Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20589 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 20589 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/07/2024
avrebbe percepito se immessa in ruolo nel 1991 e quanto percepito aliunde , spettassero, ma solo fino al 1.9.1993, in quanto da quella data il danno era conseguenza anche del non avere la ricorrente adottato l’ordinaria diligenza facendo domanda di supplenza presso le Province (Treviso e Vicenza) per le quali aveva partecipato al concorso;
infatti -ha precisato la Corte territoriale – se la stessa avesse presentato domanda per le supplenze in quelle Province, invece che nella Provincia di Bolzano, avrebbe ottenuto un incarico annuale e quindi un punteggio che le avrebbe consentito, fin dal settembre
1993, di entrare in ruolo, come dimostrato da quanto accaduto alla candidata idonea non vincitrice collocata dopo di lei nella graduatoria del concorso;
la Corte d’Appello ha aggiunto altresì che, avendo la ricorrente fatto domanda a cattedre per le Province di Treviso e Vicenza, sarebbe stato prudente e diligente fare altrettanto per la domanda di supplenza a venire;
infine, per quanto ancora interessa in causa, la sentenza afferma che la lavoratrice, allo stato, non poteva azionare alcun danno pensionistico contributivo, « tanto più che la RAGIONE_SOCIALE ha attribuito decorrenza giuridica 1991 alla immissione in ruolo, verosimilmente ricostruendo la anzianità anche contributiva »;
quanto alle differenze retributive -aggiungeva la Corte distrettuale – non era dato sapere come si arrivasse ad un calcolo di esse in misura di oltre cento mila euro già detratto l’ aliunde perceptum , mentre le spese varie per il « corso di Macerata » non potevano essere riconosciute perché esso non appariva necessario « se fosse intervenuta l’immissione in ruolo nella classe richiesta » ed il danno morale era fondato su allegazioni assai scarne e inidonee a fondare qualsiasi pronuncia risarcitoria;
3.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, resistiti dalle parti pubbliche mediante controricorso; è in atti memoria della ricorrente;
CONSIDERATO CHE
1.
il primo motivo del ricorso per cassazione denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1227 c.c., dell’art. 2043 c.c. e dei principi generali in materia di risarcimento del danno per fatto
illecito della Pubblica Amministrazione, oltre ad insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo; il motivo rappresenta come la ricorrente avesse, nel decennio precedente alla domanda per il concorso a cattedre, sempre insegnato nella Provincia di Bolzano, dove viveva con la sua famiglia;
la domanda nelle Province di Treviso e di Vicenza era stata presentata dalla COGNOME solo per entrare in ruolo e la possibilità di un trasferimento in quelle Province era stata subordinata ad una tale nomina, non potendo ella pensare di affrontare le supplenze in una condizione di pendolarismo, stante la distanza tra Bressanone, ove risiedeva, e le Province di Treviso e Vicenza;
la ricorrente aggiunge come non potesse sapere se e quando sarebbe avvenuta la sua nomina in ruolo, né se, continuando a presentare la domanda per le Province di Treviso e Vicenza, vi sarebbero state più o meno possibilità di velocizzare tale risultato, anche perché l’immissione in ruolo dipendeva dalla nomina di altri candidati che la precedevano in graduatoria, non potendosi poi trascurare come l’immissione in ruolo fin dal 1991 sulla base della graduatoria le era stata negata ed erano stati necessari 14 anni per ottenere pronuncia favorevole in sede giudiziaria, con acquisizione dei documenti riguardanti la procedura e necessari a capire le effettiva posizione in graduatoria, solo dopo anni e dopo ben tre ordinanze istruttorie del Consiglio di Stato;
il motivo prosegue evidenziando come il danneggiato sia tenuto ad adoperarsi al fine di limitare i danni secondo parametri di diligenza ordinaria, osservati dalla ricorrente con la presentazione della domanda di supplenza nella Provincia di Bolzano, che le avevano permesso di continuare a lavorare e non in base a regole di diligenza straordinaria di cui consistevano i comportamenti pretesi dalla Corte d’Appello;
il secondo motivo è formulato con riferimento alla violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c., oltre che per insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo;
con esso si assume che la Corte territoriale avrebbe violato il principio per cui è al danneggiante che spetta l’onere probatorio rispetto ai comportamenti attivi esigibili al fine di limitare i danni, in contrasto quindi con il principio di cui all’art. 2697 c.c. ed aggiunge considerazioni in ordine all’insufficienza della prova desunta dalla sentenza impugnata attraverso quanto poi accaduto alla docente posizionata immediatamente al di sotto della ricorrente nelle graduatorie di merito;
2.
i motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati nei termini in cui si va a dire;
3.
costituisce dato di fatto certo che il Consiglio di Stato, con sentenza del 2004 di riforma della pronuncia assunta dal T.A.R. in primo grado, ha riconosciuto che la ricorrente avrebbe dovuto essere nominata in ruolo nella Province di Treviso o di Vicenza, dal settembre 1991, quale vincitrice di concorso, mentre ciò è avvenuto, senza riconoscimento retroattivo di effetti economici, solo nell’agosto 2005;
la Corte d’Appello, raggiunta dalla domanda di danni conseguenti alla mancata percezione delle retribuzioni cui la ricorrente avrebbe avuto diritto se assunta fin dal 1991, ha tuttavia ritenuto, in sostanza, che la ricorrente, pur residente in Provincia di Bolzano, avrebbe dovuto, onde limitare il danno poi accertato, presentare domanda di supplenze nelle stesse Province di Treviso e di Vicenza per le quali aveva partecipato al concorso a cattedre, in quanto in tal modo avrebbe accumulato punteggi che, dall’anno scolastico 1993-1994, le avrebbero consentito di accedere ai ruoli, come
dimostravano le vicende della candidata collocata immediatamente al di sotto di lei nelle graduatorie;
pertanto, il risarcimento è stato limitato dal Tribunale, con pronuncia confermata sul punto in appello, al solo periodo dal 1.9.1991 al 1.9.1993;
va detto subito come non sia seriamente contestabile che, sulla base del giudizio ex post svolto dalla Corte territoriale, se la ricorrente avesse fatto domanda di supplenze a Treviso e Vicenza, alle avrebbe ottenuto il posto di ruolo fin dal settembre 1993, in quanto le vicende della candidata collocata immediatamente al di sotto di lei nella graduatoria del concorso sono, in mancanza di altri elementi di segno contrario (quali preferenze etc.), pianamente tali da far concludere in tal senso;
ma ciò non basta e gli errori commessi dalla Corte territoriale attengono al piano giuridico;
4.
il principio in materia è del tutto consolidato, nel senso che l’art. 1227, comma 2, c.c., escludendo il risarcimento per il danno che il creditore avrebbe potuto evitare con l’uso della normale diligenza, impone a quest’ultimo una condotta attiva, espressione dell’obbligo generale di buona fede, diretta a limitare le conseguenze dell’altrui comportamento dannoso, intendendosi comprese nell’ambito dell’ordinaria diligenza, a tal fine richiesta, soltanto quelle attività che non siano gravose o eccezionali o tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici (Cass. 5 agosto 2021, n. 22352; Cass. 8 febbraio 2019, n. 3797; Cass. 15 ottobre 2018, n. 25750; Cass. 5 ottobre 2018, n. 24522, ove anche il richiamo al limite dell'”apprezzabile sacrificio”; fino alla più risalente Cass. 20 novembre 1991, n. 12439);
il comportamento attivo nel caso di specie consisteva -secondo la Corte d’Appello – nella presentazione della domanda di supplenze
nelle stesse Province in cui la ricorrente aveva partecipato al concorso a cattedre;
4.1
ciò posto, un primo rilevante errore di diritto commesso dalla Corte territoriale è quello di avere valutato il comportamento della danneggiata secondo un ragionamento ex post ;
si è già detto che, con il senno di poi, se la ricorrente avesse presentato domanda di supplenza nelle Province di Treviso e Vicenza, sarebbe stata immessa in ruolo fin dal settembre 1993 ed il danno sarebbe stato parzialmente evitato;
