Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25479 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25479 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28691/2022 R.G. proposto da : COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, domiciliata digitalmente per legge
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME
– intimati –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 3056/2022 depositata il 3/10/2022.
Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 6/06/2025, dal Consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME affermandosi vittima di errori terapeutici da parte del dentista NOME COGNOME dopo avere esperito un accertamento tecnico preventivo nell’anno 2016 , raggiunse un accordo con il detto medico, che le aveva praticato delle cure mediche odontoiatriche cagionandole danni all’apparato dentario , e ricevette la somma di euro ventimila, che ella accettò in acconto sui maggiori danni.
La COGNOME convenne, di poi, in giudizio, dinanzi al Tribunale di Busto Arsizio, il dentista COGNOME al fine di ottenerne la condanna al risarcimento dei danni ulteriori, e questi chiamò in giudizio la propria compagnia assicuratrice UnipolSai S.p.a. per esserne manlevato.
La compagnia assicuratrice si costituì pure in causa, resistette alla domanda ed eccepì la non operatività della copertura assicurativa.
Il Tribunale, con sentenza n. 1739 del 7/12/2021, rigettò la domanda, ritenendo esaustiva la somma di euro ventimila già corrisposta dal Pedone alla COGNOME.
Questa propose appello avverso la sentenza del Tribunale di Busto Arsizio e la Corte d’appello di Milano, nel ricostituito contraddittorio con il Pedone e la UnipolSai S.p.a., ha, con sentenza n. 3056 del 3/10/2022, rigettato l’impugnazione , gravando la Forcisi delle spese processuali nei confronti di entrambe le controparti.
Avverso la sentenza della Corte territoriale propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, NOME COGNOME.
NOME COGNOME e la Unipolsai SRAGIONE_SOCIALEp.RAGIONE_SOCIALE sono rimasti intimati.
Il Procuratore generale non ha presentato conclusioni.
La ricorrente ha depositato memoria per l’adunanza camerale del 6/06/2025, alla quale il ricorso è stato trattenuto per la decisione e il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni.
R.g. n. 28691 del 2022
Ad. 6/06/2025; estensore: NOME. Valle
RAGIONI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso sono i seguenti.
I) motivo: nullità della sentenza in primo grado e per derivazione della sentenza gravata ex art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia. Violazione o falsa applicazione del principio di diritto, ex art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., in relazione all’art. 101 c.p.c. e alla violazione del contraddittorio , per non avere la Corte d’appello posto il tema della mancata pronuncia da parte del Tribunale sulla risoluzione del contratto di prestazione professionale intercorso tra la COGNOME e il medico COGNOME
II) motivo nullità della sentenza in primo grado e per derivazione della sentenza gravata ex art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia. Violazione o falsa applicazione del principio di diritto, ex art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., in relazione all’art. 7, della legge n. 24 del 8/03/2017, per non avere la Corte d’appello rilevato la non applicabilità a un medico esercente la libera professione della legge n. 24 del 2017.
III) motivo violazione o falsa applicazione del principio di diritto, ex art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., in relazione all’art. 91 c.p.c. , per non avere la Corte d’appello disposto la compensazione delle spese di lite del primo e del secondo grado di giudizio.
Il primo motivo è inammissibile: la Corte d’appello ha affermato, nella sentenza impugnata, che poteva intendersi proposta dalla COGNOME in primo grado la domanda di risoluzione del contratto e se, come la Corte stessa ha rilevato, non vi era stata specifica pronuncia sul punto da parte del Tribunale, la Corte territoriale ha pure reputato che la somma di euro 3.388,00 a titolo di somma pagata per la prestazione professionale doveva, quindi, ritenersi essere stata richiesta in restituzione dalla COGNOME a seguito della risoluzione del contratto, e sommata all’importo complessivo astrattamente liquidato dal Tribunale, pari a euro 15.893,01, (di cui euro 9.693,01
a titolo di danno biologico non patrimoniale e euro 6.200,00 a titolo di danno patrimoniale) era da ritenersi compresa nei 20.000,00 euro riconosciuti stragiudizialmente dal Pedone alla COGNOME, cosicché la domanda degli ulteriori danni, tra i quali quelli per la risoluzione del contratto d’opera, era stata correttamente rigettata dal Tribunale .
A tanto consegue che non sussiste, pertanto, alcuno dei vizi denunciati, in quanto la questione non doveva essere oggetto di specifica sottoposizione al contraddittorio delle parti: il vizio di omessa pronuncia, anche se accolto, non avrebbe potuto condurre a un diverso esito della controversia, ossia il rigetto della domanda.
Il secondo motivo è infondato poiché i criteri di liquidazione di cui agli artt. 138 e 139 del d.lgs. n. 209 del 7/09/2005, ossia del cod. ass., secondo la giurisprudenza di questa Corte (segnatamente si veda Cass. n. 28990 del 11/11/2019 Rv. 655965 -01 e in specie pag. 23 della motivazione, resa in ambito di specifico progetto di rilievo nomofilattico in materia di responsabilità sanitaria) si applicano a tutte le controversie risarcitorie relative ad illeciti commessi e a danni prodotti anteriormente alla sua entrata in vigore, senza distinguersi tra operatore sanitario inserito in una struttura pubblica o meno, nonché ai giudizi pendenti a tale data (con il solo limite del giudicato interno sul quantum ), in quanto la norma contenuta nell’art. 3, comma 3, del d.l. n. 158 del 2012, convertito dalla l. n. 189 del 2012 e sostanzialmente riprodotta nell’art. 7, comma 4, della l. n. 24 del 2017, non incidendo retroattivamente sugli elementi costitutivi della fattispecie legale della responsabilità civile non intacca situazioni giuridiche precostituite ed acquisite al patrimonio del soggetto leso, ma si rivolge direttamente al giudice, delimitandone l’ambito di discrezionalità e indicando il criterio tabellare quale parametro equitativo nella liquidazione del danno.
Il terzo motivo è inammissibile in quanto con esso si chiede un sindacato sulla decisione del giudice di applicare l’ordinario criterio di soccombenza.
R.g. n. 28691 del 2022
Ad. 6/06/2025; estensore: NOME. Valle
Invero la COGNOME era integralmente soccombente in relazione alla domanda risarcitoria ed aveva, inoltre, rifiutato la proposta conciliativa avanzata dal giudice di primo grado che prevedeva il pagamento, a carico dell’assicurazione , della somma di cinquemila euro.
L’applicazione della regola della soccombenza non necessita di specifica motivazione, come correttamente statuito dalla Corte d’appello , mentre è la compensazione delle spese che costituisce l’eccezione alla regola e deve essere motivata , come affermato dalla costante giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 15847 del 6/06/2024 Rv. 671262 – 01) dovendosi ribadire che resta del tutto discrezionale -e insindacabile -la valutazione di totale o parziale compensazione per giusti motivi e ora per eccezionali ragioni -come da modifica di cui all’art. 13, comma 1, d.l. n. 132 del 12/09/2014, convertito con modificazioni nella legge n. 162 del 10/11/2014, che ha riscritto il comma secondo dell’art. 92 c.p.c. nella versione applicabile nella specie -la cui insussistenza il giudice del merito non è tenuto a motivare (Cass. n. 26912 del 26/11/2020 Rv. 659925 01; Cass. n. 10009 del 24/06/2003 Rv. 564510 – 01).
Il ricorso è, pertanto, infondato in tutte le censure che prospetta. Il ricorso, in conclusione, è rigettato.
Nulla per le spese di lite, poiché NOME COGNOME e la UnipolSai S.p.a. sono rimasti intimati.
La decisione di rigetto del ricorso comporta che deve attestarsi, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 , comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello , ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, sezione III civile, in data 6/06/2025.
Il Presidente NOME COGNOME