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Risarcimento danni medico: no a somme ulteriori

Una paziente, dopo aver ricevuto un acconto di 20.000 euro per un caso di malasanità odontoiatrica, ha citato in giudizio il medico per ottenere un ulteriore risarcimento. I tribunali di primo e secondo grado hanno respinto la richiesta, ritenendo la somma già versata sufficiente a coprire l’intero danno. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, rigettando il ricorso della paziente. La sentenza chiarisce che i criteri tabellari per la liquidazione del danno si applicano anche ai liberi professionisti e che la condanna alle spese per la parte soccombente è la regola generale che non necessita di specifica motivazione. Pertanto, la richiesta di ulteriore risarcimento danni medico è stata definitivamente respinta.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Risarcimento danni medico: no a somme ulteriori se l’acconto è sufficiente

Un’ordinanza della Corte di Cassazione affronta un caso di risarcimento danni medico, stabilendo principi importanti sulla sufficienza di un acconto già versato e sui criteri di liquidazione del danno. La vicenda riguarda una paziente che, dopo aver ricevuto una somma a titolo di acconto per un errore odontoiatrico, ha intrapreso un’azione legale per ottenere un importo maggiore. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando le decisioni dei gradi inferiori e chiarendo aspetti procedurali e sostanziali di grande rilevanza pratica.

I Fatti di Causa

Una paziente, ritenendosi vittima di errori terapeutici da parte del suo dentista, aveva raggiunto un accordo transattivo con il professionista, ricevendo la somma di 20.000 euro a titolo di acconto sui maggiori danni subiti. Non ritenendo tale somma satisfattiva, la paziente conveniva in giudizio il medico dinanzi al Tribunale per ottenere la condanna al risarcimento dei danni ulteriori. Il medico, a sua volta, chiamava in causa la propria compagnia di assicurazioni per essere manlevato.

Il Tribunale di primo grado rigettava la domanda, considerando la somma di 20.000 euro già corrisposta come esaustiva del danno complessivamente patito. La paziente proponeva appello, ma la Corte d’Appello confermava la sentenza di primo grado, condannandola anche al pagamento delle spese processuali. Contro questa decisione, la paziente ha infine proposto ricorso per Cassazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Il ricorso della paziente si fondava su tre motivi principali:
1. Omessa pronuncia: La ricorrente lamentava che i giudici di merito non si fossero pronunciati sulla sua domanda di risoluzione del contratto di prestazione d’opera professionale con il medico.
2. Errata applicazione della legge: Si contestava l’applicazione dei criteri di liquidazione del danno previsti dalla normativa sulla responsabilità sanitaria (legge n. 24/2017), sostenendo che non fossero applicabili a un medico libero professionista.
3. Violazione delle norme sulle spese di lite: La paziente riteneva che la Corte d’Appello avrebbe dovuto compensare le spese processuali anziché porle interamente a suo carico.

Le Motivazioni della Cassazione sul Risarcimento Danni Medico

La Corte di Cassazione ha esaminato e respinto tutti i motivi del ricorso, fornendo importanti chiarimenti in materia di risarcimento danni medico.

Sull’omessa pronuncia e la quantificazione del danno

La Corte ha dichiarato inammissibile il primo motivo. Ha spiegato che, sebbene il Tribunale non si fosse esplicitamente pronunciato sulla risoluzione del contratto, la Corte d’Appello aveva correttamente incluso la restituzione della somma pagata per la prestazione (3.388,00 euro) nel calcolo del danno totale teorico. Tuttavia, questo danno complessivo (quantificato in 15.893,01 euro) risultava comunque inferiore alla somma di 20.000 euro già percepita dalla paziente. Di conseguenza, anche se il vizio di omessa pronuncia fosse stato accolto, l’esito della causa non sarebbe cambiato: la domanda di risarcimento di danni ulteriori sarebbe stata comunque respinta. Non sussisteva, quindi, un interesse concreto a far valere tale vizio.

Sull’applicazione dei criteri di liquidazione

Il secondo motivo è stato ritenuto infondato. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato (richiamando la sentenza n. 28990/2019): i criteri di liquidazione del danno biologico previsti dal Codice delle Assicurazioni (artt. 138 e 139 d.lgs. n. 209/2005) si applicano a tutte le controversie risarcitorie per illeciti commessi prima dell’entrata in vigore della legge n. 24/2017, senza distinzione tra operatori sanitari di strutture pubbliche o private. Queste norme, infatti, non incidono retroattivamente sulla fattispecie di responsabilità, ma si rivolgono al giudice come parametro equitativo per la liquidazione del danno, delimitandone la discrezionalità.

Sulla regolamentazione delle spese legali

Infine, il terzo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte ha ricordato che l’applicazione della regola della soccombenza (chi perde paga) è il principio generale e non richiede una motivazione specifica da parte del giudice. Al contrario, è la compensazione delle spese (la divisione delle stesse tra le parti) a costituire un’eccezione che deve essere adeguatamente motivata con la presenza di “eccezionali ragioni”. Poiché nel caso di specie la ricorrente era risultata integralmente soccombente, la decisione della Corte d’Appello di porre le spese a suo carico era corretta e insindacabile in sede di legittimità.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso in ogni sua parte. La decisione finale conferma che, in un’azione per risarcimento danni medico, se un acconto già versato risulta superiore al danno complessivo liquidato dal giudice secondo i criteri normativi, nessuna somma ulteriore è dovuta. L’ordinanza ribadisce l’applicabilità uniforme dei criteri tabellari di liquidazione a tutti gli operatori sanitari e la natura discrezionale, ma non arbitraria, della decisione del giudice sulle spese di lite, che segue di norma il principio della soccombenza.

Se accetto un acconto per un danno, posso poi chiedere un risarcimento maggiore?
Sì, è possibile agire in giudizio per il danno ulteriore se la somma è stata accettata espressamente come acconto. Tuttavia, il giudice valuterà se l’importo totale del danno, calcolato secondo i parametri di legge, superi quanto già percepito. Se, come in questo caso, la somma ricevuta è superiore al danno complessivo liquidato, la domanda verrà respinta.

I criteri di liquidazione del danno da responsabilità sanitaria si applicano anche a un medico che opera in regime di libera professione?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che i criteri di liquidazione del danno previsti dal Codice delle Assicurazioni (d.lgs. 209/2005), richiamati dalla normativa sulla responsabilità sanitaria, si applicano a tutte le controversie, senza distinguere tra operatori sanitari di strutture pubbliche o private.

Il giudice deve sempre motivare perché condanna la parte che perde a pagare le spese legali?
No. La condanna della parte soccombente al pagamento delle spese legali è la regola generale e non necessita di una specifica motivazione. Al contrario, è l’eventuale decisione di compensare le spese (cioè dividerle tra le parti) che costituisce un’eccezione e deve essere giustificata dal giudice con la sussistenza di ragioni eccezionali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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