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Risarcimento del danno e giudicato: il caso dei dipendenti

La Corte di Cassazione ha stabilito che una precedente sentenza che nega le differenze retributive a dei dipendenti pubblici non preclude una successiva azione per il risarcimento del danno. Il caso riguardava alcuni dipendenti a cui un Ministero non aveva inizialmente riconosciuto un punteggio per il titolo di laurea in una procedura di progressione interna, ritardandone l’inquadramento. La Corte ha chiarito che la domanda per le differenze retributive (basata sul contratto) e quella per il risarcimento del danno (basata sulla condotta illecita dell’amministrazione) hanno una ‘causa petendi’ diversa, pertanto non sono coperte dallo stesso giudicato.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Risarcimento del Danno e Giudicato: Quando una Causa Persa non è Davvero la Fine

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale sui limiti del giudicato, specialmente quando si parla di risarcimento del danno nel pubblico impiego. La pronuncia stabilisce che aver perso una causa per ottenere differenze retributive non impedisce di avviare una nuova azione legale per ottenere il risarcimento del danno derivante dalla stessa condotta illecita del datore di lavoro. Vediamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Una Promozione Ritardata

La vicenda ha origine da una selezione interna indetta da un Ministero per la progressione di carriera di alcuni suoi dipendenti. Il bando prevedeva l’attribuzione di un punteggio specifico (40 punti) per il possesso di un diploma di laurea. Inizialmente, l’Amministrazione non aveva riconosciuto tale punteggio ai dipendenti laureati, causando un ritardo nel loro corretto inquadramento in una posizione economica superiore.

Successivamente, a seguito del riconoscimento del punteggio, i dipendenti ottenevano la retrodatazione del loro inquadramento, ma solo ai fini giuridici e non economici, poiché la decorrenza economica era legata alla stipula effettiva del nuovo contratto individuale.

La Prima Battaglia Legale e la Successiva Azione di Risarcimento

In un primo momento, i dipendenti avevano agito in giudizio per ottenere le differenze retributive non percepite a causa del ritardato inquadramento. Questa domanda, tuttavia, era stata respinta con sentenze passate in giudicato, poiché la decorrenza economica era ancorata alla stipula del contratto e non alla retrodatazione giuridica.

Non dandosi per vinti, i lavoratori hanno intrapreso una nuova azione legale, questa volta chiedendo non più le differenze retributive, ma il risarcimento del danno causato dalla condotta illegittima del Ministero, quantificandolo in una somma pari alle retribuzioni non percepite. Il Ministero si è difeso sollevando l’eccezione di giudicato (exceptio giudicati), sostenendo che la questione fosse già stata decisa.

Le Motivazioni della Cassazione sul Risarcimento del Danno

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Ministero, confermando la decisione della Corte d’Appello. Il punto centrale della motivazione risiede nella distinzione tra la causa petendi della prima azione e quella della seconda.

Distinzione tra Azione Retributiva e Risarcitoria

La Corte ha spiegato che la domanda per le differenze retributive si fonda sul rapporto di lavoro e sul diritto contrattuale a percepire una certa retribuzione. L’azione per il risarcimento del danno, invece, si fonda su un presupposto diverso: un fatto illecito commesso dalla Pubblica Amministrazione (ai sensi dell’art. 2043 c.c.), ossia l’errore inescusabile nella valutazione dei titoli che ha causato un pregiudizio ai dipendenti.

Il fatto che il danno sia stato quantificato in misura pari alle mancate retribuzioni è irrilevante ai fini dell’identità delle domande. Si tratta di due pretese giuridicamente distinte, anche se economicamente equivalenti.

I Limiti del Giudicato

La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: il giudicato copre il ‘dedotto’ e il ‘deducibile’, ma non si estende a domande diverse per petitum (l’oggetto della richiesta) e causa petendi (i motivi giuridici). La domanda risarcitoria non era una questione ‘deducibile’ nel primo giudizio, ma una domanda autonoma che i dipendenti non avevano l’obbligo di proporre cumulativamente a quella retributiva.

Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, conferma che l’esito negativo di una causa non preclude necessariamente ogni altra via legale se è possibile fondare una nuova domanda su basi giuridiche differenti. In secondo luogo, sottolinea la responsabilità della Pubblica Amministrazione per gli errori commessi nelle procedure di selezione, anche quando questi non danno luogo a un diritto retributivo diretto. L’errore palesemente in contrasto con le chiare previsioni del bando è stato ritenuto inescusabile e, pertanto, fonte di un danno risarcibile per i lavoratori ingiustamente penalizzati.

Una sentenza definitiva che nega le differenze retributive impedisce di chiedere il risarcimento del danno per la stessa vicenda?
No. Secondo la Corte, se le due domande si basano su ‘cause petendi’ (fondamenti giuridici) diverse, il giudicato sulla prima non preclude la seconda. La richiesta di retribuzione si basa sul contratto, mentre quella di risarcimento si fonda su un atto illecito.

Qual è la differenza tra una domanda per differenze retributive e una per risarcimento del danno?
La domanda per differenze retributive è un’azione contrattuale con cui si chiede il pagamento di quanto dovuto in base al rapporto di lavoro. La domanda di risarcimento del danno è un’azione extracontrattuale (basata sull’art. 2043 c.c.) che mira a ottenere una compensazione per un pregiudizio subito a causa della condotta illecita di un altro soggetto.

L’errore della Pubblica Amministrazione nel valutare un titolo di studio in un concorso è considerato una condotta illecita?
Sì. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che l’errore del Ministero fosse inescusabile, dato che il bando di selezione prevedeva in modo ‘univoco ed incontrovertibile’ l’attribuzione di un punteggio per la laurea. Tale condotta, essendo illecita, ha costituito il presupposto per la richiesta di risarcimento del danno.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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