Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13518 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 13518 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21142/2023 R.G. proposto da :
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in PESCARA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che l a rappresenta e difende;
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA n. 505/2023 depositata il 02/04/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/11/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. la sig.ra NOME COGNOME COGNOME COGNOME conveniva in giudizio la società RAGIONE_SOCIALE e lamentando il distacco e la mancata portabilità della linea telefonica utilizzat a da oltre trent’anni , chiedeva: a) la risoluzione del contratto denominato ‘Servizio Homepack’, fornito in collaborazione con Sky; b) la restituzione degli importi addebitati con le fatture emesse successivamente alla disattivazione del servizio; c) il risarcimento dei danni subiti, da quantificarsi ai sensi dell’indennizzo previsto dall’art. 5, comma 1, del Regolamento n. 73/2011, o, in subordine, in una somma determinata equitativamente.
Con sentenza n. 374/2013 il Tribunale di Pescara dichiarava la risoluzione del contratto per inadempimento della società RAGIONE_SOCIALE condannandola al risarcimento dei danni subiti dalla Camerano Spelta Rapini.
Successivamente, con sentenza n. 505/2023 del 3 aprile 2023, in parziale riforma della sentenza del giudice di prime cure la Corte d’Appello di L’Aquila , nel confermare la declaratoria di risoluzione del contratto, ha rigettato la domanda di risarcimento danni.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la COGNOME COGNOME propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi, illustrati da memoria.
3.1. Resiste con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE che ha prodotto altresì atto denominato ‘Memoria difensiva’ il quale non può considerarsi memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c., in difetto dei relativi requisiti di legge.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia ‘violazione ed erronea applicazione ‘ dell’art. 1453 c.c. e degli artt. 5 e 6 del Regolamento AGCOM n. 73/11/CONS pubblicato sulla G.U.R.I. n. 60 del 14 marzo 2011, adottato in forza dell’art. 84, d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259, in materia di indennizzi applicabili nella definizione delle controversie tra utenti e operatori e individuazione delle fattispecie di indennizzo automatico ai sensi dell’art. 2, comma 12, lett. g), della legge 14 novembre 1995, n. 481’ (art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.).
Si duole che, pur confermando la risoluzione del contratto per inadempimento di controparte, la corte di merito abbia erroneamente rigettato la domanda di risarcimento del danno.
Lamenta che, contrariamente a quanto affermato dal giudice di appello, la delibera AGCOM n. 73/11/CONS è nella specie applicabile, non limitandosi essa a svolgere una funzione meramente deflattiva circoscritta alla fase stragiudiziale bensì costituendo un parametro vincolante per la liquidazione degli indennizzi, anche in sede giudiziaria, ai sensi dell’art. 84 del d.lgs. n. 259/2003.
Si duole non essersi considerato che il diritto dell’utente -consumatore a mantenere il proprio numero è espressamente affermato dall’art. 30, comma 2, Direttiva 7 marzo 2002, 2002/22/CE.
4.2. Con il secondo motivo la ricorrente denunzia violazione ed erronea applicazione degli artt. 1223 e 1226 c.c., nonché degli artt. 99 e 112 c.p.c. (art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.).
Si duole dell’erronea qualificazione della domanda operata dalla corte territoriale, dovendo considerarsi nella stessa ricompresa indipendentemente dalle espressioni utilizzate- anche la richiesta di indennizzo.
Lamenta non essersi dalla corte d ‘a ppello fatto debitamente luogo alla valutazione equitativa del danno.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono p.q.r. fondati e vanno accolti nei termini di seguito indicati.
Come questa Corte ha già avuto modo di porre in rilievo, la portabilità dell’utenza telefonica (c.d. number portability ) non configura un mero servizio accessorio ma integra oggetto della prestazione che l’operatore di telefonia è tenuto ad adempiere in favore dell’utente ex art. 1, comma 3, D.L. n. 7/2007 (c.d. decreto Bersani), come modificato dalla L. di conversione n. 40/2007, il quale espressamente recita : ‘I contratti per adesione stipulati con operatori di telefonia devono prevedere la facoltà del contraente di recedere dal contratto e di trasferire le utenze presso altro operatore senza vincoli temporali o ritardi non giustificati e senza spese non giustificate dai costi dell’operatore, e non possono imporre un obbligo di preavviso superiore a trenta giorni’ (v. Sez. 3, Ordinanza n. 29849 del 20/11/2024).
Orbene, nel confermare la sentenza del giudice di prime cure ; e nel confermare la declaratoria di risoluzione del contratto per inadempimento di RAGIONE_SOCIALE S.p.ARAGIONE_SOCIALE, in riforma della pronunzia del giudice di prime cure sul punto ha viceversa rigettato la domanda di risarcimento dei danni dall ‘odierna ricorrente asseritamente subiti in conseguenza del veto alla portabilità del numero telefonico oppostole dalla controparte.
A fronte delle lamentate ripercussioni negative subite in conseguenza dell’impossibilità di continuar e ad utilizzare il servizio telefonico residenziale ed il numero da tempo in uso ( noto ai frequentatori abituali dell’abitazione e in particolare al personale
dell’assistenza sanitaria ), nell’impugnata sentenza la corte di merito si è al riguardo invero limitata ad evidenziare la mera possibilità di fare ricorso a mezzi alternativi all’uso dell’ utenza telefonica in argomento, di cui è stata nella specie indebitamente negata la portabilità.
Orbene, siffatta affermazione è erronea.
Va anzitutto osservato che vanno tenute invero in considerazione tutte le ripercussioni -patrimoniali e non patrimoniali- negative subite dall’utente creditore in conseguenza dell’inutilizzabilità nella specie della specifica utenza telefonica de qua , dovendosi al riguardo invero prescindere dall ‘ eventuale sussistenza di mezzi alternativi estranei al rapporto contrattuale in argomento, come tali pertanto del tutto irrilevanti.
Quanto al danno patrimoniale, che può essere provato nell’ an anche per presunzioni ( v., da ultimo, Cass., 13/11/2024, n. 29252; Cass., 12/7/2023, n. 19922 ), anche relativamente alla sussistenza di prova del nesso causale tra condotta e perdita ( cfr., da ultimo, Cass., 5/9/2023, n. 25910 ), questa Corte ha già avuto modo di affermare che il relativo ristoro deve normalmente corrispondere alla sua esatta commisurazione (artt. 1223, 1224, 1225, 1225, 1227 c.c.), valendo a rimuovere il pregiudizio economico subito dal danneggiato e restaurare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione (cfr. Cass., 14/7/2015, n. 14645; Cass., 19/1/2007, n. 1183), restituendo al patrimonio la medesima consistenza che avrebbe avuto senza il verificarsi del fatto stesso ( v. già Cass., 18/7/1989, n. 3352 ); esso deve essere pertanto determinato in relazione all’effettivo pregiudizio subito dal titolare del diritto leso ( non essendo previsto l’arricchimento laddove non sussista una causa giustificatrice dello spostamento patrimoniale da un soggetto all’altro: v. Cass., 14/7/2015, n. 14645; Cass., 8/2/2012, n. 1781 ), venendo dunque
in rilievo il danno effettivo ( cfr. Cass. Sez. Un., 11/11/2008, n. 26972; Cass., 12/6/2008, n. 15814 ).
Atteso che di alcuni aspetti o voci del danno patrimoniale ( es., il danno patrimoniale futuro e il danno da perdita di chance ) la valutazione non può invero essere che equitativa (v. Cass., 14/7/2015, n. 14645; Cass., 12/6/2015, n. 12211. E, da ultimo, Cass., 5/9/2023, n. 25910; Cass., 12/7/2023, n. 19922 ), ad essa il giudice del merito deve fare ricorso anche d’ufficio in assenza di domanda di parte-, e pure in grado di appello, in ipotesi di estrema o particolare difficoltà di provarlo nel suo preciso ammontare in relazione al caso concreto ( v. Cass., 5/2/2021, n. 2831 ), ferma restando la necessità di riferirsi all’integralità dei pregiudizi accertati ( v. Cass., 6/12/2018, n. 31546 ).
Per altro verso, si è da questa Corte precisato che allorquando l’ inadempimento dell’obbligazione determini anche un danno non patrimoniale, la domanda di relativo ristoro può essere versata nell’azione di responsabilità contrattuale, senza ricorrere all’espediente del cumulo di azioni, in quanto gli interessi di natura non patrimoniale ben possono assumere rilevanza nell’ambito delle obbligazioni contrattuali, atteso che ai sensi dell’art. 1174 c.c. la prestazione oggetto dell’obbligazione deve essere suscettibile di valutazione economica e deve corrispondere ad un interesse, anche non patrimoniale, del creditore ( v. Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26973 ).
In caso di danno non patrimoniale, debbono essere risarcite le conseguenze pregiudizievoli che ne derivano nella ‘doppia dimensione del danno relazionale/proiezione esterna dell’essere, e del danno morale/interiorizzazione intimistica della sofferenza’ (Cass. 17/1/2018, n. 901), la cui prova, come sottolineato dalle Sezioni Unite di questa Corte, <>, con eliminazione delle <> e delle <> (cfr. in tali termini Cass., 7/6/2011, n. 12408).
I criteri da adottarsi al riguardo ( tra cui debbono considerarsi utilizzabili anche quelli dettati in tema di indennizzi dal Regolamento AGCOM n. 73/11/CONS ), la cui scelta ed adozione è rimessa alla prudente discrezionalità del giudice, devono essere idonei a consentire di addivenire ad una liquidazione che sia equa e congrua.
Per essere equa , la quantificazione del danno deve essere adeguata e proporzionata ( v. Cass., 7/6/2011, n. 12408 ), in considerazione di tutte le circostanze concrete del caso specifico, al fine di ristorare il pregiudizio effettivamente subito dal danneggiato, a tale stregua pertanto del pari aliena da duplicazioni risarcitorie ( v. Cass., 13/5/2011, n. 10527; Cass., 6/4/2011, n. 7844 ), in ossequio al principio per il quale il danneggiante e il debitore sono tenuti al ristoro solamente dei danni arrecati con il fatto illecito o l’inadempimento ad essi causalmente ascrivibile ( v. Cass., 13/5/2011, n. 10527; Cass., 6/4/2011, n. 7844; Cass., 23/1/2014, n. 1361 ).
Atteso che il principio della integralità del ristoro subito dal danneggiato/creditore non si pone invero in termini antitetici bensì trova correlazione con il principio in base al quale il danneggiante/debitore è tenuto al ristoro solamente dei danni arrecati con il fatto illecito o l’inadempimento a lui causalmente ascrivibile (v. Cass., 14/7/2015, n. 14645 ), in caso di valutazione equitativa deve tenersi conto che per essere congrua , sia sul piano dell’effettività del ristoro del pregiudizio che di quello della relativa perequazione -nel rispetto delle diversità proprie dei singoli casi concreti- sul territorio nazionale, la quantificazione del ristoro deve tendere, in considerazione della particolarità del caso concreto e della reale entità del danno, alla maggiore approssimazione
possibile all’integrale risarcimento (cfr., con riferimento al danno non patrimoniale, Cass., 23/1/2014, n. 1361).
Nel liquidare l’ammontare dovuto a titolo di danno patrimoniale il giudice deve allora garantire che risulti sostanzialmente osservato il principio dell’integralità del ristoro nei suesposti termini, sia sotto il profilo della necessaria considerazione di tutti gli aspetti o voci in cui le categorie del danno patrimoniale e non patrimoniale rispettivamente si scandiscono nel singolo caso concreto ( v., da ultimo, Cass., 12/6/2015, n. 12211 ), sia avuto riguardo alla congruità della relativa quantificazione.
Il danno, patrimoniale e non patrimoniale, non può essere infatti liquidato in termini né puramente simbolici o irrisori né comunque non correlati all’effettiva natura o entità del danno ( v. Cass., 12/5/2006, n. 11039; Cass., 11/1/2007, n. 392; Cass., 11/1/2007, n. 394 ), ma deve essere determinato in ammontare equo e congruo ( v., in particolare, Cass., 12/6/2015, n. 12211; Cass., 14/7/2015, n. 14645 ).
Orbene, nella sentenza impugnata la corte di merito ha invero disatteso i suindicati principi.
In particolare là dove, nel confermare <> dell’allora appellante ed odierna controricorrente società RAGIONE_SOCIALE, ha invero escluso il risarcimento dei lamentati <>, del tutto genericamente, apoditticamente e contraddittoriamente affermando non risultare <>. E, per altro verso, ha escluso la ristorabilità nella specie del <>.
A tale stregua, la corte di merito non ha invero tenuto nella debita considerazione le circostanze concrete del caso, da valorizzarsi anche ai fini della prova per presunzioni, sulla base delle emergenze processuali e probatorie dall’acquisito compendio probatorio, del danno da risarcire.
Alla fondatezza nei suindicati termini dei motivi consegue l’accoglimento del ricorso , e la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d’Appello di L’Aquila, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi applicazione.
Il giudice del rinvio dovrà in particolare accertare e valutare le conseguenze pregiudizievoli patrimoniali e non patrimoniali scaturite per l’odierna ricorrente, avuto riguardo alle molteplici funzionalità proprie del -e connesse con il- servizio in argomento nella specie in concreto non più fruite all’esito dell’accertato inadempimento del contratto da parte dell’odierna controricorrente . Dovrà al riguardo tenere in considerazione che -come detto- il danno può essere provato anche per presunzioni, e la relativa liquidazione può essere effettuata anche d’ufficio – pure in via equitativa allorquando come nella specie risulti per il creditore/danneggiato impossibile o particolarmente difficile provare il danno nel suo preciso ammontare, ovvero lo stesso sia di per sé insuscettibile di una tale prova e determinazione, ferma restando la necessità di riferirsi all’integralità dei pregiudizi accertati in conseguenza dell’inadempimento del contratto ( v. Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 30487 del 26/11/2024; Sez. 3,
Ordinanza n. 2831 del 5/2/2021; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 26051 del 17/11/2020; Sez. 3, Ordinanza n. 9339 del 4/4/2019; Sez. 3, Sentenza n. 31546 del 6/12/2018 ).
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione. Cassa in relazione l ‘ impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’ A ppello di L’Aquila, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza