio respingeva la domanda del Passalacqua di demolizione della rampa di scale di accesso al bagno del primo piano con finestra, frutto di un ampliamento sul lato nord del fondo confinante di m 1,50, trattandosi di un ampliamento assentito dal RAGIONE_SOCIALE nell’accordo transattivo del 30.9.2002 coi danti causa dei De
COGNOME-Contenti ed essendo posta la finestra ad una distanza regolare di m 1,50 dal confine col Passalacqua.
Il giudice di rinvio respingeva, poi, la domanda del Passalacqua di demolizione dell’ampliamento della larghezza di m 0,23 sul lato sud, non rispettoso della distanza dal confine con la proprietà Passalacqua di sei metri stabilita dal PRG del Comune di Zoagli, ritenendo, in conformità alla sentenza di primo grado, che si trattasse di un ampliamento modesto, per il quale la riduzione in pristino risultava eccessivamente onerosa per i De COGNOME-Contenti, anche in rapporto al modesto danno economico derivatone al COGNOME, con conseguente applicabilità dell’art. 2058 comma 2° cod. civ., che per tale ipotesi prevedeva il solo risarcimento danni per equivalente e non in forma specifica.
Il giudice di rinvio condannava, quindi, COGNOME NOME e COGNOME NOME, al risarcimento dei danni subiti dal Passalacqua per la diminuzione del valore commerciale del suo immobile dovuta alle accertate violazioni delle distanze legali, quantificandoli sulla base della prima CTU espletata in € 576,56 (pari all’incremento di valore che sarebbe derivato agli immobili del Passalacqua in caso di eventuale demolizione dei modesti ampliamenti relizzati dai danti causa dei confinanti eccedenti le distanze legali), respingendo la domanda di risarcimento del danno morale, in quanto la realizzazione del reato edilizio andava ascritta ai danti causa dei COGNOME-Contenti perché compiuta prima del loro acquisto dell’immobile, e rilevando che, anche per le tipologie di danno ritenute dal COGNOME in re ipsa, non erano stati offerti prove, o principi di prova, delle tipologie e caratteristiche del danno asseritamente subito, non potendosi trasformare una valutazione equitativa in una valutazione arbitraria del danno.
Ulteriormente rilevava il giudice di rinvio, che la CTU aveva chiarito che ” gli ampliamenti e la sopraelevazione effettuati in violazione delle distanze legali sono stati realizzati verso il confine della
proprietà COGNOME alla medesima distanza del perimetro esistente del manufatto originario “, per cui non avevano avuto alcuna influenza sul valore commerciale del bene del COGNOME, e che sempre dalla CTU emergeva che ” la visuale panoramica diretta delle aperture del fabbricato e del terreno sottostante (di proprietà appellante) non ha subito alcuna riduzione (foto 8 allegato C)” e gli stessi beni non avevano subito alcuna riduzione di luminosità e panoramicità .
Il giudice di rinvio escludeva poi, che le violazioni delle distanze legali accertate avessero determinato una diminuzione del valore d’uso degli immobili del Passalacqua, potendo essi essere utilizzati regolarmente e completamente secondo la loro destinazione a prescindere dagli ampliamenti.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso a questa Corte COGNOME NOMECOGNOME affidandosi a tre motivi, ed hanno resistito con controricorso COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME
La Procura Generale, in persona del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME ha concluso per l’accoglimento del secondo motivo di ricorso, il rigetto del primo motivo e l’inammissibilità del terzo.
Nell’imminenza della pubblica udienza entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Col primo articolato motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) e 4) c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. (corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato) per avere il giudice del rinvio rigettato la sua domanda di risarcimento danni in forma specifica relativa agli ampliamenti funzionali al bagno dei confinanti sulla base dell’accordo transattivo intercorso tra i loro danti causa ed il
Passalacqua del 30.9.2002, ancorché i COGNOME–COGNOME ne avessero chiesto solo l’inammissibilità per intervenuto giudicato.
Il ricorrente lamenta poi, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) e 4) c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2909 cod. civ. e 324 c.p.c., per avere eluso il giudice di rinvio il giudicato formatosi sulla sentenza n.584/2003 del Tribunale di Chiavari, che gli avrebbe imposto di condannare i COGNOME, quali aventi causa dei convenuti di quel giudizio, COGNOME NOME e COGNOME NOME, al risarcimento danni in forma specifica ed al risarcimento danni per le violazioni delle distanze legali del fabbricato acquistato che erano state già accertate, senza necessità di espletare una nuova CTU.
Il COGNOME lamenta, infine, sempre col primo motivo, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1361 e 1362 cod. civ. e dell’art. 12 delle disposizioni preliminari al codice civile, per avere la Corte d’Appello ritenuto che con l’accordo transattivo del 30.9.2002 il COGNOME avesse consentito di mantenere, a distanza inferiore a quella legale, l’ampliamento effettuato dai confinanti per la realizzazione di opere igienico-sanitarie, laddove invece egli aveva solo affermato ” di nulla opporre al mancato rispetto delle distanze da parte del Gneis in relazione all’intenzione di questi di realizzare un bagno “, intendendo quindi riferirsi ad un nuovo manufatto da destinare a bagno ancora da realizzare, e non all’ampliamento illegittimo già esistente, e certamente non all’ampliamento di m 1,50 al piano terra rappresentato dalla rampa di accesso al bagno posto al primo piano.
Il primo motivo di ricorso é infondato, anzitutto perché, come evidenziato dalla sentenza n. 4150/2012 di questa Corte, l’unico effetto della cessazione della materia del contendere dichiarata dalla sentenza del Tribunale di Chiavari n. 584/2003 sulla base dell’accordo transattivo raggiunto il 30.9.2002 da COGNOME
NOME con i danti causa degli attuali controricorrenti, COGNOME NOME e COGNOME NOME, é stato il venir meno dell’interesse delle parti di quel giudizio alla sua prosecuzione, senza effetti vincolanti sul rigetto, ma anche sull’accoglimento, delle domande di risarcimento danni per equivalente ed in forma specifica avanzate dal COGNOME, che in quel giudizio non sono state esaminate per effetto dell’accordo transattivo raggiunto e delle conclusioni congiunte rassegnate dalle parti nel senso della cessata materia del contendere.
Per il resto la sentenza del Tribunale di Chiavari n. 584/2003 ha accertato, con efficacia di giudicato, nei confronti di COGNOME NOME e di COGNOME NOME e COGNOME NOME, ed in base all’art. 111 c.p.c., anche nei confronti dei loro aventi causa in corso di giudizio, COGNOME NOME e COGNOME NOME, la realizzazione sulla proprietà di questi ultimi, a confine con la proprietà COGNOME, degli ampliamenti planovolumetrici della preesistente baracca sul lato nord (della larghezza di ml 1,05) e sul lato sud (della larghezza di ml 0,23) e di una sopraelevazione di circa ml 0,63, nonché l’esistenza per l’ampliamento sul lato nord di una distanza dal confine con la proprietà Passalacqua di m2,13, per l’ampliamento sul lato sud di m 1,15, e per la sopraelevazione di una distanza variabile tra m 2,13 e m 2,15, a fronte di una distanza dal confine prevista dal PRG del Comune di Zoagli di sei metri.
Rimanevano quindi da accertare nel giudizio di primo grado promosso da RAGIONE_SOCIALE NOME nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME, sulla base di quel giudicato, la misura del risarcimento dei danni subiti dal RAGIONE_SOCIALE per effetto delle accertate violazioni delle distanze legali dal confine, anche alla luce dell’accordo transattivo raggiunto dal RAGIONE_SOCIALE il 30.9.2002 coi danti causa dei convenuti COGNOME –COGNOME (allegato dallo stesso attore all’atto di citazione), e l’attuabilità del risarcimento danni in forma specifica conseguente a quelle accertate violazioni,
e le eventuali modalità esecutive dello stesso, per cui sia la CTU espletata in primo grado, sia quella integrativa disposta nel giudizio di rinvio non hanno rimesso in discussione fatti coperti dal giudicato, dovendo fornire supporto tecnico alle questioni ancora controverse.
Nel rigettare la domanda del COGNOME di demolizione della rampa di scale al piano terra di accesso al bagno del primo piano realizzato in elevazione, ancorché non rispettosi della distanza legale dal confine del Passalacqua di sei metri prescritta dal PRG del Comune di Zoagli, sulla base del contenuto dell’accordo transattivo raggiunto il 30.9.2002 da COGNOME NOME coi danti causa degli attuali controricorrenti, la Corte d’Appello di Genova non ha violato il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato dell’art. 112 c.p.c..
Lo stesso COGNOME, infatti, aveva invocato il giudicato della sentenza n.584/2003 del Tribunale di Chiavari e prodotto con la citazione quell’accordo transattivo, che era richiamato in quella sentenza perché giustificativo della cessazione della materia del contendere dichiarata su richiesta congiunta delle parti, addirittura ipotizzando inizialmente in via subordinata che la riduzione in pristino mediante eliminazione degli ampliamenti ed elevazioni, avvenuti in violazione delle distanze legali dal confine, non potesse avvenire, e rinunciando poi alla subordinata solo nel giudizio di appello, ed i convenuti COGNOME, pur eccependo erroneamente il giudicato asseritamente formatosi sulla dichiarazione della cessata materia del contendere, basata sul medesimo accordo transattivo del 30.9.2002, avevano anche chiesto in subordine il rigetto delle pretese formulate dal COGNOME. Del resto, fin dal giudizio di primo grado, gli accertamenti tecnici, svoltisi nel contraddittorio delle parti, hanno riguardato anche la questione della realizzabilità del risarcimento danni in forma specifica e delle sue modalità esecutive.
Quanto all’interpretazione erronea che la Corte d’Appello avrebbe dato all’accordo transattivo del 30.9.2002, intercorso tra COGNOME NOME ed i danti causa dei controricorrenti, va premesso che il richiamo alla violazione dell’art. 1361 cod. civ. (relativo agli atti di amministrazione sottoposti a condizione) e dell’art. 12 delle preleggi (relativo all’interpretazione della legge) é del tutto inconferente.
Occorre poi evidenziare che ” in materia di interpretazione dei contratti, non si può affermare che vi sia una violazione delle regole legali di ermeneutica solo perché il testo dell’accordo potrebbe teoricamente consentire interpretazioni diverse da quella adottata dalla sentenza impugnata. L’interpretazione del negozio giuridico scelta dal giudice di merito può portare alla cassazione della sentenza solo quando sia palesemente scorretta dal punto di vista grammaticale, sistematico o logico. Tuttavia, se l’interpretazione adottata è plausibile, anche in presenza di altre interpretazioni ugualmente plausibili, non vi sono motivi per cassare la sentenza. La Corte di Cassazione non può intervenire per sostituire un’interpretazione plausibile con un’altra altrettanto plausibile, ma solo per correggere interpretazioni manifestamente errate ” (vedi Cass. 27.9.2024 n. 25836; Cass. 28.11.2017 n. 28319; Cass. ord. 15.11.2017 n. 27136; Cass. 17.3.2014 n. 6125). Nella sentenza del Tribunale di Chiavari n. 584/2003, passata in giudicato, si legge che ” in effetti tenuto conto delle dichiarazioni 30.9.2002 pervenute all’Ufficio, con nota di trasmissione dei Carabinieri di Rapallo, risulta che COGNOME ha inteso rinunciare alle domande di violazione delle distanze proposte contro il Passalacqua nel presente giudizio e quest’ultimo, da parte sua, ha affermato di nulla opporre al mancato rispetto delle distanze da parte del COGNOME in relazione all’intenzione di questi di realizzare un bagno “.
L’interpretazione data dalla Corte d’Appello, che ha ritenuto che il RAGIONE_SOCIALE, con quell’accordo transattivo, in cambio dell’avversa
rinuncia alle domande di accertamento della violazione da parte sua delle distanze legali, abbia rinunciato a far valere il suo diritto alla demolizione dell’ampliamento e dell’elevazione del fabbricato dei confinanti che essi intendevano destinare a bagno e che violavano la distanza legale dal confine con la sua proprietà, ricomprendendovi anche la rampa di scale esterna al piano terra di accesso al bagno del primo piano, sporgente di m 1.50 rispetto alla sagoma della preesistente baracca, é un’interpretazione plausibile rispetto al criterio letterale dell’art. 1362 cod. civ., tenuto conto della natura meramente di servizio al bagno della rampa di scale, senza la quale il bagno che si é inteso salvaguardare non sarebbe stato raggiungibile, e del fatto che l’intenzione di realizzare un bagno ben può essere riferita a lavori ancora in corso di completamento, ma già compiuti nella sagoma esterna determinante la violazione della distanza legale dal confine, e non necessariamente, come ipotizzato dal ricorrente, a lavori edificatori futuri ed incerti, dei quali peraltro il COGNOME non avrebbe potuto valutare la nocività all’epoca della transazione.
2) Col secondo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2058 comma 2° e dell’art. 872 cod. civ..
Si duole il COGNOME che la Corte d’Appello abbia respinto la sua domanda di risarcimento danni in forma specifica per l’ampliamento sul lato sud della larghezza di m 0,23 (indicato dalle lettere A-B della planimetria b e b1 della CTU del geometra NOME COGNOME del 26.10.2016) del fabbricato di COGNOME NOME e COGNOME NOME, violativo della distanza legale di sei metri dal confine con la sua proprietà, ritenendo che si trattasse di un ampliamento modesto e che come già ritenuto dal giudice di primo grado, la riduzione in pristino risultasse eccessivamente onerosa per i De Marchi-Contenti, con conseguente applicabilità dell’art.
2058 comma 2° cod. civ., che per tale ipotesi prevede il solo risarcimento danni per equivalente.
Lamenta il ricorrente che il giudice del rinvio non si sia attenuto alla giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo la quale ” l’articolo 2058, secondo comma, del codice civile, che prevede la possibilità di ordinare il risarcimento del danno per equivalente anziché la reintegrazione in forma specifica, non trova applicazione alle azioni intese a far valere un diritto reale, la cui tutela esige la rimozione del fatto lesivo, come nel caso della domanda di riduzione in pristino per violazione delle norme sulle distanze, atteso il carattere assoluto del diritto leso ” (Cass. 30.10.2018 n. 27638; Cass. 16.7.2015 n. 14916; Cass. 22.3.2013 n. 7333).
Il secondo motivo di ricorso é fondato e merita accoglimento, in quanto per giurisprudenza consolidata di questa Corte ” l’art. 2058 comma 2° cod. civ., il quale prevede la possibilità di ordinare il risarcimento del danno per equivalente anzichè la reintegrazione in forma specifica, in caso di eccessiva onerosità di quest’ultima, non trova applicazione alle azioni intese a far valere un diritto reale, la cui tutela esige la rimozione del fatto lesivo, come nel caso della domanda di riduzione in pristino per violazione delle norme sulle distanze, atteso il carattere assoluto del diritto leso” (Cass. 23.9.2020 n.19942; Cass. 30.10.2018 n.27638; Cass. n. 1607/2017; Cass. n.10499/2016; Cass. n. 14916/2015; Cass.n. 7333/2013; Cass. n. 2359/2012; Cass. n. 866/2007; Cass. n.11744/2003; Cass. n. 10694/1997; Cass. sez. un. n. 5113/1995).
Non é invece applicabile nella specie la sentenza delle sezioni unite di questa Corte n. 10499 del 20.5.2016, invocata dai controricorrenti, secondo la quale, il divieto per eccessiva onerosità della reintegrazione in forma specifica per le azioni a tutela di un diritto reale, non si applica, se é la stessa parte
danneggiata a chiedere la condanna al risarcimento danni per equivalente.
Ed invero COGNOME NOME, nell’originario atto di citazione, ha chiesto in via principale la condanna di COGNOME NOME e COGNOME NOME alla demolizione delle opere eseguite in violazione della distanza legale dal confine con la sua proprietà, come accertato dalla sentenza del Tribunale di Chiavari n.584/2003, nonché al risarcimento dei danni determinati dal minor godimento del fondo, del danno morale e di ogni altro danno subito in conseguenza della realizzazione delle opere in violazione delle distanze legali, non limitando quindi le proprie domande principali al solo risarcimento danni per equivalente, ed unicamente in subordine, ha chiesto, nel denegato caso in cui fosse dal giudice ritenuto applicabile l’art. 2058 comma 2° cod. civ., la condanna dei convenuti alla reintegrazione in forma specifica in relazione a quelle opere per le quali non fosse risultata eccessivamente onerosa.
A ciò va ulteriormente aggiunto, che nel giudizio di appello il COGNOME ha addirittura rinunciato alla domanda subordinata originariamente avanzata, tenendo ferme soltanto le domande principali di risarcimento danni in forma specifica e per equivalente. Ove poi una violazione di una distanza legale sia accertata in relazione al diritto di proprietà del confinante, la circostanza che la violazione sia ritenuta modesta (nella specie m 0,23 su una distanza prescritta di m 6,00), non é sufficiente ad escludere il diritto del confinante di ottenere la riduzione in pristino. Le norme di legge che per disciplinare i rapporti di vicinato prescrivono distanze legali da rispettare per le nuove costruzioni, alle quali vanno equiparate le norme locali integrative di quelle codicistiche, come la norma del PRG del Comune di Zoagli, che impone il rispetto di una distanza di sei metri dal confine, hanno infatti carattere assoluto, essendo state predeterminate dal legislatore in via generale ed astratta, senza che al giudice sia consentito alcun
margine di discrezionalità sia nella valutazione dell’esistenza della violazione della distanza, sia nella valutazione relativa alla dannosità e pericolosità della posizione della nuova costruzione rispetto a quella del vicino (Cass. 1.12.2000 n. 15381; Cass. 27.2.1995 n. 2294; Cass. 9.7.1975 n. 2692).
3) Col terzo articolato motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) e 4) c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 872 cod. civ. e degli articoli 2043, 2056 e 1223 cod. civ.; in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) e 4) c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 132 comma secondo c.p.c. e 2697 cod. civ.; in relazione all’art. 360 comma primo n. 4) e 5) c.p.c., l’omessa considerazione di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, identificato nel fatto che COGNOME NOME e COGNOME NOME sarebbero stati già proprietari dell’immobile all’epoca della realizzazione delle opere illegittime (come desumibile dalla denuncia presentata dal COGNOME nei confronti del Passalacqua il 19.4.1996 prodotta in primo grado, nella quale il COGNOME aveva affermato di avere acquistato l’immobile nel 1992 anche se l’acquisto era stato formalizzato solo nel 1998), potendo quindi essere chiamati a rispondere del danno morale derivante dai reati edilizi commessi; in relazione all’art. 360 comma primo n. 4) e 5) c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, identificato nelle serrate e specifiche critiche mosse dall’appellante alle CTU del geom. COGNOME sulla base del CTP geom. NOME COGNOME e la carenza assoluta di motivazione, nonché l’illogicità e contraddittorietà manifesta della motivazione in punto di quantificazione dei danni subiti dal COGNOME a causa delle accertate violazioni delle distanze legali dal confine del fabbricato di proprietà COGNOME–COGNOME.
Anzitutto é inammissibile la doglianza formulata ex art. 360 comma primo n. 5) c.p.c. per non avere la Corte d’Appello tenuto conto della semplice dichiarazione resa dal COGNOME sulla data di
acquisto dell’immobile nella denuncia del 19.4.1996, che non é stata ritenuta avere carattere decisivo, in quanto la Corte d’Appello si é basata piuttosto sul dato non opinabile dell’acquisto dell’immobile da parte dei coniugi COGNOMEContenti con l’atto di compravendita del 27.3.1998, allegato come documento 4 all’atto di citazione, e da esso ha fatto discendere l’esclusione della risarcibilità del danno morale da parte dei controricorrenti per essere stati realizzati gli illeciti edilizi determinanti la violazione delle distanze legali dal confine nel 1996, quando ancora erano proprietari dell’immobile COGNOME NOME e COGNOME Rosa.
Il ricorrente pretenderebbe poi inammissibilmente, attraverso il richiamo alle violazioni di legge dell’art. 872 cod. civ. e degli articoli 2043, 2056 e 1223 cod. civ., che questa Corte accertasse diversamente il fatto della proprietà dell’immobile oggetto degli ampliamenti e della sopraelevazione contestati dal COGNOME all’epoca della loro effettuazione, ma si tratta all’evidenza di un accertamento che é già stato compiuto e che é riservato al giudice di merito, e non può essere compiuto in sede di legittimità. Va aggiunto, in ordine al reclamato danno morale, che il danno non patrimoniale è risarcibile quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale (Cass. Sez. un. 11.11.2008 n. 26972), e che la Carta costituzionale riconosce e garantisce la proprietà privata, ma non la inquadra tra i diritti fondamentali della persona umana, per i quali soltanto è predicabile una connotazione di inviolabilità, di incondizionatezza e di primarietà (Cass. 19.4.2013 n. 9652; Cass. 16.12.2010 n. 25475), ma nella specie nessuno di questi profili é stato allegato.
In ordine alla quantificazione dei danni derivati al Passalacqua dalle accertate violazioni della distanza dal confine con la sua proprietà, prescritta dal PRG del Comune di Zoagli, di sei metri, la Corte d’Appello si é basata sulla valutazione dell’incremento di valore che
sarebbe derivato agli immobili del Passalacqua in caso di eventuale demolizione dei modesti ampliamenti, realizzati dai danti causa dei confinanti, eccedenti le distanze legali, compiuta dal CTU geom. COGNOME e dopo avere rigettato la richiesta di chiarimenti del Passalacqua, ritenendo la causa sufficientemente istruita, ha respinto le richieste di ulteriori danni, avendo peraltro respinto la domanda di risarcimento danni in forma specifica, rilevando che per le tipologie di danno ritenute dal Passalacqua in re ipsa, non sarebbero state offerte prove, o principi di prova, delle tipologie e caratteristiche del danno asseritamente subito, non potendosi trasformare una valutazione equitativa in una valutazione arbitraria del danno.
Ulteriormente la Corte d’Appello ha rilevato che la CTU aveva chiarito che ” gli ampliamenti e la sopraelevazione effettuati in violazione delle distanze legali sono stati realizzati verso il confine della proprietà COGNOME alla medesima distanza del perimetro esistente del manufatto originario “, e che sempre dalla CTU era emerso che ” la visuale panoramica diretta delle aperture del fabbricato e del terreno sottostante (di proprietà appellante) non ha subito alcuna riduzione (foto 8 allegato C)”, e che gli stessi beni non hanno subito alcuna riduzione di luminosità e panoramicità, ed infine ha escluso che le violazioni delle distanze legali accertate abbiano determinato una diminuzione del valore d’uso degli immobili del Passalacqua, potendo essi essere utilizzati regolarmente e completamente secondo la loro destinazione a prescindere dagli ampliamenti.
Ritiene la Corte che fatta eccezione per la doglianza relativa al danno morale non riconosciuto, da ritenersi priva di pregio per le ragioni sopra esposte, il terzo motivo, per la parte in cui si riferisce ai danni conseguenziali alla violazione delle distanze legali accertate, debba ritenersi assorbito per effetto dell’accoglimento del secondo motivo di ricorso, dovendo il giudice di rinvio
addivenire alla liquidazione dei danni richiesti, escluso quello morale, tenendo conto sia delle ravvisate violazioni delle distanze legali, sia del ripristino ordinato, nonché della loro incidenza sul valore commerciale e sul valore d’uso dell’immobile del Passalaqcqua.
La Corte d’Appello di Genova, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità in base all’esito finale della lite.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito per quanto di ragione il terzo motivo, rigetta la residua parte del terzo motivo ed il primo motivo, cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte d’Appello di Genova in diversa composizione, che provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio del 16.1.2025