Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 26979 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 26979 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso 11717-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE PUGLIA RAGIONE_SOCIALE AGENZIA REGIONALE PER LE ATTIVITA’ IRRIGUE E FORESTALI, in persona del Direttore Generale e legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 954/2023 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 27/11/2023 R.G.N. 531/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/06/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
R.G.N. 11717/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 06/06/2025
CC
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Lecce ha respinto il gravame proposto dall’Agenzia Regionale per le attività Irrigue e Forestali – ARIF Puglia e confermato la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto a NOME COGNOME il risarcimento da abusivo ricorso al termine per una serie di contratti intercorsi con la medesima Agenzia dal 1° luglio 2011 al 30 giugno 2017, escludendo che l’assunzione a tempo indeterminato nel frattempo intervenuta valesse ad escludere il relativo risarcimento del danno perché non collegata a specifiche previsioni legislative per stabilizzare il personale precario; era stata, altresì, accolta la domanda di ricostruzione della carriera, con riconoscimento degli anni di servizio precedenti all’assunzione a tempo indeterminato, in difet to di ragioni idonee a giustificare la diversità di trattamento con il personale di ruolo.
Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione l’Agenzia Regionale per le attività Irrigue e Forestali – ARIF Puglia sulla base di due motivi cui resiste con controricorso il dipendente.
La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 36, comma 5, d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, della L.R. 3 della Regione Puglia 25 febbraio 2010 n. 3, nonché dell’art. 28, comma 2, d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81. La Corte territoriale avrebbe errato nell’escludere l’efficacia sanante dell’intervenuta stabilizzazione, che avrebbe dovuto indurre i giudici d’appello a rigettare la domanda di risarcimento del danno.
1.1. La censura è infondata.
La sentenza impugnata ha motivato il proprio assunto richiamando la consolidata giurisprudenza in materia di risarcimento del danno cd. ‘comunitario’, da riconoscersi in favore di coloro che abbiano lavorato nell’ambito della pubblica amministrazione in virtù di abusivo ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato, in base ai criteri di liquidazione affermati in base alla nota decisione di questa Corte a Sezioni Unite (n. 5072 del 15 marzo 2016), in conformità alla direttiva 1999/70/CE, al fine di assicurare la tutela del lavoratore con la previsione di una misura sufficientemente dissuasiva anche come forma di agevolazione dell’onere probatorio circa il danno subito.
Quanto alla specifica questione dell’asserita efficacia sanante dell’assunzione a tempo indeterminato del lavoratore, avvenuta dal 20 luglio 2017, i giudici d’appello hanno richiamato la consolidata giurisprudenza di questa Corte precisato che ha affermato il diritto al risarcimento del danno nel caso in cui non ricorra come nel caso di specie la stretta correlazione tra l’abuso delle assunzioni a termine e la procedura di stabilizzazione.
Sono state, quindi, richiamate le pronunce di questa Corte,
Tale interpretazione si pone correttamente nella linea evolutiva della giurisprudenza di questa Corte, che ha chiarito come l’efficacia sanante della immissione in ruolo del lavoratore, in termini di idoneità a reintegrare le conseguenze pregiudizievoli de ll’illecito, escludendo il diritto al risarcimento del danno, dipende dalla connessione con la successione dei contratti a termine (Cass. Sez. L, 03/10/2023, n. 27882), nel senso che la stabilizzazione si ponga in rapporto di diretta derivazione causale e non già di mera agevolazione con l’abusiva reiterazione, occorrendo che sia stata da essa determinata,
costituendo l’esito di misure specificamente volte a superare il precariato (così Cass. Sez. L, 27/05/2021, n. 14815).
Nel caso di specie, l’immissione in ruolo non è avvenuta in ragione della successione dei contratti a termine bensì in applicazione del diritto di precedenza di cui al comma 4 quinquies dell’articolo 5 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 (Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES), come inserito dal comma 40 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247, secondo quanto previsto dal comma 2, let t. b), dell’art. 12 della L.R. n. 3 del 2010 per gli operai stagionali forestali utilizzati per una durata pari o superiore a centottantuno giornate lavorative, previsione applicabile, a ben vedere, a prescindere da qualsivoglia abusiva reiterazione del termine e, dunque, ad essa non ricollegabile.
Con il secondo motivo, si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione della clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla direttiva 1999/70/CE e dell’art. 97 Cost. Si assu me che la Corte d’appello avrebbe omesso di considerare che il personale a termine era compensato con un elemento aggiuntivo della retribuzione, al fine di sanare la disparità di trattamento con i lavoratori a tempo indeterminato, come richiesto dalla clau sola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato. Si evidenzia, inoltre, che la ricostruzione della carriera deve tenere conto della diversa modalità di reclutamento e del fatto che il COGNOME , per l’assunzione a tempo indeterminato, non aveva dovuto superare un concorso pubblico.
2.1. Anche tale censura è infondata, come ampiamente argomentato nella sentenza impugnata, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la clausola 4 dell’accordo quadro sul rapporto a tempo determinato, recepito dalla direttiva 99/70/CE, di diretta applicazione, impone al datore di lavoro pubblico di riconoscere, ai fini della progressione stipendiale e degli sviluppi di carriera successivi al 10 luglio 2001, l’anzianità di servizio maturata sulla base di contratti a tempo determinato, nella medesima misura prevista per il dipendente assunto ab origine a tempo indeterminato, allorché le funzioni svolte siano identiche a quelle precedentemente esercitate nell’ambito del contratto a termine, in applicazione del principio di non discriminazione (fra molte, Cass. Sez. L, 06/02/2019, n. 3473; Cass. Sez. L., 16/07/2020, n. 15231; in senso conforme, Cass. Sez. L, 02/12/2024, n. 30784).
Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass. Sez.
20/02/2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al rimborso di € 3.000,00 a titolo di compensi, oltre € 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge da distrarsi in favore dei procuratori dichiaratisi antistatari.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 06/06/2025.
La Presidente
NOME COGNOME