Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 32822 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 32822 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
ORDINANZA
OGGETTO:
risarcimento del danno per ritardata consegna di immobile compravenduto
RG. 33426/2019
C.C. 4-12-2024
sul ricorso n. 33426/2019 R.G. proposto da:
NOME COGNOME c.f. PLTMLT45C47C933G, COGNOME, c.f. PCCSDR44C02L103P, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME con domicilio digitale EMAIL
contro
NOME COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, COGNOME NOMECOGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in Roma presso di loro, nel loro studio in INDIRIZZO
contro
ricorrenti, ricorrenti incidentali nonché contro
COGNOMEc.f.CODICE_FISCALECOGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliati in Roma presso di lui, nel suo studio in INDIRIZZO
contro
ricorrenti
avverso la sentenza n. 2158/2019 della Corte d’Appello di Roma, depositata il 29-3-2019, udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4-122024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con atto di citazione notificato il 24-10-1992 NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno convenuto avanti il Tribunale di Roma NOME COGNOME e NOME COGNOME chiedendone la condanna al rilascio dell’unità abitativa sita al primo piano del fabbricato in INDIRIZZO a Roma, al risa rcimento del danno conseguente all’occupazione dell’immobile e a essere manlevati da qualsiasi pretesa fatta valere da NOME COGNOME e NOME COGNOME ai quali gli attori avevano venduto con contratto del 24-12-1991 le porzioni di loro proprietà nel fabbricato; hanno lamentato che la sorella NOME a seguito della morte della madre era rimasta nell’immobile solo per tolleranza dei fratelli proprietari e si era in modo ingiustificato rifiutata di restituirlo. Si sono costituiti in questa causa NOME COGNOME e NOME COGNOME contestando la domanda e formulando in via riconvenzionale domanda relativa all’eredità del padre NOME COGNOME.
Con atto di citazione notificato il 5/6-11-1992 a loro volta NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno convenuto avanti il Tribunale di Roma NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME chiedendone la condanna al rilascio dell’immobile , oltre al risarcimento dei danni per il ritardo nella disponibilità del bene. Si sono costituiti in questa causa NOME COGNOME e NOME COGNOME chiedendo l’accoglimento della domanda attorea nei soli confronti degli altri convenuti, i quali a loro volta hanno formulato le stesse difese svolte nel giudizio già pendente.
Riunite le cause e autorizzato il sequestro giudiziario chiesto dagli acquirenti COGNOME COGNOME, il Tribunale di Roma con sentenza del 24-72003 ha accertato che l’immobile sit o in INDIRIZZO era unico e ha condannato NOME COGNOME quale occupante senza titolo dell’appartamento al primo p iano, al rilascio dello stesso a favore dei fratelli, ha convalidato il sequestro giudiziario, ha dichiarato la nullità della compravendita del 24-12-1991, ha condannato NOME e NOME COGNOME al pagamento di Euro 227.241,09 a favore degli acquirenti Croce e Poggi e ha respinto la domanda di risarcimento dei danni proposta dagli stessi.
Proposti appelli principale e incidentale avverso la sentenza, con sentenza del 22-112007 la Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado, ha ordinato a NOME COGNOME e NOME COGNOME di rilasciare in favore di NOME COGNOME e NOME COGNOME l’appartamento facente parte del fabbricato di cui all’atto di compravendita del 24-12-1991, ha condannato NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME in solido al pagamento a favore di COGNOME e COGNOME di Euro 45.500,00 a titolo di risarcimento dei danni e ha condannato NOME COGNOME e NOME COGNOME a rimborsare a NOME COGNOME e NOME COGNOME quanto da essi dovuto in base alla sentenza a favore di COGNOME e COGNOME.
