Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25390 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25390 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25449/2023 R.G. proposto da : COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME (CODICE_FISCALE, con domiciliazione digitale ex lege
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende con domiciliazione digitale ex lege
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANIA n. 1806/2023 depositata il 23/10/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con ricorso notificato in data 18/12/2023, illustrato da memoria, NOME COGNOME per la cassazione della sentenza n. 1806/2023, pronunciata dalla Corte di Appello di Catania, pubblicata in data 23.10.2023 e notificata in data 07/11/2023, con cui, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha accolto la domanda risarcitoria formulata da NOME COGNOME e condannato la ricorrente a pagare al controricorrente, quale erede legittimo di NOME COGNOME la somma di € 58.405,16, oltre agli accessori e spese dei due gradi. L’intimato ha notificato controricorso, illustrato da memoria.
NOME COGNOME in proprio oltre che nella qualità di erede legittimo della madre, Sig.ra NOME COGNOME conveniva in giudizio la cognata, sig.ra NOME COGNOME al fine di sentire dichiarare la nullità, per manifesta falsità, della firma apposta in calce alla scrittura privata del 07/05/2011 con cui la de cuius risultava avere venduto (un mese prima di morire) alla convenuta n. 44 titoli incorporanti diritti ad aiuti comunitari in materia di agricoltura (cd PAC al prezzo di euro 2.000,00 a fronte di un valore pari ad euro 16.191,19 in ragione di anno). Deduceva che i diritti in questione, inizialmente disciplinati dal Reg. CE n. 1782/2003 e successivamente dai Regolamenti CE nn. 73/2009 e 1307/2013, sono denominati ‘senza terra’ perché suscettibili di essere ceduti disgiuntamente dalle particelle di terreno originariamente abbinate per l’erogazione del beneficio e sottolineava che la sig.ra NOME COGNOME di
professione farmacista, aveva acquistato tali diritti senza il contestuale trasferimento dei terreni già di proprietà della de cuius e che, solo dopo l’acquisto si era munita dei requisiti formali legittimanti l’accesso alle erogazioni comunitarie, riscuotendo dal 2011 al 2019, l’importo complessivo di euro 116.810,32. Chiedeva pertanto che, previa declaratoria di nullità dell’atto traslativo per falsità (con conseguente ricaduta dei titoli nella comunione ereditaria instauratasi, per pari quota del 50% con il fratello NOME sui beni relitti dalla defunta madre), la convenuta fosse condannata al pagamento della complessiva somma di € 58.405,16, pari al 50% dell’importo pro quota dalla medesima incassato in luogo del controricorrente per gli anni 2011-2019. Quanto alla domanda risarcitoria, la convenuta ne contestava sia l’ an che il quantum: in particolare, sotto il primo profilo, relativo alla titolarità del diritto leso, affermava che il sig. NOME COGNOME poiché privo della qualifica di agricoltore, non sarebbe stato legittimato ad accedere ai contributi, sicché alcun effettivo pregiudizio avrebbe potuto dedurre. La domanda attorea veniva nel primo grado accolta sotto il profilo dell’accertata apocrifia della sottoscrizione, non riconducibile alla de cuius COGNOME NOMECOGNOME presente nella scrittura privata del 07.05.2011, ma riteneva non accoglibile la domanda avente ad oggetto la pretesa risarcitoria nei confronti della convenuta per difetto di prova di un pregiudizio risarcibile.
Proposto appello, NOME COGNOME censurava la sentenza per avere ritenuto che i requisiti di legittimazione, oggettivi e soggettivi, prescritti dalla normativa comunitaria ai soli fini dei trasferimenti inter vivos dei titoli in questione, fossero applicabili anche agli acquisti mortis causa , nonostante l’esplicita disposizione di segno contrario contenuta nella normativa di riferimento: ossia, sino al 2015, l’art. 46 del Reg. UE 1782/2003, e per il periodo successivo, dall’art. 34 Reg. UE n.
1307/2013, come ribadito dalla Circolare AGEA del 27/11/2021, nel cui ambito è statuito che l’erede acquista la titolarità dei diritti in questione in forza della semplice successione mortis causa , sicché i c.d. ‘PAC’ entrano automaticamente a fare parte dell’asse ereditario a prescindere dal possesso della qualifica di agricoltore attivo.
La Corte d’appello, accogliendo l’appello, assumeva che la disposizione di cui al citato art. 43 è presente anche nei successivi Regolamenti Ue (v. art.27 del Reg. Ue 2021/2115 e che il paragrafo 3 della Circolare Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura che eroga i titoli per cui è causa) n. 89117 del 21.11.2017 prevede oggi la possibilità di trasferimento dei titoli Agea anche ‘ in favore della comunione ereditaria ‘, con possibilità, ai commi secondo e terzo del citato articolo 43, di trasferimento a terzi dei titoli in esame. Ne ha dedotto pertanto che, in assenza della scrittura di vendita con firma falsificata, nel patrimonio della defunta NOME COGNOME sarebbero confluiti i titoli di cui la COGNOME si è illegittimamente appropriata e il RAGIONE_SOCIALE avrebbe potuto pro quota parte disporre dei medesimi a titolo oneroso oppure usufruirne anche direttamente acquisendo i requisiti necessari.
Il ricorso è affidato a quattro motivi.
Motivi della decisione
La ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione degli artt. 2043 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., sostenendo che la Corte d’Appello avrebbe erroneamente ritenuto sussistere la sua responsabilità per fatto illecito senza accertare il suo coinvolgimento nella falsificazione della firma della de cuius . Con il secondo motivo, strettamente connesso al primo, deduce l’omesso esame di un fatto decisivo ovvero la nullità della sentenza per motivazione apparente in relazione all’art. 360, co. 1 n. 5 c.p.c. oltre che all’art. 132, co. 2 c.p.c. 3).
6.1. Le due censure, da trattare congiuntamente in quanto attinenti alla medesima statuizione della sentenza impugnata, sono inammissibili. L’affermazione posta a fondamento dei motivi, secondo cui RAGIONE_SOCIALE non avrebbe mai allegato né provato la responsabilità della convenuta nell’illecita confezione e utilizzo della scrittura privata apocrifa, è in contrasto con l’accertamento dei giudici di merito. La Corte d’Appello, valutando gli elementi del caso, è giunta alla conclusione che la ricorrente si fosse “illegittimamente appropriata” dei titoli mediante una “falsa scrittura di vendita’, traendone i relativi vantaggi. Alla luce di quanto sopra, pacifica la qualità di erede legittimo di NOME COGNOME unitamente al fratello NOME, e calato il giudicato sulla falsità della scrittura del 7.5.2011, ha ritenuto che NOME, che si era avvantaggiata di tale scrittura, andasse condannata a risarcire all’appellante il danno da questi subito pari all’equivalente del denaro dalla prima ricevuto negli anni 2011 -2019 per la riscossione dei PAC.
6.2. La motivazione resa, pertanto, dimostra di avere considerato tutte le circostanze rappresentate, dandone una interpretazione coerente con il titolo di responsabilità extracontrattuale dedotto, atteso che il fatto illecito è desunto dall’utilizzo a proprio vantaggio della scrittura con firma apocrifa, e non dalla commissione del falso.
Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1223, 1226, 1227, 2043 e 2056 cod. civ., nonché del Reg. CE 1782/2003, del Reg. CE 73/2009 e del Reg. UE 1307/2013 e, in generale, delle norme e dei principi che regolano il risarcimento del danno patrimoniale. La ricorrente deduce che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente individuato e quantificato il danno derivante dalla mancata
inclusione dei diritti all’aiuto di cui al Reg. CE 1782/2003, al Reg. CE 73/2009 nell’asse ereditario della madre dell’odierno intimato nelle somme garantite, anno per anno, dalla ‘attivazione’ dei suddetti diritti all’aiuto, senza tuttavia avvedersi -e così incorrendo nell’ error iuris denunziato – che la semplice titolarità dei ‘diritti all’aiuto’, pur potendosi consolidare anche in capo all’erede non agricoltore, non può però mai attribuire al non agricoltore il diritto di pretendere il pagamento del contributo annuale negli importi assicurati, anno per anno, dall’utilizzo diretto e personale (ossia, dall’attivazione) dei diritti all’aiuto in questione.
7.1. Il motivo è inammissibile perché non considera la differente ratio decidendi posta a fondamento della decisione, là dove ha ritenuto che la scrittura privata contraffatta venne formata quando la madre del Sig. NOME COGNOME era ancora in vita, sicché il trafugamento dei titoli, e il conseguente diritto al risarcimento del danno, maturò dapprima nel patrimonio della de cuius per trasmettersi, e solo in un secondo momento, al figlio a titolo ereditario. Pertanto, alcuna delle questioni di legittimazione sollevate aveva motivo di porsi, sia sotto il profilo dell ‘an che del quantum debeatur nei confronti della NOME COGNOME vittima primaria dell’illecito.
Con il quarto motivo è dedotta la nullità della sentenza per violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., 111, comma 6, cost.,. e per motivazione inesistente su un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, n. 4), c.p.c. Si censura la decisione là dove ha ritenuto di riconoscere il risarcimento del danno patrimoniale consistente nella mancata percezione delle somme assicurate dall’attivazione ed utilizzo diretto e personale, anno per anno, dei diritti all’aiuto, osservando che il Sig. COGNOME avrebbe potuto acquisire i «requisiti
necessari», e dunque ragionando in via ipotetica e meramente assertiva. Il motivo è inammissibile per le stesse ragioni di cui al terzo motivo, essendosi il danno cristallizzato nel patrimonio della de cuius con la cessione dei titoli PAC avvenuta per mezzo della scrittura in questione. Ne consegue che, in assenza della falsa scrittura di vendita, la Corte ha ritenuto che nel patrimonio della defunta NOME COGNOME sarebbero confluiti i titoli di cui la COGNOME si è illegittimamente appropriata e il RAGIONE_SOCIALE avrebbe potuto disporre degli stessi a titolo oneroso, ovvero anche solo usufruirne direttamente acquisendo i requisiti necessari (come del resto risulta aver fatto la ricorrente dopo la cessione). La motivazione, dunque, non dimostra le incongruenze logiche denunciate in relazione alla consistenza del danno da risarcire all’erede.
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente alle spese di lite del presente giudizio, liquidate come di seguito. Sussistono le condizioni per condannare la ricorrente ex art. 96 c. 3, cod. proc. civ., stante la palese inammissibilità del ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.
Condanna la ricorrente al pagamento dell’ulteriore importo di € 2.500,00 ex art. 96, comma 3, cod. proc. civ.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari
a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 05/05/2025.
Il Presidente
NOME TRAVAGLINO