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Risarcimento danno ritardata assunzione: limiti

Una docente, dopo aver atteso 14 anni per una nomina in ruolo illegittimamente ritardata dall’Amministrazione, ottiene in via definitiva il pieno risarcimento del danno per la ritardata assunzione. La Corte di Cassazione, e per essa la Corte d’Appello in sede di rinvio, ha stabilito che non si può pretendere dal lavoratore di compiere sacrifici “gravosi o eccezionali”, come trasferirsi in un’altra regione per un lavoro precario, al solo fine di mitigare il danno causato dall’ente. La sentenza condanna quindi l’Amministrazione a versare tutte le retribuzioni perse, detratto solo quanto effettivamente guadagnato altrove dalla lavoratrice.

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Risarcimento Danno per Ritardata Assunzione: Quando il Lavoratore Non Deve ‘Fare di Più’ per Mitigare il Danno

Il percorso per ottenere un posto di lavoro stabile può essere lungo e complesso, ma cosa succede quando questo ritardo è causato da un errore della Pubblica Amministrazione? Una recente sentenza della Corte d’Appello di Venezia, decidendo in sede di rinvio dalla Cassazione, offre un’importante chiarimento sul risarcimento danno per ritardata assunzione. La decisione stabilisce un principio fondamentale: il lavoratore che subisce un danno non è tenuto a compiere sacrifici personali ‘gravosi o eccezionali’, come un trasferimento, solo per limitare le conseguenze economiche dell’illecito altrui. Questo caso riguarda una docente che ha atteso ben 14 anni per la sua legittima nomina in ruolo.

I Fatti del Caso: Una Lunga Attesa per un Diritto Riconosciuto

La vicenda ha inizio nel 1991, quando una docente avrebbe dovuto essere assunta con contratto a tempo indeterminato. A causa di un errore dell’amministrazione, ciò non avviene. La docente avvia un contenzioso amministrativo che, dopo anni, si conclude con una sentenza del Consiglio di Stato che le riconosce il diritto all’assunzione retroattiva dal 1° settembre 1991. Nonostante ciò, l’amministrazione scolastica la immette in ruolo con decorrenza economica solo dal 1° settembre 2005.

La docente avvia quindi una nuova causa per ottenere il risarcimento dei danni subiti, in particolare le retribuzioni non percepite dal 1991 al 2005. Sia il Tribunale che la prima Corte d’Appello accolgono solo parzialmente la sua richiesta, limitando il risarcimento al periodo 1991-1993. La motivazione? La docente, secondo i giudici, avrebbe potuto mitigare il proprio danno accettando incarichi di supplenza in province lontane dalla sua residenza, cosa che le avrebbe permesso di ottenere prima il ruolo.

La Questione Giuridica: I Limiti al Dovere di Mitigare il Danno e il risarcimento danno per ritardata assunzione

Il nodo centrale della controversia è l’interpretazione dell’articolo 1227, secondo comma, del Codice Civile. Questa norma prevede che il risarcimento non sia dovuto per i danni che il danneggiato avrebbe potuto evitare usando l'”ordinaria diligenza”. I primi giudici avevano interpretato questa norma in modo molto rigoroso, addossando alla lavoratrice l’onere di sradicarsi dal proprio contesto familiare e territoriale per un incarico precario, al fine di ridurre la responsabilità economica dell’amministrazione inadempiente.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ribaltato questa visione. Ha stabilito che l’obbligo di diligenza del danneggiato non può spingersi fino a imporre comportamenti ‘gravosi o eccezionali’ o che comportino ‘notevoli rischi o rilevanti sacrifici’. La Suprema Corte ha quindi cassato la sentenza d’appello e rinviato la causa per una nuova decisione, vincolando il nuovo giudice a questo principio di diritto.

La Decisione Finale della Corte d’Appello

In sede di rinvio, la Corte d’Appello di Venezia si è attenuta scrupolosamente ai principi dettati dalla Cassazione. Ha riconosciuto che pretendere dalla docente un trasferimento in un’altra regione, a fronte di una prospettiva lavorativa incerta e precaria, esorbitava dai limiti dell’ordinaria diligenza e costituiva un sacrificio non esigibile.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sulla base del principio vincolante stabilito dalla Corte di Cassazione. Il giudizio sull’obbligo di mitigare il danno deve essere condotto ‘ex ante’, cioè valutando la situazione come si presentava al momento dei fatti, e non ‘ex post’, con il senno di poi. All’epoca, la scelta di trasferirsi sarebbe stata un salto nel buio, fonte di pregiudizio familiare e personale, con esiti futuri tutt’altro che certi. Di conseguenza, il comportamento dell’Amministrazione è stata l’unica causa del danno. Poiché l’Amministrazione, nel nuovo giudizio, non ha contestato l’ammontare delle retribuzioni perdute quantificate dalla ricorrente (pari a circa 125.000 euro, già al netto di altri redditi percepiti, il cosiddetto aliunde perceptum), la Corte l’ha condannata al pagamento dell’intera somma, oltre a rivalutazione e interessi. Le ulteriori domande della docente relative al danno pensionistico e al TFR sono state respinte, in quanto escluse dall’oggetto del giudizio di rinvio e quindi coperte da giudicato.

Le Conclusioni

Questa sentenza rafforza un importante principio di equità e buona fede nei rapporti di lavoro, anche con la Pubblica Amministrazione. Il datore di lavoro che causa un danno con il proprio comportamento illegittimo non può scaricare sul lavoratore l’onere di porvi rimedio attraverso sacrifici personali sproporzionati. Il diritto al risarcimento danno per ritardata assunzione deve essere pieno e ristorare integralmente la perdita economica subita, senza che al lavoratore possano essere imputate omissioni che, in realtà, sarebbero state scelte di vita gravose e rischiose. La responsabilità per il ritardo ricade interamente su chi lo ha causato.

Un lavoratore ha sempre l’obbligo di cercare un altro lavoro per limitare il danno causato da una ritardata assunzione?
No. Secondo la sentenza, l’obbligo di mitigare il danno previsto dall’art. 1227 c.c. non si estende a comportamenti che risultino ‘gravosi o eccezionali’ o che comportino ‘notevoli rischi o rilevanti sacrifici’ per il danneggiato. Nel caso di specie, non si poteva pretendere che la lavoratrice si trasferisse in una provincia lontana per un incarico precario.

Come viene calcolato il risarcimento per la ritardata assunzione?
Il risarcimento è pari all’ammontare delle retribuzioni che il lavoratore avrebbe percepito se fosse stato assunto tempestivamente. Da questa somma deve essere detratto quanto eventualmente percepito da altre attività lavorative svolte nello stesso periodo (il cosiddetto ‘aliunde perceptum’). Al risultato si aggiungono la rivalutazione monetaria e gli interessi legali.

Se la Corte di Cassazione rinvia una causa alla Corte d’Appello, si possono presentare nuove domande?
Generalmente no. L’art. 394 c.p.c. stabilisce che nel giudizio di rinvio le parti non possono prendere conclusioni diverse da quelle del giudizio precedente, a meno che la necessità di nuove conclusioni non derivi dalla sentenza stessa della Cassazione. In questo caso, le domande relative al danno pensionistico e al TFR sono state respinte perché esulavano dall’oggetto del rinvio, che era limitato al solo danno patrimoniale da perdita delle retribuzioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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