Per la cassazione della sentenza NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso principale e NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso incidentale, che la Suprema Corte ha deciso con sentenza n. 8099/2014 depositata il 7-4-2014. La sentenza ha rigettato i motivi di ricorso avverso la pronuncia con la quale la Corte d’appello aveva dichiarato che l’immobile era diviso tra i tre fratelli COGNOME e aveva escluso la nullità della vendita ai consorti COGNOME e COGNOME; per quanto ancora interessa, la sentenza ha accolto il primo motivo di ricorso principale di Croce e Poggi relativo all’omessa
pronuncia sul riconoscimento di provvisionale ex art. 278 cod. proc. civ. relativamente al danno per la mancata disponibilità dell’immobile; ha dichiarato assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso principale il secondo motivo di ricorso principale, con il quale i ricorrenti avevano lamentato che il danno fosse stato limitato al periodo decorrente dalla data prevista di consegna dell’immobile di maggio 1992 all’esecuzione del sequestro giudiziario a dicembre 1997 e avevano lamentato che il danno fosse stato quantificato con generico riferimento al prezzo dell’immobile e alla presumibile rendita. La sentenza ha altresì dichiarato assorbito, in ragione de ll’accoglimento del primo motivo di ricorso principale, il motivo di ricorso incidentale nella parte in cui NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano lamentato di essere stati condannati al risarcimento dei danni per la mancata disponibilità dell’immobile senza considerare che in sede di esecuzione del sequestro giudiziario chiesto da Croce e Poggi in data 15-6-1993 gli stessi li avevano autorizzati a continuare ad abitare nell’immobile per il tempo necessario a eseguire i lavori di separazione degli appartamenti e senza considerare che, a seguito di altro sequestro giudiziario autorizzato a istanza degli acquirenti in data 12121997, essi erano stati definitivamente estromessi dall’immobile ; ha rigettato il motivo di ricorso incidentale relativo alla manleva a favore di NOME e NOME COGNOME.
Cassata la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Roma, con sentenza non definitiva n. 544/2017 la Corte d’appello di Roma ha condannato ex art. 278 cod. proc. civ. NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME al risarcimento dei danni in favore di NOME COGNOME e NOME COGNOME e li ha condannati al pagamento di provvisionale di Euro 45.500,00 oltre interessi dalla
sentenza; ha rimesso la causa sul ruolo con separata ordinanza con la quale ha disposto consule nza tecnica d’ufficio.
Con sentenza n. 2158/2019 depositata il 29-3-2019 la Corte d’appello di Roma ha condannato NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME al pagamento a NOME COGNOME e NOME COGNOME della complessiva somma di Euro 326.876,45, con gli interessi legali dalle singole scadenze annuali al saldo effettivo, previa deduzione di quanto fosse stato pagato a titolo di provvisionale, nonché alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione e del giudizio di rinvio.
La sentenza, descritto lo svolgimento del processo e dato atto del contenuto della sentenza non definitiva, ha dichiarato che il danno doveva essere risarcito in relazione alla mancata disponibilità del cespite dalla data entro il quale avrebbe dovuto essere consegnato a maggio 1992 fino alla data di dicembre 1997; ha considerato che nell’atto di riassunzione e ra stata riproposta la domanda relativa alla mancata disponibilità del bene in quanto sottoposto a sequestro, di cui al motivo di ricorso dichiarato assorbito, ma il risarcimento di tale danno poteva avvenire ex art. 96 co. 2 cod. proc. civ. e di tale condanna non era stata proposta istanza, in quanto anche nel giudizio di riassunzione gli appellanti in riassunzione avevano affrontato la questione sulla base della inapplicabile disciplina ordinaria; ha dichiarato che il consulente d’ufficio , con articolato ed esaustivo elaborato nel quale aveva replicato anche alle osservazioni delle parti, aveva accertato che i canoni di locazione ritraibili ammontavano a Euro 313.562,97 e la spesa affrontata dagli acquirenti per il condono edilizio era di Euro 13.313,48, per cui gli appellati in riassunzione dovevano essere condannati al pagamento della complessiva somma di Euro 326.876,45.
2.Avverso la sentenza n. 2158/2019 NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
NOME Croce e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso, nel quale hanno proposto anche tre motivi di ricorso incidentale.
NOME COGNOME e NOME COGNOME a loro volta hanno depositato controricorso, con il quale hanno chiesto l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto del ricorso incidentale.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio i ricorrenti principali NOME COGNOME COGNOME e i controricorrenti ricorrenti incidentali COGNOME e COGNOME hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 4-12-2024 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo di ricorso principale NOME COGNOME e NOME COGNOME deducono ‘ nullità della sentenza causa error in procedendo ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c.’ ed evidenziano che il consulente d’ufficio, sulla base dell’incarico ricevuto, aveva quantificato il danno riferito al mancato godimento dell’immobile con riferimento al canone ritraibile dalla locazione per tutto il periodo da maggio 1992 a gennaio 2010; rilevano che nella sentenza impugnata n. 2158/2019 a pag. 6 era stato ribadito che il danno spettava solo per il periodo da maggio a dicembre 1997 e che il danno riferito al periodo in cui il bene era stato sottoposto a sequestro giudiziario poteva essere riconosciuto solo ai sensi dell’art. 96 co. 2 cod. proc. civ., ma non vi era stata istanza in tale senso. Evidenziano che, secondo la quantificazione della consulenza d’ufficio, i canoni relativi al periodo
maggio 1992-dicembre 1997 erano pari a Euro 44.354,29, per cui inopinatamente e apoditticamente la Corte d’appello ha concluso riconoscendo l’importo di Euro 31 3.562,97; quindi sostengono che la motivazione sia talmente contraddittoria da non consentire di ricostruire l’ iter logico giuridico del ragionamento svolto.
2.Unitamente al primo motivo di ricorso principale deve essere esaminato il terzo motivo di ricorso incidentale, con il quale i ricorrenti incidentali NOME COGNOME e NOME COGNOME deducono ‘ violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. per carenza di motivazione, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’. Sostengono che la sentenza impugnata, nel rispetto del dictum della cassazione che ha disposto il rinvio, ha correttamente condannato tutti e quattro i convenuti in via solidale al risarcimento del danno per l’indisponibilità dell’appartamento da luglio 1992 a gennaio 2010 nell’importo determinato dal consulente d’ufficio in Euro 313.562,97; lamentano che a pag. 6 della sentenza sia stato scritto che il danno doveva essere risarcito da maggio 1992 a dicembre 1997, in quanto si trattava di allegazione avulsa dal contesto della decisione e della quale perciò dichiarano di chiedere la correzione ex art. 384 ult. cod. proc. civ., in ragione del fatto che su quell’affermazion e i ricorrenti hanno fondato il loro primo motivo di ricorso. Aggiungono che, diversamente da quanto pure dichiarato dalla sentenza impugnata, gli acquirenti COGNOME e COGNOME non avevano mai chiesto il risarcimento dei danni conseguiti all’esecuzione del sequestro giudiziario, ma avevano chiesto il risarcimento del danno per l’inadempimento contrattuale dei venditori, i quali non avevano trasferito il possesso dell’appartamento, per cui il riferimento all’applicazione dell’art. 96 cod. proc. civ. era avulsa dal contesto del giudizio e comunque infondata; dichiarano perciò di chiedere la correzione anche di questa affermazione ex art. 384 ult. co. cod. proc. civ.
3.Il terzo motivo di ricorso incidentale è infondato nella parte in cui sostiene che sia stata la sentenza della Suprema Corte che ha disposto il rinvio ad avere statuito che il danno doveva essere risarcito per il periodo dal 1992 al 2010. La sentenza della Suprema Corte n. 8099/2014 ha dichiarato assorbito il motivo di ricorso con il quale i ricorrenti COGNOME e COGNOME avevano censurato la sentenza d’appello per avere riconosciuto il danno soltanto fino al 1997 e quindi non ha emesso alcuna pronuncia sul punto. Non consente di ritenere diversamente la circostanza, valorizzata dai ricorrenti incidentali, secondo la quale la Cassazione, nel rigettare il motivo di ricorso incidentale con il quale i ricorrenti incidentali NOME COGNOME e COGNOME lamentavano di essere stati condannati a rimborsare a NOME e NOME COGNOME quanto da loro dovuto a Croce e COGNOME per la mancata disponibilità dell’immobile, abbia dichiarato che NOME COGNOME e COGNOME erano responsabili ‘per l’illecito godimento del suddetto bene protrattosi fino al suo rilascio’: tale dichiarazione non contiene alcun accertamento sulla data nella quale collocare il rilascio e sul periodo con riguardo al quale avrebbe dovuto essere determinato il danno. Ciò è confermato dal fatto che il medesimo motivo di ricorso incidentale è stato dalla Cassazione dichiarato assorbito nella prima parte, con la quale era stata censurata la pronuncia al risarcimento del danno per il periodo in cui sull’immobile vi era sequestro giudiziario.
