Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20298 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20298 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9236/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo rappresentante legale p.t., NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), pec: EMAIL;
-ricorrente-
contro
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO presso lo Studio dell’avvocato AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
e nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE;
-intimata-
avverso la SENTENZA del Tribunale di NAPOLI n. 7917/2021, depositata il 30/09/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il sig. NOME COGNOME conveniva in giudizio la società RAGIONE_SOCIALE, incaricata dalla RAGIONE_SOCIALE del trasporto di un quadro dell’RAGIONE_SOCIALEsta argentino NOME che egli aveva acquistato presso la RAGIONE_SOCIALE e pagato euro 1.664,00, chiedendone la condanna al risarcimento del danno, da quantificarsi in euro 5.000,00; adduceva, a tal fine, che il quadro gli era stato consegnato danneggiato, in una cassa di imballaggio in legno, divelta, con segni di pedate e con sopra un adesivo riconducibile alla società RAGIONE_SOCIALE.
La convenuta chiedeva ed otteneva di chiamare in giudizio la società RAGIONE_SOCIALE, la quale, in virtù di un rapporto di franchising , gestiva in modo autonomo ed indipendente l’attività di trasporto nella zona di provenienza del collo asseritamente danneggiato, denunciava il mancato esperimento del tentativo di negoziazione assistita e, nel merito, eccepiva la decadenza ex art. 1698 cod.civ. e l’operatività della clausola di esclusione di responsabilità prevista dalle Condizioni generali di contratto applicabile a tutte le spedizioni affidate alle società licenziatarie del marchio GLS.
La società RAGIONE_SOCIALE, costituitasi in giudizio, denunciava il difetto di legittimazione attiva della società RAGIONE_SOCIALE ad evocarla in giudizio, per insussistenza dei presupposti di cui all’art. 106 cod.proc.civ., l’incompetenza territoriale del giudice adito, l’intervenuta prescrizione in forza dell’art. 2951 cod.civ. e la decadenza ex art. 1698 cod.civ. e, in via gradata, contestava il quantum debeatur .
Il Giudice di Pace di Barra, con la sentenza n. 1894/2019, accoglieva la domanda di NOME COGNOME e condannava RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, in solido, al pagamento di euro 2.946,00, a titolo di risarcimento del danno, ed alle spese di lite e di CTU.
Il Tribunale di Napoli, con la sentenza n. 7917/2021, depositata il 30/09/2021 , ha rigettato l’appello principale proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE, ha accolto, invece, l’appello incidentale di RAGIONE_SOCIALE, volto a far accertare il suo difetto di legittimazione passiva. Ha quindi confermato la condanna di RAGIONE_SOCIALE, contenuta nella sentenza di prime cure, al pagamento a favore del COGNOME di euro 2.946,00.
Per la cassazione di detta sentenza propone ricorso la società RAGIONE_SOCIALE, formulando cinque motivi.
Resiste con controricorso il COGNOME.
La società RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 e 2961 cod.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.
Attinta da censura è la statuizione con cui il Tribunale ha rigettato l’eccezione di prescrizione ex art. 2951 cod.civ., ritenendo chiamato tempestivamente in giudizio il soggetto apparentemente legittimato a rispondere dei danni all’oggetto trasportato, ovvero quello il cui nominativo era indicato sull’imballaggio.
Deduce che il COGNOME: i) dopo aver denunciato, con raccomandata a/r del 5 maggio 2016, il danno alla società RAGIONE_SOCIALE, aveva ricevuto dalla stessa comunicazione, datata 9/05/2016, che la indicava come responsabile del danno; ii) sulla scorta di detta indicazione, il 13/05/2016, NOME le aveva inviato la sua richiesta risarcitoria; iii)
solo successivamente, con atto del 4/05/2017, aveva citato in giudizio RAGIONE_SOCIALE
Costituitasi in giudizio, la convenuta, precisamente in data 18/09/2017, aveva chiesto la sua chiamata in giudizio, indicandola come l’esclusiva legittimata passiva. Pertanto, facendo corretta applicazione dell’art. 2951 cod.civ., la domanda di risarcimento dei danni, essendo stata formulata nei suoi confronti a distanza di sedici mesi dalla precedente costituzione in mora, avrebbe dovuto essere dichiarata estinta per prescrizione.
Di conseguenza, il tribunale, avendo ritenuto che solo con la chiamata in causa effettuata da GLS l’attore aveva appreso che il trasporto era stato effettuato da un altro soggetto e che solo da quel momento iniziava a decorrere il termine di prescrizione breve, interrotto, poi, dall’estensione della domanda, avrebbe deciso in contrasto con la giurisprudenza di legittimità che esclude che l’ignoranza da parte del danneggiato dell’identità della persona danneggiante e/o che il dubbio sull’esistenza del suo diritto o sul soggetto tenuto al pagamento, configurando un impedendo soggettivo, impedisca il decorrere del termine di prescrizione.
Perciò l’aver considerato la sua chiamata in giudizio come una causa di legittimo differimento della decorrenza, nei suoi confronti, del termine di prescrizione sarebbe illogico, ingiustificato ed erroneo.
Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
È inammissibile: a) data l’assertività delle circostanze descritte dalla società ricorrente; b) la mancata confutazione della circostanza sulla scorta della quale il Tribunale ha ritenuto che la chiamata in giudizio della RAGIONE_SOCIALE era inevitabile, in considerazione del fatto che detto vettore era l’unico soggetto identificabile quale autore della spedizione e che, a fronte delle informazioni richieste, RAGIONE_SOCIALE non aveva chiaramente indicato il soggetto incaricato del trasporto del quadro.
È infondato perché il principio dell’estensione automatica della domanda dell’attore al chiamato in causa da parte del convenuto che trova applicazione allorquando la chiamata del terzo sia effettuata al fine di ottenere la liberazione dello stesso convenuto dalla pretesa dell’attore, in ragione del fatto che il terzo s’individui come unico obbligato nei confronti dell’attore ed in vece dello stesso convenuto – il che si verifica quando il convenuto evocato in causa estenda il contraddittorio nei confronti di un terzo assunto come l’effettivo titolare passivo della pretesa dedotta in giudizio dall’attore; tale estensione ha effetti processuali oltre che sostanziali – comporta che la domanda dell’attore è da considerarsi implicitamente estesa nei confronti del terzo responsabile chiamato in giudizio anche prima che venga espressamente formulata contro lo stesso terzo (Cass. 8/09/1986, n. 5486 e successiva giurisprudenza conforme).
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 132, 2° comma, n. 4 cod.proc.civ., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 4, cod.proc.civ.
La ricorrente ripropone le contestazioni mosse alla CTU espletata in primo grado per accertare e quantificare il danno e denuncia il fatto che il Tribunale abbia quantificato il danno riproducendo quanto indicato nella CTU, senza indicare le ragioni in fatto e in diritto a sostegno della condivisione dei criteri utilizzati dal suo ausiliario.
Il motivo è infondato.
Questa Corte ha in più occasioni affermato che, nel caso in cui il giudice del merito aderisca al parere del consulente tecnico d’ufficio, egli non è tenuto ad esporne in modo specifico le ragioni. L’accettazione del parere, delineando il percorso logico della decisione, ne costituisce adeguata motivazione, non suscettibile di censure in sede di legittimità, ben potendo il richiamo dell’elaborato, anche “per relationem”, implicare una compiuta
positiva valutazione del percorso argomentativo e dei principi e metodi scientifici seguiti dal consulente (Cass. 06/05/2021, n. 11917; Cass. 11/06/2018, n. 15147; Cass. 21/11/2016, n. 23637) e lasciare desumere che le contrarie deduzioni delle pRAGIONE_SOCIALE sono state ritualmente disattese (Cass. 09/06/1998, n. 5677; Cass. 02/02/2015, n. 1815).
Tanto non può aversi, però, nell’ipotesi in cui a venire in rilievo, per l’adottata tecnica della motivazione, sia la mancata risposta alle deduzioni difensive delle pRAGIONE_SOCIALE che, obliterate dal consulente d’ufficio nella propria relazione, vengano, per l’operato richiamo, ignorate dal giudice.
Quando siano state sollevate dalle pRAGIONE_SOCIALE censure dettagliate e non generiche alla CTU, il giudice del merito ha l’obbligo di fornire una precisa risposta che, correlata alla specificità della critica, dia conto della scelta di aderire alle conclusioni del consulente d’ufficio con una più puntuale motivazione.
Là dove il giudice contravvenga all’indicato canone, la motivazione è apparente, data l’incapacità della relatio alle conclusioni del CTU di dare conto delle ragioni del percorso logico osservato, per inosservanza dell’obbligo, imposto dall’art. 132, 2° comma, n. 4, cod.proc.civ., di esporre concisamente i motivi in fatto e in diritto della decisione (per tutte cfr. Cass. 09/10/2017, n. 23594).
Non è questo, tuttavia, il caso, perché il Tribunale (cfr. § 5 della sentenza) ha respinto le deduzioni di controparte, convenendo sul fatto che il danno consistesse in un taglio nella tela di piccole dimensioni e che, pur trattandosi di una minima imperfezione, essa riguardava un’opera d’arte e quindi era tale da inficiarne totalmente il valore anche commerciale; ha aggiunto che ritenere il danno riparabile poiché l’autore era ancora vivo e avrebbe potuto rifarla ‘è assurdo’; il che significa che non solo ha condiviso gli esiti
della CTU, ma ha giustificato le ragioni di detta adesione ed ha disatteso le confutazioni dell’odierna ricorrente.
Con il terzo motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod.proc.civ., ex art. 360, 1° comma, n. 4, cod.proc.civ, per avere ritenuto non operativa la clausola di esonero della responsabilità per avaria della merce trasportata, riconducibile alla pRAGIONE_SOCIALEcolare natura del bene trasportato, prevista nelle condizioni generali di contratto.
Le condizioni generali di contratto, all’art. 3, indicavano come merce non trasportabile i lavori RAGIONE_SOCIALEstici con valore dichiarato superiore ad euro 130,00, sicché il Tribunale avrebbe dovuto esonerarla da responsabilità, invece, ha ritenuto che essendo stata la spedizione accettata -la natura e il valore della merce erano stati indicati nella commissione sottoscritta -vi era stato un diverso accordo tra le pRAGIONE_SOCIALE, atteso che l’art. 3 faceva salva la diversa pattuizione. Contesta la ricorrente che sia stata mai versata in atti la commissione sottoscritta di cui parla il Tribunale o altro documento contrattuale di contenuto analogo; di qui l’errore del giudice a quo che avrebbe deciso sulla scorta di una prova inesistente, in violazione dell’art. 115 cod.proc.civ.
Il motivo è inammissibile.
Ammesso che la documentazione cui allude il Tribunale non fosse versata in atti, ciò non ha carattere decisivo, perché la ratio decidendi della sentenza impugnata non ne risulta scalfita. Il giudice a quo ha, infatti, ritenuto intercorso tra le pRAGIONE_SOCIALE -cioè tra la mittente, la RAGIONE_SOCIALE d’arte, e il trasportatore un accordo in deroga rispetto alla clausola n. 3 delle condizioni generali di contratto, traendone la conferma dal fatto che la richiesta di spedizione era stata accettata (comportamento concludente).
La ricorrente, anziché confutare detta ratio decidendi , ha diretto i suoi sforzi nel tentativo di dimostrare non già che la spedizione era stata accettata ignorandone il contenuto e il valore, allo scopo di
escludere la ricorrenza di un comportamento concludente, ma che in giudizio non era stata prodotta -non è chiaro da chi, visto che il contratto di trasporto non era stato stipulato dal danneggiato, ma dalla RAGIONE_SOCIALE d’artela ‘commissione sottoscritta’ recante l’indicazione della natura e del valore della merce.
Con il quarto motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1698 cod.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 e n. 5, cod.proc.civ.
Il Tribunale avrebbe erroneamente escluso che NOME COGNOME fosse decaduto dall’azione ai sensi dell’art. 1698 cod.civ., ritenendo che già al momento della consegna del bene aveva sollevato contestazione in ordine all’integrità dell’imballo visibilmente danneggiato e che il trasportatore si era rifiutato di riceverla, illegittimamente, affermando che non era possibile indicare una riserva con l’apparecchio digitale in dotazione.
La statuizione sarebbe stata assunta, omettendo di esaminare ‘le circostanze rappresentate dal pagamento del corrispettivo dovuto al vettore e dal ricevimento senza riserve della merce trasportata da parte dell’AVV_NOTAIO, debitamente documentato dal bordereaux della spedizione controversa … , ma disconosciuto da parte resistente’, da cui si evinceva che il ricevente non aveva sollevato eccezioni. L’unica eccezione era stata formulata solo in data 13 maggio 2016 e quindi tardivamente.
Il motivo è inammissibile, perché oltre ad essere stato formulato, violando le prescrizioni di cui all’art. 366, 1° comma, n. 6, cod.proc.civ., non si confronta con la statuizione della impugnata sentenza, dalla quale si evince che il Tribunale ha dato rilievo al fatto che il destinatario del quadro -il quale, non avendo stipulato il contratto di trasporto, non poteva aver pagato per lo stesso, diversamente da quanto sostiene la ricorrente -aveva chiesto, ravvisata la condizione non integra dell’imballo che lo conteneva, di accettarlo con riserva e che il comportamento illegittimo del
trasportatore, il quale si era rifiutato di ricevere la contestazione, adducendo che l’apparecchio digitale in dotazione non consentiva di accettare la merce ricevuta con riserva, non aveva permesso di esprimere la contestazione per iscritto nell’immediatezza; ma ciò non escludeva affatto che la contestazione vi fosse stata.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore del controricorrente, con distrazione al difensore dichiaratosi antistatario, seguono la soccombenza. Non è viceversa a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore dell’altra intimata, non avendo la medesima svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 1.700,00, di cui euro 1.500,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente, con distrazione al difensore, dichiaratosi antistatario.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione civile