Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20818 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20818 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21906/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, in persona del liquidatore unico, NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE‘avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
sul controricorso incidentale proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro p.t., domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso
l’AVVOCATURA RAGIONE_SOCIALE DELLO STATO che lo rappresenta e difende;
-controricorrente-
e sul ricorso incidentale proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro p.t., domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA RAGIONE_SOCIALE DELLO STATO che lo rappresenta e difende;
-ricorrente incidentale-
nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, in persona del liquidatore unico, NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE‘avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente al ricorso incidentale- avverso la SENTENZA RAGIONE_SOCIALEa CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 2632/2020, depositata in data 16/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/07/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE convenivano, dinanzi al Tribunale di Napoli, RAGIONE_SOCIALE, chiedendone la condanna al ripristino dei luoghi e, in alternativa al risarcimento dei danni, causati dal mutamento, a partire dal 1981, di un’ampia zona di litorale nel territorio del Comune di Castelvolturno, demaniale e vincolata dalle leggi n. 1497/1939 e n. 431/1985, mediante la costruzione e la gestione di una serie di
complessi immobiliari, fabbricati abusivamente e destinati sia a civili abitazioni sia ad attività commerciali, alberghiere, scolastiche, di culto. I danni venivano quantificati in 14,7 miliardi di lire per i costi di ripristino, in 30,5 miliardi di lire quale profitto RAGIONE_SOCIALEa convenuta, in 14,7 miliardi di lire per danno ambientale e in 60 miliardi di lire per danno non patrimoniale.
Costituitasi, la società RAGIONE_SOCIALE otteneva di chiamare in causa il Comune di Castelvolturno, quello di Pozzuoli, il sindaco di Pozzuoli, il RAGIONE_SOCIALE per la Protezione civile, il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘Interno ed il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, al fine di far accertare il loro contributo causale al verificarsi del danno ambientale; nel merito, contestava la sua legittimazione passiva per i danni risalenti al periodo antecedente alla sua costituzione, 5 agosto 1981, deduceva che molti degli immobili realizzati erano stati venduti e che gli acquirenti erano contraddittori necessari RAGIONE_SOCIALEa domanda di riduzione in pristino, contestava che il danno ambientale era stato introdotto solo con la l. 349/1985, mentre l’opera di edificazione era terminata nel 1983, negava la legittimazione attiva del RAGIONE_SOCIALE introdotta solo con la suddetta legge e infine eccepiva la prescrizione del diritto al risarcimento dei danni.
Nel corso di causa le parti transigevano la controversia circa la proprietà e il possesso RAGIONE_SOCIALEe aree oggetto di causa, sicché il RAGIONE_SOCIALE coltivava solo la domanda risarcitoria, proposta in via subordinata, rinunciando alla domanda principale di riduzione in pristino.
Il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 11235/2004, accoglieva la domanda del RAGIONE_SOCIALE e condannava la convenuta al pagamento di 30 milioni di euro, respingendo ogni altra domanda, sia quella proposta dalla RAGIONE_SOCIALE, sia quelle di garanzia presentate dalla società convenuta; in particolare, riteneva la rinuncia alla domanda principale una ammissibile emendatio libelli , negava rilievo alla transazione per estraneità
RAGIONE_SOCIALEa stessa agli aspetti ambientali e paesaggistici, oggetto dei fatti di causa, riteneva la società RAGIONE_SOCIALE responsabile anche per le opere anteriori alla sua costituzione, avendone fruito per trarne vantaggi economici, riteneva sussistente una responsabilità solidale RAGIONE_SOCIALEa società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALEe altre società del RAGIONE_SOCIALE per il danno ambientale concretizzatosi nella costruzione in un contesto completamente antropizzato, ove in precedenza la vegetazione arrivava fino al lido del mare, e nello sconvolgimento RAGIONE_SOCIALE‘ habitat , qualificava la l. 349/1986 come meramente ricognitiva RAGIONE_SOCIALEa tutela risarcitoria RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, escludeva, data la natura permanente RAGIONE_SOCIALE‘illecito, la prescrizione, ancorava la liquidazione del danno ai parametri indicati dal RAGIONE_SOCIALE attore, non essendo stati contestati, escludeva la decurtazione del valore dei beni ceduti allo Stato dall’importo riconosciuto a titolo di risarcimento del danno.
La Corte d’appello di Napoli, con sentenza non definitiva, n. 1495/2008, accoglieva parzialmente l’appello principale RAGIONE_SOCIALEa società RAGIONE_SOCIALE, condannandola al risarcimento dei danni provocati all’RAGIONE_SOCIALE con la sua sola condotta personale, escludendone responsabilità solidale, e per il solo periodo dal 15 settembre 1994 al 15 settembre 1999, ovvero dal quinquennio anteriore alla data di notifica RAGIONE_SOCIALE‘atto di citazione, condividendo la qualificazione di illecito permanente, e rinviava al prosieguo del giudizio la determinazione del danno – tramite CTU che avrebbe dovuto individuare le vendite stipulate dopo il 15 settembre 1994 e stimare il profitto RAGIONE_SOCIALEa società RAGIONE_SOCIALE rinveniente sia dalle vendite che dalla gestione alberghiera – nonché la decisione sull’appello incidentale , proposto dal RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE , e il regolamento RAGIONE_SOCIALEe spese di lite.
Con sentenza n. 6551/2011, questa Corte, adita dal RAGIONE_SOCIALE, da lla società RAGIONE_SOCIALE e dai comuni di Pozzuoli e di Castelvolturno, dichiarava inammissibili i ricorsi proposti gli enti
locali per carenza di interesse, rigettava il ricorso incidentale RAGIONE_SOCIALEa società RAGIONE_SOCIALE e quanto al ricorso principale del RAGIONE_SOCIALE, relativo alla correttezza dei parametri adoperati dalla Corte d’appello per la liquidazione del danno ambientale, rilevava che la disciplina relativa alla determinazione del danno ambientale era stata totalmente riscritta dal d.lgs. n. 152/2006 (c.d. Codice RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE) e che detta disciplina sopravvenuta era applicabile alle domande già proposte, con il solo limite, dei giudizi già definiti con sentenza passata in giudicato, con conseguente neutralizzazione, ai fini che qui interessano, dei criteri di determinazione del danno già stabili dall’art. 18 RAGIONE_SOCIALE l. 349/1986 e con necessità di provvedere ad una totale revisione dei criteri adoperati dalla Corte d’appello per liquidare il danno nella vicenda per cui è causa; cassava sul punto l’impugnata sentenza che passava in giudicato per il resto.
La Corte d’appello di Napoli, giudice del rinvio, con la sentenza n. 2632/2020, depositata in data 16/07/2020, ha accolto parzialmente la domanda del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, condannando la società RAGIONE_SOCIALE al risarcimento del danno ambientale ovvero alla esecuzione RAGIONE_SOCIALEe misure di riparazione indicate sub § § 2.3-6. (danni al paesaggio, danni alle risorse naturali da pressione antropica e da introduzione di specie aliene, danni da distruzione RAGIONE_SOCIALEa riserva naturale, danno da perdita dei servizi offerti dalla riserva naturale, danni da perdita RAGIONE_SOCIALEa qualità ambien tale RAGIONE_SOCIALE‘area a seguito di edificazione), per l’importo complessivo di euro 16.986.417,00, ed ha regolato le spese di lite.
La società RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione di detta sentenza, formulando quattri motivi.
Resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato, basato su un solo motivo, il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE. La società
NOME resiste con controricorso al ricorso incidentale condizionato.
La trattazione dei ricorsi è stata fissata ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
La società RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
Preliminarmente si osserva che è infondata l’eccezione di tardività del ricorso formulata da parte controricorrente, in ragione RAGIONE_SOCIALEa ritenuta applicabilità del termine lungo semestrale ex art. 327, cod. proc. civ., nella formulazione successiva alla novella apportata dalla legge n. 69 del 2009; questa Corte (Cass. 28/12/2016, n. 27172) ha chiarito che, fermo il costante orientamento secondo cui in tema di impugnazioni, la modifica RAGIONE_SOCIALE‘art. 327 cod. proc. civ., introdotta dalla legge n. 69 del 2009, che ha sostituito il termine di decadenza di sei mesi dalla pubblicazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza all’originario termine annuale, è applicabile, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 58, comma 1, RAGIONE_SOCIALEa predetta legge, ai soli giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore e, quindi, dal 4 luglio 2009, restando irrilevante il momento RAGIONE_SOCIALE‘instaurazione di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio; essendo pacifico che l’atto di citazione era stato notificato il 15 settembre 1999, il termine lungo per l’impugnazione era quello annuale.
Può dunque passarsi allo scrutinio del ricorso.
Con il primo motivo la ricorrente prospetta la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 311, comma 2, d.lgs. 152/2006, modificato dall’art. 25, comma 1, lett. h RAGIONE_SOCIALEa l. n. 97/2013, ex art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.
La tesi RAGIONE_SOCIALEa ricorrente è che, avendo il RAGIONE_SOCIALE dichiarato di rinunciare alla domanda di riduzione in pristino ed avendo coltivato solo la domanda risarcitoria (per equivalente), a seguito RAGIONE_SOCIALEa transazione intervenuta nel 2005, la riduzione in
pristino sia impedita non dalla sua impossibilità o da fatto RAGIONE_SOCIALE‘obbligato, ma dall’esplicita rinuncia da parte RAGIONE_SOCIALE‘avente diritto, a nulla valendo il principio enunciato da Cass. n. 19504/2019, secondo cui le misure di riparazione costituiscono un obbligo del soggetto danneggiante e che, in ogni caso, occorre determinare il costo dei danni da porre a carico del danneggiante. Ne consegue che la Corte territoriale non era affatto esonerata dall’obbligo, ex art. 112 cod.proc.civ., di individuare e conseguentemente disporre, a suo carico, in quanto responsabile del danno ambientale, le altre misure di riparazione, complementare e compensativa, determinandone anche i relativi costi, perché detto principio era stato enunciato in via generale da questa Corte nella pronuncia rescindente, senza considerare l’ipotesi specifica RAGIONE_SOCIALEa rinuncia RAGIONE_SOCIALEo Stato alla riparazione primaria. Né, secondo quanto prospettato dalla ricorrente, potrebbe essere utile il richiamo all’art. 19 RAGIONE_SOCIALEa transazione del 2005 che aveva fatto salva la domanda di risarcimento del danno ambientale. E tantomeno l’ obiter dictum contenuto nella sentenza rescindente, là dove a p. 19 ha affermato « discenderebbe ( … ) l’erroneità RAGIONE_SOCIALE‘esclusione dai criteri risarcitori dei costi di ripristino allorché questo sia escluso per obiettiva impossibilità o per libera determinazione del danneggiato: il bene giuridico costituito dall’RAGIONE_SOCIALE rimane oggettivamente danneggiato, anche se il titolare di quello ritenga impossibile, ovvero non conveniente il ripristino, sicché il controvalore di tale diminuzione spetta comunque al danneggiato in base a principi affatto generali RAGIONE_SOCIALEa responsabilità civile …( omissis ) e consente di qualificare ancora sub judice la relativa questione nel suo complesso, la quale ora è da valutare globalmente alla luce RAGIONE_SOCIALEa normativa sopravvenuta » .
La corte territoriale avrebbe dunque applicato l’art. 311, comma 2, d.lgs. n. 152/2006 ad una fattispecie non pertinente,
condannandola a pagare i costi di un ripristino cui l’amministrazione statale aveva rinunciato.
Il motivo è infondato.
Occorre muovere da una premessa in iure diversa da quella su cui la società ricorrente ha basato il suo costrutto argomentativo: l’obbligo di ripristino RAGIONE_SOCIALEa situazione ambientale lesa non è riconducibile puramente e semplicemente alle ipotesi di risarcimento in forma specifica, se si considera che: a) gli obblighi di ripristino non sono tutti contenuti nel titolo III RAGIONE_SOCIALEa parte IV del Codice RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, specificamente dedicato al risarcimento del danno ambientale; b) il torto ambientale non è configurabile solo quando l’RAGIONE_SOCIALE venga definitivamente compromesso, ma anche in ipotesi di alterazioni non irreversibili, id est provvisorie; c) non essendoci relazione tra danneggiato e danneggiante tenuto al ripristino o al risarcimento, la responsabilità e, in particolare il danno che ne deriva, sembrano assomigliare « ad una sorta di mostruoso incrocio tra categorie del diritto pubblico e categorie del diritto privato » ; d) all’obbligo risarcitorio talvolta si sostituisce e/o si accompagna l’obbligo di risanamento e di bonifica (parte IV del Codice); il che, in aggiunta, implica – e il dato era già riscontrabile sotto la vigenza RAGIONE_SOCIALEa l. 349/1986 – che i due rimedi, risarcimento in forma specifica e risarcimento per equivalente, piuttosto che in rapporto di alternatività, sembrano trovarsi in quello di complementarietà: anche quando il ripristino sia tecnicamente possibile, gli si può sommare insomma il risarcimento per equivalente. Le opportunità operative del peculiare risarcimento in forma specifica previsto in materia di danno ambientale non sono meramente appiattite sulla compensazione RAGIONE_SOCIALEa perdita patrimoniale del danneggiato, essendo detto rimedio idoneo a legittimare anche ordini di riparazione di pregiudizi passati, di cessazione di condotte illecite in atto, di compensazione di danni di futura verificazione. Tant’è vero che una parte RAGIONE_SOCIALEa dottrina, sulla
scia RAGIONE_SOCIALE‘intuizione RAGIONE_SOCIALEa letteratura nordamericana si mostra incline ad utilizzare il risarcimento in forma specifica alla stregua di una property rule , capace di salvaguardare « l’assetto allocativo dato, in contrapposizione al risarcimento per equivalente che, in quanto regola di responsabilità, consente l’appropriazione RAGIONE_SOCIALEa risorsa scarsa anche fuori del consenso RAGIONE_SOCIALE‘avente diritto, purché questi venga poi compensato RAGIONE_SOCIALEa perdita subita, sulla base di una valutazione astratta, fondata su criteri autoritativamente imposti » . Insomma, la reintegrazione in forma specifica, a torto o a ragione, viene chiamata a svolgere la funzione propria di un rimedio inibitorio o ripristinatorio di carattere reale. Il risarcimento in natura è finalizzato a rimuovere il pregiudizio causato al titolare RAGIONE_SOCIALEa situazione di appartenenza, interessata da una esternalità continuata. Quando si ricorre a questo tipo di tutela si è spinti dal principio di effettività, consapevoli che il tipo di esternalità condiziona la conformazione del mezzo di tutela.
Tale premessa – che non risente RAGIONE_SOCIALEe modifiche introdotte al codice RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE con la l. n. 97/2013 : l’art. 25, per porre rimedio all’ulteriore contestazione RAGIONE_SOCIALEa Commissione europea del 2012 ha risistemato la materia, definitivamente eliminando ogni riferimento al risarcimento « per equivalente patrimoniale » e stabilendo che il danno all’RAGIONE_SOCIALE deve essere risarcito solo con le misure di riparazione » previste dall’allegato 3 del d.lgs. 152/2006 (identico all’Allegato II RAGIONE_SOCIALEa Direttiva 2004/35/CE), – è necessaria per escludere che la rinuncia alla domanda ripristinatoria comportasse la necessità per il giudice a quo di liquidare il risarcimento del danno « solo » per equivalente.
E ciò sempre che non si ritenga che la questione non sia già risolta con la mera evocazione RAGIONE_SOCIALEa giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. 6/05/2015, nn. 9012 e 9013) che, preso atto RAGIONE_SOCIALEa novellazione del C odice RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE di cui alla l. n. 97/2013, ha stabilito che: i) nei giudizi ancora pendenti alla data di entrata in
vigore RAGIONE_SOCIALEa novella, il giudice, investito RAGIONE_SOCIALEa « domanda di risarcimento per equivalente del danno ambientale » , è tenuto ad applicare, per provvedere sulla stessa, i nuovi criteri e metodi (l’art. 25, come già si è detto, ha definitivamente eliminato ogni riferimento al risarcimento « per equivalente patrimoniale » e stabilito che il danno all’RAGIONE_SOCIALE deve essere risarcito solo con le « misure di riparazione » previste dall’allegato 3 del d.lgs. 152/2006) nonché ad individuare « le misure di riparazione primaria, complementare e compensativa e, per il caso di omessa o imperfetta loro esecuzione, a determinare il costo RAGIONE_SOCIALEe medesime da rendere oggetto di condanna nei confronti dei soggetti obbligati » ; ii) i giudizi in corso proseguano « all’indispensabile condizione RAGIONE_SOCIALE‘armonizzazione di quelle e RAGIONE_SOCIALEe eventuali condanne coi principi suddetti » .
In sostanza, anche a fronte di una domanda di risarcimento del danno ambientale per equivalente -ipotesi alla quale non potrebbe che ricondursi quella qui esaminata -il giudizio in corso volto alla determinazione del danno non potrebbe che proseguire alle condizioni indicate, con conseguente obbligo del giudice di applicare i criteri e metodi di liquidazione del danno di cui al nuovo testo RAGIONE_SOCIALE‘art. 311 del Codice RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 324 e 329 cod.proc.civ., ex art. 360, 1° comma, n. 4, cod.proc.civ. e la nullità RAGIONE_SOCIALEa sentenza per difetto di motivazione sulla responsabilità ex art. 360, 1° comma, n. 4, cod.proc.civ.
Anche la sentenza rescindente aveva ricordato che la impugnata sentenza aveva escluso il carattere solidale RAGIONE_SOCIALE‘obbligazione risarcitoria e aveva stabilito che i danni da determinare erano solo quelli provocati dall’attività illecita successiva al 1981, senza considerare quelli prodotti dall’attività di edificazione svolta da altre società; pertanto, formatosi il giudicato sul punto, essendo stata cassata la sentenza d’appello n. 1495/2008 solo limitatamente ai
criteri di determinazione del danno ambientale, la pronuncia qui impugnata l’avrebbe erroneamente chiamata a rispondere di fatti o atti produttivi di danni ambientali posti in essere e/o già verificatisi prima RAGIONE_SOCIALEa data in cui si era costituita..
Il motivo è infondato.
La ricorrente pretende di trarre dall’affermazione RAGIONE_SOCIALEa responsabilità individuale piuttosto che solidale effetti neutralizzanti RAGIONE_SOCIALEa qualificazione RAGIONE_SOCIALE‘illecito ambientale, pure contenuta nella sentenza n. 1495/2008 e quindi parimenti passata in giudicato, come illecito permanente. Del resto, che non si fosse affatto formato il giudicato punto trova conferma nel seguente passaggio RAGIONE_SOCIALEa sentenza rescindente: « ( … ) non integrando il profitto conseguito dall’inquinante una autonoma voce di danno, ma appunto -un semplice parametro per la liquidazione eminentemente equitativa che viene richiesta, non può applicarsi meccanicisticamente il concetto di prescrizione elaborato per danni che maturano giorno per giorno dalla protrazione RAGIONE_SOCIALEa permanenza RAGIONE_SOCIALEa situazione illegittima determinata dall’immutazione dei luoghi. Infatti, per la connotazione latamente punitiva di tale parametro, la riscontrata permanenza RAGIONE_SOCIALE‘illegittimità RAGIONE_SOCIALEa situazione comporta che il danno ambientale consistito nel permanente sconvolgimento dei luoghi con praticamente irreversibile illegittima antropizzazione di un vasto sito costiero non si limiti ai soli profitti che giorno per giorno abbia conseguito il danneggiante nel solo periodo dei cinque anni anteriori alla domanda, ma anche alla redditività RAGIONE_SOCIALEe somme percepite dal danneggiante in precedenza per la pregressa condotta illegittima fin dal suo insorgere e, quindi, in sostanza a tutti i profitti già conseguiti.
A tutto concedere, sarà ancora una volta il carattere equitativo RAGIONE_SOCIALEa liquidazione, che del resto non impone affatto una meccanica corrispondenza tra profitti conseguiti ed entità del risarcimento, a consentire di tenere in considerazione il fattore temporale, ma
appunto al fine di valutare se l’intervallo trascorso prima RAGIONE_SOCIALE‘attivazione del RAGIONE_SOCIALE possa avere influito o meno sull’entità del danno in rapporto ai profitti complessivamente conseguiti dalla condotta di irreversibile alterazione e danneggiamento RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE.
Eppure, va rilevato che l’impugnazione, effettuata in questa sede, dei criteri di liquidazione applicati in concreto dalla Corte di Appello consente di qualificare ancora sub judice la relativa questione nel suo complesso, la quale è ora da valutare globalmente alla luce RAGIONE_SOCIALEa normativa sopravvenuta » .
5) Con il terzo motivo, in riferimento all’art. 360, 1° comma, n. 4, cod.proc.civ., la ricorrente si duole RAGIONE_SOCIALEa violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 394 cod.proc.civ., per avere la Corte d’appello ammesso la produzione in giudizio RAGIONE_SOCIALEa relazione RAGIONE_SOCIALE, sui cui dati si era basato il CTU per la determinazione del danno ambientale. Detta relazione non avrebbe potuto essere prodotta nel giudizio di rinvio che ha i caratteri di un giudizio a istruzione chiusa né la sua produzione avrebbe potuto trovare giustificazione nella sentenza rescindente, la quale aveva rimesso alla Corte d’appello la liquidazione del danno ambientale, perché detta liquidazione avrebbe dovuto tener conto solo RAGIONE_SOCIALEe allegazioni e dei documenti già acquisiti al giudizio, aggiunge la ricorrente che la CTU non aveva proceduto ad un suo autonomo accertamento, perché aveva posto a base RAGIONE_SOCIALEe sue indagini dati e fatti contenuti nella relazione RAGIONE_SOCIALE e dei quali non avrebbe potuto altrimenti disporre.
Il motivo è infondato.
Secondo il consolidato orientamento RAGIONE_SOCIALEa giurisprudenza di legittimità, nel giudizio di rinvio, configurato dall’art. 394 cod.proc.civ., quale giudizio ad istruzione sostanzialmente “chiusa”, è sì preclusa la produzione di nuovi documenti, salvo che la loro produzione non sia giustificata da fatti sopravvenuti riguardanti la controversia in decisione, da esigenze istruttorie derivanti dalla
sentenza di annullamento RAGIONE_SOCIALEa Corte di cassazione o dall’impossibilità di produrli in precedenza per causa di forza maggiore (Cass. 12/10/2009, n. 21587; Cass. 30/09/2015, n. 19424; Cass. 18/10/2018, n. 26108).
Ora, nel caso di specie, è stata proprio la pronuncia di questa Corte, la n. 6551/2011, a rendere necessario lo svolgimento di ulteriori accertamenti in fatto necessari allo scopo di procedere ad una totale rideterminazione del danno ambientale, in forza RAGIONE_SOCIALEo ius superveniens .
Con il quarto motivo la ricorrente, ex art. 360, 1° comma, n. n. 5, cod.proc.civ., denuncia l’omessa motivazione su questione decisiva , l’ inutilizzabilità RAGIONE_SOCIALEa consulenza di parte, e in ogni caso l’omesso esame di un fatto decisivo.
Quand’anche la relazione RAGIONE_SOCIALE venisse intesa come una consulenza di parte, la sentenza sarebbe viziata -argomenta la ricorrente -perché la Corte d’appello non ha preso in considerazione il fatto decisivo rappresentato dalla contestata utilizzabilità RAGIONE_SOCIALEa relazione RAGIONE_SOCIALE (comparsa di costituzione nel giudizio di rinvio, note autorizzate depositate il 28 luglio 2016, udienza fissata per il giuramento del CTU, precisazione RAGIONE_SOCIALEe conclusioni).
Il motivo è inammissibile.
Il vizio denunciato ha lo spessore contenutistico RAGIONE_SOCIALE‘omessa pronuncia, benché sia stato denunciato un vizio di motivazione.
Il confine tra violazione RAGIONE_SOCIALEa regola del procedimento (art. 112 cod.proc.civ.) e il vizio di omessa motivazione (art. 132 cod.proc.civ.) è da rinvenirsi nella circostanza che la configurabilità di quest’ultimo esige che la sentenza dia conto RAGIONE_SOCIALEa proposizione di una domanda o di una eccezione e non motivi su di essa, mentre per la configurabilità del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di una espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento
indispensabile alla soluzione del caso concreto, il che non si verifica -come nel caso di specie – quando la decisione adottata in contrasto con la domanda o con l’eccezione comporti il rigetto RAGIONE_SOCIALEa domanda o RAGIONE_SOCIALE‘eccezione anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendosi ravvisare una statuizione implicita di rigetto
Ricorso incidentale condizionato del RAGIONE_SOCIALE.
Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE denuncia la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 2909 cod.civ. e la violazione degli artt. 2935 e 2947 cod.civ., ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.
La Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto che il danno da liquidare riguardasse l’arco temporale dal 15/09/1994 al 15/09/1999, avendo chiesto sin dall’atto di citazione la liquidazione dei danni a decorrere dal 1981.
Altro errore RAGIONE_SOCIALEa Corte d’appello sarebbe quello di aver considerato come intangibile l’irrisarcibilità dei danni provocati da comportamenti tenuti dopo il quinquennio 1995-1999.
Il ricorso incidentale, essendo condizionato, è assorbito dal rigetto del ricorso principale.
Per le ragioni esposte, il ricorso principale va rigettato, quello incidentale condizionato va considerato assorbito.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato. Condanna la ricorrente principale al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese in favore del RAGIONE_SOCIALE controricorrente, liquidandole in euro 18.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in
euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti processuali per il versamento , a favore RAGIONE_SOCIALE‘ufficio del merito competente, da parte RAGIONE_SOCIALEa ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis RAGIONE_SOCIALEo stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEa Terza Sezione civile