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Risarcimento danno pubblico impiego: no prova, no indennizzo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14419/2024, ha negato il risarcimento del danno a una dipendente pubblica a tempo indeterminato che aveva ricevuto una serie di incarichi dirigenziali temporanei illegittimi. La Corte ha stabilito che, non essendoci una situazione di precarietà lavorativa (la dipendente non ha mai rischiato il posto), non si applica l’indennità forfettaria prevista per l’abuso di contratti a termine. In assenza di una prova specifica del danno subito, la richiesta di risarcimento danno nel pubblico impiego è stata respinta, distinguendo tra l’illecito per violazione delle norme sul precariato e quello per violazione delle regole di accesso ai pubblici uffici.

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Pubblicato il 17 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Risarcimento danno pubblico impiego: quando la prova è tutto

Il tema del risarcimento danno pubblico impiego a seguito di un abuso nell’utilizzo di contratti o incarichi temporanei è complesso. Un’ordinanza della Corte di Cassazione ha tracciato una linea netta: se il lavoratore ha già un contratto a tempo indeterminato e non prova un danno specifico, non ha diritto ad alcun indennizzo, anche se l’amministrazione ha agito in modo illegittimo. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Una dipendente a tempo indeterminato di un’amministrazione pubblica aveva ricevuto, per un periodo superiore a 36 mesi, una serie di incarichi dirigenziali a carattere provvisorio. Tali incarichi sono stati poi revocati a seguito di una pronuncia della Corte Costituzionale che ne ha dichiarato l’illegittimità.

A seguito della revoca, la lavoratrice è tornata a svolgere le sue mansioni originarie, non dirigenziali, ma ha citato in giudizio l’ente pubblico. Tra le varie domande, ha richiesto la condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno per l’abuso dello strumento del contratto a termine.

Il Tribunale di primo grado le ha riconosciuto un risarcimento pari a 2,5 mensilità della retribuzione, decisione poi confermata dalla Corte d’Appello. L’amministrazione, tuttavia, ha presentato ricorso in Cassazione.

La Decisione della Cassazione e il mancato Risarcimento Danno Pubblico Impiego

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’amministrazione pubblica, ribaltando completamente le decisioni dei giudici di merito. Il punto centrale della decisione è la distinzione fondamentale tra due situazioni diverse:
1. Lavoratori precari: Coloro che, a causa dell’abuso di contratti a termine, vivono in una condizione di instabilità lavorativa.
2. Lavoratori a tempo indeterminato: Coloro che, come nel caso di specie, hanno un posto di lavoro stabile ma ricevono incarichi temporanei illegittimi.

La Corte ha specificato che le norme europee e la legislazione nazionale che prevedono un’indennità risarcitoria forfettaria (come quella dell’art. 32 della legge 183/2010) sono state create per sanzionare la precarietà e tutelare chi rischia di perdere il lavoro. Poiché la dipendente aveva un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, non è mai stata in una situazione di precarietà. Di conseguenza, non poteva beneficiare di quel meccanismo di risarcimento automatico.

Le Motivazioni: la Prova del Danno è Necessaria

Il cuore della motivazione risiede nel principio dell’onere della prova. La Cassazione ha spiegato che l’illecito commesso dall’amministrazione non era una violazione delle norme a tutela del lavoro precario, ma piuttosto una violazione delle regole costituzionali sull’accesso agli incarichi pubblici (art. 97 Cost.).

Questa distinzione è cruciale. Mentre nel caso di abuso del contratto a termine a danno di un precario il danno è presunto dalla legge (per compensare l’incertezza e la mancanza di stabilità), in tutti gli altri casi si applica la regola generale del nostro ordinamento: chi chiede un risarcimento deve dimostrare di aver subito un danno effettivo.

Nel caso specifico, la lavoratrice non ha fornito alcuna prova di aver subito un pregiudizio concreto dalla reiterazione degli incarichi dirigenziali. Non ha dimostrato, ad esempio, una perdita di chance di carriera o altri danni professionali. L’affermazione della Corte d’Appello, secondo cui il danno era presunto, è stata quindi ritenuta un errore di diritto. L’illegittimità della condotta dell’ente, da sola, non è sufficiente per generare un diritto al risarcimento se non si prova il conseguente danno.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

L’ordinanza stabilisce un principio chiaro e di grande importanza pratica: il risarcimento del danno forfettario, previsto per l’abuso dei contratti a termine, è una misura eccezionale destinata a tutelare i lavoratori precari.

Un dipendente pubblico con un contratto a tempo indeterminato che subisce un illecito, come l’assegnazione reiterata di incarichi temporanei, non ha diritto a un risarcimento automatico. Per ottenerlo, deve agire in giudizio e adempiere al proprio onere probatorio, dimostrando con fatti specifici il danno subito. Questa decisione rafforza la regola generale secondo cui non può esserci risarcimento senza la prova di un danno concreto.

Un dipendente pubblico a tempo indeterminato ha diritto a un risarcimento automatico per incarichi temporanei illegittimi?
No. Secondo la Cassazione, il risarcimento forfettario previsto per sanzionare l’abuso di contratti a termine non si applica se il lavoratore non ha mai corso il rischio di perdere il proprio posto di lavoro stabile.

Quale tipo di illecito ha commesso l’amministrazione pubblica in questo caso?
L’amministrazione ha violato le norme interne e costituzionali sull’accesso agli incarichi pubblici (art. 97 Cost.), non le norme europee a tutela dei lavoratori precari. La natura dell’illecito determina il regime del risarcimento.

Per ottenere un risarcimento, cosa avrebbe dovuto dimostrare la lavoratrice?
Avrebbe dovuto fornire la prova specifica di un danno concreto subito a causa della reiterazione degli incarichi, come ad esempio la perdita di una reale opportunità di carriera (perdita di chance) o altro pregiudizio professionale. La sola condotta illegittima dell’amministrazione non è sufficiente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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