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Risarcimento Danno: limiti al dovere di mitigazione

Una docente, a cui era stata negata l’assunzione in ruolo nel 1991, ha agito per ottenere il risarcimento del danno. La Corte d’Appello aveva limitato il risarcimento, sostenendo che la docente non avesse usato l’ordinaria diligenza per mitigare il danno, non avendo cercato supplenze in province lontane dalla sua residenza. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che il dovere di mitigazione del danno non può imporre al danneggiato comportamenti gravosi o che comportino notevoli sacrifici personali e familiari, soprattutto a fronte di risultati incerti. La valutazione della condotta del danneggiato deve essere effettuata ‘ex ante’, cioè in base alle informazioni disponibili al momento, e non ‘ex post’, con il senno di poi.

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Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Diritto Civile, Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Risarcimento Danno: fino a dove si spinge il dovere di limitare le perdite?

Quando si subisce un illecito, la legge prevede il diritto a un risarcimento danno per compensare le perdite subite. Tuttavia, lo stesso ordinamento impone al danneggiato un dovere di ‘ordinaria diligenza’ per evitare di aggravare il danno. Ma cosa significa concretamente? Fino a che punto una persona deve spingersi per limitare le conseguenze negative di un torto altrui? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo delicato equilibrio, stabilendo che non possono essere richiesti sacrifici personali e familiari sproporzionati.

I Fatti di Causa: una cattedra negata per 14 anni

Il caso riguarda una docente che, nel 1991, avrebbe dovuto ottenere una cattedra di ruolo nelle province di Treviso o Vicenza. A causa di un errore dell’amministrazione, questa nomina non è mai avvenuta. Solo dopo un lungo contenzioso amministrativo, conclusosi nel 2004 con una sentenza del Consiglio di Stato, la docente ha ottenuto l’immissione in ruolo nell’agosto del 2005.

Successivamente, ha avviato una causa civile per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali, ovvero la differenza tra quanto avrebbe percepito se assunta nel 1991 e quanto effettivamente guadagnato tramite supplenze svolte nel frattempo nella provincia di Bolzano, dove viveva con la sua famiglia.

La Decisione dei Giudici di Merito: il concetto di ‘ordinaria diligenza’

La Corte d’Appello ha riconosciuto il danno, ma lo ha limitato al solo periodo 1991-1993. Secondo i giudici, la docente non avrebbe agito con l’ordinaria diligenza richiesta dall’art. 1227 del Codice Civile per mitigare il proprio danno. In pratica, le è stato imputato di non aver presentato domanda di supplenza anche nelle province di Treviso e Vicenza. Se lo avesse fatto, secondo una ricostruzione ex post (con il senno di poi), avrebbe accumulato punteggio sufficiente per ottenere il ruolo già nel 1993.

In sostanza, la Corte territoriale ha ritenuto che la docente avrebbe dovuto, per limitare il danno, affrontare la possibilità di lavorare come precaria a centinaia di chilometri dalla propria residenza e dalla propria famiglia.

Il Ricorso in Cassazione e la valutazione del risarcimento danno

La docente ha impugnato la sentenza in Cassazione, sostenendo che la richiesta della Corte d’Appello andasse ben oltre il concetto di ‘ordinaria diligenza’. Trasferirsi o fare la pendolare su lunghe distanze per incarichi precari e dall’esito incerto avrebbe comportato sacrifici personali e familiari ‘gravosi ed eccezionali’, non esigibili per legge. Inoltre, ha sottolineato come la valutazione della sua condotta fosse stata erroneamente compiuta ex post, mentre andava effettuata ex ante, considerando l’incertezza della situazione al tempo dei fatti.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la sentenza d’appello e delineando un principio di diritto fondamentale. I giudici hanno chiarito che l’obbligo del danneggiato di cooperare per limitare il danno, espressione del principio di buona fede, non si estende a comportamenti che:

1. Siano gravosi, eccezionali o comportino notevoli rischi o sacrifici. L’ordinaria diligenza non può essere spinta fino al punto da imporre al danneggiato di stravolgere la propria vita personale e familiare.
2. Siano basati su una valutazione ex post. La condotta del danneggiato deve essere giudicata sulla base di una prognosi ex ante, ovvero tenendo conto delle informazioni e delle incertezze presenti al momento in cui le decisioni dovevano essere prese. Non è corretto giudicare con il ‘senno di poi’, sapendo già come sono andate a finire le cose.

Nel caso specifico, pretendere che la docente si candidasse per supplenze in province lontane dalla sua residenza a Bressanone, a fronte di una situazione precaria e di un esito tutt’altro che scontato, è stato ritenuto un sacrificio non esigibile. Il fatto che lei avesse continuato a lavorare come supplente vicino a casa era già una condotta diligente e coerente, e i redditi da ciò derivanti (aliunde perceptum) andavano correttamente detratti dal risarcimento, ma non si poteva pretendere di più.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione rafforza un importante principio di equilibrio e ragionevolezza in materia di risarcimento danno. Chi subisce un illecito ha il dovere di attivarsi per non peggiorare la propria situazione, ma questo dovere trova un limite invalicabile nei diritti e nella sfera personale dell’individuo. Non si può chiedere al danneggiato di subire ulteriori pregiudizi per limitare le conseguenze di una colpa altrui. La valutazione della sua diligenza deve essere sempre realistica, contestualizzata e basata su ciò che era ragionevolmente prevedibile e fattibile ex ante, non su ricostruzioni ipotetiche a posteriori.

Fino a che punto il danneggiato è obbligato a limitare il proprio danno?
Il danneggiato è tenuto a limitare il danno usando l’ordinaria diligenza, ma questo obbligo non si estende a comportamenti che siano gravosi, eccezionali o che comportino notevoli rischi o sacrifici personali e familiari.

La valutazione della diligenza del danneggiato deve essere fatta prima o dopo che gli eventi si sono verificati?
La valutazione deve essere fatta secondo una prospettiva ‘ex ante’, cioè basandosi sulle informazioni e sulle incertezze note al momento dei fatti, e non con un giudizio ‘ex post’, cioè con il senno di poi.

Chiedere al danneggiato di cercare un lavoro precario lontano dalla propria residenza e famiglia rientra nell’ordinaria diligenza per limitare il danno?
No. Secondo la Corte di Cassazione, una tale richiesta esorbita dai limiti di quanto è esigibile, perché imporrebbe al danneggiato di subire un ulteriore pregiudizio (sul piano familiare e personale) a fronte di esiti futuri incerti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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