Escluso perciò che il giudice del rinvio fosse vincolato dalle statuizioni della Cassazione nell’individuazione del periodo al quale riferire il risarcimento del danno per il mancato godimento dell’immobile, si impone l’ulteriore considerazione che l e affermazioni che secondo i ricorrenti principali individuano il periodo al quale riferire il danno da risarcire e delle quali invece i ricorrenti incidentali si lamentano e chiedono la correzione sono contenute a pag. 6 della sentenza impugnata, ma non nella sentenza non definitiva della Corte
d’appello di Roma n. 544/2017; ciò risulta dall’esame della sentenza non definitiva, eseguito da questa Corte in quanto reso necessario dalla tecnica di redazione della sentenza definitiva, che ha utilizzato lo stesso carattere corsivo e non ha frapposto censure tra la parte in cui ha trascritto il contenuto della sentenza non definitiva e la parte in cui ha statuito. Escluso perciò che fosse stata la sentenza non definitiva ad avere disposto che il danno per il mancato godimento dell’immobile dovesse essere risarcito soltanto fino al dicembre 1997, non vi sono elementi per ritenere che tale affermazione sia stata emessa dalla sentenza qui impugnata solo per errore che possa essere corretto in questa sede, per cui anche sotto questo profilo il terzo motivo di ricorso incidentale è infondato e, al contrario, risulta fondato il primo motivo di ricorso principale.
3.1.Infatti, la sentenza impugnata a pag. 6 ha dichiarato che il danno relativo alla mancata disponibilità dell’immobile doveva essere risarcito fino a dicembre 1997 e ha esposto di seguito considerazioni volte a dichiarare che il danno relativo al periodo in cui l’immobile era sottoposto a sequestro non era stato richiesto in termini ammissibili. Di seguito a pag. 8 la sentenza ha dichiarato di recepire le conclusioni del consulente d’ufficio, secondo le quali i canoni di locazione retraibili dall’immobile erano pari a Euro 313.562,97, senza dimostrare di avere considerato che quei canoni si riferissero al periodo limitato a dicembre 1997 indicato a pag.6 -circostanza pacificamente esclusa dalle parti- e senza neppure esplicitare le ragioni per le quali ha ritenuto di riconoscere i canoni per il periodo di vigenza del sequestro giudiziario, per il quale aveva appena prima dichiarato non spettare il risarcimento del danno. Con questo contenuto la sentenza è affetta da contraddizione insanabile, tale da non rispettare il minimo costituzionale entro il quale è circoscritto il sindacato di legittimità e comportare la nullità della motivazione per violazione dell’art. 132 co.
2 n.4 cod. proc. civ. (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629830-01, Cass. Sez. 3 12-10-2017 n. 23940 Rv. 645828-01, Cass. Sez. 6-3 259-2018 n. 22598 Rv. 650880-01). Sussiste nella sentenza contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, con vizio che emerge dal suo testo a prescindere dal confronto con le risultanze processuali, perché l ‘interprete non è posto in condizione di intendere quale ragionamento sia stato svolto, in quanto prima si afferma la spettanza del risarcimento per uno specifico circoscritto periodo, di seguito lo si riconosce per un periodo assai più lungo; ciò senza esplicitare le ragioni dell’una e dell’altra affermazione in termini che consentano di comprendere quale, tra le diverse affermazioni, sia stata il risultato di consapevole decisione sulle contrapposte pretese delle parti, considerando che gli occupanti NOME COGNOME COGNOME negavano di essere obbligati al risarcimento del danno già dal 1993, in ragione del disposto sequestro giudiziario, e gli acquirenti COGNOME e COGNOME sostenevano di avere diritto al risarcimento del danno fino al gennaio 2010, unica data in cui riconoscevano di avere ottenuto la disponibilità dell’immobile.
E’ affetta da ulteriore, intrinseca contraddizione insanabile, tale da risultare incomprensibile e da comportare nullità della motivazione, e sotto questo limitato profilo è fondato il terzo motivo di ricorso incidentale, anche l’affermazione della sentenza secondo la quale il risarcimento per il periodo successivo a dicembre 1997 in cui era stato disposto il sequestro giudiziario avrebbe potuto essere richiesto solo ai sensi dell’art. 96 co. 2 cod. proc. civ. ma la relativa domanda non era stata proposta. La disposizione di cui all’art. 96 co. 2 cod. proc. civ. richiamata dalla sentenza, disciplinando la domanda di responsabilità aggravata nei confronti della parte che ha chiesto e ottenuto un provvedimento cautelare, riguarda il caso in cui si accerti l’inesistenza del diritto per cui è stato eseguito il provvedimento cautelare; al
contrario, nella fattispecie il sequestro giudiziario è stato disposto in accoglimento della relativa istanza degli acquirenti COGNOME poi risultati vittoriosi in quanto la prima sentenza d’appello, passata in giudicato sul punto, ha pronunciato la condanna al rilascio dell’immobile a loro favore.
3.2. All’accoglimento del primo motivo di ricorso principale e anche del terzo motivo di ricorso incidentale nei limiti esposti e alla relativa cassazione della sentenza impugnata consegue che il giudice del rinvio dovrà individuare il periodo per il quale si è protratta l’illegittima occupazione dell’immobile e per tale periodo dovrà quantificare il risarcimento del danno. La data della consegna dell’immobile pattuita tra venditori e acquirenti è pacificamente collocata dalle parti a maggio 1992 e quindi da tale termine si dovrà accertare quando sia realmente avvenuta la consegna dell’immobile agli acquirenti Croce e Poggi ; ciò senza che il periodo di vigenza del sequestro giudiziario possa in sé escludere il diritto degli acquirenti a ottenere il risarcimento del danno per la ritardata consegna, in quanto la ritardata consegna non è stata determin ata dall’esistenza del sequestro giudiziario, ma dal fatto che i venditori si sono resi inadempimenti all’obbligo di consegna e gli occupanti hanno continuato a occupare l’immobile senza titolo ; si dovranno però accertare i fatti che già erano stati oggetto di motivo di ricorso incidentale dichiarato assorbito dalla sentenza n.8099/2014 della Cassazione, e cioè se, per il periodo di vigenza del sequestro giudiziario, o per una parte dello stesso, tra le parti fossero intercorsi accordi che legittimassero l’occupazione dell’immobile da parte di NOME COGNOME e NOME COGNOME e perciò vi fossero periodi da escludere al fine di quantificare il ritardo nella consegna.
4.Con il secondo motivo di ricorso principale i ricorrenti deducono ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; violazione e falsa applicazione degli artt. 670
c.p.c. e 677 c.p.c., anche in relazione agli artt. 605 e 608 c.p.c., art. 2043 c.c. in relazione all’art. 1223 c.c.’. Lamentano che la sentenza impugnata abbia ignorato quanto statuito dalla Suprema Corte con la sentenza che ha disposto il rinvio, in ordine alla necessità di tenere conto del sequestro giudiziario chiesto dai consorti COGNOME e COGNOME nel 1993; evidenziano che in sede di esecuzione del sequestro del 1993 i custodi nominati COGNOME e COGNOME consentivano ai consorti COGNOME e COGNOME di continuare ad abitare nell’immobile fino all’esecuzione dei lavori di separazione degli appartamenti e perciò sostengono che COGNOME e COGNOME hanno continuato ad abitare lì solo in ragione dell’inerzia dei sequestranti nell’esecuzione dei lavori; aggiungono che in data 12-12-1997 era avvenuto l’effettivo e materiale rilascio per cui, mentre la sentenza impugnata ha dimostrato di volere tenere conto del sequestro del 1997, ha omesso di considerare il sequestro del 1993, incorrendo nel vizio di omesso esame di fatto decisivo, che avrebbe ulteriormente ridotto l’entità del danno.
4.1.Il motivo è assorbito in ragione dell’accoglimento del primo motivo di ricorso principale e del primo motivo di ricorso incidentale nei limiti esposti in quanto, come già esplicitato al punto 3.2., sarà il giudice del rinvio a individuare il periodo di spettanza del risarcimento per il mancato godimento dell’immobile.
5.Con il primo motivo di ricorso incidentale i ricorrenti incidentali COGNOME e COGNOME deducono ‘ violazione dell’art. 2043 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.; violazione (in subordine) dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia, in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.; violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c., per omessa motivazione, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’. Lamentano che la sentenza impugnata, nel riconoscere loro il risarcimento del danno per l’indisponibilità dell’immobile da maggio 1992 a gennaio 2010, con riferimento ai canoni di locazione che si sarebbero potuti trarre dall’appart amento nel periodo, non abbia
riconosciuto la rivalutazione monetaria, che era stata chiesta e comunque avrebbe dovuto essere riconosciuta anche d’ufficio, essendo l’obbligazione di valore.
5.1.Premesso che il motivo non è assorbito, in quanto la questione del riconoscimento della rivalutazione monetaria sugli importi spettanti a titolo di risarcimento del danno si pone con riguardo a qualsiasi periodo temporale di riferimento, il motivo è fondato nei termini di seguito esposti.
Il giudice di merito ha individuato il parametro, non oggetto di censura, per la determinazione del danno da mancato godimento dell’immobil e, riferito al valore loc ativo dell’immobile nel periodo di illegittima occupazione, riconoscendo sul totale del l’importo liquidato gli interessi dalle date delle singole scadenze; quindi, diversamente da quanto sostenuto dai ricorrenti, l’aumento del canone secondo gli indici Istat calcolato dal c.t.u. ha costituito elemento esclusivamente finalizzato a quantificare i l canone ritraibile dall’i mmobile nel corso del periodo, e cioè a quantificare il danno ai valori del periodo di riferimento e non all’attualità . A carico delle controparti NOME e NOME COGNOME la responsabilità è per inadempimento contrattuale, per non avere i venditori adempiuto all’obbligazione assunta con il contratto di vendita di consegnare l ‘immobile compravendut o e a carico delle controparti NOME COGNOME e NOME COGNOME la responsabilità è extracontrattuale, in quanto gli stessi sono stati occupanti senza titolo dell’immobile. L’obbligazione di risarcimento del danno non solo da fatto illecito ma anche da inadempimento contrattuale costituisce debito di valore, per cui, se il risarcimento del danno non è dal giudicante eseguito ai valori attuali, cioè ai valori del momento della decisione ma ai valori del momento del fatto dannoso, spetta anche la rivalutazione monetaria, con l ‘ulteriore conseguenza che gli interessi compensativi devono essere applicati al capitale rivalutato anno per
anno (cfr. Cass. Sez. 2 19-1-2022 n. 1627 Rv. 663638-01, Cass. Sez. 2 1-7-2002 n. 9517 Rv. 555474-01, per tutte). Come già evidenziato nei precedenti di Cass. 1627/2022 e Cass. 9517/2002, la rivalutazione monetaria e gli interessi compensativi hanno funzioni diverse, perché la prima mira a ripristinare la situazione patrimoniale del danneggiato quale era anteriormente al fatto generatore del danno e a porlo nelle condizioni in cui si sarebbe trovato se l’evento non si fosse verificato, mentre i secondi hanno funzione compensativa, nel senso che costituiscono lo strumento per compensare il creditore del lucro cessante riferito al ritardo nel conseguimento materiale della somma dovuta a titolo di risarcimento.
6.Con il secondo motivo di ricorso incidentale i ricorrenti incidentali deducono ‘violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia, in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.; violazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.; violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. e 92 c.p.c. per omessa motivazione, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’; dichiarano che nel giudizio di rinvio non avevano mancato di reiterare la domanda di risarcimento dei costi connessi alla cauzione, a loro imposta nel 1997 in quanto custodi dell’appartamento sequestrato , per cinque anni di fideiussione prestata quali custodi giudiziari; lamentano l’omessa pronuncia sul punto, nonché la violazione dell’art. 91 cod. proc. civ., in quanto si trattava di spese pacificamente rientranti in quelle di causa.
Con lo stesso motivo i ricorrenti incidentali lamentano che non sia stata esaminata la loro richiesta di risarcimento in relazione ai costi dei lavori edili che essi avevano affrontato nel 2010 per rendere l’appartamento acquistato autonomo; richiamano il contenuto della comparsa conclusionale di data 8-2-2019 nella quale avevano formulato la richiesta e sostengono che tale costo dovesse essere posto a carico dei venditori.
Infine lamentano l’omessa pronuncia sulla domanda di condanna delle controparti al risarcimento del danno ex art. 96 cod. proc. civ., che avevano espressamente proposto in ragione della temerarietà con la quale le controparti avevano opposto resistenza alle loro domande.
6.1.Il motivo è fondato nei limiti di seguito esposti.
Gli odierni ricorrenti incidentali avevano dedotto nel l’atto di citazione in riassunzione di avere affrontato i costi relativi alla fideiussione a loro imposta quali custodi giudiziari con l’ordinanza che aveva disposto il sequestro giudiziario e ne avevano chiesto la rifusione. La sentenza non solo ha omesso la pronuncia sulla specifica richiesta che era stata formulata, ma è incorsa anche nella violazione dell’art. 91 cod. proc. civ. perché l e spese per la cauzione imposta ex art. 669-undecies cod. proc. civ. ai soggetti nominati custodi del bene in sequestro rientravano tra le spese di lite; quindi, si trattava di spese che dovevano essere liquidate con la decisione del merito, facendo applicazione del criterio della soccombenza riferito unitariamente alla decisione finale della lite (Cass. Sez. 2 25-3-2022 n. 9785 Rv. 66432302).
Diversamente, per quanto riguarda i costi per i lavori edili necessari a rendere autonomo il piano rialzato dell’immobile , il motivo risulta infondato, perché gli stessi ricorrenti incidentali allegano di avere dedotto tali costi tardivamente, nella comparsa conclusionale di data 8-2-2019 nel giudizio di rinvio, senza dichiarare né documentare di averli richiesti anche in precedenza. Infatti, n ell’atto di citazione in riassunzione risulta che essi avevano chiesto, oltre alle spese a loro imposte quali custodi, esclusivamente il riconoscimento dei costi per acquisire la concessione in sanatoria; tali costi la sentenza impugnata ha riconosciuto, per cui sotto questo profilo la pronuncia risulta rispettosa della domanda.
In ordine alla domanda ex art. 96 cod. proc. civ., il motivo è assorbito, trattandosi di questione che dovrà essere valutata dal giudice del rinvio.
7.In conclusione, sono accolti il primo motivo di ricorso principale, il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso incidentale per quanto in motivazione e la sentenza impugnata è cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d’appello di Roma in diver sa composizione, che statuirà facendo applicazione dei principi esposti e attenendosi a quanto sopra ritenuto, regolamentando anche le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso principale, il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso incidentale per quanto in motivazione, rigetta per il resto per quanto in motivazione il secondo e terzo motivo di ricorso incidentale, assorbito il secondo motivo di ricorso principale e per il resto il secondo motivo di ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione