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Risarcimento danno voto: non basta la lesione del diritto

Un cittadino chiede il risarcimento del danno per non aver potuto votare a un referendum a causa di un ritardo del Comune nel reinserirlo nelle liste elettorali. La Cassazione ha negato il risarcimento danno voto, affermando che la semplice lesione del diritto non è sufficiente. È necessaria la prova di un danno-conseguenza concreto, che l’attore non ha fornito.

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Pubblicato il 5 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Risarcimento danno voto: non basta l’errore del Comune, serve la prova del danno

L’impossibilità di esercitare il proprio diritto di voto a causa di un errore della Pubblica Amministrazione non garantisce un risarcimento danno voto automatico. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di responsabilità civile: la lesione di un diritto, anche se costituzionalmente garantito come quello al voto, non coincide con il danno risarcibile. Quest’ultimo deve essere provato nelle sue concrete conseguenze negative.

I Fatti di Causa

Un cittadino, precedentemente sottoposto a una misura di prevenzione che aveva comportato la sua cancellazione dalle liste elettorali, si è visto negare la possibilità di votare in occasione di un referendum nazionale. La misura era cessata da oltre un anno, ma il Comune di residenza aveva omesso di reinserirlo tempestivamente negli elenchi degli elettori.

Ritenendo leso il suo diritto fondamentale al voto, il cittadino ha citato in giudizio il Comune per ottenere un risarcimento per il danno non patrimoniale subito. Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello in secondo grado hanno rigettato la sua domanda, sostenendo che non era stata fornita la prova di un danno concreto. In particolare, non era stato dimostrato che il cittadino si fosse effettivamente recato al seggio per votare o che avesse manifestato in altro modo la sua volontà di partecipare alla consultazione referendaria.

La Decisione della Corte e il Risarcimento Danno Voto

La questione è giunta dinanzi alla Corte di Cassazione. Il ricorrente sosteneva che il danno fosse in re ipsa, cioè implicito nella stessa violazione del diritto di voto. Secondo questa tesi, l’impossibilità di partecipare alla vita democratica del Paese costituirebbe di per sé un danno risarcibile, a prescindere da ulteriori prove.

La Suprema Corte ha respinto questa impostazione, confermando le decisioni dei giudici di merito. I giudici hanno chiarito che, secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza, il risarcimento del danno non patrimoniale non è mai automatico.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha fondato la sua decisione sulla distinzione tra ‘danno-evento’ e ‘danno-conseguenza’.

– Il danno-evento è la lesione dell’interesse giuridicamente protetto (in questo caso, il diritto di voto garantito dall’art. 48 della Costituzione).
– Il danno-conseguenza è l’insieme delle concrete ripercussioni negative che da quella lesione derivano nella sfera del danneggiato.

L’ordinamento giuridico, ha spiegato la Corte, non risarcisce il ‘danno-evento’ in sé, ma solo il ‘danno-conseguenza’ che da esso scaturisce. Pertanto, non è sufficiente lamentare la violazione di un diritto fondamentale; è onere di chi chiede il risarcimento allegare e provare quali specifiche conseguenze pregiudizievoli abbia subito.

Nel caso specifico, l’errore del Comune era pacifico e non contestato. Tuttavia, per ottenere il risarcimento, il cittadino avrebbe dovuto dimostrare di aver subito un pregiudizio concreto, ad esempio provando di essersi recato al seggio e di aver scoperto solo in quel momento l’impossibilità di votare, con la conseguente frustrazione e sofferenza. In assenza di tale prova, la domanda risarcitoria non poteva essere accolta.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida un importante principio: la tutela risarcitoria dei diritti fondamentali non opera in automatico. Anche quando un diritto costituzionalmente garantito viene violato, il cittadino che intende ottenere un risarcimento deve farsi carico di dimostrare il danno effettivo patito. L’illecito della Pubblica Amministrazione è il presupposto necessario, ma non sufficiente, per fondare una pretesa risarcitoria. È indispensabile provare che da quell’illecito sia derivato un pregiudizio concreto e tangibile, che va oltre la mera lesione del diritto in sé.

È sufficiente la lesione del diritto di voto per ottenere un risarcimento del danno?
No, secondo la Corte di Cassazione la semplice lesione del diritto di voto (danno-evento) non è sufficiente. Per ottenere un risarcimento è necessario provare l’esistenza di un danno-conseguenza, ossia le concrete ripercussioni negative subite.

Cosa deve dimostrare in giudizio chi lamenta di non aver potuto votare a causa di un errore della Pubblica Amministrazione?
Chi agisce in giudizio deve allegare e provare di aver subito un danno concreto. Ad esempio, deve dimostrare di aver manifestato la volontà di votare, come recarsi al seggio elettorale, e di aver subito un pregiudizio effettivo dall’impossibilità di esercitare il proprio diritto.

In questo caso, perché la Corte ha respinto la richiesta di risarcimento?
La Corte ha respinto la richiesta perché il ricorrente, pur a fronte dell’incontestato errore del Comune, non ha fornito alcuna prova che da tale errore fosse derivato un danno concreto. Non è stato dimostrato che egli si fosse recato a votare o avesse subito un pregiudizio effettivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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