Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13378 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 13378 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5113/2021 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, domiciliato digitalmente per legge
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO DI INDIRIZZO MILANO
– intimato – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO MILANO n. 1859/2020 depositata il 17/07/2020.
Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 3/03/2025, dal Consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, proprietaria di un appartamento in un condominio sito a Milano in INDIRIZZO convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Milano, il detto Condominio, dopo avere esperito, con esito negativo, il procedimento di mediazione, al fine di ottenere il risarcimento del danno emergente, pari alle spese condominiali versate per il periodo in cui non aveva potuto locare l’immobile e il lucro cessante, derivante dall’impossibilità, per diciannove mesi (da aprile 2014 al ottobre 2015) di locare l’immobile.
Il Condominio si costituì in giudizio e resistette alle domande.
Il Tribunale istruì la causa con escussione di un teste per parte e, all’esito dell’istruttoria, con sentenza n. 2356 del 8/03/2019, accolse parzialmente le domande e condannò il convenuto Condominio al pagamento di euro 1.220,90 per le spese sostenute dalla COGNOME per la tinteggiatura del muro e euro 15.660,00 a titolo di lucro cessante, per la mancata disponibilità dell’appartamento per nove mesi al canone mensile di euro 1.740,00, prendendo a base della liquidazione il canone che l’appartamento aveva nel 2008.
NOME COGNOME propose impugnazione avverso la sentenza di primo grado, dinanzi alla Corte d’appello di Milano.
Il Condominio rimase contumace.
La Corte d’appello ha, con sentenza n. 1859 del 17/07/2020, accolto l’impugnazione unicamente in ordine alle spese del procedimento di mediazione e ha condannato il Condominio al pagamento di euro 603,23 e non liquidando, «stante l’esito del gravame», alcu nché per le spese d’appello.
Avverso la sentenza della Corte territoriale propone ricorso per cassazione NOME COGNOME con atto affidato a quattro motivi.
Il Condominio è rimasto intimato.
Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’adunanza camerale del 3/03/2025, alla quale il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni .
RAGIONI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso sono i seguenti.
I) violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c. per avere la Corte e comunque i giudici di merito ritenuta preclusa la domanda di restituzione delle somme versate a titolo di oneri condominiali.
II) omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., consistente nel cattivo funzionamento dell’impianto di riscaldamento condominiale.
III) errata individuazione del parametro assunto a fondamento della liquidazione del danno e mancato riconoscimento del danno cd figurativo.
IV) illegittima liquidazione delle spese dei precedenti gradi di giudizio.
Il primo motivo è infondato, la domanda della COGNOME, relativa alle spese condominiali, era di carattere restitutorio, o, meglio costituiva un’eccezione di inadempimento nei confronti dell’inadempiente, che non poteva essere ritenuta fondata in quanto le spese condominiali sono previste dalla legge e trovano fonte nella comproprietà delle parti comuni dell’edificio (Cass. n. 6849 del 18/05/2001 (Rv. 546796 – 01) e non sono di fonte contrattuale, come correttamente ritenuto, nel proprio potere di interpretazione della domanda giudiziale, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., dal giudice di merito, che ha reso sul punto ampia, coerente e logica motivazione.
Il secondo e il terzo motivo di ricorso possono essere congiuntamente scrutinati, in quanto strettamente connessi, poiché entrambi riferiti alla liquidazione del danno da mancato utilizzo dell’appartamento.
Essi sono infondati, avendo i giudici di merito ritenuto che il danno da mancata utilizzazione dell’appartamento fosse accertabile con riferimento presuntivo a un solo periodo, in considerazione della mancata specifica allegazione e prova, da parte della COGNOME, di elementi adeguati a ritenere che l’intero periodo di mancata locazione dell’appartamento dedotto in citazione era risarcibile, posto che la COGNOME non aveva offerto alcuna prova di richieste di locazione (Sez. U n. 4892 del 25/02/2025 Rv. 673813 – 01) e potendo, quindi, solo presumersi che per un periodo di alcuni mesi, dall’aprile all’ottobre 2014, l’appartamento era rimasto privo di affittuari a causa dell’impossibilità oggettiva di locarlo .
La parametrazione del danno al canone di mercato dell’anno 2008 pure è stata correttamente effettuata dal Tribunale e condivisa dalla Corte territoriale, atteso che si tratta di un dato certo, effettivamente riferibile al periodo in cui l’appartamento è ri masto sfitto e che quindi poteva essere preso agevolmente a base della liquidazione del danno, mentre il riferimento a canoni di mercato dell’anno 2015 appare palesemente arbitrario poiché si tratta di anno successivo a quello in cui si è verificata l’indisponibilità dell’appartamento (in tema di risarcimento del danno da mancata disponibilità dell’immobile si vedano , di recente: Sez. U n. 33645 del 15/11/2022 Rv. 666193 -02; Cass. n. 194 del 5/01/2023 Rv. 666511 -02 e Cass. n. 8482 del 5/05/2020 Rv. 657805 – 01).
Il quarto motivo di ricorso, relativo alla mancata liquidazione delle spese di lite è inammissibile, atteso che la censura non appare adeguata in considerazione della circostanza che non risulta violato il principio secondo il quale (Cass. n. 19613 del 4/08/2017 Rv. 645187 – 01) il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse. Con riferimento al regolamento delle spese, il sindacato della Corte di cassazione è pertanto limitato ad accertare che non risulti violato
il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, sia la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, tanto nell’ipotesi di soccombenza reciproca, quanto nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi, sia provvedere alla loro quantificazione, senza eccedere i limiti (minimi, ove previsti e) massimi fissati dalle tabelle vigenti. Nel resto, in ordine all’insufficienza dell’importo liquidato, per essere mutato lo scaglione di riferimento, il motivo incorre in mancanza di specificità, risultando apoditticamente formulato, senza alcuna specifica quanto a diritti, onorari e tariffe all’epoca vigenti e si risolve, quindi, in una generica censura vertente sull’insufficienza dell’importo riconosciuto (Cass. n. 18190 del 16/09/2015, n. 22287 del 21/10/2009) ed è pure inammissibile per quanto concerne le spese della mediazione, poiché le stesse risultano liquidate quantomeno dalla Corte d’appello, in oltre seicento euro.
Il ricorso è, pertanto, rigettato, risultando infondate o inammissibili tutte le censure in esso proposte.
Nulla per le spese di lite di questa fase di legittimità, poiché il Condominio è rimasto intimato, nonostante la rituale notifica del ricorso.
La decisione di rigetto del ricorso comporta, nondimeno, che deve darsi atto, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quell o per il ricorso a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13 se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Corte di