Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 1759 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 1759 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 30339-2020 proposto da:
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
NOME;
– intimata- avverso la sentenza n. 413/2020 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, del 14/08/2020 R.G.N. 176/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
Risarcimento danni Giurisdizione
R.G.N.30339/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 07/11/2024
CC
RITENUTO CHE:
Con sentenza del 14 agosto 2020, la corte d’appello di Perugia ha confermato la sentenza del tribunale della stessa sede del 20.12.2017, che aveva affermato la giurisdizione del giudice ordinario in relazione alla domanda con la quale la signora COGNOME aveva evocato in giudizio il M inistero dell’Istruzione, chiedendo che fosse condannato al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali che le erano derivati per essere stata esclusa dal concorso dopo il superamento degli esami orali a seguito della scoperta di uno scambio materiale delle prove scritte con quella di altra candidata, con conseguente annullamento dell’esito positivo del concorso.
In particolare, la corte territoriale ha ritenuto che la fonte del danno era un comportamento materiale (l’aver scambiato le prove scritte di due candidati) in relazione al quale la candidata, poi esclusa, aveva un vero e proprio diritto soggettivo di tipo risarcitorio, non trattandosi della lesione di un interesse legittimo ma di danni derivati da un comportamento materiale della pubblica amministrazione; infatti l’evento dannoso secondo la corte non era conseguenza del provvedimento amministrativo legittimo di annullamento della valutazione della prova orale, ma un comportamento materiale illecito endoprocedimentale della commissione esaminatrice, che per negligenza aveva scambiato gli elaborati delle candidate; la corte ne traeva quale conseguenza l’affermazione della giurisdizione del giudice ordinario.
Avverso tale sentenza ricorre il M inistero dell’ Istruzione
per due motivi; è rimasta intimata la controparte.
Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo si denuncia la violazione degli artt. 7 della legge n. 205 del 2006, 45 d.lgs. n. 165 del 2001, 113 Costituzione, per avere la corte territoriale affermato la giurisdizione del giudice ordinario sebbene tutta la materia concorsuale è assegnata alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Occorre premettere che il Collegio è delegato a trattare la questione di giurisdizione in virtù del Decreto del Primo Presidente in data 10 settembre 2018 in quanto essa rientra, nell’ambito delle materie di competenza della sezione lavoro, tra le questioni indicate nel richiamato Decreto sulle quali si è consolidata la giurisprudenza delle Sezioni Unite.
Il motivo è infondato.
E’ ius receptum il principio secondo cui la giurisdizione si determina sulla base della domanda ed occorre avere riguardo al petitum sostanziale, da identificare, non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, quanto, soprattutto, in funzione della causa petendi , ossia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio, da individuare con riguardo ai fatti allegati e al rapporto giuridico di cui essi sono espressione (cfr. fra le tante Cass. S.U. 12 luglio 2023 n. 19966; Cass. S.U. 12 novembre 2020, n. 25578; Cass. S.U. 18 maggio 2021, n. 13492). Pertanto, ai fini della
soluzione della questione di giurisdizione, si devono prendere in esame i fatti allegati dalle parti, al fine di verificare la natura giuridica della situazione giuridica azionata, prescindendo dall’effettiva sussistenza dei fatti dedotti, trattandosi di un profilo afferente al merito della controversia, da scrutinare a cura del giudice effettivamente munito di giurisdizione.
Nella specie, risulta dagli atti (in tema di giurisdizione, la Corte è giudice anche del merito e quindi non si deve arrestare alla valutazione degli atti fatta dal giudice del merito) che a fondamento della domanda risarcitoria era stata posta non l’illegittimità della procedura concorsuale, ed in particolare dell’annullamento in autotutela del provvedimento di ammissione alla prova orale (annullamento del quale la ricorrente non aveva contestato la legittimità), bensì la lesione dell’affidamento riposto s ulla regolarità delle operazioni nonché il carattere colposo della condotta materiale tenuta dai componenti della commissione; in altri termini, l’illecito non è derivato dal provvedimento di annullamento ma da un comportamento materiale, primo anello di una seriazione causale che ha portato poi all’annullamento in autotutela dell’ammissione agli orali della candidata.
Opera quindi il principio affermato dalle Sezioni Unite (Sez. U -, Ordinanza n. 25324 del 28/08/2023, Rv. 668740 – 01) secondo cui appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario la domanda, proposta dal privato nei confronti della p.a., di risarcimento dei danni conseguiti alla lesione dell’incolpevole affidamento riposto sull’adozione di un provvedimento ampliativo della propria sfera soggettiva – sia in caso di successivo
annullamento del provvedimento giudicato illegittimo, sia in ipotesi di affidamento ingenerato dal comportamento dell’amministrazione nel procedimento amministrativo, poi conclusosi senza l’emanazione del provvedimento ampliativo -, perché il pregiudizio non deriva dalla violazione delle regole di diritto pubblico sull’esercizio della potestà amministrativa, bensì, in una più complessa fattispecie, dalla violazione dei principi di correttezza e buona fede, che devono governare il comportamento dell’amministrazione e si traducono in regole di responsabilità, non di validità dell’atto.
Con il secondo motivo si deduce violazione degli articoli 2223 e 2043 c.c., per non avere la corte territoriale accertato l’elemento psicologico della colpa della pubblica amministrazione ed il nesso causale con il danno; in particolare, nella prima parte il motivo argomenta sulla doverosità del provvedimento di annullamento in autotutela e, quindi, sull’assenza di colpa dell’amministrazione che è tenuta a ripristinare la legalità violata; quindi, asserisce che lo scambio di buste sarebbe stato frutto di un errore materiale che, in quanto tale, esclude l’elemento soggettivo della colpa.
Il motivo è inammissibile in entrambe le sue articolazioni perché non si confronta con il decisum della sentenza impugnata (quanto alla prima ragione) e in relazione all’errore materiale si limita apoditticamente ad affermare che la colpa doveva essere esclusa, senza sviluppare alcuna argomentazione in iure sulle ragioni per le quali la corte territoriale avrebbe errato nell’affermare che la condotta tenuta era stata frutto di negligenza inescusabile e poteva essere evitata con l’adozione di un livello med io di cura e di attenzione della
commissione nella correzione dei singoli elaborati. La pronuncia valorizza correttamente la posizione di garanzia che i componenti della commissione esaminatrice assumono e che richiede l’adozione di regole di prudenza al fine di assicurare la corretta attribuzione dell’elaborato (anonimizzato) al suo autore.
L’infondatezza del ricorso esime dal disporre la rinnovazione della notifica, erroneamente indirizzata ai difensori che avevano rappresentato la COGNOME nel primo grado del giudizio, anziché alla parte personalmente, contumace in appello. Nella giurisprudenza di questa Corte è ormai consolidato il principio secondo cui il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 cod. proc. civ.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato a produrre i suoi effetti. Se ne è tratta la conseguenza che, in caso di ricorso per cassazione inammissibile o prima facie infondato, appare superfluo disporre la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che l’adempimento si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in una dilatazione dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività
dei diritti processuali delle parti (Cass. n. 15106/2013, Cass. n. 12515/2018, Cass. n. 33557/2018, Cass. n. 33399/2019).
Non occorre provvedere sulle spese perché la COGNOME non ha svolto attività difensiva, rimanendo intimata.
N on sussistono le condizioni di cui all’art. 13 c. 1 quater d.P.R. n. 115 del 2002 perché la norma non può trovare applicazione nei confronti di quelle parti che, come le Amministrazioni dello Stato, mediante il meccanismo della prenotazione a debito siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo ( Cass. S.U. n. 9938/2014; Cass. n. 1778/2016; Cass. n. 28250/2017).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7 novembre