Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12260 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 12260 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11560/2024 R.G. proposto da :
NOME COGNOME con diritto di ricevere le notificazioni presso la PEC degli avvocati COGNOME e NOME COGNOME che lo rappresentano e difendono
-ricorrente-
contro
COMUNE DI COGNOME, in persona del legale rappresentante pro tempore, con diritto di ricevere le notificazioni presso la PEC dell’avvocato COGNOME NOMECOGNOME che lo rappresenta e difende -controricorrente- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 3497/2023 pubblicata il 03/11/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Napoli, con la sentenza n.3497/2023 pubblicata il 03/11/2023, ha in parte accolto il gravame proposto dal Comune di Caivano nella controversia con NOME COGNOME. In parziale riforma della sentenza impugnata ha confermato «l’illegittimità del comportamento di dequalificazione professionale del COGNOME» per il periodo dal 01/05/2017 al 10/09/2019 e ha ridotto la condanna al risarcimento del danno dalla misura del 100% della retribuzione mensile al 30%.
La controversia, per la parte ancora viva nel giudizio di legittimità, ha per oggetto l’accertamento del demansionamento e della dequalificazione professionale del Coppola nel periodo dal 01/05/2017 al 10/09/2019, oltre al risarcimento dei danni.
Il Tribunale di Napoli Nord accoglieva, in quella parte, le domande del ricorrente e condannava il Comune di Caivano al risarcimento del danno liquidato in misura del 100% della retribuzione mensile. L’entità del risarcimento è stata sensibilmente ridotta dalla Corte d’appello.
Per la cassazione di tale ultima sentenza ricorre il COGNOME con ricorso affidato a due motivi. Il Comune di Caivano resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 1218 cod. civ., e 115 cod. proc. civ., in relazione all’art.360, comma 1 numeri 3 e 4 cod. proc. civ.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1226 e 2056 cod. civ., 132 cod. proc. civ. e 111 Cost. in relazione all’art. 360 comma primo nn. 3 e 4 cod. proc. civ.
Il primo motivo è inammissibile. Il ricorrente deduce che la corte territoriale ha erroneamente percepito le risultanze istruttorie,
poiché sia dalle dichiarazioni testimoniali rese nel giudizio di primo grado che dal Regolamento della Biblioteca decentrata di Pascarola non è possibile desumere alcun elemento fattuale a sostegno della tesi del solo parziale svuotamento di mansioni, ritenuto in motivazione.
La corte territoriale, dopo aver ritenuto provato il demansionamento, quanto alla sua portata ha così motivato: «non può ritenersi che si sia verificato un completo svuotamento delle mansioni del livello proprio del lavoratore e tanto per quanto emerge pure dalle dichiarazioni dai testi escussi nel giudizio di primo grado e dalle mansioni allo stesso attribuite per come risultanti dal Regolamento della Biblioteca di Pascarola, in atti».
Il motivo di ricorso, che riporta per esteso le dichiarazioni rese dai testimoni avanti al primo giudice e lo stralcio del Regolamento, si risolve nella censura della valutazione delle prove soggette al libero apprezzamento del giudice di merito, non sussistendo alcuna delle ipotesi che fanno eccezione alla regola generale stabilita dall’art.116 comma primo cod. proc. civ.
La corte territoriale ha proceduto alla valutazione delle prove senza travalicare i limiti stabiliti dalla disposizione da ultimo citata, e dando conto del suo convincimento in modo sufficiente.
Il motivo è quindi inammissibile.
Il secondo motivo è fondato. Il ricorrente deduce che la motivazione della corte territoriale in punto quantificazione del danno risarcibile è meramente apparente, perché è del tutto inidonea a consentire l’individuazione dell’iter logico giuridico che ha determinato la corte alla liquidazione del danno nella misura ridotta del 30%, rispetto a quella del 100% cui era pervenuto il giudice di prime cure.
Sul punto la corte territoriale ha così motivato: «pur concordando con la decisone del Tribunale in merito all’avvenuto demansionamento del COGNOME, alla luce della giurisprudenza
prevalente, non condivide questo Collegio il calcolo del risarcimento del danno nella misura massima, ritenendo, invece, equo quantificarlo, a tutela della professionalità acquisita nel tempo, nella misura del 30% della retribuzione mensile».
9. Secondo il costante orientamento di questa Corte, al quale si intende dare continuità, «la liquidazione equitativa, anche nella sua forma cd. ‘ pura ‘ , consiste in un giudizio di prudente contemperamento dei vari fattori di probabile incidenza sul danno nel caso concreto, sicché, pur nell’esercizio di un potere di carattere discrezionale, il giudice è chiamato in motivazione, a rendere evidente il percorso logico seguito nella propria determinazione e consentire il sindacato del rispetto dei principi del danno effettivo e dell’integralità del risarcimento (argomenta da Cass. 13.9.2018 n.22272). Al fine di evitare che la relativa decisione si presenti come arbitraria e sottratta ad ogni controllo, è necessario quindi che il giudicante indichi, almeno sommariamente e nell’ambito dell’ampio potere discrezionale che gli è proprio, i criteri seguiti per determinare l’entità del danno e gli elementi su cui ha basato la sua decisione in ordine ai “quantum”» (Cass. 28/12/2023 n.36206; id. 07/02/2023 n.3700).
10. Il percorso logico seguito dal giudice del merito nella determinazione del quantum deve essere ancora più puntuale quando, come si è verificato nel caso di specie, si è in presenza di una difformità notevole tra la quantificazione compiuta dal primo giudice (totale svuotamento di mansioni; danno pari al 100% della retribuzione mensile) e quella della corte territoriale (parziale svuotamento di mansioni; danno pari al 30% della retribuzione mensile). Difformità di natura tale da non poter essere spiegata con la fisiologica banda di oscillazione propria della liquidazione del danno in via equitativa.
11. La corte territoriale non si è attenuta a questo principio di diritto, poiché ha motivato la notevole riduzione del risarcimento
del danno sulla sola base della «tutela della professionalità acquisita nel tempo», parametro equivoco, generico ed in quanto tale inidoneo a fondare una riduzione del risarcimento del danno in misura pari al 70% di quanto già liquidato dal primo giudice.
12. Per questi motivi deve essere accolto il secondo motivo di ricorso, inammissibile il primo; la sentenza deve essere cassata con riferimento al motivo accolto con rinvio alla Corte d’appello di Napoli che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso; dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della