l’impostazione non può però essere condivisa, in quanto un tale giudizio va svolto secondo una prospettiva ex ante ed in tanto si potrebbe dire che quel comportamento attivo poteva essere preteso quale modalità di attuazione degli obblighi di correttezza gravanti sul danneggiato, in quanto si dimostrasse che, sulla base dei dati di fatto noti all’epoca, fosse concretamente pronosticabile quel risultato utile;
una valutazione secondo questa prospettiva, che imporrebbe la consapevolezza originaria in capo alla ricorrente di tutto l’assetto delle graduatorie quale conoscibile secondo l’ordinaria diligenza da un concorrente poi destinato a candidarsi per le supplenze, è mancata e -come rileva la ricorrente -non è certo a dirsi che tutto fosse scontato, se solo ella, per ottenere il riconoscimento del diritto all’assunzione in conseguenza del concorso, delle graduatorie e delle scelte di altri candidati poziori di accettare posti altrove, ha dovuto perseguire due gradi di giudizio amministrativo ove poi, si desume dalla narrativa, gli elementi utili sono stati infine acquisiti dopo plurime ordinanze istruttorie del Consiglio di Stato e più d’una risposta evasiva della parte pubblica;
4.2
oltre a ciò -più assorbente –
ed in via logicamente pregiudiziale e dunque ancora errata è stata anche la valutazione della Corte
territoriale sull’esigibilità del comportamento attivo utile ad evitare o limitare il danno;
la ricorrente, come è pacifico, risiedeva con la famiglia a Bressanone, in Provincia di Bolzano;
il comportamento attivo richiesto era quello, dopo l’esito all’epoca non favorevole del concorso a cattedre, di presentare domanda di supplenza presso le Province di Treviso e Vicenza;
tale scelta avrebbe comportato, a fronte di una collocazione comunque precaria, l’accesso alle supplenze in Province lontane da quella di residenza e comunque è indubbio che sarebbero sussistiti margini di incertezza vuoi rispetto alle supplenze ottenibili, vuoi rispetto alla possibilità di addivenire, attraverso esse, al posto di ruolo ed ai relativi tempi;
va allora detto che l’obbligo di adottare comportamenti di salvaguardia della controparte, secondo parametri di ordinaria diligenza – come si è detto -può riguardare solo attività che non siano gravose o eccezionali o tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici;
il giudizio rispetto a tali sacrifici esigibili va svolto in ragione del complessivo assetto di interessi che coinvolge il danneggiato;
nel caso di specie ciò significa che l’intervento attivo richiesto esorbita dai limiti di quanto esigibile, perché esso già è fonte di pregiudizio (sul piano familiare e personale), da affrontare sulla base di una situazione caratterizzata comunque da incertezze di diverso tenore sui futuri esiti favorevoli;
ciò va al di là di quanto possa pretendersi perché, a fronte della colpa e della responsabilità piena altrui nella causazione del danno, ipotizzare che il danneggiante, prima del ristoro, sia tenuto a subire ulteriori pregiudizi e per giunta in vista di esiti ex ante incerti, va al di là di quanto imposto dalla norma;
non si tratta qui di sostituirsi inammissibilmente al giudice del merito nella valutazione della diligenza tenuta o da tenersi, quanto
di censurare la valorizzazione, per escludere il risarcimento, di tipologie di comportamenti che in realtà non integrano in sé la fattispecie, perché non esigibili;
rientra invece nell’ambito dei comportamenti attivi coerenti con la previsione della norma, quello di essersi medio tempore la COGNOME costantemente impegnata in supplenze sul suo territorio di residenza e quanto in ragione di ciò introitato costituisce aliunde perceptum da detrarre dal risarcimento dovuto;
5.
l’ultimo motivo si incentra sul tema del danno patrimoniale e denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c.;
con esso si censura l’argomentazione della Corte territoriale in merito al fatto che i calcoli erano tali per cui -dice la Corte di merito -« non è dato sapere come si arrivi » al risultato di oltre 100 mila euro;
quella così esposta non è una piena ratio decidendi , ma solo un’osservazione ad abundantiam sul contenuto dei calcoli;
ciò è reso evidente dal fatto che il Tribunale, nonostante quei calcoli, ha espresso la condanna generica al netto dell’ aliunde perceptum e in ogni caso l’allegazione del lavoro svolto, i cui redditi sono destinati ad essere detratti dal ristoro, è avvenuta in modo assai particolareggiato (v. gli oltre 20 capitoli di prova trascritti anche nel ricorso per cassazione), potendosi del resto ricostruire quanto sarebbe stato dovuto in caso di tempestiva immissione in ruolo sulla base della contrattazione collettiva di diritto pubblico ‘privatizzato’ ;
il diritto risarcitorio era stato dunque dedotto in tutte le caratteristiche proprie dei casi come quello di specie (Cass. 4 agosto 2020 n. 16665) ed erano di tutta evidenza gli elementi acquisibili, eventualmente anche con integrazioni officiose su dettagli mancanti, senza contare la piana computabilità e
ricostruibilità contabile mediante c.t.u. (v. Cass. 25 luglio 2023, n. 22294, secondo cui nel pubblico impiego contrattualizzato, ai fini della quantificazione del risarcimento del danno da tardiva assunzione, costituiscono prova dell’ aliunde perceptum le dichiarazioni dei redditi degli anni interessati, se prive di vizi palesi, o le corrispondenti certificazioni fiscali, documenti che, ove non prodotti, vanno acquisiti officiosamente ex artt. 421 e 437 c.p.c.; l’allegazione e prova di ulteriori redditi non emergenti dai sopraindicati documenti compete, invece, al datore di lavoro);
detto altrimenti, i conteggi non avevano alcuna portata decisiva ed il danno va valutato ed era valutabile a prescindere da essi, sicché quel passaggio motivazionale, rispetto al pregiudizio patrimoniale, non è dirimente e, anche per quanto appena detto, il motivo che lo riguarda resta in parte qua assorbito;
rispetto al danno pensionistico, al danno morale ed a quello per i corsi a Macerata, fatti oggetto di pur veloci valutazioni da parte del giudice del merito, il motivo non contiene invece specifiche critiche rispetto all ‘infondatezza (danno pensionistico), superfluità (spese corso Macerata) ed alla natura scarna e come tale inidonea delle allegazioni (e non delle prove, di cui è menzione nel motivo) a fondare qualsiasi pronuncia risarcitoria (danno morale), sicché su quei profili non vi è censura accoglibile ed è invece sceso il giudicato interno;
6.
in definitiva, il ricorso va accolto, per quanto di ragione, delineandosi anche il seguente principio: « le condotte attive cui il creditore del risarcimento è tenuto al fine di evitare o limitare, ai sensi dell’art. 1227, comma 2, c.c., il danno, attraverso l’uso dell’ordinaria diligenza ed in espressione dell’obbligo generale di buona fede, non si estendono a comportamenti che, per quei fini, risultino pregiudizievoli rispetto ad altre situazioni personali del danneggiato, per giunta a fronte di plurime incertezze, da valutare
in base ad un giudizio prognostico ex ante , sulla capacità di quei comportamenti di ottenere l’effetto di salvaguardia richiesto dalla norma »;
la sentenza va dunque cassata e va disposto il rinvio alla Corte d’Appello di Venezia che riesaminerà il caso, sul piano del danno patrimoniale da perdita delle retribuzioni, sulla base dei principi sopra esposti;
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Venezia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 1 8.4.2024.