Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20740 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20740 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29023/2021 R.G. proposto da
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (pec: EMAIL), come da procura speciale in calce al ricorso, domiciliato ex lege in ROMA, presso la Cancelleria della Corte di cassazione, INDIRIZZO;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, come da procura speciale in
Oggetto: Responsabilità civile
P.A. – Fatto reato – Lesioni personali – Prescrizione.
C C 12.04.2024
Ric. n. 29023/2021
Pres A, Scrima
RAGIONE_SOCIALE
calce al controricorso, domiciliato ex lege in ROMA, presso la Cancelleria della Corte di cassazione, INDIRIZZO;
(pec: EMAIL; EMAIL);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro n. 1153/2021, pubblicata il 7/09/2021; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/04/2024
dalla Consigliera, Dott.ssa NOME COGNOME.
Fatti di causa
La Corte d’appello di Catanzaro con sentenza n. 1153/2021 ha respinto l’impugnazione proposta da NOME COGNOME, con condanna alle spese del grado e confermato la sentenza n. 990/2019 del Tribunale di Catanzaro che aveva accolto la domanda di risarcimento proposta nei suoi confronti da NOME COGNOME, condannando lo COGNOME al pagamento della complessiva somma di Euro 32.647,16 a titolo di danni patrimoniali e non, per avergli cagionato lesioni personali da cui gli era derivata l’imputazione per i reati di cui agli artt. 81, 582, I comma, 583, I comma, nn. 1 e 2, e 594 c.p., con la precisazione che il Tribunale penale di Catanzaro, con sentenza n. 577/2014, aveva dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione.
Avverso la sentenza d’appello, NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi d’impugnazione. Ha resistito con controricorso NOME COGNOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di con siglio a norma dell’art. 380 bis 1 c.p.c.. Le parti hanno depositato distinte rispettive memorie.
Ragioni della decisione
C C 12.04.2024
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RAGIONE_SOCIALE
1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la ‘ Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 n. 3 c.p.c.), nella specie l’ art. 2947 comma 3 c.c., art. 157 c.p. e art. 11 preleggi, per avere erroneamente applicato la normativa sulla prescrizione ex legge Cirielli ad un fatto commesso in data 29.07.05, per il quale si applica la normativa ante legge Cirielli. ‘ ; nello specifico, denuncia che la sentenza impugnata ha errato laddove, nel rigettare il motivo di appello sull’eccezione di prescrizione, ha applicato la disciplina ex l. 5/12/2005, n. 251 (c.d. legge Cirielli) invece di quella previgente, essendo il fatto illecito stato commesso in data 29.07.05 e la citata legge entrata in vigore l’ 08.12.05; in sostanza, entrambi i giudici di merito avrebbero errato nell’applicare la prescrizione di sei anni; nello specifico, invece, la prescrizione estingueva il reato in cinque anni, poiché nella specie si trattava di delitto per cui la legge stabilisce la pena della reclusione inferiore a cinque anni o la pena della multa; pertanto, i giudici di merito avrebbero applicato la normativa sbagliata, accontentandosi di verificare che si trattava di delitto, sufficiente a giustificare la prescrizione sessennale e a rigettare l’eccezione di prescrizione quinquennale, ma non si sarebbero preoccupati di specificare il reato ed in particolare, ‘ titolo, grado e circostanze ‘ , che possano far ritenere applicabile la prescrizione quinquennale.
2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la ‘ Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697 e 2735 c.c., 115, 116 e 244 c.p.c. (in relazione all’art. 360 n. 3 e 4 c.p.c.), per aver ritenuto provato il fatto, in assenza di testimoni, sulla base di testimonianza de relato ex parte e di prova testimoniale di confessione stragiudiziale priva dell’elemento o ggettivo e soggettivo della confessione ‘; contesta che la Corte d’appello con la sentenza impugnata abbia ritenuto raggiunta la prova del fatto illecito sulla scorta di una testimonianza de relato ex parte sulla base di una dichiarazione stragiudiziale pri va dell’elemento oggettivo e
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AVV_NOTAIO soggettivo della confessione e sottolinea che -come accertato da entrambe le sentenze di merito -nessuno avrebbe assistito alla lite tra lo COGNOME e il COGNOME e non vi sarebbe prova sul fatto doloso o colposo commesso dallo COGNOME che giustifichi il risarcimento del danno in favore di COGNOME (sul punto, in ricorso pagg. 11-14, svolge disamina delle dichiarazioni testimoniali).
Con il terzo motivo denuncia la ‘ Nullità della sentenza (art. 360 n. 4 c.p.c.) per violazione dell’art. 132 c. 2 n. 4 c.p.c. e art. 111 Cost.: motivazione apparente e perplessa. Secondo il ricorrente ‘Quanto afferma la Corte di merito in ordine all’infondatezza dell’appello è del tutto ‘apparente’, come emerge dalla lettura testuale delle relative argomentazioni, obiettivamente incomprensibili e illogiche ‘ , in sostanza, contesta come possa emergere una responsabilità da una sentenza di estinzione del reato per intervenuta prescrizione o inferirla da una mancata rinuncia alla prescrizione (pag. 15 in ricorso).
Il primo motivo è inammissibile.
La doglianza in esame viene prospettata inammissibilmente per la prima volta con il ricorso per cassazione atteso che l’odierno ricorrente non risulta aver impugnato con l ‘ appello la sentenza di prime cure sulla base della mancata applicazione della disciplina anteriore alla l. 5/12/2005, n. 251 (c.d. legge Cirielli), ma soltanto in relazione all’art. 2947, 3 comma c.c. in luogo del termine ordinario quinquennale, affermando al riguardo che si era dovuto difendere legittimamente da un danno ingiusto, sicché difettava l’ antigiuridicità della condotta contestata, con conseguente applicazione del termine prescrizionale ordinario (v. sentenza impugnata).
Al riguardo si osserva che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, qualora -come nella specie – con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della
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RAGIONE_SOCIALE censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di specificità del motivo, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo a questa Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass., ord., n. 15430 del 13/06/2018; Cass., sent., n. 20694 del 09/08/2018) , onere nel caso all’esame non assolto.
5. Parimenti é inammissibile il secondo motivo di ricorso.
In primo luogo, non risulta rispettoso dei criteri previsti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), e fa riferimento ad una serie di atti dei giudizi di merito, tra cui: ‘sentenza penale Tribunale di Catanzaro n. 577/2014’ (pagg. 2, 6, 14 e 15 ricorso) e ‘RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE‘ (pag. 15 ricorso), senza indicare né se né dove tali atti siano stati messi a disposizione di questa Corte per la relativa consultazione e il debito esame (Cass. Sez. U, sentenza 3/11/2011, n. 22726).
In secondo luogo, risulta inammissibile perché tende ad offrire inammissibilmente una ricostruzione alternativa dei fatti, sotto forma di violazione e falsa applicazione di legge, nella specie, non sussistente.
Con riferimento alla censura di violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. evocata nel motivo in esame, giova evidenziare che, come affermato da tempo da questa Corte, con il ricorso per cassazione non è possibile dedurre una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico,
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RAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO elementi di prova soggetti invece a valutazione (tra tante, di recente, Cass. Sez. 1, 01/03/2022 n. 6774). Pretese violazioni che, nella specie, risultano insussistenti in quanto proposte in relazione alla asserita erronea valutazione del materiale istruttorio.
Pertanto, parte ricorrente, sotto le formali spoglie dei vizi di omessa valutazione di un fatto storico, della documentazione e violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in realtà, tende a sollecitare a questa Corte di legittimità, inammissibilmente, un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dalla Corte calabrese, omettendo di considerare che tanto l’accertamento dei fatti, quanto l’apprezzamento – ad esso funzionale – delle risultanze istruttorie è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 4/07/2017, n. 16467; Cass. 23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499).
Ciò vale, in relazione alla valutazione delle prove raccolte, anche se si tratta di presunzioni (Cass. n. 2431 del 2004; Cass. n. 12002 del 2017; Cass. n. 1234 del 2019), in quanto pure essa costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale, se adeguatamente motivate, non sono sindacabili in cassazione.
6. Il terzo motivo è infondato.
La censura mostra di non tenere conto del consolidato orientamento delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. U., 7/04/2014, nn. 8053 e 8054) che da tempo hanno affermato che l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integri un error in procedendo che comporta la nullità della sentenza nel caso di ‘mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico’, di ‘motivazione
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RAGIONE_SOCIALE apparente’, di ‘contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili’, di ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’.
La censura prospettata non è sussistente, avendo la Corte di merito motivato e la motivazione non è assolutamente ‘apparente’, ‘perplessa’ o fondata su ‘argomentazioni obiettivamente incomprensibili o illogiche’, come invece sostiene il ricorrente.
La Corte di Appello di Catanzaro, infatti, ha ritenuto che la responsabilità dell’odierno ricorrente, oltre che da quanto emerso nel corso del giudizio civile di merito, potesse desumersi ‘anche’ dalla parte motiva della sentenza del Tribunale penale di Catanzaro che ha ritenuto di non ravvisare «in atti alcuna causa evidente di proscioglimento nel merito dell’imputato ed atteso che lo stesso non ha inteso rinunciare alla prescrizione, i reati a lui ascritti devono essere dichiarati estinti per il decorso del termine prescrizionale previsto dalla legge» (foglio 6 della sentenza impugnata).
Ha poi ritenuto attentamente valutate secondo un adeguato percorso logico-giuridico le risultanze istruttorie da parte del giudice di prime cure il quale, lungi dall’attribuire maggiore rilevanza alle deposizioni dei testi di parte attrice rispetto a quelle di parte convenuta – benché nessuno avesse assistito al fatto -ha ritenuto di ricavare la dinamica dell’accaduto , non solo dalle dichiarazioni del danneggiato -confermate dal dato oggettivo costituito dalla documentazione sanitaria in atti – ma anche dalle altre deposizioni testimoniali rese dai testi NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Infine, non ha ritenuto ravvisabile « l’eccepita provocazione e dunque l’esimente della legittima difesa da parte del COGNOME, né un suo concorso colposo» (fogli 7 e 8 della sentenza impugnata).
3. In definitiva, il ricorso è rigettato.
Le spese vengono liquidate secondo il principio della soccombenza e il ricorrente va condannato alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio liquidate come da dispositivo.
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A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, ove dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
Per questi motivi
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente che si liquidano in complessivi Euro 6.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione