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Risarcimento danno processo penale: la Procura decide

Un’agente commerciale, assolta in un processo penale per presunta falsificazione, ha richiesto un risarcimento danni alla sua mandante. La Corte di Cassazione ha rigettato la domanda, stabilendo che il diritto al risarcimento danno per un processo penale viene meno quando la catena causale è interrotta dalla decisione autonoma della Procura della Repubblica di avviare l’azione penale. Tale iniziativa, se non scaturita da una denuncia calunniosa, è considerata un evento indipendente che assorbe la causalità del presunto illecito originario.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Risarcimento Danno per Processo Penale: Quando l’Iniziativa del PM Interrompe il Nesso Causale

L’ottenimento di un risarcimento danno per un processo penale subito ingiustamente è un tema complesso, che dipende da un delicato equilibrio tra responsabilità e nesso di causalità. Con l’ordinanza n. 9076 del 2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su questo argomento, chiarendo il ruolo cruciale dell’iniziativa del Pubblico Ministero nell’interrompere la catena causale tra l’illecito originario e il danno patito dall’imputato poi assolto.

I Fatti del Caso: Da Agente Commerciale a Imputata

Una procacciatrice di nuovi clienti per una nota compagnia energetica veniva coinvolta in un procedimento penale. L’accusa era quella di aver falsificato la firma di un potenziale cliente su un contratto di fornitura di energia elettrica. Il procedimento si concludeva con la sua piena assoluzione, poiché il fatto non era stato da lei commesso. Ritenendo di aver subito un danno ingiusto, l’agente decideva di citare in giudizio sia la ditta intermediaria per cui lavorava, sia la compagnia energetica principale, chiedendo il risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 2049 c.c. (responsabilità dei padroni e dei committenti).

Il Percorso Giudiziario: La Richiesta di Risarcimento

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello rigettavano la domanda risarcitoria. Secondo i giudici di merito, il vero fatto generatore del danno non era la falsificazione del contratto, ma l’erronea decisione della Procura della Repubblica di sottoporre l’agente a processo penale senza aver svolto le necessarie indagini preliminari. Questa autonoma iniziativa dell’organo inquirente, secondo le corti, costituiva una cesura nel nesso di causalità, interrompendo il legame tra la condotta illecita (la falsificazione, che l’agente attribuiva a soggetti legati alle convenute) e il pregiudizio da lei subito. L’agente, insoddisfatta della decisione, proponeva ricorso per cassazione.

La Decisione della Cassazione sul risarcimento danno processo penale

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione della Corte d’Appello e rigettando la richiesta di risarcimento.

L’Interruzione del Nesso di Causalità

Il punto centrale della decisione riguarda il nesso di causalità. La Corte ha ribadito un orientamento giurisprudenziale consolidato: l’attività di indagine e l’eventuale esercizio dell’azione penale da parte del Pubblico Ministero sono atti dotati di una propria autonomia. Questa attività è idonea a interrompere il nesso causale tra un presunto illecito (come la presentazione di una denuncia infondata ma non calunniosa, o, come nel caso di specie, la creazione di una situazione che espone a rischio di indagini) e il danno subito dall’imputato poi risultato innocente.
In altre parole, la responsabilità del danno derivante da un processo non può essere automaticamente attribuita a chi ha dato origine alla vicenda, perché la decisione finale di perseguire penalmente una persona spetta esclusivamente e autonomamente all’Autorità Giudiziaria.

L’Inammissibilità degli Altri Motivi di Ricorso

La ricorrente aveva sollevato altre questioni, lamentando che la Corte d’Appello non avesse esaminato il contratto falsificato e avesse erroneamente escluso la responsabilità della compagnia energetica. La Cassazione ha ritenuto questi motivi inammissibili definendoli ‘assorbiti’. Una volta stabilito e confermato che il nesso di causalità era stato interrotto, diventava irrilevante accertare chi avesse materialmente compiuto la falsificazione o se la compagnia fosse responsabile per l’operato dei suoi agenti. La questione della causalità, essendo preliminare e decisiva, ha reso superfluo l’esame di ogni altra censura.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sul principio che l’ordinamento tutela l’esercizio del diritto di denuncia, a meno che non si configuri il reato di calunnia. Estendendo questo principio, si ritiene che l’attività del Pubblico Ministero agisca come un filtro autonomo. La decisione di avviare un processo penale è frutto di una valutazione discrezionale dell’organo inquirente, che si interpone tra il fatto originario e il danno finale (il coinvolgimento nel processo). Pertanto, il danno lamentato non è una conseguenza immediata e diretta dell’illecito iniziale, ma dell’autonoma determinazione della magistratura. La Corte territoriale, secondo la Cassazione, ha fornito una motivazione coerente e sufficiente, rispettando il ‘minimo costituzionale’ richiesto, e la ricorrente avrebbe dovuto contestare la decisione sul piano della violazione di legge (errata applicazione delle norme sul nesso causale) e non su quello del vizio di motivazione.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio di notevole importanza pratica: chi subisce un processo penale dal quale esce assolto non può automaticamente rivalersi su chi ha dato origine agli accertamenti, a meno che non dimostri che l’accusa era calunniosa. L’autonomia e l’indipendenza dell’azione del Pubblico Ministero fungono da scudo, interrompendo il nesso causale e precludendo, nella maggior parte dei casi, la possibilità di ottenere un risarcimento danno per il processo penale subito.

È possibile ottenere un risarcimento se si viene assolti da un’accusa penale?
Non automaticamente. Secondo questa ordinanza, il risarcimento è precluso se il danno (cioè il processo stesso) è considerato conseguenza della decisione autonoma del Pubblico Ministero di esercitare l’azione penale. Tale iniziativa interrompe il nesso di causalità tra l’illecito iniziale e il danno lamentato, a meno che la denuncia non sia palesemente calunniosa.

L’iniziativa del Pubblico Ministero interrompe sempre il nesso di causalità?
Sì, secondo l’orientamento confermato dalla Corte, l’attività del Pubblico Ministero è considerata idonea a determinare una ‘cesura’ nel nesso causale tra la denuncia (o il fatto che la genera) e il danno subito dall’imputato poi assolto. Questa interruzione si verifica sia per i reati procedibili d’ufficio sia per quelli a querela di parte.

Perché la Corte ha dichiarato inammissibili i motivi sulla falsificazione del contratto e sulla responsabilità della società?
Perché la questione del nesso di causalità è stata ritenuta ‘assorbente’. Una volta stabilito che il legame causa-effetto tra l’illecito e il danno era stato spezzato dall’iniziativa della Procura, diventava irrilevante stabilire chi fosse il responsabile della falsificazione o se la società dovesse rispondere per i suoi agenti. La mancanza del nesso causale ha reso superfluo l’esame di tutte le altre questioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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