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Risarcimento danno direttiva: la data del reato conta

In un caso di risarcimento del danno per tardiva attuazione di una direttiva europea a tutela delle vittime di reati violenti, la Corte di Cassazione ha stabilito un principio cruciale. Il diritto alla rivalutazione monetaria della somma liquidata non decorre dalla data di scadenza del termine per il recepimento della direttiva, ma dal giorno in cui si è verificato il fatto dannoso. Questo perché è in quel momento che il soggetto acquisisce lo status di vittima e sorge il suo diritto al risarcimento, configurandosi come un debito di valore che deve essere adeguato al potere d’acquisto del denaro dal momento del danno fino alla liquidazione finale.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Risarcimento Danno Direttiva: La Cassazione Fissa il “Dies a Quo”

Quando uno Stato non recepisce tempestivamente una direttiva europea, può essere chiamato a rispondere dei danni subiti dai cittadini. Ma da quale momento esatto inizia a decorrere il calcolo di tale danno, in particolare per la rivalutazione monetaria? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo punto cruciale, offrendo un’interpretazione chiara in tema di risarcimento danno direttiva. La vicenda riguarda il familiare di una vittima di un grave reato violento, che ha agito contro lo Stato per il mancato recepimento della Direttiva 2004/80/CE, volta a garantire un “equo e adeguato” indennizzo alle vittime.

I Fatti del Caso: Un Risarcimento Conteso

Nel 2009, un uomo veniva assassinato. L’autore del delitto, sebbene condannato, risultava insolvente, lasciando il figlio della vittima senza la provvisionale risarcitoria stabilita in sede penale. Di conseguenza, il figlio citava in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri, chiedendo il risarcimento per il danno derivante dalla mancata attuazione della Direttiva europea 2004/80/CE, che avrebbe dovuto assicurargli un indennizzo.

Dopo una prima decisione sfavorevole, la Corte d’Appello accoglieva la domanda, condannando lo Stato a pagare 50.000 euro. Tuttavia, stabiliva che la rivalutazione monetaria su tale somma dovesse decorrere dal 1° luglio 2005, data di scadenza del termine per il recepimento della direttiva.

La Decisione della Corte d’Appello e il Ricorso in Cassazione

Contro questa decisione, lo Stato proponeva ricorso in Cassazione, non contestando il diritto al risarcimento in sé, ma il momento di decorrenza della rivalutazione. Secondo la difesa erariale, la rivalutazione doveva partire non dalla scadenza del termine per l’attuazione della direttiva, bensì dalla data in cui si era verificato il fatto illecito, ovvero l’omicidio del 2009. Questo perché solo in quel momento era sorto concretamente il diritto del cittadino, che aveva acquisito lo status di “vittima” ai sensi della normativa.

Risarcimento Danno Direttiva: i Principi della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Ha chiarito che il diritto al risarcimento per la mancata attuazione di una direttiva sorge in relazione a ogni singola fattispecie lesiva. Il presupposto per tale diritto è l’acquisizione dello “status” di vittima di un reato intenzionale violento o di congiunto superstite.

Questo status, e il conseguente diritto, si acquisisce nel momento in cui si verifica l’evento dannoso. La pretesa risarcitoria ha natura di “debito di valore”, il che significa che la somma deve essere adeguata al potere d’acquisto della moneta dal giorno del fatto dannoso fino al giorno della liquidazione, quando si trasforma in un “debito di valuta”.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha spiegato che confondere le due date – quella della scadenza del termine per l’attuazione della direttiva e quella del fatto dannoso – sarebbe un errore logico e giuridico. Il danno per il cittadino non si concretizza nel momento in cui lo Stato è inadempiente a un obbligo europeo in astratto, ma quando, a causa di quell’inadempimento, il cittadino subisce una perdita concreta. Nel caso di specie, la perdita si è verificata con l’omicidio, evento che ha conferito al figlio lo status di soggetto tutelato dalla direttiva. È da quel preciso istante che la mancata esistenza di un sistema di indennizzo ha prodotto un danno effettivo nel suo patrimonio. Di conseguenza, è corretto calcolare la rivalutazione monetaria a partire dal 21 novembre 2009, per garantire che la somma liquidata oggi abbia lo stesso valore che avrebbe avuto all’epoca del fatto.

Conclusioni

L’ordinanza stabilisce un principio di fondamentale importanza pratica: nel calcolare il risarcimento danno direttiva, la rivalutazione monetaria deve decorrere dalla data del fatto illecito, non dalla scadenza del termine di recepimento. Questa decisione assicura che il risarcimento sia effettivamente commisurato al danno subito, ripristinando il valore della somma dovuta dal momento in cui il diritto è sorto. Si tratta di una precisazione che allinea la tutela del cittadino alla natura stessa del debito di valore, garantendo un ristoro più equo e aderente alla realtà economica.

In caso di risarcimento del danno per mancata attuazione di una direttiva UE, da quando decorre la rivalutazione monetaria?
La rivalutazione monetaria decorre dalla data del fatto dannoso (ad esempio, il reato) che fa sorgere il diritto, e non dalla data in cui scadeva il termine per il recepimento della direttiva da parte dello Stato.

Perché la data del fatto dannoso è così importante per il calcolo del risarcimento?
Perché è il momento in cui il soggetto acquisisce lo “status” giuridico che gli dà diritto alla tutela prevista dalla direttiva (ad esempio, lo status di vittima). Il credito risarcitorio è un “debito di valore”, e il suo importo deve essere adeguato al potere d’acquisto della moneta a partire dal momento in cui il danno si è effettivamente verificato.

Qual è la differenza tra l’indennizzo previsto dalla legge nazionale e il risarcimento per tardiva attuazione della direttiva?
Sono due pretese distinte con presupposti diversi. L’indennizzo è una prestazione economica prevista da una specifica legge nazionale (in questo caso, la legge n. 122/2016). Il risarcimento del danno, invece, è un rimedio contro lo Stato per la sua violazione del diritto dell’Unione Europea, volto a ristorare il cittadino per i danni subiti a causa di tale inadempimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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