Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 18652 Anno 2024
Civile Ord. Sez. U Num. 18652 Anno 2024
Presidente: COGNOME PASQUALE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3521/2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, domiciliata presso il domicilio digitale EMAIL e EMAIL;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro e legale rappresentante protempore , rappresentato e difeso dall’RAGIONE_SOCIALE COGNOMEO RAGIONE_SOCIALE ed ivi domiciliato ex lege , in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 139/2022 del TRIBUNALE SUPERIORE COGNOMEE ACQUE PUBBLICHE, depositata l’8/07/2022.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/4/2024 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza resa in data 8/7/2022, il Tribunale superiore RAGIONE_SOCIALE acque pubbliche, in accoglimento dell’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) e in riforma della decisione di primo grado, ha condannato il RAGIONE_SOCIALE al risarcimento, in favore della RAGIONE_SOCIALE, della somma di euro 221.456,00, liquidata all’attualità e maggiorata degli interessi legali dalla data di pubblicazione della sentenza al saldo, quale importo corrispondente all’entità dei danni subiti dalla RAGIONE_SOCIALE in conseguenza dell’esondazione del fiume Tronto verificatasi nel 1992.
A fondamento della decisione assunta, il Tribunale superiore RAGIONE_SOCIALE acque pubbliche ha rilevato, in primo luogo, l’erroneità della decisione di primo grado del Tribunale regionale RAGIONE_SOCIALE acque pubbliche nella parte in cui aveva dichiarato l’intervenuta prescrizione del diritto della società ricorrente al risarcimento dei danni, dovendo nella specie applicarsi il più lungo termine prescrizionale di dieci anni (nel caso di specie non interamente decorso) ricavabile, ratione temporis , dall’art. 2947, co. 3, a seguito della dichiarazione di prescrizione del delitto di inondazione colposa, di cui agli artt. 426 e 449 c.p., ascritto al funzionario indicato come responsabile RAGIONE_SOCIALE gravi lacune nella
progettazione e nelle verifiche tecniche riferite agli interventi di sistemazione idraulica interessanti l’alveo del fiume Tronto.
Ciò posto, il giudice a quo ha accertato la riconducibilità del fatto dannoso alla responsabilità del RAGIONE_SOCIALE convenuto, quantificando l’importo complessivo del risarcimento dei danni dovuto in favore della società attrice, determinandolo all’attualità e riconoscendo gli interessi legali sulla somma liquidata a far data dalla decisione d’appello fino al saldo.
Avverso la sentenza del Tribunale superiore RAGIONE_SOCIALE acque pubbliche, la RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi d’impugnazione.
Il RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI COGNOMEA DECISIONE
Con il primo motivo, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c. 1218, 1219, co. 2, n. 1, 1223, 1224 e 2697 co. 1, c.c. (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere il Tribunale superiore RAGIONE_SOCIALE acque pubbliche illegittimamente determinato la valutazione del danno subito dalla società istante ‘all’attualità’ (ossia all’epoca della pronuncia della sentenza impugnata), là dove, al contrario, tale stima era stata effettuata, dallo stesso giudice, sulla base RAGIONE_SOCIALE indagini compiute dal consulente tecnico d’ufficio con riferimento alla documentazione contabile proAVV_NOTAIOa dalla società danneggiata all’epoca del fatto dannoso (1992, 1993, 1994), con la conseguente omessa liquidazione integrale del danno subito in ragione dell’erroneità della mancata retrodatazione, all’epoca del fatto illecito, degli interessi e della rivalutazione dovuti sulla somma determinata a titolo risarcitorio.
Il motivo è infondato.
Osserva il Collegio come il Tribunale superiore RAGIONE_SOCIALE acque pubbliche abbia espressamente affermato di voler liquidare i danni riconosciuti in favore della società ricorrente determinando un importo liquidato ‘all’attualità’ e, dunque, ai valori correnti alla data della pronuncia impugnata.
Varrà sul punto precisare come il richiamo operato dal giudice a quo alla documentazione contabile formata all’epoca del fatto illecito e proAVV_NOTAIOa in giudizio dalla società danneggiata risulti con evidenza utilizzato alla stregua di un mero parametro obiettivo di riferimento ai fini della liquidazione del danno, che il Tribunale superiore RAGIONE_SOCIALE acque pubbliche ha nel suo complesso inteso concretizzare in termini propriamente equitativi, come appunto confermato dall ‘ espressa indicazione della volontà di liquidazione del ‘danno complessivo ‘ ‘all’attualità’ (cfr. pag. 14 della sentenza impugnata).
Deve pertanto ritenersi priva di fondamento la censura avanzata in questa sede dalla società ricorrente, vòlta alla rivendicazione della rivalutazione dell’importo liquidato in suo favore a titolo risarcitorio.
Parimenti priva di fondamento deve ritenersi la censura avanzata dalla società ricorrente con riguardo alla mancata retrodatazione del riconoscimento degli interessi sulla somma liquidata a titolo risarcitorio.
Osserva al riguardo il Collegio come, secondo l’insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, l ‘ obbligazione risarcitoria da illecito aquiliano costituisca un debito di valore, rispetto al quale gli interessi ‘ compensativi ‘ valgono a reintegrare il pregiudizio derivante dalla mancata disponibilità della somma equivalente al danno subito nel tempo intercorso tra l’evento lesivo e la liquidazione; la relativa determinazione non è, peraltro, automatica né presunta iuris et de
iure , occorrendo che il danneggiato provi, anche in via presuntiva, il mancato guadagno derivatogli dal ritardato pagamento (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 19063 del 05/07/2023, Rv. 668163 -01).
In particolare, nei debiti di valore il riconoscimento dei c.d. interessi compensativi costituisce una mera modalità liquidatoria del possibile danno da lucro cessante, cui è consentito al giudice di far ricorso con il limite costituito dall’impossibilità di calcolare gli interessi sulle somme integralmente rivalutate dalla data dell’illecito, senza che sia tenuto a motivarne il mancato riconoscimento, salvo non sia stato espressamente sollecitato mediante l ‘ allegazione della insufficienza della rivalutazione ai fini del ristoro del danno da ritardo (Cass., Sez. L, Sentenza n. 1111 del 20/01/2020, Rv. 656651 -01).
Nel caso di specie, la società ricorrente non risulta aver neppure allegato la sussistenza di danni derivati dal ritardo nella corresponsione dell’importo risarcitorio, o l’insufficienza della rivalutazione dell’importo liquidato ai fini del ristoro del danno da ritardo.
Deve pertanto ritenersi priva di fondamento la censura in esame nella parte in cui ha rivendicato la retrodatazione del riconoscimento degli interessi sulle somme liquidate a titolo risarcitorio.
Con il secondo motivo, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per omessa pronuncia in riferimento agli artt. 112 e 91 c.p.c. (in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4), per avere il giudice a quo omesso, nel dictum contenuto nel dispositivo della sentenza impugnata, di pronunciare la condanna della controparte al rimborso, in proprio favore, RAGIONE_SOCIALE spese relative alla consulenza tecnica di parte, in contrasto con quanto pure espressamente riconosciuto in motivazione.
Il motivo è inammissibile.
Osserva il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, avverso il vizio di omessa pronuncia del Tribunale superiore RAGIONE_SOCIALE acque pubbliche il rimedio esperibile non sia il ricorso per cassazione, bensì lo specifico rimedio del ricorso per rettificazione al medesimo Tribunale superiore, come disposto dall’art. 204 del r.d. n. 1775 del 1933 (t.u. RAGIONE_SOCIALE acque), recante un rinvio recettizio ai casi previsti dall ‘ art. 517 del codice di rito del 1865, ovvero alle seguenti ipotesi: se la sentenza ‘ abbia pronunciato su cosa non domandata ‘ , ‘ se abbia aggiudicato più di quello che era domandato ‘ , ‘ se abbia omesso di pronunciare sopra alcuno dei capi della domanda ‘ e ‘ se contenga disposizioni contraddittorie ‘ (cfr. Sez. U, Sentenza n. 488 del 10/01/2019, Rv. 652491 -01 , nonché Cass., Sez. Un., 8/05/2018, n. 11019; 27/04/2018, n. 10260; 1/03/2018, n. 4898; v., altresì con riguardo al Tribunale regionale RAGIONE_SOCIALE acque pubbliche., Cass., Sez. U, Sentenza n. 157 del 09/01/2020, Rv. 656509 – 02).
Deve pertanto ritenersi che la censura in esame, non potendo essere deAVV_NOTAIOa come motivo di ricorso per cassazione, è inammissibile ai sensi del combinato disposto degli artt. 112 e 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ. .
Sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva infondatezza RAGIONE_SOCIALE censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1quater , dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 3.500,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite