Risarcimento Danno Pubblica Amministrazione: La Cassazione Rimette alle Sezioni Unite
Quando la Pubblica Amministrazione ritarda un procedimento, a chi spetta decidere sul risarcimento danno pubblica amministrazione? Questa è la domanda cruciale al centro di una recente ordinanza della Corte di Cassazione, che ha scelto di rimettere la questione alle Sezioni Unite per fare chiarezza. Il caso riguarda il ritardo nel riconoscimento di un titolo professionale estero e le sue conseguenze sull’inserimento in graduatoria di un aspirante lavoratore.
I Fatti del Caso: Il Ritardo nel Riconoscimento del Titolo Professionale
Un cittadino, in possesso di una qualifica professionale per l’insegnamento ottenuta in un altro Stato membro dell’UE, avviava la procedura per ottenerne il riconoscimento in Italia. L’obiettivo era l’inserimento nelle graduatorie provinciali per le supplenze (GPS) di prima fascia. Tuttavia, l’Amministrazione impiegava un tempo eccessivo per concludere il procedimento, comunicando il riconoscimento solo in data 31.10.2018.
Questo ritardo, secondo il ricorrente, aveva causato un danno concreto, ovvero la mancata possibilità di essere inserito tempestivamente nelle graduatorie e, di conseguenza, di ottenere incarichi di lavoro. La richiesta di risarcimento era quindi fondata sulla condotta colpevole della P.A. nella gestione del procedimento amministrativo.
La Questione di Giurisdizione sul Risarcimento Danno Pubblica Amministrazione
Il cuore del problema non risiede nel merito della richiesta di danno, ma in una questione preliminare fondamentale: quale giudice ha il potere di decidere? Il giudice ordinario (come il Tribunale del Lavoro) o il giudice amministrativo (come il TAR)?
La Corte di Cassazione evidenzia che la domanda non riguarda direttamente un rapporto di pubblico impiego (che rientrerebbe nell’art. 63 del d.lgs. 165/2001), ma il danno derivante dal ritardo di un procedimento amministrativo. La distinzione è sottile ma cruciale e si basa sul cosiddetto petitum sostanziale, cioè sulla vera natura della pretesa.
La Distinzione tra Diritto Soggettivo e Interesse Legittimo
La giurisprudenza ha delineato una linea di demarcazione:
* Giurisdizione Amministrativa: Si attiva quando il cittadino contesta l’esercizio scorretto (o l’omissione) di un potere discrezionale dell’Amministrazione. In questo caso, la posizione del cittadino è di interesse legittimo al corretto agire della P.A.
* Giurisdizione Ordinaria: Sussiste quando l’azione della P.A. è “vincolata”, cioè non ha margini di scelta, e lede un diritto soggettivo del privato. Rientra in questa casistica anche la violazione del legittimo affidamento derivante da un “contatto sociale qualificato”.
Nel caso specifico, il riconoscimento di un titolo UE ha, in linea di principio, natura meramente dichiarativa: accerta una qualità già esistente. Tuttavia, la P.A. si è avvalsa del potere di imporre un tirocinio formativo come condizione per il riconoscimento. Questo elemento introduce un fattore di discrezionalità che complica l’inquadramento della situazione.
La Decisione della Corte: Perché le Sezioni Unite?
Proprio a causa di questa complessità e della novità della questione, la Sezione Lavoro della Cassazione ha ritenuto di non poter decidere. Se l’attività della P.A. fosse stata puramente vincolata, la giurisdizione sarebbe spettata al giudice ordinario. Ma l’imposizione di una misura compensativa come il tirocinio formativo potrebbe configurare un esercizio di potere discrezionale, attraendo la controversia nella sfera del giudice amministrativo.
Data l’incertezza e l’importanza di stabilire un principio di diritto chiaro, la causa è stata rimessa al massimo organo della Corte, le Sezioni Unite, affinché si pronuncino in via definitiva sulla questione di giurisdizione.
Le Motivazioni
La motivazione centrale dell’ordinanza di rimessione risiede nella difficoltà di qualificare la natura del potere esercitato dalla Pubblica Amministrazione. Il riconoscimento di titoli professionali, pur avendo tendenzialmente efficacia dichiarativa, può implicare valutazioni complesse che sfociano nell’esercizio di un potere autoritativo. La Corte ha sottolineato che, mentre la lesione di un affidamento incolpevole rientra nella giurisdizione ordinaria, la contestazione sull’omesso o cattivo esercizio di un potere pubblico appartiene a quella amministrativa. La presenza del tirocinio formativo imposto come condizione ha reso la linea di demarcazione incerta, giustificando l’intervento chiarificatore delle Sezioni Unite per garantire l’uniformità e la certezza del diritto in materia.
Le Conclusioni
In conclusione, l’ordinanza non risolve il caso, ma lo sospende in attesa della decisione delle Sezioni Unite. Questa pronuncia avrà un impatto significativo su tutti i futuri casi di risarcimento danno pubblica amministrazione derivanti da ritardi in procedimenti amministrativi, specialmente quelli legati al mondo della scuola e al riconoscimento di titoli. La decisione finale stabilirà un confine più netto tra le competenze del giudice ordinario e quelle del giudice amministrativo, fornendo una guida essenziale per cittadini e professionisti del diritto.
Qual è la questione principale affrontata dalla Corte di Cassazione in questa ordinanza?
La questione centrale è determinare a quale giudice, ordinario o amministrativo, spetti la giurisdizione per decidere su una richiesta di risarcimento danni contro la Pubblica Amministrazione per il ritardo nel riconoscimento di una qualifica professionale conseguita all’estero.
Perché il caso è stato rimesso alle Sezioni Unite?
Il caso è stato rimesso alle Sezioni Unite a causa della sua novità e complessità. In particolare, l’aver subordinato il riconoscimento del titolo al superamento di un tirocinio formativo ha reso incerto se l’attività della P.A. fosse vincolata (di competenza del giudice ordinario) o discrezionale (di competenza del giudice amministrativo), rendendo necessario un intervento chiarificatore del massimo organo della Cassazione.
Qual è la differenza di giurisdizione tra giudice ordinario e amministrativo in casi di danno da ritardo della P.A.?
Secondo l’ordinanza, la giurisdizione è del giudice amministrativo se il danno deriva dal cattivo esercizio di un potere discrezionale della P.A., che lede un interesse legittimo. È invece del giudice ordinario se il danno deriva dalla violazione di un diritto soggettivo in un contesto in cui l’attività della P.A. è vincolata (senza margini di scelta), o per lesione del legittimo affidamento del privato.
Testo del provvedimento
Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. L Num. 31266 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31266 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 06/12/2024
procedimento di riconoscimento della qualifica professionale conseguita all’estero ; il danno da ritardo era da individuarsi nella tardiva adozione del provvedimento di riconoscimento del titolo professionale comunicato in data 31.10.2018 che aveva, poi, determinato l’asserito ritardo nell’inserimento nelle GPS di I fascia.
Evidenzia la natura pubblicistica del procedimento di riconoscimento dei titoli professionali conseguiti in altro Stato membro, quale espressione dell’agere autoritativo dell’Amministrazione, con funzioni diverse da quelle proprie del datore di lavoro e che possono indifferentemente esplicarsi nei confronti di lavoratori del Ministero come di soggetti terzi.
Addebita alla Corte territoriale di avere errato nell’individuare il petitum sostanziale come risarcimento del danno da omessa assunzione, e di avere
applicato i principi espressi in relazione ad una pretesa risarcitoria derivante dalla lesione dell’affidamento incolpevole o secondo buona fede derivato da un comportamento dell’Amministrazione, mentre nel caso di specie il danno era derivato dall’affidamento legittimo causato da atti o provvedimenti dell’Amministrazione .
Osserva il Collegio che il ricorso non prospetta una questione propriamente attinente al rapporto di pubblico impiego.
