LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Risarcimento danno ambientale: la Cassazione chiarisce

Una società immobiliare in liquidazione ha ricorso in Cassazione contro la condanna al risarcimento del danno ambientale per la costruzione di un vasto complesso edilizio su un’area demaniale. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 20818/2024, ha rigettato il ricorso, stabilendo principi cruciali sul risarcimento danno ambientale. Anche se l’amministrazione rinuncia alla richiesta di ripristino dei luoghi, la quantificazione del danno deve seguire le specifiche norme del Codice dell’Ambiente, che privilegiano le misure di riparazione (primaria, complementare, compensativa) rispetto al mero risarcimento monetario. I costi del ripristino, pertanto, rimangono un parametro fondamentale per la liquidazione del danno, data la natura indisponibile del bene giuridico protetto.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Risarcimento Danno Ambientale: La Cassazione detta le Regole anche in caso di Rinuncia al Ripristino

Il tema del risarcimento danno ambientale è al centro di una recente e significativa ordinanza della Corte di Cassazione, che stabilisce principi fondamentali sulla quantificazione del danno anche quando lo Stato rinuncia alla richiesta di ripristino fisico dei luoghi. La pronuncia chiarisce che la tutela dell’ambiente segue logiche proprie, non assimilabili a quelle del diritto privato, confermando la specialità della materia e la priorità della riparazione del bene collettivo.

I Fatti di Causa: Un Lungo Contenzioso per la Tutela del Litorale

La vicenda trae origine da un’azione legale promossa dal Ministero dell’Ambiente contro una società immobiliare, responsabile della costruzione, a partire dagli anni ’80, di un vasto complesso di edifici (abitazioni, attività commerciali, alberghi) su un’ampia zona di litorale demaniale. L’accusa era quella di aver causato un grave mutamento e un danno permanente all’ambiente e al paesaggio. Inizialmente, il Ministero aveva chiesto la condanna della società al ripristino dello stato originario dei luoghi e, in subordine, al risarcimento dei danni. Nel corso del lungo iter giudiziario, l’Amministrazione aveva rinunciato alla domanda di ripristino, concentrandosi esclusivamente sulla richiesta risarcitoria.

Il Percorso Giudiziario e i Punti del Ricorso

Dopo una serie di sentenze e un precedente annullamento con rinvio da parte della stessa Corte di Cassazione (che aveva imposto di ricalcolare il danno secondo la nuova disciplina del Codice dell’Ambiente), la Corte d’Appello di Napoli condannava la società al pagamento di una somma ingente. Contro questa decisione, la società ha proposto un nuovo ricorso per cassazione, basato su quattro motivi principali:
1. Errata applicazione della legge: La società sosteneva che, avendo il Ministero rinunciato al ripristino, il giudice non potesse più condannarla a pagare i costi di tale ripristino, ma dovesse limitarsi a un risarcimento per equivalente.
2. Violazione del giudicato: Si lamentava che la Corte d’Appello non avesse tenuto conto di un precedente giudicato che limitava la sua responsabilità al solo periodo successivo alla sua costituzione.
3. Inammissibilità di nuove prove: Veniva contestata l’ammissione di una relazione tecnica dell’ISPRA nel giudizio di rinvio, che per sua natura dovrebbe avere un’istruttoria ‘chiusa’.
4. Omessa motivazione: Si denunciava la mancata motivazione sull’inutilizzabilità della suddetta relazione.

La Decisione della Cassazione sul risarcimento danno ambientale

La Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso della società, fornendo chiarimenti cruciali sulla natura e sulla liquidazione del risarcimento danno ambientale.

La Natura Speciale del Danno Ambientale

Il punto centrale della decisione riguarda la distinzione tra il risarcimento del danno nel diritto privato e quello in materia ambientale. La Corte afferma che l’obbligo di ripristino della situazione ambientale lesa non è una semplice forma di risarcimento in forma specifica. I rimedi previsti dal Codice dell’Ambiente (riparazione primaria, complementare e compensativa) costituiscono un sistema speciale e autonomo. Di conseguenza, anche se l’attore pubblico rinuncia al ripristino fisico, il giudice non è vincolato a passare automaticamente a un risarcimento monetario ‘semplice’. Egli deve applicare la gerarchia di rimedi prevista dalla legge, e la quantificazione del danno deve comunque tenere conto dei costi necessari per le misure di riparazione, poiché l’obiettivo primario è la tutela del bene ‘ambiente’ e non la mera compensazione patrimoniale del danneggiato.

L’Inesistenza del Giudicato sulla Liquidazione del Danno

La Corte ha respinto anche il secondo motivo, chiarendo che il precedente giudicato riguardava l’individuazione della responsabilità individuale della società, ma non i criteri per la liquidazione del danno. Trattandosi di un illecito permanente, che si protrae nel tempo, è corretto considerare, ai fini di una liquidazione equitativa, anche i profitti conseguiti dalla società per l’intera durata della condotta illecita, non solo quelli relativi a un limitato periodo di tempo.

L’Ammissibilità di Nuove Prove nel Giudizio di Rinvio

Infine, la Cassazione ha ritenuto legittima la produzione della relazione ISPRA. La precedente sentenza di annullamento aveva imposto una totale rideterminazione del danno alla luce di una nuova legge (ius superveniens). Questa necessità di una nuova valutazione giustificava pienamente lo svolgimento di ulteriori accertamenti in fatto, superando la regola generale dell’istruttoria ‘chiusa’ tipica del giudizio di rinvio.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sul principio della specialità della normativa ambientale. Il danno ambientale offende un bene giuridico di natura pubblica e indisponibile, la cui tutela non può essere lasciata alla libera determinazione delle parti, come avviene nei rapporti tra privati. La rinuncia a una specifica forma di tutela (il ripristino) da parte dell’amministrazione non può snaturare l’obbligo del giudice di applicare il sistema di rimedi predisposto dal legislatore, che è orientato primariamente alla riparazione effettiva del pregiudizio. Il risarcimento per equivalente monetario rappresenta solo l’ultima opzione, quando le misure riparatorie non sono possibili. Pertanto, i costi di tali misure rimangono il parametro di riferimento essenziale per quantificare il danno, anche se il ripristino non viene materialmente eseguito su richiesta della parte pubblica.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento rafforza in modo significativo gli strumenti di tutela contro i danni all’ambiente. Le imprese responsabili di illeciti ambientali non possono sperare di ridurre la loro esposizione risarcitoria attraverso tecnicismi procedurali o accordi parziali. La decisione conferma che il risarcimento danno ambientale è governato da una logica pubblicistica che mira al ripristino, reale o per equivalente, del bene collettivo leso. La quantificazione del danno deve essere completa e basata sui criteri specifici del Codice dell’Ambiente, assicurando che l’onere economico per il responsabile dell’inquinamento rifletta il costo effettivo del ripristino della legalità e della salubrità ambientale.

Se lo Stato rinuncia a chiedere il ripristino fisico di un’area danneggiata, il risarcimento del danno ambientale si limita a una somma di denaro per equivalente?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il sistema di rimedi per il danno ambientale è speciale. Anche in caso di rinuncia alla domanda di ripristino in forma specifica, il giudice deve applicare le misure di riparazione (primaria, complementare, compensativa) previste dal Codice dell’Ambiente. Il costo di queste misure resta il parametro fondamentale per la liquidazione del danno, e il risarcimento per equivalente è solo un’opzione residuale.

Nel giudizio di rinvio dopo una cassazione, è possibile presentare nuove prove documentali?
Di regola no, perché il giudizio di rinvio è considerato a ‘istruttoria chiusa’. Tuttavia, la Corte ha specificato che la produzione di nuove prove è ammessa quando la stessa sentenza di cassazione impone una totale rideterminazione della questione sulla base di una nuova legge (ius superveniens), rendendo necessari nuovi accertamenti di fatto per applicare i nuovi criteri.

Come viene calcolato il danno ambientale quando l’illecito è permanente e si è protratto per molti anni?
In caso di illecito permanente, come un’edificazione abusiva che continua a ledere l’ambiente, la Corte ha stabilito che la liquidazione del danno può tenere conto dei profitti che l’autore dell’illecito ha conseguito durante tutto il periodo di permanenza della condotta illegittima. Questo approccio non si limita a un periodo di prescrizione quinquennale, ma considera l’intera redditività generata dall’attività illecita come parametro per una valutazione equitativa del risarcimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati