Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 22865 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 22865 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/08/2025
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3439/2022 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliato per legge;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliato per legge;
-controricorrente-
nonché contro
NOME
-intimato-
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di ANCONA n. 1542/2021 depositata il 25/11/2021;
illecito del terzo.
Ad. cc 2 luglio 2025 CC
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/07/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Nel 2019 NOME COGNOME conveniva dinanzi al Giudice di Pace di Senigallia ex art. 149 C.d.A. NOME COGNOMEquale proprietario e conducente del veicolo IVECO tg. TARGA_VEICOLO e le Assicurazioni Generali s.pa. chiedendo la condanna solidale di questi ultimi al risarcimento del danno – quantificato in euro 11.500,00 conseguente alla distruzione della merce trasportata sull’IVECO TARGA_VEICOLO tg. TARGA_VEICOLO con rimorchio tg. AD 72854.
A fondamento della domanda deduceva che: a) la distruzione della merce era stata determinata dall’incidente avvenuto il 16 novembre 2016, alle ore 16:00 circa, sull’autostrada A14, all’altezza del tratto autostradale tra Senigallia e Marotta; b) il COGNOME era responsabile per detto sinistro, come era già stato accertato dal Giudice di Pace di Senigallia con sentenza n. 83/2018 con la quale il predetto e la Generali ass.ni erano stati condannati al pagamento della somma di E. 16.749,96 Iva compresa a titolo di danni materiali subiti dall’automezzo di sua proprietà (nell’occasione condotto da NOME COGNOME); c) nel giudizio conclusosi con la citata sentenza lui si era riservato di esercitata separata azione per il ristoro dei suddetti danni; d) in data 08/01/2018 aveva concluso con la società RAGIONE_SOCIALE – proprietaria della merce trasportata- un accordo transattivo in forza del quale le parti avevano quantificato il danno in euro 11.500,00, che lui si era impegnato a restituire come attestato dalla fattura n. 3747 del 28/09/2018 emessa dalla società RAGIONE_SOCIALE
Nel contraddittorio con la compagnia e nella contumacia del COGNOME, il Giudice di Pace, acquisito il documento di trasporto n. 1869 del 15/11/2016, con la sentenza n. 2/2020, rigettava la domanda attorea, in quanto (e a prescindere dal divieto di frazionamento del
credito) la scelta del COGNOME di addivenire ad un accordo con la società proprietaria della merce danneggiata era stata unilaterale ed arbitraria e pertanto non poteva essere addebitata alla assicurazione del mezzo responsabile del sinistro. Compensava le spese di lite.
Avverso la suddetta sentenza il COGNOME proponeva appello al quale resisteva la Generali Italia, mentre il COGNOME rimaneva contumace. Il Tribunale di Ancona, con sentenza n. 1542/2021, nel rigettare l’appello, confermava la sentenza di primo grado.
2.Avverso la sentenza emessa dal giudice di appello ha proposto ricorso il COGNOME chiedendo la liquidazione delle spese a favore del suo difensore antistatario.
Ha resistito con controricorso la compagnia.
Il COGNOME, pur intimato, non ha svolto difese.
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte.
Il Difensore di parte ricorrente ha depositato memoria a sostegno del ricorso.
La Corte si è riservata il deposito della motivazione entro il termine di giorni 90 dalla decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.NOME COGNOME articola in ricorso tre motivi.
1.1.Con il primo motivo il ricorrente denuncia: <> nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto che lui non aveva articolato le prove dei fatti narrati e non li aveva sufficientemente allegati.
Sottolinea che aveva scrupolosamente e puntualmente allegato i fatti costitutivi della domanda sia in sede di atto di citazione che in sede di note autorizzate; e che, a supporto delle allegazioni di fatto e di diritto, aveva articolato puntuali e pertinenti istanze istruttorie.
1.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia: <> nella parte in cui il giudice di appello ha omesso di esaminare rilevanti fatti e questioni (da lui dedotti e contrastati dalla compagnia convenuta), quali, oltre alla legittimazione ad agire, la tipologia e la irrimediabilità del danno alla merce deperibile (carciofi e COGNOME); il titolo in virtù del quale lui aveva risarcito la ditta RAGIONE_SOCIALE, l’entità del danno di euro 11.500,00, il fatto che la merce danneggiata era stata periziata e fotografata da un consulente della Generali Italia Assicurazioni S.p.A. (di detta perizia lui aveva vanamente richiesto una copia, giustificando la sua richiesta di esibizione ex art. 210 c.p.c.).
In particolare, quanto alla contestata legittimazione attiva, sostiene che la sua legittimazione attiva risultava dell’accordo 9 gennaio 2018 con la RAGIONE_SOCIALE s.p.a. e del conseguente pagamento del danno alla merce (avvenuto tramite scomputo da crediti esistenti per altri trasporti).
1.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia: <> nella parte in cui il giudice di appello lo ha condannato al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio già celebrato.