La domanda proposta attiene, infatti, al risarcimento del danno da ritardata conclusione del procedimento amministrativo; la fattispecie non è dunque assimilabile alla tardiva costituzione del rapporto di impiego, che si realizza quando l’aspirante all’assunzione sia in possesso dei titoli che non vengano correttamente valutati, né può trovare applicazione la regola di riparto della giurisdizione fissata dall’art. 63 del d.lgs. n. 165/2001 , in quanto nel caso di specie la tardività della assunzione è stata prospettata solo come conseguenza dannosa del comportamento contra ius dedotto in giudizio, ossia il ritardo colpevole della pubblica amministrazione nella definizione del procedimento di riconoscimento del titolo straniero.
Sulla base del criterio del petitum sostanziale occorre dunque verificare l’ estensibilità o meno alla fattispecie dei principi affermati con riferimento alla responsabilità che sorge in capo alla pubblica amministrazione ex art. 2 bis della legge n. 241/1990.
Come evidenziato da Cass. S.U. n. 3755/2024, la cognizione sulla domanda risarcitoria del privato per i danni causati dalla mancata adozione di atti che avrebbero dovuto essere emanati da parte dell’autorità amministrativa competente spetta alla giurisdizione del giudice amministrativo, poiché si risolve nella contestazione circa l’omesso o cattivo (in tempi e modi non congrui) esercizio di un dato potere da parte dell’Amministrazione, donde la posizione giuridica soggettiva del danneggiato è costituita dall’interesse legittimo al corretto esercizio di tale potere (Cass. S.U. n. 10095/2015 e Cass. S.U. n. 21678/2021); sussiste, per converso, la giurisdizione del giudice ordinario nell’ipotesi di responsabilità civile della P.A. per lesione del legittimo affidamento del privato da contatto sociale “qualificato”
(Cass. S.U. n. 1567/2023), ovvero in quella in cui, sebbene l’inerzia della P.A. sia collegata al mancato esercizio di attività provvedimentale, la stessa assuma natura di attività vincolata (Cass. S.U. n. 7737/2023).
In particolare, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia in cui venga in rilievo un diritto soggettivo nei cui confronti la P.A. debba esercitare un’attività vincolata, dovendosi in tal caso verificare soltanto se sussistano i presupposti determ inati dalla legge per l’adozione di misure o di condotte rimediali o repressive, senza che nelle condizioni date sia consentito discorrere di potere autoritativo correlato all’esercizio di scelte di natura discrezionale (Cass. SU n. 22254/2017; Cass. SU n. 11576/2018; Cass. SU n. 10089/2020; Cass. S.U. n. 8188/2022 e Cass. S.U. n. 28429/2022); solo ove si verta sul dato distintivo incentrato dalla presenza di un potere discrezionale, la situazione giuridica di cui è titolare il privato può essere definita di mero interesse (v. Cass. n. 23436/2022), non già dinanzi alla postulata lesione di un diritto assoluto.
Pur rilevando il principio secondo cui il riconoscimento in Italia del titolo professionale abilitante all’esercizio dell’insegnamento ha efficacia meramente dichiarativa, in quanto diretto ad accertare stati o qualità già esistenti nella sfera giuridica soggettiva di colui il quale richiede l’equipollenza, con l’effetto giuridico, non già di creare ex novo , e quindi ex nunc , il titolo di studio dichiarato equivalente ad uno di quelli esistenti all’interno dell’ordinamento italiano, bensì di imporre alla P.A. procedente di considerare la perfetta equivalenza nell’ambito del procedimento concorsuale, assumendone per certi l’en unciato, la titolarità esula e il dies a quo del conseguimento (Cass. n. 37430/2022; Cass. n. 9954/2024), il Collegio osserva che nel caso di specie la P.A. si è avvalsa del potere di imporre un tirocinio formativo al cui positivo superamento è stato subordinato il riconoscimento.
In ragione della novità della questione, che quindi esula dalla delega di cui al decreto del Primo Presidente in data 10 settembre 2018, non sussistono i presupposti perché la causa sia decisa in questa sede, e pertanto la stessa deve essere rimessa al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.
PQM
La Corte rimette la causa all’esame della Prima Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte