Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9509 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9509 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/04/2024
ORDINANZA
Oggetto
TRIBUTI ALTRI
Responsabilità da non corretta e integrale attuazione della direttiva 2004/80/CE Determinazione del ‘ quantum ‘ del risarcimento Assenza di gravame sul punto – Conseguenze
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
sul ricorso 23358-2021 proposto da:
Rep.
Ud. 13/12/2023
Adunanza camerale
PRESIDENZA DEL RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente ‘ pro tempore ‘ , domiciliata ‘ ex lege ‘ in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato da cui è difesa per legge;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, domiciliati presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore, rappresentati e difesi dall’ AVV_NOTAIO;
– controricorrente –
Avverso la sentenza n. 4235/21 del la Corte d’appello d i Roma, pubblicata in data 11/06/2021;
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale del 13/12/2023 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 4235/21, dell’11 giugno 2021, della Corte d’appello di Roma, che respingendone il gravame avverso l’ordinanza ex art. 702 -ter cod. proc. civ., emessa il 26 giugno 2015 dal Tribunale di Roma -ha confermato la condanna della stessa a risarcire, ai congiunti di NOME COGNOME, il danno da non corretta e integrale attuazione della direttiva 2004/80/CE, già liquidato, rispettivamente, in € 260.000,00 per NOME COGNOME e in € 300.000,00 per NOME COGNOME, nonché in € 100.000,00 cadauno per NOME e NOME COGNOME.
Riferisce, in punto di fatto, l’odiern a ricorrente di essere stato convenuta in giudizio da NOME COGNOME e NOME COGNOME, nonché da NOME e NOME COGNOME, rispettivamente genitori e germani di NOME COGNOME, vittima di omicidio preterintenzionale perpetrato ai suoi danni da NOME COGNOME il 27 aprile 2007 (come accertato da sen tenza della Corte d’Assise di Roma del 25 novembre 2008, passata in giudicato). Gli attori adivano l’autorità giudiziaria per chiedere il risarcimento dei danni conseguenti alla non corretta e integrale attuazione della direttiva 2004/80/CE, che ha imposto agli Stati membri dell’Unione E uropea l’erogazione di indennizzi in favore delle vittime di reati intenzionali violenti aventi rilevanza transfrontaliera, ove costoro risultino impossibilitati -come nel caso di specie -a conseguire il risarcimento del danno dal responsabile del reato.
Accolta la domanda risarcitoria dall’adito Tribunale, il quale liquidava il danno patito dai congiunti di NOME in misura corrispondente al pregiudizio ad essi già riconosciuto quali parti civili costituite nel processo penale a carico della COGNOME, la RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE esperiva gravame, così
radicando il giudizio di secondo grado. Esso, peraltro, veniva sospeso in attesa della decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, chiamata a pronunciarsi sulla portata della suddetta direttiva a seguito di rinvio pregiudiziale disposto dalla Terza Sezione civile di questa Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria 31 gennaio 2019, n. 2964.
Intervenuta la decisione della Corte di Lussemburgo (sent. 16 luglio 2020, in C-129/19), il giudice di appello si pronunciava sull’esperito gravame, confermando la decisione del primo giudice.
Avverso la sentenza della Corte capitolina ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE, sulla base -come detto -di due motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e falsa applicazione degli artt. 1173, 2043 e 2056 cod. civ., nonché degli artt. 1223 e 1226 cod. civ. e dell’art. 185 cod. pen., oltre che dell’art. 12 della direttiva 2004/80/CE, nonché di ogni altra disposizione in materia di determinazione e quantificazione del danno.
La parte ricorrente precisa che, proprio alla luce di quanto affermato dalla citata sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (oltre che da Cass. Sez. 3, sent. 24 novembre 2020, n. 26757), la propria contestazione non concerne più il profilo relativo all’ an della pretesa risarcitoria, investendo, invece, la sentenza impugnata ‘nel capo in cui, confermando la liquidazione operata dal primo giudice, è incorsa palesemente nelle violazioni dei principi e delle norme poste dalla Direttiva e dalle norme di legge relative ai diversi regimi di responsabilità qui in rilievo’.
Sottolinea la RAGIONE_SOCIALE che già il primo giudice aveva ritenuto ‘inevitabile identificare la misura del danno risarcibile in quella del danno scaturente dal reato violento, quale accertata nel giudizio, penale o civile, intentato nei confronti
dell’autore del reato’, rimarcando come il ‘legislatore statale’ inerte nel dare attuazione alla normativa unionale -non potesse ‘dolersi del fatto che, in mancanza di altri parametri certi, l’indennizzo sia fatto coincidere con il danno subìto, che è l’unico criterio ad avere una base normativa chiara e certa’.
Si duole, pertanto, la ricorrente del fatto che tale argomentazione sarebbe stata ‘implicitamente ed acriticamente recepita dal giudice d’appello’, il quale, in particolare, avrebbe mancato di considerare che quella prospettata dagli attori -e poi riconosciuta in sede giudiziale -è una responsabilità contrattuale da inadempimento di un’obbligazione ‘ ex lege ‘ di dare attuazione alla normativa comunitaria, del tutto diversa, quindi, dalla responsabilità aquiliana che fa carico all’autore del reato e che gli impone di ristorare il pregiudizio cagionato alla vittima (o ai suoi familiari). In tal senso, del resto, la stessa sentenza della Corte di Lussemburgo sopra citata stabilisce che ‘l’indennizzo «equo ed adeguato», di cui all’articolo 12, paragrafo 2, dell a direttiva 2004/80, non deve necessariamente corrispondere al risarcimento del danno che può essere accordato, a carico dell’autore di un reato intenzionale violento, alla vittima di tale reato’, con la conseguenza che ‘tale indennizzo non deve necessariamente garantire un ristoro completo del danno materiale e morale subito dalla vittima’.
Nel confermare, dunque, la liquidazione del pregiudizio da mancata attuazione della direttiva unionale, così come operata dal primo giudice (che aveva fissato, per ciascun congiunto di NOME COGNOME, somme corrispondenti a quelle riconosciute ai medesimi in relazione alla responsabilità civile da reato ascritta all’imputata NOME), la Corte capitolina sareb be incorsa nello stesso errore del Tribunale di Roma . Ovvero, di condannare ‘la RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE come se questa fosse chiamata a rispondere, quale diretta responsabile del reato, in
sostituzione o in aggiunta dell’effettivo autore del delitto, pur mancando i presupposti per la configurabilità di una responsabilità, diretta o indiretta, dello Stato per fatto altrui, ai sensi dell’art. 185 cod. pen.’ (viene richiamata, sul punto, Cass. Sez. 3, sent. 24 novembre 2020, n. 26757).
La necessità, per contro, di tenere distinte le due diverse responsabilità sarebbe stata ben colta dalla più recente giurisprudenza di merito, avendo essa scelto di parametrare il risarcimento del danno da mancata attuazione della suddetta direttiva comunitaria alle somme previste dai d.m. 31 agosto 2017 e 22 novembre 2019, di attuazione dell’art. 11, comma 3, della legge 7 luglio 2016, n. 122, ovvero la legge attuativa della direttiva 2004/80/CE.
3.2. Il secondo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. -‘omessa o apparente motivazione sulla determinazione e quantificazione del danno’, con conseguente ‘nullità della sentenza’.
Il motivo, che è proposto subordinatamente al primo, censura la sentenza impugnata perché ‘omettendo di motivare in ordine al quantum della pretesa risarcitoria, è incorsa nel vizio processuale dell’omessa o apparente motivazione’, sussistente ‘qualora il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita l oro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento’.
Hanno resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, i COGNOME e la COGNOME, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
La trattazione del presente ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
I controricorrenti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare, occorre rilevare che, in difetto di procura speciale rilasciata dai controricorrenti al proprio difensore, il controricorso deve ritenersi inammissibile (da ultimo, Cass. Sez. 3, sent. 26 luglio 2022, n. 23352, Rv. 665438-01).
Nella specie, i controricorrenti hanno fatto espressamente riferimento, nell’intestazione del loro atto difensivo in questa sede, alla procura a margine del ricorso ex art. 702bis cod. proc. civ. introduttivo del primo grado di giudizio, per NOME e NOME COGNOME, nonché per NOME COGNOME, e alla procura a margine della comparsa di costituzione e risposta in grado di appello, per NOME COGNOME; pertanto il controricorso è inammissibile per difetto della prescritta procura speciale, essendo quest ‘ ultima inidonea allo scopo se conferita con atto separato in data anteriore alla pubblicazione della sentenza da impugnare e, pertanto, senza lo specifico riferimento al giudizio di legittimità (cfr., con riferimento al ricorso per cassazione, ma con principio, come detto, applicabile anche al controricorso, Cass. Sez. 6-5, ord. 13 gennaio 2023, n. 938, Rv. 666619-01; Cass. Sez. 3, ord. 1° luglio 2020, n. 13263, Rv. 658373-01; Cass. Sez. 3, sent. 12 maggio 2003, n. 7181, Rv. 562867-01 e Cass. Sez. Lav., sent. 18 aprile 2000, n. 5044, Rv. 535827-01).
Ciò premesso, il ricorso va rigettato, risultando infondati entrambe le censure mosse alla sentenza impugnata.
8.1. Invero, nessuno dei due motivi di appello della RAGIONE_SOCIALE (come, peraltro, da essa stessa ricostruiti nelle pagine 3 e 4 del proprio ricorso) riguardava il tema dell’entità del risarcimento disposto in favore dei congiunti d i NOME COGNOME e anzi, dallo stesso ricorso, risulta che tale questione fu posta solo (e quindi inammissibilmente) con le note scritte di precisazione delle conclusioni in data 23 febbraio 2021 (v. ricorso p. 4 e 5), sicché la parte ricorrente non può devolvere
a questa Corte questioni rimaste estranee al perimetro del giudizio di appello.
Deve, infatti, evidenziarsi che ‘è consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui, qualora una sentenza di condanna al risarcimento del danno venga impugnata dal soccombente soltanto nella parte in cui se ne afferma sussistere la responsabilità, incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice del gravame il quale, senza modificare le statuizioni sulla responsabilità, modifichi la quantificazione del danno’ (così, da ultimo, Cass. Sez. 6 -Lav., ord. 16 ottobre 2018, n. 25933, Rv. 650998-01; Cass. Sez. 3, sent. 15 settembre 1998, n. 9175, Rv. 518931-01; Cass. Sez. Lav., sent. 23 maggio 1989, n. 2474, Rv. 462842-01).
Tale principio, peraltro, lungi dall’essere soltanto ‘espressione di una regola propria della responsabilità aquiliana’ (come, invece, affermato da Cass. Sez. 3, sent. 23 ottobre 2012, n. 18160, Rv. 62405801), ‘esprime piuttosto un canone di carattere gen erale relativo ai limiti del giudizio d’appello’, compendiato ‘nel principio secondo cui tantum devolutum quantum appellatum’ (così, in motivazione, Cass. Sez. 6-Lav., ord. 25933 del 2018, cit.), canone generale, dunque, destinato a trovare applicazione anche con riferimento ad una fattispecie, qual è la presente, in cui si controverte di responsabilità da inadempimento di obbligazione ‘ ex lege ‘ .
Ne consegue, pertanto , che l’odiern a ricorrente non solo non ha titolo per dolersi, in questa sede, della quantificazione del danno operata in prime cure, ma che nessun addebito può muoversi al giudice di appello per non aver motivato le ragioni della conferma di quella statuizione, dal momento che esso, rispetto a tale tema, era del tutto privo di ‘ os ad loquendum ‘.
Nulla va disposto in relazione alle spese del presente giudizio di legittimità, stante l’intervenuta declaratoria di inammissibilità del controricorso.
A carico della ricorrente, stante il rigetto del ricorso, sussiste l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 65719801), ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della