Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 28521 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 28521 Anno 2025
Presidente: COGNOME PASQUALE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 14300 del ruolo generale dell’anno 2024, proposto da
NOME COGNOME (C.F.: CLL
COGNOME NOME ( C.F.: CODICE_FISCALE ) rappresentato e difeso dall’avvocato CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
nei confronti di
REGIONE CAMPANIA (C.F.: CODICE_FISCALE ), Presidente della Giunta Regionale, legale rappresentante tempore rappresentata e difesa dall’avvocato CODICE_FISCALE)
in persona del pro NOME COGNOME (C.F.:
-controricorrente-
per regolamento preventivo di giurisdizione nel giudizio pendente dinanzi al Giudice di Pace di Napoli, iscritto al n. NUMERO_DOCUMENTO dell’anno 2020 del R.G. ;
udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in data 24 giugno 2025 dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO, il quale ha chiesto dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario.
Fatti di causa
NOME COGNOME ha agito in giudizio nei confronti della Regione Campania, davanti al Giudice di Pace di Napoli, al quale ha chiesto i seguenti provvedimenti: « in via del tutto preliminare accertare e dichiarare che l’art. 2 e l’art. 3 della Costituzione impongono alle istituzioni, anche regionali, di farsi carico di garantire il principio di eguaglianza ed accertare e dichiarare applicando in primis l’art. 2 e 3 della Costituzione con norma di equità cd. FORMATIVA e/o sostitutiva fondata sul giudizio intuitivo e non sillogistico, ai sensi e per gli effetti di Cassazione Civile Sez. U. n. 716/1999, che l’istante figura nell’elenco (doc. 19) degli appartenenti alla platea RAGIONE_SOCIALE e per l’effetto accertare e dichiarare che è mancato colposamente dalla delibera 690/2010 (08/10/2 010) e sino all’ottobre 2019 quando si è iniziato a dare attuazione al progetto di manutenzione delle strade regionali, sia: 1. il sostegno al reddito, sia 2. lo sviluppo dell’occupabilità, sia 3. l’azione di sistema accertando e dichiarando, con pronuncia di sola equità, che tale complessivo comportamento regionale, anche intuitivamente, viola i principi informatori posti dall’art. 2 e 3 della Costituzione e l’art. 1337 c.c. e/o l’art. 2043 c.c. accertando e dichiarando con efficacia di giudicato che non risultano, anche intuitivamente, rimossi nell’arco temporale dedotto in lite, tempestivamente gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dell’istante ne hanno, anche intuitivamente, impedito il pieno sviluppo della persona umana per circa dieci anni e limitandone l’effettiva partecipazione all’organizzazione del Paese con irreparabile danno al suo diritto fondamentale alla eguaglianza ed alla dignità costituente danno patrimoniale e/o non patrimoniale e, per tutto quanto sopra esposto: Condannare
con pronuncia normativa di equità cd. formativa e/o sostitutiva per gli esposti motivi e di cui ai capi che precedono, la Regione Campania, in persona del suo legale rapp.te p.t., al pagamento, anche a titolo risarcitorio ovvero indennitario e di equità, e comunque per i principi informatori sopra dedotti filtrati dall’art. 1337 c.c. e/o ex art. 2043 c.c. per danno cd. non patrimoniale e/o patrimoniale, in favore dell’istante della complessiva somma di € 1.099,00 (millenovantanove) oltre interessi dalla domanda; – Condannare la Regione Campania, in persona del suo legale rapp.te p.t., al pagamento delle spese, diritti ed onorari di giudizio con attribuzione ai procuratori anticipatari in solido ».
L’ente convenuto, costituitosi in giudizio, ha, tra l’altro, eccepito il difetto assoluto di giurisdizione e, in subordine, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo sulle domande proposte. L’attore COGNOME ha proposto ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, ai sensi dell’art. 41 c.p.c., assumendo che la controversia spetterebbe alla giurisdizione del giudice ordina- rio.
La Regione Campania ha resistito con controricorso assumendo l’inammissibilità del regolamento proposto e, comunque, in subordine, la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo.
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio.
L’Ufficio della Procura AVV_NOTAIO, che ha presentato conclusioni scritte, ha chiesto « che la Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso, affermi la giurisdizione del giudice ordinario. Conseguenze di legge ».
Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380 bis .1 c.p.c..
Ragioni della decisione
Si premette che il ricorso contiene una sufficiente illustrazione dei fatti rilevanti per il giudizio, dell’oggetto dello stesso e dell’andamento della vicenda sostanziale e processuale. Inoltre, l’esposizione dei fatti e delle ragioni di diritto poste a base della domanda sostanzialmente corrisponde a quanto
esposto nell’atto di citazione introduttivo del giudizio.
Si premette, altresì, che, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, la giurisdizione si determina sulla base della domanda e, quanto al riparto tra giudice ordinario e amministrativo, non ha rilevanza la prospettazione della parte, ma il cd. petitum sostanziale, da identificarsi non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione chiesta al giudice, quanto sulla base della causa petendi , ossia della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati a fondamento della pretesa fatta valere con l’atto introduttivo della lite ed al rapporto giuridico di cui sono espressione (cfr. Cass., Sez. U, 8 maggio 2007, n. 10374; 25 giugno 2010, n. 15323; tra le più recenti, ex multis : Sez. U, 27 luglio 2022, n. 23436; 21 settembre 2021, n. 25480; 8 luglio 2020, n. 14231; 15 settembre 2017, n. 21522).
Nella specie, il petitum sostanziale della domanda avanzata davanti al giudice di pace dal COGNOME è costituito da una richiesta risarcitoria per una condotta, sostanzialmente omissiva, della Regione Campania, che si assume illecita ed integrante responsabilità extracontrattuale, ovvero precontrattuale, ai sensi degli artt. 2043 e 1337 c.c., avendo causato la lesione di diritti inviolabili costituzionalmente protetti dell’attore.
Il ricorrente, premesso di aver partecipato (tra il 2008 ed il 2009) a progetti « di RAGIONE_SOCIALE Experience organizzati dal convenuto Ente per soggetti appartenenti a categorie disagiate con
difficoltà di inserimento » (« Progetto RAGIONE_SOCIALE ») e a progetti di « sostegno al reddito » (« Progetto RAGIONE_SOCIALE »), ha allegato che la Regione Campania avrebbe colposamente omesso di attuare, nel periodo dal 2010 al 2019, gli obiettivi della successiva delibera regionale n. 690 dell’8 ottobre 2010 ( avente ad oggetto « Campania al lavoro piano straordinario per il lavoro »), a suo dire diretta « a favore dell’istante proprio perché appartenente alla platea RAGIONE_SOCIALE/RAGIONE_SOCIALE »; più precisamente, la Regione avrebbe del tutto omesso le tre tipologie di azione previste da tale delibera (sostegno al reddito; sviluppo dell ‘ occupabilità; azione di sistema ), anche per avere determinato la caducazione o l’annullamento di una serie di successive delibere che, sempre secondo la indicata prospettazione, erano destinate al suddetto fine, con revoca dei relativi finanziamenti. In tal modo, l’ente regionale avrebbe violato gli artt. 2 e 3 della Costituzione, con conseguente « lesione della legittima aspettativa dell’istante nella qualità di appartenente alla detta platea così come singolarmente individuato dai provvedimenti in esame ». In particolare, ha dedotto che « la Regione Campania ha violato in primis l ‘ art. 3 della Costituzione nella parte in cui non ha rimosso gli ostacoli sopra indicati, ostacoli che, anche intuitivamente, sono in grado di limitare: la libertà e l ‘ eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l ‘ effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all ‘ organizzazione politica, economica e sociale del Paese », sostenendo di avere diritto al risarcimento del danno, ai sensi dell’art. 2043 c.c., quale « privato cittadino abbia fatto incolpevole affidamento su un provvedimento amministrativo ampliativo della propria sfera giuridica (come le delibere dal 2010), successivamente annullate e/o di fatto caducate, senza che si discuta della legittimità dell ‘ annullamento », nonché al risarcimento del danno, ai sensi
dell’art. 1337 c.c., per la violazione dei « principi di correttezza, buona amministrazione, lealtà, protezione e tutela dell ‘ affidamento ».
Non vi è dubbio che sia l’esposizione dei fatti che l’illustrazione delle ragioni di diritto a sostegno della domanda avanzata dal COGNOME davanti al giudice di pace siano tutt’altro che chiare, precise e lineari.
Nella presente sede è, peraltro, sufficiente rilevare che è, comunque, possibile individuare l’oggetto ed il titolo della domanda stessa, dovendosi del tutto prescindere dalla sua ammissibilità e fondatezza, che dovranno essere valutate dal giudice dotato di giurisdizione.
In proposito, si osserva che l’attore dichiara espressamente di non intendere mettere in discussione la legittimità dell’esercizio dei poteri amministrativi pubblici dell’ente convenuto e chiede esclusivamente il risarcimento dei danni conseguenti alla lesione di suoi pretesi diritti costituzionalmente protetti, sostenendo di avere riposto giustificato affidamento, ingenerato anche dal comportamento dell’ente stesso, nell’ adozione di provvedimenti ampliativi della propria sfera soggettiva, individuati in quelli diretti a rimuovere gli « ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dell’istante ne hanno, anche intuitivamente, impedito il pieno sviluppo della persona umana per circa dieci anni e limitandone l’effettiva partecipazione all’organizzazione del Paese con irreparabile danno al suo diritto fondamentale alla eguaglianza ed alla dignità », provvedimenti che assume in parte anche emanati dalla Regione, ma poi annullati o caducati nei loro effetti ovvero solo tardivamente attuati, e in parte mai emanati, in violazione dei doveri di correttezza e buona fede che
dovrebbero caratterizzare l’azione amministrativa, ai sensi degli artt. 1337 e 2043 c.c..
Per quanto è possibile comprendere dalla confusa esposizione alla base dell’atto introduttivo del giudizio di merito, i provvedimenti (omessi o caducati nei loro effetti) cui fa riferimento l’attore sono sostanzialmente rappresentati dalla predisposizione e completa attuazione di progetti per la realizzazione di interventi di interesse regionale, finanziati con risorse pubbliche e, quindi, idonei a sostenere l’occupazione ed il reddito, che, secondo la sua allegazione, gli avrebbero consentito di trovare una collocazione lavorativa presso le imprese che avrebbero posto in essere gli interventi stessi e beneficiato delle risorse a tanto destinate o, quanto meno, di ottenere un sostegno reddituale, nel periodo cui fa riferimento.
Ribadito che non è possibile, nella presente sede, nessuna valutazione sulla fondatezza nel merito degli indicati assunti in diritto (né, tanto meno, sull’esistenza di prove a sostegno delle relative allegazioni in fatto), ed essendo quella appena riassunta la prospettazione di parte attrice, il petitum sostanziale alla base della domanda risulta costituito dalla dedotta violazione di diritti fondamentali costituzionalmente tutelati in virtù di una condotta omissiva illecita dell’ente pubblico.
Lo stesso attore descrive le conseguenze lesive delle pretese condotte illecite dell’ente convenuto come limitazioni alla sua « libertà » ed « eguaglianza » ed alla sua « dignità » personale, che gli avrebbero impedito il pieno sviluppo della sua personalità e l’effettiva partecipazione all’organizzazione del Paese , diritti che sostiene essergli garantiti dagli artt. 2 e 3 della Costituzione.
Più precisamente, sostiene, nella sostanza: a) che la Regione avrebbe l’obbligo di rimuovere tutti gli ostacoli al suo inserimento nel mondo del lavoro, necessario per lo sviluppo della sua persona, anche sul piano della piena attuazione dei propri
diritti di libertà ed eguaglianza come cittadino, nonché per il conseguimento di un reddito di sostegno; b) che avrebbe omesso di adempiere a tale obbligo; c) che tale omissione gli avrebbe causato danni, patrimoniali e non patrimoniali, di cui chiede il risarcimento.
Va, in primo luogo, escluso che sussista il dedotto difetto assoluto di giurisdizione, configurabile esclusivamente « quando manca nell’ordinamento una norma di diritto astrattamente idonea a tutelare l ‘ interesse dedotto in giudizio e se la domanda non risulta conoscibile, né in astratto, né in concreto, da alcun giudice » (per tutte, cfr. Cass., Sez. U, Ordinanza n. 15601 del 01/06/2023).
Nella specie, la domanda giudiziale avanzata dall’attore COGNOME prospetta la violazione di diritti fondamentali costituzionalmente protetti, in virtù di una condotta omissiva dell’ente convenuto.
Egli fa, quindi, valere la violazione di situazioni soggettive personali giuridicamente tutelate, che comporterebbe un danno potenzialmente risarcibile, laddove fosse effettivamente sussistente la condotta illecita omissiva dell’ente convenuto direttamente lesiva di tali situazioni, in virtù dell’esistenza di un preciso obbligo di impedire l’evento dannoso allegato.
La situazione soggettiva di cui l’attore assume la violazione ha, inoltre, la consistenza del diritto soggettivo e, precisamente, del diritto soggettivo fondamentale e inviolabile di matrice costituzionale.
A prescindere dalla fondatezza dei suoi assunti in fatto e in diritto, la domanda che il COGNOME ha inteso proporre ha ad oggetto il risarcimento del danno derivante in primo luogo dalla omessa adozione di efficaci provvedimenti e, comunque, di successive azioni concrete, da parte dell’ente regionale convenuto, che, a suo dire, aveva il preciso obbligo di favorire e, anzi, addirittura
di determinare il suo inserimento nel mondo del lavoro o, comunque, di sostenere il suo reddito, e che avrebbe omesso di farlo, con lesione dei suoi diritti fondamentali di sviluppo della personalità, di libertà, di eguaglianza e di partecipazione all’organizzazione del Paese, tutelati dagli artt. 2 e 3 Cost.: in ciò starebbe, altresì, la violazione del legittimo affidamento che egli assume di avere riposto nella ‘ correttezza dell’azione amministrativa ‘ finalizzata agli indicati obbiettivi e che sarebbe sta ta indotta dalla sua pregressa partecipazione a progetti regionali di formazione lavorativa « per soggetti appartenenti a categorie disagiate con difficoltà di inserimento » e di « sostegno al reddito ».
Secondo l’attore, in altri termini, la Regione Campania avrebbe omesso di porre in essere l’attività necessaria alla concreta realizzazione dei suoi diritti costituzionali sopra indicati, attività cui sostiene fosse tenuta.
Egli esclude espressamente di intendere contestare la legittimità dei provvedimenti in concreto adottati dell’ente convenuto o, comunque, in generale, dell’esercizio da parte di questo del suo potere provvedimentale.
Non indica -e neanche specificamente prospetta -l’esistenza di eventuali procedimenti amministrativi volti all’emissione di provvedimenti direttamente ampliativi della sua personale ed individuale sfera giuridica, che avrebbero eventualmente dovuto essere adottati dalla Regione e la cui omissione avrebbe prodotto il danno allegato, ovvero di provvedimenti amministrativi direttamente ampliativi della sua sfera giuridica individuale emessi, ma poi annullati o revocati.
Fa, infatti, riferimento esclusivamente a provvedimenti e progetti di natura generale e di valore esclusivamente programmatico, che certamente non possono considerarsi di per sé
stessi diretti ad ampliare la sua sfera personale giuridica, non riguardandolo direttamente ed individualmente in alcun modo. Né, tanto meno, allega danni configurabili in termini di ‘ interesse negativo ‘ (cioè, relativi a spese compiute o oneri sostenuti in ragione del conseguimento di un concreto bene della vita, tanto meno attribuitogli da un provvedimento poi revocato o annullato), ai sensi dell’art. 1337 c.c..
La domanda, in definitiva, prospetta unicamente danni (patrimoniali e non patrimoniali) derivanti dalla violazione di diritti soggettivi fondamentali costituzionalmente garantiti dagli artt. 2 e 3 Cost., che si assumono causati dalla condotta omissiva dell’ente convenuto, che si pretende illecita, ai sensi dell’art. 2043 c.c. e/o dell’art. 1337 c.c., sull’assunto che quest’ultimo avrebbe omesso di adottare e portare ad attuazione la progettazione e l’attuazione di interventi di rilievo sociale e interesse regionale finanziati con fondi pubblici, idonei (secondo la prospettazione) a favorire l’inserimento nel mondo del lavoro e/o di sostenere il reddito dell’attore, nel periodo indicato.
Ne consegue che la giurisdizione su di essa, per come è formulata (e a prescindere dalla sua fondatezza nel merito), spetta al giudice ordinario, il quale dovrà accertare se effettivamente sussiste la dedotta fattispecie di illecito omissivo attribuito alla Regione Campania: se, cioè, la condotta tenuta dall’ente regionale può ritenersi causa degli eventi lesivi lamentati dall’attore, sussistendo un preciso obbligo della stessa di impedire i predetti eventi.
Come già ampiamente chiarito, l’attore non ha, in realtà, allegato, a sostegno delle sue pretese, né l’omessa adozione, né l’avvenuta adozione e la successiva caducazione di specifici provvedimenti amministrativi direttamente ampliativi della sua sfera giuridica individuale, non avendo neanche dedotto uno specifico obbligo della Regione Campania di assumerlo o di
erogargli provvidenze reddituali, né di imporre a terzi la sua diretta personale assunzione.
Neanche ha prospettato, in effetti, la sussistenza di uno specifico procedimento amministrativo avente ad oggetto sue posizioni soggettive personali individuali.
I provvedimenti amministrativi che richiama sono tutti di carattere generale e programmatico, non relativi alla sua posizione individuale, né idonei a determinare direttamente un ampliamento della sua sfera giuridica personale.
In tale contesto, la stessa pretesa lesione del suo affidamento nella correttezza dell’azione amministrativa e nell’adozione di un comportamento di buona fede da parte dell’ente pubblico convenuto appare configurarsi, nella sostanza, non come deduzione del la violazione del dovere di correttezza nell’ambito dello svolgimento di un procedimento amministrativo in cui egli abbia assunto la posizione di diretto interessato, in quanto comportante l’esercizio di un potere amministrativo autoritativo e discrezionale nei suoi confronti e relativo ad una sua posizione giuridica soggettiva, ma come una ulteriore allegazione a generico sostegno dell’affermazione della condotta illecita omissiva lesiva di diritti costituzionalmente protetti imputata al predetto ente, tanto che neanche sono stati lamentati danni riconducibili al cd. interesse negativo, tutelato dalla disposizione di cui all’art. 1337 c.c., di cui pure si assume la violazione.
In ogni caso è, comunque, opportuno osservare, quanto meno a fini di completezza espositiva, che, anche con riguardo a siffatte ultime allegazioni e pretese, in base ai consolidati indirizzi di questa stessa Corte, « appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario la domanda, proposta dal privato nei confronti della p.a., di risarcimento dei danni conseguiti alla lesione dell ‘ incolpevole affidamento riposto sull ‘ adozione di un provvedimento ampliativo della propria sfera soggettiva -sia in caso di successivo annullamento del provvedimento giudicato
illegittimo, sia in ipotesi di affidamento ingenerato dal comportamento dell ‘ amministrazione nel procedimento amministrativo, poi conclusosi senza l ‘ emanazione del provvedimento ampliativo -, perché il pregiudizio non deriva dalla violazione delle regole di diritto pubblico sull ‘ esercizio della potestà amministrativa, bensì, in una più complessa fattispecie, dalla violazione dei principi di correttezza e buona fede, che devono governare il comportamento dell ‘ amministrazione e si traducono in regole di responsabilità, non di validità dell ‘ atto » (Cass., Sez. U, Ordinanza n. 25324 del 28/08/2023; nel medesimo senso, Cass., Sez. U, Ordinanza n. 1567 del 19/01/2023: « la responsabilità della pubblica amministrazione per il danno derivante dalla lesione dell ‘ affidamento sulla correttezza dell ‘ azione amministrativa -avente quale presupposto il mancato rispetto dei doveri di correttezza e buona fede gravanti sulla P.A. -ha natura contrattuale e va inquadrato nello schema della responsabilità ‘ relazionale ‘, o ‘ da contatto sociale qualificato ‘ , idoneo a produrre obbligazioni ai sensi dell ‘ art. 1173 c.c., sia nel caso in cui nessun provvedimento amministrativo sia stato emanato, sia in caso di emanazione di un provvedimento lesivo, sia nell ‘ ipotesi di emissione e successivo annullamento di un atto ampliativo della sfera giuridica del privato; ne consegue che la controversia relativa all ‘ accertamento della responsabilità dell ‘ amministrazione rientra nella giurisdizione del giudice ordinario »; cfr. anche Cass., Sez. U, Ordinanza n. 8236 del 28/04/2020); si è, in quest’ottica, finanche affermato che « la pretesa risarcitoria del privato fondata sulla lesione dell ‘ affidamento nella legittimità di un provvedimento ampliativo di una pubblica amministrazione, poi annullato in autotutela, non ha ad oggetto il modo in cui l ‘ amministrazione ha esercitato il proprio potere con il provvedimento annullato, o con quello di annullamento del primo, costituendo l ‘ illegittimità del provvedimento il mero presupposto della lite, ma l ‘ osservanza o meno delle regole di
correttezza nei rapporti con i privati, regole distinte ed autonome rispetto a quelle della legittimità amministrativa ed a cui deve essere informato il procedimento amministrativo ex art. 1, comma 2-bis, della l. n. 241 del 1990, introdotto dalla l. n. 120 del 2020, con la conseguenza che in dette ipotesi, correlandosi la lesione dell ‘ affidamento ad una posizione di diritto soggettivo, la giurisdizione compete al giudice ordinario » (Cass., Sez. U, Ordinanza n. 2175 del 24/01/2023; in senso analogo: Sez. U, Ordinanza n. 3496 del 06/02/2023).
Nel caso di specie, anche a prescindere dall’effettivo significato da attribuire al richiamo operato dall’attore alla pretesa lesione dell’affidamento ed alla violazione dell’art. 1337 c.c., sotto il profilo del cd. petitum sostanziale, a maggior ragione dovrebbe, in ogni caso, escludersi in radice la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, non essendo in contestazione il corretto esercizio del potere discrezionale provvedimentale, non essendovi specifici provvedimenti direttamente ampliativi della sfera giuridica personale dell’attore di cui si lamenta la mancata emissione ovvero l’illegittima emissione e la successiva revoca o il successivo annullamento, e non controvertendosi, del resto, neanche nell’am bito di una delle materie soggette alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Di conseguenza, anche a volere considerare le posizioni critiche degli indicati indirizzi di questa Corte, secondo le quali la giurisdizione amministrativa andrebbe, in realtà, sempre « affermata quando l’affidamento abbia ad oggetto la stabilità del rapporto amministrativo, costituito sulla base di un atto di esercizio di un potere pubblico, e a fortiori quando questo atto afferisca ad una materia di giurisdizione esclusiva », nella specie non vi sarebbero in nessun caso i presupposti per sostenere la giurisdizione del giudice amministrativo.
Il ricorso è accolto ed è dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.
La regolamentazione delle spese del presente regolamento può essere rimessa all’esito del giudizio di merito .
Per questi motivi
La Corte, a Sezioni Unite:
-dichiara la giurisdizione del giudice ordinario;
-rimette al giudice di merito la liquidazione delle spese del regolamento.
Così deciso nella camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, in data 24 giugno 2025.
Il Presidente NOME COGNOME