Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 19299 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 19299 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 14/07/2025
Oggetto
R.G.N. 25246/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 15/04/2025
CC
ORDINANZA
sul ricorso 25246-2022 proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 127/2022 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 16/05/2022 R.G.N. 350/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Ragioni di fatto
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte di appello di Genova ha confermato la sentenza di primo grado che aveva dichiarato la illegittimità del recesso di RAGIONE_SOCIALE dall’impegno di assumere NOME COGNOME, stipulato tra le parti in data 21 gennaio 2019, e condannato la società al pagamento della somma di € 119.126,00 a titolo di risarcimento del danno.
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) sulla base di quattro motivi; la parte intimata ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Considerato che
La società ricorrente, premesso che non intendeva impugnare la statuizione di seconde cure nella parte in cui aveva accertato la illegittimità del recesso dall’accordo di assunzione, ha impugnato la sentenza di appello esclusivamente in relazione alla quantificazione del danno sulla base dei motivi che possono sintetizzarsi nei termini che seguono.
Con il primo motivo parte ricorrente deduce nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e connessa violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. Sostiene che, contrariamente
a quanto affermato dalla Corte territoriale, il giudice di primo grado non aveva disatteso la domanda del Franceri – il quale in via principale aveva chiesto che il danno liquidato fosse quantificato in misura pari all’ammontare delle retribuzioni non perc epite da RAGIONE_SOCIALE s.p.a., precedente datrice di lavoro, nel corso dell’anno 2019, e solo in via subordinata chiesto procedersi a determinazione equitativa – ma la aveva del tutto pretermessa procedendo direttamente alla determinazione equitativa del danno; in questa prospettiva contesta la affermazione della sentenza impugnata secondo la quale il mancato accoglimento della richiesta principale non era stato investito da gravame ed evidenzia che tanto aveva comportato una quantificazione del risarcimento in misura superiore a quella indicata nella richiesta principale. Denunzia inoltre violazione delle regole di cui agli artt. 115 e 116 c.p.c. che impongono al giudice di porre a base della decisione le prove effettivamente offerte dalle parti e di fare leva s ul suo prudente apprezzamento ‘anche nella definizione del petitum’.
3. Con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1226 c.c. e connessa violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., censurando la sentenza impugnata per avere, confermando sul punto la sentenza di prime cure, escluso dall’am bito dell’ aliunde perceptum detraibile dal risarcimento riconosciuto in favore del Franceri la somma a quest’ultimo corrisposta a titolo di incentivo all’esodo (concordato nell’ambito di un accordo conciliativo) da
RAGIONE_SOCIALE, precedente datrice di lavoro. Censura inoltre il criterio di capitalizzazione del danno basato su una presunta durata del rapporto di lavoro non formalizzato, parametrato alla durata media dei precedenti rapporti di lavoro intrattenuti dal Franceri.
Con il terzo motivo deduce nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione degli artt. 132, comma 2 n. 4 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. con riferimento anche al disposto dell’art. 111, comma 6, Cost., censurando la sentenza impugnata per genericità dei criteri e dei riferimenti utilizzati nel motivare la conferma del quantum liquidato in prime cure
Con il quarto motivo parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1727 c.c., con riferimento anche all’art. 26 d. lgs n. 151/2015. Premesso che secondo quanto accertato in prime cure il COGNOME aveva formalizzato la risoluzione del rapporto con il precedente datore di lavoro quando già era a conoscenza del recesso di COGNOME deduce che ai fini della determinazione dell’entità del risarcimento del danno doveva tenersi conto anche dell’incidenza collegabile alla detta condotta.
I motivi, che per la reciproca connessione sono trattati congiuntamente, devono essere respinti.
6.1. Occorre premettere che la sentenza impugnata, in relazione allo specifico profilo di cui al secondo motivo di appello proposto dalla odierna ricorrente, secondo il quale la liquidazione del quantum era errata avendo il
giudice di prime cure disatteso il criterio di liquidazione proposto dal Franceri medesimo, criterio che ove accolto avrebbe comportato la inferiore quantificazione del danno pari a € 42.632,06 ( v. storico di lite della sentenza, pag. 5), ha innanzitutto escluso la denunziata violazione dell’art. 112 c.p.c. evidenziando che il parametro proposto nell’atto introduttivo, riferito all’attività prestata per RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE, comportava una quantificazione del danno in € 129.752,10, e che esso, così come il criterio di quantificazione implicante in via analogica l’applicazione del d. lgs n. 23/2015 , e la richiesta di danno non patrimoniale, erano stati disattesi con motivazione condivisibile e comunque non oggetto di motivi di appello (sentenza, pagg.14 e sg.)
6.2. In relazione alle ulteriori censure la Corte di merito ha osservato, quanto al mancato scomputo della somma percepita dal COGNOME in occasione della risoluzione del rapporto di lavoro con RAGIONE_SOCIALE.p.a., precedente datrice di lavoro, che tale somma, configurandosi quale contropartita rispetto alla mancata opposizione al licenziamento ovvero alla risoluzione del rapporto, si aggiungeva e non si sostituiva alla retribuzione e che si trattava di somma che comunque sarebbe stata percepita dal Franceri anche in caso di assunzione da parte della società RAGIONE_SOCIALE; quanto all’utilizzazione del criterio equitativo la Corte ha osservato che la quantificazione operata dal primo giudice era corretta in quanto basata su quanto dedotto e provato dal ricorrente in merito alle retribuzioni perdute per effetto della mancata assunzione ed in
conseguenza della minore redditività del diverso impiego reperito dopo qualche mese di disoccupazione. Ha precisato che, a fronte di una preliminare assunzione a tempo indeterminato, senza previsione del patto di prova e con annesso patto di non concorrenza il ricorso al criterio equitativo risultava legittimo al fine della commisurazione della durata verosimile del contratto di lavoro non concluso, calcolata sulla media della durata dei pregressi rapporti di lavoro del Franceri, quale emergente dalla rappresentazione in ricorso non oggetto di contestazione.
6.2. Tanto premesso, il primo motivo di ricorso per cassazione, che denunzia l’errore della sentenza impugnata nell’avere escluso la denunziata violazione dell’art. 112 c.p.c. da parte del giudice di prime cure, risulta inammissibile per la dirimente considerazione del difetto di specificità delle censure articolate; parte ricorrente infatti in violazione delle prescrizione dell’ art. 366, comma 1 n. 6 c.p.c. non ha trascritto o esposto per riassunto il contenuto degli atti di pertinenza -ricorso di primo grado, sentenza del Tribunale e ricorso in appelloonde consentire al giudice di legittimità la verifica sulla base del solo esame del ricorso per cassazione della fondatezza delle ragioni di doglianza articolate sul punto. La società si limita invero ad una lettura meramente contrappositiva a quella fatta propria dal giudice di merito in ordine all’ampiezza ed estensione dell’impugnazione da essa proposta della sentenza di prime cure in relazione al quantum liquidato, lettura
quindi intrinsecamente inidonea a dare contezza dell’errore in tesi ascritto alla Corte di merito.
6.3. Il secondo motivo di ricorso è infondato in quanto la Corte di merito ha correttamente escluso l’operare della compensatio lucri cum damno in base alla considerazione che la somma riconosciuta al dipendente e invocata al fine della detrazione dell’ aliunde perceptum non trovava titolo nelle retribuzioni perdute per effetto della cessazione consensuale del rapporto di lavoro ma andava a remunerare la mancata opposizione al licenziamento ovvero alla risoluzione del rapporto di lavoro ed una serie di rin unzie ‘tombali’ effettuate dal lavoratore nell’accettare la risoluzione del rapporto; ciò sulla base di una interpretazione dell’accordo conciliativo non validamente censurata dalla odierna ricorrente. Lo specifico titolo alla base dell’attribuzione esclud eva quindi che esso potesse essere messo in relazione causale con la perdita della retribuzioni connesse alla cessazione su base volontaria del pregresso rapporto di lavoro.
6.4. Il terzo motivo di ricorso è infondato in quanto la Corte di merito ha esposto in maniera chiara e percepibile il percorso logico giuridico sulla scorta del quale ha ritenuto di confermare la quantificazione operata dal primo giudice dovendosi escludere che tale apparenza di motivazione possa derivare, come sembra opinare l’odierna ricorrente, dal difetto di puntuale considerazione delle singole argomentazioni svolte a sostegno della richiesta di riforma.
6.5. Quanto poi all’utilizzo del criterio equitativo la censura risulta priva di pregio alla luce della consolidata giurisprudenza della S.C. secondo la quale l’esercizio in concreto del potere discrezionale conferito al giudice di procedere alla liquidazione del danno in via equitativa è suscettibile di sindacato in sede di legittimità soltanto se la motivazione non dà adeguatamente conto dell’uso di tale facoltà, indicando il processo logico e valutativo seguito e difetti totalmente di giustificazione oppure si discosti sensibilmente dai dati di comune esperienza, o sia fondata su criteri incongrui rispetto al caso concreto o radicalmente contraddittori, ovvero se l’esito della loro applicazione risulti particolarmente sproporzionato per eccesso o per difetto. Nel caso di specie la Corte ha dato adeguata contezza del criterio utilizzato che considera quale base di riferimento le retribuzione perdute in conseguenza della mancata assunzione, proiettate in un periodo determinato secondo un criterio necessariamente probabilistico desunto dalla durata dei precedenti rapporti di lavoro posti in essere dal Franceri.
6.6. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile per violazione del divieto di novum ; il tema collegato alla possibilità per il Franceri di ridurre il danno patrimoniale rimanendo alle dipendenze di Eviva s.p.a. così come il tema della conferma telematica della risoluzione ex art. 26 d. lgs. n. 151/2015, implicanti accertamento di fatto, non sono stati specificamente trattati nella sentenza impugnata; a fronte di ciò, onde impedire una valutazione di novità della questione, era onere del ricorrente quello di allegare l’avvenuta deduzione di esso
innanzi al giudice di merito ed inoltre, in ossequio al principio di specificità del ricorso per cassazione, quello di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo avesse fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito (Cass. 20694/2018, 15430/2018, 23675/2013), come viceversa non è avvenuto.
Al rigetto del ricorso consegue il regolamento secondo soccombenza delle spese di lite e la condanna del ricorrente al raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma quater d.p.r. n. 115/2002, nella sussistenza dei relativi presupposti processuali;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 5.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 15 aprile 2025
Dott.ssa NOME COGNOME