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Risarcimento danno diffamazione: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di risarcimento danno diffamazione a mezzo stampa. Una professionista aveva citato in giudizio un giornalista e il direttore di un quotidiano per un articolo che le attribuiva falsamente gravi indizi di corruzione. La Corte d’Appello aveva condannato il solo giornalista a un risarcimento di 10.000 euro. La Cassazione ha rigettato sia il ricorso della danneggiata, che chiedeva un risarcimento maggiore e la condanna del direttore, sia quello del giornalista, che contestava la sua responsabilità. La sentenza conferma che la prova del danno alla reputazione può essere presuntiva e che la mancata richiesta di rettifica da parte della vittima non esclude né riduce il diritto al risarcimento.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Risarcimento Danno Diffamazione a Mezzo Stampa: La Prova e la Rettifica

Il confine tra diritto di cronaca e lesione della reputazione è spesso sottile e controverso. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sul risarcimento danno diffamazione a mezzo stampa, affrontando due questioni cruciali: come si prova il danno alla reputazione e quale valore assume la mancata richiesta di rettifica da parte della persona offesa. Analizziamo insieme questa decisione per capire i principi affermati dai giudici.

I Fatti: La Notizia Diffamatoria e il Percorso Giudiziario

Una professionista citava in giudizio il direttore e un giornalista di un noto quotidiano, chiedendo il risarcimento per i danni subiti a causa di un articolo pubblicato nel 2012. Secondo la ricorrente, l’articolo riportava una notizia falsa e gravemente lesiva della sua reputazione: le attribuiva l’esistenza di gravi indizi di colpevolezza per il reato di corruzione, circostanza che, al contrario, era stata espressamente esclusa dal Tribunale del riesame.

Il Tribunale di primo grado rigettava la domanda. La Corte d’Appello, invece, riformava parzialmente la sentenza: pur confermando l’assenza di responsabilità del direttore (per difetto di legittimazione passiva), riconosceva la natura diffamatoria dell’articolo e condannava il giornalista a un risarcimento di 10.000 euro. Insoddisfatte, sia la professionista (che riteneva il risarcimento esiguo) sia il giornalista (che negava la propria responsabilità) ricorrevano in Cassazione.

La Decisione della Cassazione sul risarcimento danno diffamazione

La Suprema Corte ha rigettato entrambi i ricorsi, quello principale della danneggiata e quello incidentale del giornalista, confermando di fatto la decisione della Corte d’Appello. Le argomentazioni della Cassazione sono fondamentali per comprendere la gestione del risarcimento danno diffamazione.

Il Ricorso Principale: La Responsabilità del Direttore e l’Entità del Danno

La professionista lamentava due aspetti: la mancata condanna del direttore del quotidiano e l’importo del risarcimento, ritenuto troppo basso. La Cassazione ha dichiarato inammissibili entrambi i motivi. Il primo perché le argomentazioni non censuravano adeguatamente la decisione della Corte d’Appello sulla carenza di legittimazione passiva del direttore. Il secondo motivo, relativo all’esiguità della somma e al mancato riconoscimento del danno alla salute (una forma di depressione), è stato giudicato generico e fattuale, non potendo essere riesaminato in sede di legittimità.

Il Ricorso Incidentale: La Mancata Rettifica e la Prova del Danno

Il giornalista, a sua volta, sosteneva che il suo articolo fosse stato male interpretato e che, in ogni caso, la danneggiata non aveva mai chiesto una rettifica, comportamento che a suo dire avrebbe dovuto ridurre l’entità del danno. Anche queste censure sono state respinte. La Corte ha stabilito che la valutazione del testo dell’articolo è un giudizio di merito non sindacabile in Cassazione e ha ribadito principi consolidati sulla prova del danno e sul ruolo della rettifica.

Le Motivazioni

Il cuore della pronuncia risiede nelle motivazioni con cui la Corte ha respinto il ricorso del giornalista, consolidando importanti principi giuridici.

La Prova Presuntiva del Danno alla Reputazione

La Corte ha confermato un orientamento giurisprudenziale pacifico: in caso di diffamazione, il danno alla reputazione personale e professionale può essere provato anche tramite presunzioni. Non è necessario che il danneggiato fornisca la prova specifica di un pregiudizio economico o di un isolamento sociale. La gravità dell’offesa, la sua diffusione e la notorietà del diffamato e dell’offeso sono elementi sufficienti per presumere l’esistenza di un danno non patrimoniale, la cui quantificazione è poi affidata al giudice secondo equità.

La Rettifica: Facoltà, non Obbligo

Un punto chiave della decisione riguarda la rettifica. Il giornalista sosteneva che la mancata richiesta di rettifica da parte della vittima dovesse essere valutata come una sorta di concorso di colpa, tale da diminuire il risarcimento. La Cassazione ha nettamente rigettato questa tesi. La richiesta di rettifica, prevista dalla legge sulla stampa, è una facoltà e non un obbligo per la persona diffamata. La sua omissione non può in alcun modo essere interpretata come un comportamento che aggrava il danno, né può incidere sulla sua quantificazione. La pubblicazione della rettifica, inoltre, non elimina automaticamente il danno, che si è già prodotto con la diffusione della notizia falsa.

Le Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione rafforza le tutele per chi subisce un danno alla reputazione a mezzo stampa. Ribadisce che il risarcimento danno diffamazione non è subordinato a complesse dimostrazioni probatorie, potendo basarsi su presunzioni, e chiarisce che la vittima non ha alcun onere di attivarsi per chiedere una rettifica. La decisione sottolinea la responsabilità del giornalista nel verificare le notizie, specialmente quando queste possono avere un impatto devastante sulla vita personale e professionale altrui.

La vittima di diffamazione a mezzo stampa è obbligata a chiedere la rettifica della notizia per ottenere il risarcimento?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la richiesta di rettifica è una mera facoltà e non un obbligo per la persona offesa. La sua mancata richiesta non incide sul diritto al risarcimento né sulla quantificazione del danno.

Come si prova il danno alla reputazione in un caso di diffamazione?
Il danno alla reputazione può essere provato anche tramite presunzioni (prova presuntiva). Non è richiesta una prova specifica di un danno economico. I giudici possono desumere l’esistenza del danno dalla gravità delle affermazioni diffamatorie, dalla diffusione della pubblicazione e dalla posizione sociale e professionale della vittima.

Il direttore responsabile del giornale risponde sempre per un articolo diffamatorio scritto da un giornalista?
Non necessariamente. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva escluso la responsabilità del direttore per difetto di legittimazione passiva, e la Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso che contestava questa decisione, senza entrare nel merito della questione. La responsabilità del direttore va valutata caso per caso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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