Sostiene che, in caso il suo ricorso fosse accolto e la sua domanda del fosse riconosciuta come fondata dal giudice del rinvio, la condanna alle spese sarebbe illegittima a causa della violazione dei principi che regolano le spese processuali.
Sostiene che, essendo stata accolta la sua domanda, il giudice di primo grado (che aveva compensato le spese) ed il Tribunale (che lo aveva condannato alle spese) avrebbero entrambi violato i principi che
disciplinano la materia delle spese processuali, essendo stata accolta la sua domanda.
Il ricorso è inammissibile.
2.1. Inammissibili sono i primi due motivi, che, in quanto connessi, sono qui trattati congiuntamente.
Vero è che, nella giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 14269/2017, n. 3082/2015, n. 21011/2010, n. 22602/2009, n. 4003/2006; n. 12215/2003), è consolidato il principio per cui l’azione di risarcimento danni per la perdita di una cosa mobile non è riservata al proprietario, ben potendo il diritto al risarcimento spettare anche a colui il quale, per circostanze contingenti, si trovi ad esercitare un potere soltanto materiale sulla cosa qualora dal danneggiamento di questa, possa risentire un pregiudizio al suo patrimonio, indipendentemente dal diritto, reale o personale, che egli abbia all’esercizio di quel potere.
Tuttavia, è altrettanto vero che, sempre secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 14269/2017, n. 21011/2010, n. 22602/2009), in tal caso, il detentore di cosa altrui, danneggiata dal fatto illecito del terzo, incidente nella propria sfera patrimoniale, è legittimato a domandare il risarcimento solo se dimostri, da un lato, la sussistenza di un titolo in virtù del quale è obbligato a tenere indenne il proprietario, e, dall’altro, che l’obbligazione scaturente da quel titolo sia stata già adempiuta, in modo da evitare che il terzo proprietario possa pretendere anche egli di essere risarcito dal danneggiante».
Orbene, nel caso di specie, il giudice di appello ha ritenuto (pp. 5-7) non provati i fatti costituitivi della domanda risarcitoria avanzata, non essendo stato provato:
né quale fosse l’effettivo carico del veicolo di proprietà del COGNOME il giorno del sinistro stradale e, in particolare, se sul suo
automezzo fossero stati effettivamente caricati, il giorno dell’incidente, erano n. 20 fusti di carciofi e n. 138 colli di friarelli;
né se, a seguito e a causa del sinistro per cui è causa, si fossero danneggiati 20 fusti di carciofi e n. 138 colli di friarelli;
e neppure se il COGNOME avesse pagato al proprietario della merce la dedotta somma di euro 11.500.
E tanto ha ritenuto non soltanto ad esito di un giudizio di fatto, che si sottrae al sindacato di questa Corte, ma anche in conformità della giurisprudenza di questa Corte sopra richiamata e con motivazione che, ponendosi sicuramente al di sopra del cd. ‘minimo costituzionale’, non rientra affatto in una di quelle sole gravi anomalie argomentative individuate dalle Sezioni Unite (cfr. SU n. 8053 e n. 8054/2014).
D’altra parte, il giudice di appello ha motivatamente ritenuto (p.8) irrilevanti le prove, che erano state richieste a questo fine dal COGNOME nel giudizio di primo grado e che erano state dallo stesso riproposte nel giudizio di appello: quanto alla richiesta di prova testimoniale, in quanto la stessa riguardava <> e <>, e, quanto alla richiesta di ordine di esibizione ed alla richiesta di c.t.u., in quanto entrambe avevano carattere esplorativo.
Il ricorrente censura la decisione del giudice di merito, ma dimentica che nel processo di legittimità, il giudizio sulla rilevanza delle prove è riservato al giudice di merito e non è sindacabile davanti a questa Corte, salvo il caso in cui la motivazione di detto giudizio risulti illogica o contraddittoria, o se vi è stata una violazione delle norme che regolano l’acquisizione e la valutazione delle prove.
Tanto non si verifica nel caso di specie, in cui, contrariamente a quanto deduce il ricorrente, non soltanto la motivazione è congrua e non solleva alcuna questione interpretativa delle disposizioni
denunciate, ma la decisione del giudice di appello è anche confermativa della sentenza di primo grado (con conseguente inammissibilità della denuncia del vizio di cui all’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c.) ed in linea a consolidata giurisprudenza di questa Corte (con conseguente inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c.)
2.2. Inammissibile è anche il motivo terzo, che concerne le spese. Invero, il ricorrente non articola alcun autonomo e specifico vizio di legittimità della statuizione sulle spese, ma prospetta la caducazione della stessa (e della condanna al pagamento del doppio contributo unificato) alla stregua di “res sperata”, cioè quale conseguenza dell’accoglimento del ricorso.
Il motivo, pertanto, si presenta alla stregua di un “non motivo” (Cass. n. 17330/2015; n. 22478/2018; n. 34412/2022)
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese sostenute da parte resistente, nonché la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida, a favore della compagnia resistente, in euro 2.200,00 per compensi, oltre, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente in favore del competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 2 luglio 2025, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile.
Il Presidente NOME COGNOME