Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27281 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L   Num. 27281  Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/10/2025
La Corte di Appello di Roma ha rigettato il gravame proposto dal RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale  della  stessa  città  che  aveva  accolto  le  domande  risarcitorie  di NOME COGNOME e degli altri ricorrenti indicati in epigrafe.
Gli originari ricorrenti avevano superato la selezione interna di cui al bando del 28.11.2002 ed erano stati inquadrati dalla data del rispettivo contratto individuale di lavoro in posizione economica ex C3 (profilo professionale di direttore amministrativo ed economico finanziario coordinatore); con decreto dirigenziale del 16.5.2011 di rettifica della graduatoria di merito avevano poi ottenuto la retrodatazione dell’inquadramento ai soli fini giuridici (ferma la decorrenza economica stabilita nel contratto) in forza del riconoscimento giudiziale del punteggio del titolo di studio del diploma di laurea.
Respinta l’eccezione di inammissibilità dell’appello, l a Corte territoriale ha rilevato che le sentenze emesse dal Tribunale di Roma in data 16.5.2013 nei procc. nn. 13737/2012 e 27592/2012 in sede di opposizione a decreti ingiuntivi non  avevano  riguardato  la  posizione  di  NOME  COGNOME  ed  ha  pertanto ritenuto infondata in radice l’ exceptio giudicati rispetto al suddetto dipendente.
Relativamente  agli  altri  dipendenti,  ha  evidenziato  che  il  ricorso  di  primo grado non conteneva alcun riferimento alla portata preclusiva di dette sentenze, richiamate solo quanto al contenuto decisorio, ed ha ritenuto che l’espressione ‘a titolo di differenze retributive’ contenuta nelle conclusioni del ricorso, fosse un mero refuso informatico, inequivocabilmente smentito dal contesto complessivo dell’atto.
Ha condiviso le statuizioni del Tribunale, che aveva escluso l’identità delle azioni,  a  fronte  della  diversità  del  titolo  tra  la  domanda  volta  ad  ottenere  le
differenze di retribuzione e quella di risarcimento del danno, parametrato alle differenze di retribuzione non maturate, ed ha evidenziato che l’appellante aveva fatto leva unicamente sulla corrispondenza delle somme richieste.
Il giudice di appello ha ritenuto l’illiceità della condotta della P.A., avendo il Tribunale rilevato il contrasto tra la condotta del RAGIONE_SOCIALE ed il bando, che in modo univoco ed incontrovertibile aveva previsto l’attribuzione  di  40  punti  a coloro  che  avessero  conseguito  il  diploma  di  laurea,  nonché  l’inescusabilità dell’errore nella predisposizione della graduatoria di merito .
Avverso tale sentenza il RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi. 6.
DIRITTO
Con il primo motivo il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale escluso l’efficacia preclusiva dei giudicati costituiti da due sentenze del Tribunale di Roma del 2013, che avevano accolto le opposizioni ai decreti ingiuntivi proposte dal RAGIONE_SOCIALE ed avevano dunque riconosciuto la correttezza della decorrenza economica, negando il diritto di tutti gli odierni ricorrenti, eccetto il COGNOME, alle differenze retributive a seguito della vicenda riguardante la loro partecipazione alla procedura interna di riqualificazione per il passaggio di area.
Precisa che i dipendenti avevano poi adito il Tribunale per ottenere a titolo di risarcimento del danno le stesse differenze di retribuzione negate dal Tribunale.
Lamenta l’erroneità dell e statuizioni relative alla mancata deduzione, nell’atto di appello, dell’identità della causa petendi ; sostiene che la domanda risarcitoria era proponibile con una domanda riconvenzionale nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.
La censura è infondata.
E  pacifico  che  le  sentenze  emesse  dal  Tribunale  di  Roma  nei  procc.  nn. 13737/2012 e 27592/2012 (depositate in via telematica) hanno riguardato le
pretese  dei  ricorrenti  (escluso  NOME  COGNOME)  relative  alle  differenze retributive, mentre nel presente giudizio gli originari ricorrenti hanno fatto valere una pretesa risarcitoria; deve pertanto escludersi che le domande risarcitorie azionate nel presente giudizio abbiano la stessa causa petendi delle domande relative alle differenze di retribuzione.
Come evidenziato da questa Corte, il principio in virtù del quale il giudicato copre il dedotto e il deducibile concerne i limiti oggettivi del giudicato, il cui ambito di operatività è correlato all’oggetto del processo e riguarda, perciò, tutto quanto rientri nel suo perimetro, estendendosi non soltanto alle ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio, ma anche a tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia; i limiti oggettivi del giudicato, pertanto, anche con riguardo al deducibile, non si estendono a domande diverse per petitum e causa petendi , rispetto alle quali può porsi soltanto il problema di una eventuale preclusione che, tuttavia, non può ritenersi sussistente in ragione del mero rapporto di connessione intercorrente con una domanda già proposta in un giudizio precedente, in quanto la connessione incide normalmente sulla competenza del giudice, ma non postula il necessario cumulo delle domande connesse. (Cass. n. 1259/2024; Cass. n. 33021/2022).
Né può diversamente argomentarsi sulla base del principio espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 26727/2024 secondo cui ‘ nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la proposizione da parte dell’opposto nella comparsa di risposta di domande alternative a quella introdotta in INDIRIZZO monitoria è ammissibile se tali domande trovano il loro fondamento nel medesimo interesse che aveva sostenuto la proposizione della originaria domanda nel ricorso diretto all’ingiunzione ‘ .
Tale pronuncia si è infatti limitata ad affermare che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo sono proponibili, da parte dell’opposto, domande alternative rispetto a quella proposta in sede monitoria (non inibite della causa petendi e del petitum ), ma non ha in alcun modo ritenuto che l’opposto abbia l’obbligo di proporle.
E’ dunque conforme a tali principi la sentenza impugnata, che ha escluso la portata preclusiva dei giudicati del 2013 rispetto alla domanda di risarcimento del danno.
Con il secondo motivo il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2909 cod. civ. ai sensi dell’art. 360, comma primo, nn. 3 cod. proc. civ., per avere la sentenza impugnata erroneamente ritenuto la sussistenza dell’elemento soggettivo.
Sostiene  che  la  questione  del l’insussistenza  dell’elemento  soggettivo è coperta dai giudicati del 2013, che confliggono con la sentenza del Tribunale di Roma n. 4981/2011, e che tale contrasto si risolve in favore dei primi.
Addebita  alla  Corte  territoriale  di  essersi  limitata  a  riportare  le  statuizioni contenute nella sentenza del Tribunale di Roma n. 4981/2011 (che aveva solo riconosciuto  il  maggior  punteggio  per  le  lauree  dei  ricorrenti  ma  non  aveva valutato l’elemento soggettivo dell’Amministrazione), senza effettuare autonome considerazioni.
Critica la sentenza impugnata per avere sminuito la portata della sentenza del Tribunale di Bologna n. 101/2012, da cui si desume che l’attribuibilità del punteggio al titolare di qualunque laurea non era incontrovertibile.
4. Il motivo è infondato.
La sentenza impugnata, nel pronunciarsi sul secondo motivo di appello, con cui il RAGIONE_SOCIALE aveva censurato la sentenza di primo grado per avere ritenuto scontata l’illiceità della condotta dell’Amministrazione, ha dato espressa contezza delle ragioni per le quali il Tribunale aveva ravvisato detta illiceità, e le ha condivise.
Ciò premesso, i giudicati del Tribunale di Roma 16.5.2013 e del 31.10.2013, che hanno statuito sulla domanda riguardante le differenze retributive, si sono limitati a ritenere preclusa la retrodatazione giuridica a fronte delle previsioni contenute nel bando (che aveva ancorato la decorrenza economica alla stipula dei contratti) e al mancato svolgimento della prestazione, e non hanno dunque statuito sull’elemento soggettivo dell’Amministrazione.
Non è dunque ravvisabile un contrasto tra detti giudicati e quello del 2011, che si è pronunciato solo sulla questione riguardante la valutazione del titolo di studio ai fini della formulazione della graduatoria.
L’illiceità della condotta dell’Amministrazione non può infine ritenersi esclusa dalla necessità di un accertamento giudiziale riguardante la valutazione del titolo di studio.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Non sussistono le condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002 perché la norma non può trovare applicazione nei confronti di quelle parti che, come le Amministrazioni dello Stato, mediante il meccanismo della prenotazione a debito siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo (Cass., S.U., n. 4315/2020; Cass., S.U., n. 9938/2014; Cass. n. 1778/2016; Cass. n. 28250/2017 e, di recente, Cass. n. 24286/2022). 
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a rifondere le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi ed in € 3000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge, da distrarsi in favore dell’AVV_NOTAIO;
dà  atto  della  non sussistenza  dell’obbligo  per  parte  ricorrente,  ai  sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata.
Così  deciso  in  Roma,  nella  camera  di  consiglio  della  Sezione  Lavoro  della Corte Suprema di Cassazione, il 24 settembre 2025.
La Presidente NOME COGNOME